2
breve analisi sull’uso del termine risorsa umana; si descrivono le necessità che l’uomo cerca di
soddisfare tramite la sua attività lavorativa utilizzando a tal scopo la scala dei bisogni di
Abraham Maslow; si analizza infine perché l’uomo non debba essere considerato un
componente insignificante ma in realtà importante ed integrante del capitale aziendale e perché
la formazione e la gestione delle risorse umane possano rappresentare il vero vantaggio di
un’azienda ed un fattore fondamentale per mettere in piedi strategie vincenti.
Nel terzo capitolo si esaminano in dettaglio le fasi del processo di formazione, partendo dai
fattori che spingono e stimolano la formazione (settore di appartenenza e dimensione
dell’azienda per la quale si lavora, insegnamento collettivo o individuale, scelta di
approvvigionamento formativo in outsourcing oppure interno); in secundis si evidenziano le
figure che necessitano di interventi formativi all’interno di un’azienda creando quindi una
panoramica dei soggetti coinvolti. Il successivo step evidenzia come emerge per l’azienda la
necessità di formazione: a seguito di un attenta analisi interna che si sviluppa in tre fasi (check
up di organizzazione, ruoli, persone), eseguita con sondaggi interni (interviste, questionari)
devono emergere i bisogni intrinseci di ogni realtà produttiva. Dopo aver svolto un analisi degli
ambiti aziendali che possono (e devono) essere oggetto di formazione, nell’ultima parte del
capitolo si presentano dettagliatamente le metodologie di stampo classico e quelle più moderne
di docenza delineando pregi e difetti di ognuna; si introduce anche il concetto di net – learning.
Ultima (ma non per importanza) la valutazione dell’efficacia e dell’efficienza dell’attività
formativa implementata, con particolare riferimento a quattro livelli di analisi dei risultati
(emergenti sempre a seguito di sondaggio interno): reazione, apprendimento, comportamento e
risultati per l’azienda. Per quest’ultimo aspetto però si rimanda al capitolo successivo dedicato
proprio all’azienda.
Nella prima parte del quarto capitolo si delinea la necessità per le imprese di avere un feedback
dell’attività svolta; i dati emergenti possono essere molto importanti per correggere il piano se
necessario e per sviluppare le future attività formative. Si fa riferimento al ROI (return on
investment) formativo come indicatore di massima dell’efficacia dell’attività: in particolare
vengono elencati tutti gli elementi che dovrebbero concorrere alla sua determinazione. Nella
seconda parte si evidenziano i tempi e le modalità potenziali di manifestazione del vantaggio
portato all’azienda da una formazione efficiente ed efficace. Si descrivono i benefici ottenibili
nei confronti dei competitors in termini di riduzione di costi o di maggiore produttività dei
singoli e del gruppo. Viene quindi esposto un esempio pratico e semplice per ogni settore
3
(primario, secondario e terziario).
Per concludere con il quinto capitolo, in cui si cerca di comprendere come nell’ambito del
territorio locale vengano progettati, realizzati e valutati gli interventi formativi. Ci si rivolge a
tal scopo direttamente ad un azienda del settore terziario operante a Vicenza, Solaris &
Puliemme srl, che negli ultimi anni sta investendo sempre più risorse nella formazione dei
propri collaboratori. Dopo un’analisi storica dell’azienda che ne descrive l’iter di sviluppo, si
passa ad una breve intervista agli attuali soci di maggioranza; si parla di come è strutturata
l’azienda, e nel particolare si pone il focus proprio sull’attività oggetto di questo lavoro: la
formazione. A questo punto, sulla base di dati empirici reperiti tramite intervista telefonica ad
un campione di persone operanti in azienda, si analizzano i risultati ottenuti. Vengono descritte
le mansioni interne, si evidenziano le esigenze formative dell’azienda e delle persone coinvolte
(linguistiche, decisionali, tecniche, relazionali) avendo ben presente l’assunto che non tutti i
livelli di competenza sono formabili, o quanto meno non lo sono allo stesso modo. Lo studio
empirico da modo di constatare come effettivamente la formazione debba essere considerata
uno strumento strategico a tutti gli effetti, indispensabile sia per le imprese che per gli utenti;
per le osservazioni ed i commenti sul caso si rimanda alle riflessioni finali.
