raggiunte grazie ad una maggiore responsabilizzazione delle unità
decentrate e dei livelli più bassi, assegnando loro più utonomia e
riducendo il numero dei livelli gerarchici.
Le suddette politiche richiedono, naturalmente, una particolare
attenzione del management al monitoraggio dei canali formali ed
informali attraverso cui avviene la comunicazione tra i gruppi culturali
decentrati.
Anche la società Evergreen di Taiwan ha adottato delle politiche
di trasferimento del proprio management, chiamato a connettersi al
contesto locale tarantino. Ciò h spint a condurre lo studio sulle
competenze che il management multidimensionale, inserito, cioè, in
contesti geografici diversi, deve possedere.
La flessibilità, l'adattabilità, l'apertura mentale necessarie
all'accettazione e alla condivisione delle diversità, sono tutte capacità
che il management deve possedere per gestire un coordinamento di
tipo transnazionale tra la sede centrale di una multinazionale e le unità
operative decentrate.
In questo contesto, nel primo capitolo si analizza, in generale, il
fenomeno dell'internazionalizzazione nelle economie mondiali.
Sono oggetto di analisi le stesse imprese che, per motivi di
sopravvivenza e sviluppo in un mercato globale, sono costrette ad
abbandonare sorpassate tesi nazionalistiche, per sposare nuove
strategie di terziarizzazione dei servizi nelle moderne reti distrettuali
di impresa.
Si commenta, inoltre, la divisione dello spazio economico globale
in distretti specializzati che si compongono di unità locali snelle,
flessibili, capaci di adeguarsi rapidamente all'ambiente che cambia.
Un breve exursus sulle teorie che stanno alla base del fenomeno
della crescita internazionale, accompagna la successiva descrizione
dei sentieri di espansione, in mercati di sbocco esteri, che possono
essere intrapresi.
Nella descrizione di queste politiche abbiamo sottolineato la
tendenza alla gradualità che generalmente caratterizza questi
fenomeni: da un iniziale inserimento di tipo commerciale nei circuiti
internazionali con attività di import-export, si passa dalle
multinazionali che esternalizzano all'estero le fasi del ciclo produttivo
creando proprie filiali o stringendo accordi di collaborazione con
partner stranieri, e si giunge, infine, alle imprese globali che
gestiscono una attività transnaz onale, senza cioè più limitazioni
geografiche, economiche, politiche e nazionali di natura organizzativa
o socio-culturale.
Il secondo capitolo èded cat all'importanza della cultura
d'impresa quale collante per le realtà organizzative internazionali.
In questo contesto, si è condotta una disamina critica della
necessità di armonizzare le culture aziendali, strettamente influenzate
dalla località geografica di appartenenza.
La necessità di passare da una metodologia di gestione delle
risorse umane entro limiti burocratici e di ottimizzazione dei risultati,
ad una visionche educhi alla valorizzazione strategica delle
conoscenze e competenze, potrebbe servire a facilitare il
raggiungimento di questa tanto anelata integrazione organizzativa
nelle attuali politiche internazionali.
L'uomo considerato non solo per ciò che è in grado di fare ma
anche per chi è, appresenta il motore principale di questo capitolo: un
potenziale veicolo, cioè, per diffondere cultura, esperienze e
tecnologia.
L'estrema dinamicità e co plessità d gl ambienti transnazionali
richiede, giocoforza, il possesso, da parte delle risorse umane, di
competenze particolari di cui vengono, nel presente lavoro, elencate le
caratteristiche principali con particolare riferimento alla flessibilità e
adattabilità delle conoscenze e capacità.
Questa trasformazione delle competenze richiede una evoluzione
che, alla base, interessi l'attività di formazione sia del management,
quale facilitatore del cambiamento transnazionale, sia del personale
operativo, per fornirgli gli strumenti per lavorare efficacemente in
ambienti multiculturali.
Una evoluzione, questa, riferita agli strumenti ed ai contenuti delle
attività didattiche, utile a trasformare non solo le competenze tecniche
e specifiche di una professione o di un mestiere, ma anche quelle
trasversali che soddisfano un fabbisogno culturale personale.
Si cerca di creare la cultura di una formazione continua che vede
impegnate congiuntamente tanto le imprese quanto le strutture
scolastiche e, specialmente, l'insegnamento universitario destinato a
creare quelle professionalità idonee all'inserimento immediato nel
mondo del lavoro.
Il terzo capitolo è stato strutturato in due parti.
La prima parte ha ad oggetto una analisi della figura del manager
transnazionale, in veste di "facilitatore" del cambiamento conseguente
ad una fase di espansione delle attività azie dali in contesti geografici
lontani.
La preparazione delle politiche di trasferimento del management,
chiamato a preparare la convivenza tra personale di diversa estrazione
culturale, rappresenta un momento particolarmente delicato dal
momento che, esso dovrà dedicarsi alla chiarificazione reciproca degli
obiettivi tra sede centrale ed unitàd centrate.
Una attenzione particolare viene riservata alla figura del
temporary manager, cui viene delegata ampia autorità decisionale
(empowerment del management), quindi maggiore potere, ma anche
responsabilità per risultati conseguiti.
