Un’attenzione particolare merita la fase della decolonizzazione, che ha
sancito un nuovo ordine mondiale.
L’indipendenza politica delle ex Colonie d’Asia e d’Africa ha fatto
emergere la loro condizione di arretratezza economica, di contro alla nascita
di una nuova era all’insegna della libertà , della democrazia e dei diritti,
svelando, ancora una volta, una brutale presa di coscienza delle debolezze
del capitalismo. Il divario incolmabile tra il Nord e il Sud del mondo è
quindi il basilare push factor dei migranti odierni.
Un altro termine chiave, in questo contesto, è rappresentato dalla
globalizzazione, al contempo causa e conseguenza delle migrazioni.
L’apertura dei mercati oltre i confini delle nazioni, la riduzione delle
distanze, grazie soprattutto alla recente e fitta rete di vie di comunicazione a
livello mondiale, hanno generato flussi migranti di ogni tipo: da chi offre
manodopera, (spesso a basso costo) provenendo specialmente dai Paesi del
Terzo Mondo a chi fornisce un’altissima specializzazione.
L’Europa, come è noto, è stata travolta da flussi di migranti giunti da
qualsiasi parte della superficie terrestre; i primi movimenti sono stati quelli
che hanno interessato i popoli delle ex colonie, soprattutto francesi e inglesi,
i quali, in virtù della conoscenza linguistica e culturale, hanno optato per
uno spostamento nella patria dei colonizzatori. Dopo questa prima fase
tipica delle regioni europee più sviluppate, i flussi migratori si sono mossi
verso altre regioni, tra cui l’Italia.
5
Nella nostra nazione, il fenomeno migratorio giunge, relativamente al
resto d’Europa, piuttosto tardi, e più precisamente nel momento in cui gli
Stati europei, iniziano ad erigere barriere davanti alle loro porte. Grazie alla
sua posizione strategica nel cuore del Mediterraneo, l’Italia può essere
raggiunta senza grosse difficoltà da africani e balcanici, e la mancanza di
una adeguata legislazione rende il territorio molto appetibile.
Attualmente, l’immigrazione nel Bel Paese è una realtà consolidata,
ormai non rappresenta un fenomeno da scoprire, bensì da accettare. I diversi
provvedimenti legislativi presi in merito a una questione che anima le
dispute tra politici e cittadini, non sono ancora sufficienti in una nazione che
vive questa realtà ormai da diversi anni, proprio perché si continua ad agire
nell’ambito di un’ottica emergenziale.
Le città italiane pullulano di immigrati extracomunitari, ma non è ancora
possibile parlare di un’integrazione riuscita, anzi, la strada da percorrere in
questo senso è ancora molto lunga. Nonostante parole come
multiculturalità, multietnico, multirazziale e cosmopolita facciano parte del
nostro lessico, non sono state ancora “metabolizzate” come dovrebbero.
Il processo integrativo, se da un lato lascia intravedere scenari futuri
all’insegna dell’unione dei popoli e della democrazia, dall’altro ha sollevato
un muro ostile contro le popolazioni al di là dei suoi confini.
Attraverso l’analisi del fenomeno immigratorio in Italia, proverò a
delineare i tratti fondamentali del fenomeno, approfondendo in maniera
6
particolare la situazione degli immigrati in Puglia. In questa regione,
l’immigrazione non è un avvenimento diffuso come nelle regioni del
Centro-Nord, eppure la presenza straniera costituisce un fatto nondimeno
trascurabile.
Dall’esame dei dati cercherò di capire se la Puglia, nonostante il numero
esiguo di immigrati rispetto alle altre regioni italiane, possa ancora essere
considerata una terra di passaggio, come veniva considerata negli anni
passati. Le numerose famiglie di immigrati che vi abitano come gli stessi
ragazzi stranieri che popolano le scuole pugliesi, sono una prova tangibile.
Tale ricerca, pertanto, avendo l’obiettivo di quantificare e presentare
l’universo migratorio attivo nella regione pugliese, vuole anche addentrarsi
sulla qualità degli immigrati che in un sentire, purtroppo, diffuso sono
analfabeti, criminali e nullafacenti. Una posizione comune, nata senza tener
conto del lato umano della vicenda: la scelta di immigrare è in ogni caso
molto sofferta, rischiosa, e non sempre assicura una vita migliore. Gli
europei, da popolo di migranti quale è, sembrano aver quasi dimenticato
tutto questo, ma è doveroso ricordare, che il cosiddetto gap tra il nord e il
sud del mondo, altro non è che la conseguenza dell’imperialismo e del
capitalismo europeo.
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CAPITOLO I
Il fenomeno Migratorio in Italia e in Europa
1.1 Il nuovo volto del flusso migratorio: il modello
Mediterraneo
Il fenomeno migratorio in Europa si caratterizza dall’area di provenienza
che riguarda i paesi non comunitari che si affacciano sul Mediterraneo
1
,
grazie al vantaggio della prossimità geografica.