Dall’analisi dei dati riportati in appendice infine viene presentata la situazione a livello
nazionale sulla base dei dati forniti da Confindustria; vale la pena accennare che si registra ad
oggi ancora una scarsa consapevolezza riguardo la valorizzazione del personale attraverso la
formazione; nonostante ciò emergono comunque degli aspetti positivi. Per un’analisi più
dettagliata si rimanda alle appendici stesse.
4
CAPITOLO 1
LA FORMAZIONE: ASPETTI GENERALI
1.1 DEFINIZIONE
Il concetto di formato si differenzia da fatto (composto) proprio per la struttura organica e
organizzata. Il contenuto di un recipiente si realizza in un attimo: la formazione richiede del
tempo tecnico, tempo che necessita per “formare”, per assimilare e per comprendere. La
formazione infatti non è un insieme di nozioni contenute in un cassetto ma al contrario è il
risultato di un piano formativo organico che tende a strutturare, solidificare e rinforzare in
maniera completa. Questo vale sia sotto il profilo della struttura delle cose che delle persone.
Quando si parla poi di formazione ai fini operativi di una persona il processo diventa più
mirato ma ugualmente complesso e strutturato proprio a causa dei tempi tecnici di
assimilazione, comprensione e attuazione. La formazione è un’esperienza di apprendimento che
accompagna ogni fase della nostra vita: sin da piccoli si impara a parlare, a camminare, a
leggere, a fare i conti, in età adulta la necessità di affrontare quotidianamente diverse situazioni
(ad esempio, capire il funzionamento di un nuovo macchinario utile per lo svolgimento del
lavoro) fa intravedere nella formazione uno strumento per rispondere appropriatamente alle
nostre esigenze. Costa difatti sostiene come “la formazione tende a sviluppare capacità di
dominare situazioni nuove e di creare nuove abilità”
1
. Non bisogna confondere la formazione
con l’educazione; se apparentemente sembrano dei sinonimi, perché entrambi si riferiscono a
processi simili - il processo che rende capaci le persone di imparare e acquisire nuove
conoscenze, competenze e a comportarsi in maniera diversa - in realtà le due espressioni si
riferiscono a concetti differenti: la formazione, all’acquisizione di specifiche competenze o
conoscenze; l’educazione, a conoscenze generali applicabili in ambiti diversi. L’obiettivo della
formazione è il sapere, i suoi modi di utilizzo e la crescita di esperienza dei soggetti cui l’azione
formativa è rivolta; da ciò scaturisce un’ulteriore distinzione tra formazione vera e propria,
incidente cioè su atteggiamenti ed addestramento degli individui, volta al saper fare, e
l’informazione diretta al sapere, ossia alla trasmissione delle conoscenze. In ambito aziendale, il
ruolo della formazione è di guidare il cambiamento organizzativo e facilitare il riorientamento
delle risorse umane con riferimento all’identità, al ruolo, alle capacità professionali e relazionali,
inoltre consente di migliorare l’incontro tra le potenzialità e i bisogni dell’individuo e le
potenzialità e i bisogni dell’organizzazione.
1
Cfr. Costa G., Economia e direzione delle risorse umane, UTET, Milano, 1997, pag. 262.
5
La formazione permette di accrescere le capacità di adattabilità alle turbolenze ambientali, di
promuovere lo sviluppo degli atteggiamenti, diffondere e aggiornare le conoscenze e le
competenze del personale coerenti con il contesto lavorativo in cui opera, rendendo l’individuo
in grado di comprendere e risolvere i problemi, svolgere in modo adeguato i propri compiti,
migliorando le sue prestazioni e di conseguenza quelle dell’impresa.
Nei confronti della formazione l’azienda può agire in due modi: con la pretesa-attesa che sia il
dipendente ad adeguarsi alle necessità formative oppure offrendo occasioni di formazione alla
propria forza lavoro.
La scelta verso l’ipotesi di non fare formazione – eventualità di fatto irrealizzabile, perché in
azienda vi è sempre uno scambio di esperienze – potrebbe derivare dalla convinzione
dell’impresa che non ci sia alcuna necessità di cambiamento.
La formazione assume una natura strategica in quanto strumento di sviluppo organizzativo,
finalizzato a favorire il raggiungimento degli obiettivi aziendali. E’ un processo permanente
attuato in una serie di interventi specifici e pianificati, disegnati per migliorare le prestazioni a
livello individuale, di gruppo e organizzativo, successivo all’ingresso in azienda del personale.
Importanti per questa analisi saranno due concetti quello di formazione continua e quello di
formazione permanente.
Oggi, con la precarietà del lavoro dovuta ad economie non longeve che durano pochi anni,
succede spesso che il personale di aziende sia messo in mobilità e sorge la necessità di
riqualificare professionalmente i lavoratori, al fine di reimpiegarli o di elevare la loro
conoscenza professionale. La formazione continua ha proprio lo scopo di riqualificare, “ri-
professionalizzare” le persone con corsi di formazione “dedicati”. Questi sono preparati con
moduli didattici specifici, proprio per evitare di perdere del tempo a raccontare nozioni
generiche, ma al contrario affrontando solo le materie ed i contenuti tecnici di interesse.
Il concetto di formazione permanente è quello per cui non si dovrebbe smettere mai di studiare
perché il mondo va avanti, la tecnologia progredisce, la politica si trasforma, e il campo dello
scibile umano è enorme rispetto alla capacità di immagazzinare e di memorizzare. In virtù di
questo esiste un vecchio adagio che afferma: non si finisce mai di imparare
2
.
2
www.formare.erickson.it (data accesso 09/01/2009).
6
In passato i due momenti, quello dell’apprendimento e quello del lavoro, erano tenuti separati;
oggi l’attività di formazione si presenta sempre più come continua, perché le organizzazioni
necessitano costantemente di migliorare il proprio livello di competenze, vista la rapida
espansione tecnologica e il crescente flusso di nuove conoscenze. E’ ancor più forte, di
conseguenza, la necessità di una formazione permanente delle risorse umane al fine di svolgere
compiti sempre più complessi e mutevoli.
Nel processo di formazione in genere sono coinvolti quattro diversi soggetti: il committente, il
formatore o consulente, il docente e l’utente. Il committente è colui che rappresenta l’impresa o
la singola unità organizzativa richiedente l’intervento formativo e di conseguenza ha già
eseguito una sommaria analisi dei bisogni; può essere il vertice aziendale, il responsabile di una
specifica area funzionale, il capo del personale.
La formazione viene da lui vista come un’attività finalizzata al miglioramento globale
dell’organizzazione.
Il formatore si occupa di gestire in prima persona l’intero processo formativo rispetto alle
diverse fasi di cui esso si compone, dall’analisi dei bisogni alla valutazione dei risultati. Il suo
ruolo si traduce nel dover operare parallelamente sul piano dello sviluppo dell’impresa e dei
singoli individui. Può far parte della funzione del personale o può essere un consulente esterno.
Il docente è colui che svolge materialmente il corso di formazione, è una persona in possesso di
conoscenze specifiche connesse al contenuto del corso. In alcuni casi particolari, tale figura può
coincidere con il formatore. Infine, vi è l’utente ossia il destinatario della formazione
3
.
La formazione può essere suddivisa in due categorie principali, la formazione specifica e la
formazione generale: questi concetti saranno ripresi più volte nel corso della trattazione.