La composizione della presenza straniera è eterogenea e multietnica, e
presenta dei tratti distintivi rispetto al passato; si delinea infatti
un’evoluzione dei flussi da “monocentrici”, cioè che giungono da un’unica
area e sono orientati verso i Paesi colonizzatori, a “policentrici”, ossia
provenienti da diversi Paesi e orientati verso aree geografiche differenti
2
.
1
Soprattutto Albania, Jugoslavia e area Maghrebina.
2
Luigi Perrone, Transiti e Approdi, studi e ricerche sull’universo migratorio nel
Salento, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 36.
8
Le politiche migratorie restrittive
3
attuate nei Paesi maggiormente
attrattivi del Nord-Europa, hanno spostato il centro di affluenza dei flussi
migratori nei Paesi mediterranei del Sud-Europa. I protagonisti dei flussi
migratori diventano quindi Italia, Spagna, Portogallo e Grecia.
Le caratteristiche comuni che connotano i flussi in questi Paesi,
permettono di parlare di un “modello mediterraneo” di immigrazione. A
questo proposito, Perrone parla di “migrazioni di ripiego”, ovvero legate
all’impossibilità di raggiungere la meta ambita nei Paesi ricchi del Nord-
Europa, a causa dei limiti e i “paletti” posti dalla legislazione nazionale
4
.
Questo repentino cambiamento di traiettoria dei flussi ha colto
impreparati i Paesi del Sud dell’Europa, i quali, fino a poco tempo prima,
erano a loro volta Paesi caratterizzati dall’emigrazione, a causa della
disoccupazione incalzante. Tali Paesi non essendo dotati di un ordinamento
giuridico adeguato, hanno consentito agli immigrati di trovare terreno fertile
(nonostante la mancanza di norme), autoalimentando il flusso migratorio.
L’assenza di disposizioni legislative è stato da un lato fattore di
attrazione, dall’altro ha condannato l’immigrato a subire una carenza di
politiche sociali e d’integrazione, esplicatasi in una negazione dei diritti
spettanti a un cittadino straniero.
3
Ci si riferisce alle politiche attuate negli anni Settanta per limitare i flussi in
Francia e Germania.
4
Cfr. Luigi Perrone, Transiti e Approdi, studi e ricerche sull’universo migratorio
nel Salento, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 40.
9
Caratteristica comune dei Paesi mediterranei dell’UE è il fatto che vige
la compresenza di due fenomeni: la disoccupazione ed l’immigrazione. Tale
questione ha portato gli immigrati a riversarsi sui lavori disdegnati dai
cittadini autoctoni, i quali, molto spesso, ambiscono ad occupazioni più
prestigiose.
Ritengo opportuno ribadire che nel settore dei servizi sociali l’attività
lavorativa si rivela quanto mai consistente, soprattutto nell’ambito dei
servizi rivolti alle persone, per cui le forze-lavoro immigrate suppliscono
alle carenze del Welfare. Qui trova occupazione un’alta percentuale di
immigrati di sesso femminile.
Un altro campo che offre sbocchi lavorativi per gli immigrati è quello del
lavoro agricolo stagionale, un fenomeno che concerne in modo particolare il
Mezzogiorno, dove l’occupazione nei campi, soprattutto nelle fasi di
raccolta, e rappresenta dunque una componente significativa nell’ambito
dell’immigrazione maschile, senza dimenticare che sta divenendo una realtà
osservabile anche in alcune aree del Centro-Nord.
5
1.2 Il fenomeno migratorio in Italia tra passato e presente
L’Italia si scopre Paese d’immigrazione con un certo ritardo rispetto al
contesto Europeo. Questa affermazione è riconducibile ad un motivo ben
5
Cfr Pugliese Enrico, L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, Il
Mulino, 2002, p. 96.
10
preciso legato alla storia, che vede la nostra nazione come terra di tradizione
anche riguardo il fattore “emigrazione”. Tale avvenimento, per la sua
famigerata consistenza, fa ombra ai nuovi fenomeni migratori che iniziano a
caratterizzare l’Italia sin dagli anni Settanta. I flussi di emigrazione degli
Italiani hanno raggiunto vette storiche in periodi di particolare crisi
economica, come gli anni venti ad esempio, e negli anni successivi al
secondo conflitto mondiale.
Il flusso migratorio è databile, più precisamente, ai primi anni Settanta,
come ricordavo prima, ma la presa di coscienza del fenomeno avviene molti
anni dopo “con il Censimento Generale della popolazione del 1981 e con la
ricerca dei demografi del 1983, quando furono pubblicati i dati della prima
indagine a livello nazionale avvenuta ad opera del gruppo dei demografi
dell’Università di Roma
6
.
A detta di Enrico Pugliese, il risultato che venne fuori da tale censimento
è che l’entità della popolazione presente nel nostro paese risultava superiore
a quella della popolazione residente
7
.
Questi dati segnavano un’inversione di tendenza, in quanto prima di
allora si era sempre verificato il caso inverso, ovvero che la popolazione
residente fosse quantitativamente maggiore rispetto a quella presente.
6
Luigi Perrone, Quali politiche per l’immigrazione? Stranieri nel Salento, Lecce,
Milella edizioni, 1995, p. 65.
7
Enrico Pugliese, L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni
interne,Bologna, Il Mulino, 2002.
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