La prima implica l’acquisizione di caratteristiche professionali strettamente legate al contesto
tecnico, organizzativo e culturale di un’impresa. Le conoscenze e le competenze specifiche
acquisite non sono facilmente trasferibili attraverso il mercato del lavoro perché hanno valore e
utilità specialmente nell’organizzazione in cui si sono sviluppate.
La formazione generale invece, implica l’acquisizione di caratteristiche professionali trasferibili
attraverso il mercato del lavoro con una certa facilità, senza alcun rischio di deprezzamento,
utilizzabili anche in contesti organizzativi diversi rispetto a quello in cui si sono sviluppate.
3
Cfr. A. Fedi, Partecipare il lavoro sociale, Franco Angeli, Milano, pagg. 155-158, 2005.
7
1.2 FORMAZIONE
La formazione delle risorse umane può essere considerata sotto diversi punti di vista a seconda
del contesto in cui la si analizza. Di seguito si presentano quattro visioni fondamentali: in
primis quella che individua nella formazione un costo; in particolare si analizzano le voci che
compongono questo costo e il modo in cui concorrono alla sua determinazione.
Si esamina poi come l’intervento formativo possa essere considerato una necessità sia per
l’azienda che per il singolo lavoratore, presentando anche il concetto di formazione continua
delle persone (lifelong learning) .
La formazione viene poi proposta come un investimento: si descrivono i soggetti destinatari
degli interventi e le precauzioni da prendere affinchè dia dei risultati concreti; si analizza il
portafoglio delle potenziali risorse umane di un’azienda e si precisa quali possono essere i rischi
legati a questo tipo di investimento.
Infine si descrive la formazione come vantaggio competitivo: in particolare vengono individuati
i potenziali punti di forza che un corretto progetto formativo può portare all’azienda che lo
attua ed al singolo che la riceve.
1.2.1 Un Costo
La formazione dal punto di vista dell'economicità aziendale è innanzitutto un costo.
Non si deve comunque vedere il termine solo in un'accezione negativa: se oramai tutti, dalle
cariche dirigenziali di un’azienda fino o al più semplice operaio sono concordi nel dire che è un
costo necessario per lavorare meglio, sono ancora molte oggi le aziende (in particolari medie e
piccole) che considerano uno spreco di tempo e denaro l'attività formativa, a scapito di una
buona operatività aziendale e di un miglior risultato in termini di efficienza e uniformità del
gruppo.
Spesso gli imprenditori accettano mal volentieri e in modo discontinuo la formazione,
reputandola solamente un costo con dei benefici aleatori: i costi della formazione sono
immediati e certi nell’ammontare, mentre i suoi benefici sono spesso a lungo termine e incerti.
I principali costi che si sostengono con l’implementazione di un programma di formazione
scaturiscono dal possibile abbandono da parte dei soggetti che sono stati formati dall’impresa, dai
costi associati al turnover del personale più preparato e da quelli strettamente connessi alla
partecipazione da parte della forza lavoro al corso di formazione.
Per quanto riguarda il primo aspetto, l’impresa finanziatrice dell’attività formativa può non
ottenerne i vantaggi, qualora i suoi dipendenti abbandonino al termine del corso la propria
8
azienda per andare a lavorare presso un’altra, addirittura concorrente. L’impresa originaria in
tal modo, avrà sostenuto solamente dei costi a fronte dei quali non avrà alcun provente . In base
alla teoria del capitale umano di Becker a seconda del tipo di formazione che si implementa in
azienda varia il soggetto che ne sostiene i costi
4
. In particolare, la formazione generale (ad
esempio la partecipazione a dei corsi di informatica) non sarà finanziata dall’impresa a causa
dei rischi che tale investimento le crea. Quest’ultima difatti non solo aumenta la produttività del
dipendente nell’attuale lavoro - poiché ne sviluppa le competenze - ma ne incrementa anche la
sua attrattività nei confronti delle altre imprese. Ne consegue che i soggetti formati potrebbero
abbandonare l’azienda per le concorrenti, in grado di offrirgli retribuzioni più elevate, che
avrebbero di conseguenza risparmiato in formazione.
E’ dunque il dipendente che deve sostenere i costi della formazione generale, dal momento che
è lui e non l’azienda ad ottenerne i benefici.
Sarà di conseguenza il personale a farsi carico della formazione, sia direttamente o nella forma
di minore retribuzione percepita durante il periodo formativo (che coincide quindi con il
periodo scolastico); mentre le imprese forniranno formazione solo se non ne dovranno pagare i
costi.
Nel caso della formazione specifica (ad esempio un corso per apprendere come utilizzare un
macchinario presente solo in quell’organizzazione) le competenze formate sono utili
unicamente per l’impresa che la fornisce: è l’azienda che ne sostiene i costi.
Gli studi di Bishop pur riconoscendo rilevante il modello teorico di Becker, sostengono come la
sua trattazione sulla ripartizione dei costi e dei guadagni della formazione dei lavoratori sia
smentita dalla realtà: i datori di lavoro sembrano condividere i costi e i guadagni relativi alla
formazione generale con i propri dipendenti, per cui il loro livello retributivo durante il periodo
formativo non sarebbe ridotto
5
. Secondo Bishop vi sono diverse motivazioni che spiegano
perché le imprese partecipano alle spese di formazione generale. Innanzitutto, lo studioso
ritiene che la maggior parte della formazione che si offre in azienda sia specifica e non generale,
poiché assume le caratteristiche proprie dell’organizzazione dal momento in cui la si applica in
impresa.
I limiti di liquidità della forza lavoro costituiscono un ulteriore motivo: il personale, a differenza
delle organizzazioni, non è in grado di prendere un prestito per finanziare il suo investimento
in formazione generale, di conseguenza le imprese si assumono la responsabilità di finanziarlo.
4
Cfr. Becker G. S., Human Capital, The University of Chicago Press, Chicago, 1993.
5
Cfr. Bishop J. H., “What We Know About Employer-Provided Training: A Review of Literature”, CAHRS –
Cornell University, 1996, Working Paper 96-09, pagg. 1-81.
9
Inoltre incide lo scarso grado di segnalazione delle competenze generali nel mercato del lavoro.
Le aziende concorrenti non conoscono le caratteristiche delle competenze del nuovo assunto, di
conseguenza i lavoratori rischiano, abbandonando il posto, che queste non siano loro
riconosciute allo stesso modo che nella precedente organizzazione. La partecipazione alle spese
di formazione da parte delle imprese non deriva comunque da fini altruistici, ma dal confronto
tra i costi di formazione sostenuti e i benefici attesi che l’azienda riceverà dai lavoratori che
restano in impresa: le organizzazioni finanziano i costi di formazione solo perchè gli
investimenti possono produrre un ritorno sufficiente a compensare il costo del capitale ed il
rischio del turnover.
Il secondo aspetto relativo ai costi di formazione è proprio il turnover (o tasso di rigiro del
personale) che rappresenta un onere per l’azienda, dovuto al costo per rimpiazzare il soggetto
occupante una specifica posizione con un sostituto in grado di fornire all’impresa servizi
equivalenti per quel ruolo. Il turnover grava pesantemente sull’azienda qualora sia costretta a
ripetere i costi per individuare i sostituti e portarli al livello dei dipendenti dimissionari; di
solito un elevato tasso di rigiro del personale è sintomo di problemi esistenti nelle pratiche di
gestione delle risorse umane (selezione, retribuzione, sviluppo di carriere, organizzazione del
lavoro) e più in generale nelle politiche aziendali.
I costi relativi al tasso di rigiro dei dipendenti possono essere distinti in tre categorie: i costi di
acquisizione, di addestramento e di separazione. I primi includono i costi di reclutamento, di
selezione, di assunzione e di inserimento, sostenuti al momento di ingresso del personale in
impresa. I costi di addestramento riguardano gli oneri da sopportare per far sì che le persone
assunte siano in grado di svolgere le prestazioni richieste. Infine, i costi di separazione si
riferiscono ai mancati servizi erogati dal soggetto dimissionario, alle perdite connesse alle
prestazioni delle persone che lavoravano con lui, oltre all’eventuale riduzione di produttività
derivante dalla minore intensità e partecipazione al lavoro del soggetto in procinto di
abbandonare l’azienda.
Oltre ai costi diretti sopra descritti, il turnover dà origine a una serie di costi di più difficile
identificazione e valutazione, rappresentati dal tempo speso dai capi e colleghi per orientare e
inserire i nuovi assunti; i costi dovuti alla minore produttività che il nuovo dipendente è in
grado di erogare rispetto a quella del dimissionario e gli eventuali ritardi nell’esecuzione dei
processi aziendali a ciò connessi; i costi in termini di instabilità nelle relazioni interpersonali, nel
clima aziendale e all’immagine dell’impresa. I lavoratori preparati sono tanto costosi da formare
e mantenere quanto facili da perdere. Per trattenere tali soggetti l’impresa può adottare uno
10
stile di gestione più aperto e partecipativo, con condizioni di lavoro migliori e maggiormente
stimolanti, unite ad appropriate politiche retributive.
La formazione del personale potrebbe di conseguenza comportare solo dei costi per l’impresa
perché quanto guadagnato in termini di maggiore produttività – disponendo di personale più
preparato – sarebbe annullato dall’aumento retributivo necessario per trattenerlo presso
l’azienda.
Cappelli e Cascio sostengono che i costi dipendono da quanto particolare sia il compito svolto
da quei soggetti che hanno intenzione di abbandonare il lavoro, in quanto più specifiche sono le
loro competenze più risulta difficile sostituirli, poiché non ci sono mercati a cui attingere.
Inoltre, le loro analisi empiriche confermano come i premi retributivi siano superiori per i
soggetti in possesso di conoscenze specifiche. La difficoltà nel sostituire gli individui con
maggiori competenze rispetto a coloro che ne dispongono in misura minore permette ai più
qualificati di vantare un potere contrattuale superiore, esigendo dai loro datori un livello
retributivo più elevato rispetto ai meno competenti e richiedendo all’impresa stessa di sostenere
ulteriori spese per fornire loro aggiuntive forme di sviluppo.
Bisogna evidenziare il fatto che presso altre aziende non è riconosciuta la stessa importanza che
le caratteristiche specifiche assumono nell’organizzazione in cui si sono sviluppate. La
situazione si potrebbe definire di monopolio bilaterale: per l’impresa è importante non perdere i
soggetti che hanno competenze specifiche e sono maggiormente formati; per i soggetti formati è
determinante veder apprezzate le proprie competenze, e ciò avviene specialmente nell’ambito
dell’azienda in cui attualmente prestano il lavoro, non essendo riconosciute allo stesso modo
dalle imprese concorrenti. Ne deriva che “vi è un solo compratore se le competenze sono uniche
per un dato lavoro e solo un compratore che necessita di quelle competenze”
6
. Infine, l’ultimo
aspetto riguarda i costi connessi alla partecipazione del personale al corso di formazione. In
questo caso più che parlare di costo di formazione, sarebbe conveniente utilizzare il concetto di
costo-opportunità, esprimente “la perdita di valore aggiunto che ha luogo allorché si
trasferiscono fattori della produzione all’attività formativa che si è deciso di intraprendere”
7
.
Tra essi vi sono costi non sempre rilevabili monetariamente rappresentati dagli eventuali disagi,
rallentamenti, perdite di produttività in cui incorre l’impresa quando si priva di soggetti che
sono in formazione.
6
Cfr. Cappelli P., Cascio W. F., “Why some jobs command wage premiums: a tests of career tournament
and internal labour market hypotheses”, Academy of Management Journal, 1991.
7
Cfr. Carducci P., La valutazione degli investimenti in formazione, Scuola Superiore G. Reiss Romoli,
L’Aquila, 1995, cap. VII.