Si tratta di un manager che ha bisogno di costruire la propria
legittimità e credibilità allargando l'accessibilità lle informazioni,
stabilendo nuovi canali di gestione delle ambiguità proprie del
passaggio in ambienti socio-economici stranieri.
Importanti sono risultate le conclusioni sugli effetti che questi
trasferimenti temporanei, anche se a volte molto lunghi, hanno nella
sfera professionale e personale del manager.
La percentuale dei fallimenti èabbastanza alta.
La ricerca delle cause dei suddetti fallimento dei trasferimenti di
personale all'estero, sono ascrivibili sia alla inadeguatezza
professionale, alla maturità psicologica e all'inerzia emozionale del
candidato, quanto, anche, alla prontezza dell'organizzazione nel
disegnarli strategicamente e nel monitorarne, successivamente, la
realizzazione pratica.
Dagli studi condotti, èrisulta a, evidente, la necessità di inserire
queste trasferte in sentieri di crescita professionale e di avanzamento
di carriera.
Inoltre sono descritte la figura del management transnazionale e la
sua capacità di adattare gli strumenti di coordinamento delle unità
decentrate alle specifiche situazioni, culture ed esperienze locali.
Questo perché, la soluzione al coordinamento transnazionale,
viene dalla combinazione flessibile dei meccanismi di coordinamento
derivanti dalle passate esperienze giapponesi, nella centralizzazione
del controllo, americane, della formalizzazione, ed infine, europee
volte alla socializzazione tra autorità locale e centrale.
La seconda parte del capitolo si occupa delle iniziative
internazionali, con particolare attenzione ai provvedimenti dell'Unione
Europea, finalizzate alla semplificazione burocratica di un ambiente
lavorativo multietnico, atta a facilitare il raggiungimento di obiettivi di
trasferimento delle competenze e di integrazione tra le unità
decentrate all'estero.
Sono stati affrontati i temi della libera circolazione all'interno della
Comunità europea e dello Spazio Schengen e delle possibilità offert
alla aziende, che desiderano perseguire una politica di trasferimento,
distacco o trasferta all'estero del proprio personale, sia per esigenze di
formazione, che per una localizzazione strategica differenziata delle
risorse.
Viene distinto il lavoro subordinato, analizzando la disciplina
contrattuale per i lavoratori italiani all'estero e per i lavoratori stranieri
in Italia, dal lavoro autonomo e del relativo problema del
riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali e della relativa
soluzione dell'armonizzazione comunitaria delle attività di for az one
scolastica ed "on the job".
In ultimo si fa riferimento ad un problema di importanza attuale
connesso alle diverse discipline nazionali relative al rilascio
dell'autorizzazione al trattamento dei dati personali da parte delle
aziende che abitualmente assistono al traffico internazionale delle
proprie risorse umane.
Il lavoro si conclude con una descrizione del progetto Evergreen
di espansione strategica dei traffici container nel Mediterraneo,
specializzando il porto di Taranto in un importante terminal
mercantile Hub, di snodo nelle rotte transoceaniche di gigantesche
navi container.
L'analisi delle differenze tra la struttura portuale italiana e,
specialmente, quella europea, ha messo in risalto le difficoltà
burocratiche e sociali, di inserimento di grandi compagnie straniere
nel tessuto economico italiano, e nella fattispecie, in quello
meridionale.
Le imprese locali e le risorse portuali si sono dimostrate, infatti,
impreparate a sfruttare l'occasione di sviluppare il comparto delle
piccole-medie imprese, offerta dalla nascita, nell'area retrostante il
porto tarantino, di una struttura logistica internazionale, nella
fattispecie chiamata area distripark, cui affidare l'esternalizzazione,
delle imprese locali e straniere, dei servizi di assemblaggio di parti
componenti, confezionamento, etichettatura, ecc..., emulando gli
esempi belgi in cui si sono insediate multinazionali quali Reebock,
Nike o Crisler, con l'organizzazione di propri centri europei di
assemblaggio e di distribuzione.
Oggetto di esame è stato, soprattutto, il problema della convivenza
tra dirigenti di estrazione internazionale, dipendenti dalla Evergreen,
ed una professionalità locale, tarantina, poco aperta e disponibile ad
accettare il cambiamento e la perdita di potere su un territorio
particolarmente influenzato da lotte politiche, assistenzialismo statale
e dalla forza dell'economia sommersa guidata dalle ombre oscure
dell'illegalità.
Lo sviluppo del progetto di espansione della societàEv rgrenn
ha soffertoin particolare, per le difficoltà incontrate nel strutturare la
formazione di personale internazionale puntando sullo sfruttamento
delle risorse locali.
Ma lo stesso trasferimento di personale tailandese, chiamato a
gestire la filiale TCT, creata appositamente per lo sviluppo
dell'insediamento internazionale nel porto di Taranto, è st to oggetto
di un'analisi critica, in cui si è cercato di strutturare le cause che
hanno ridotto l'efficacia dell'operato di questi manager.
Di maggior rilievo è emersa una discordanza, riguardo le modalità
di assunzione e formazione del personale necessario a colmare il
fabbisogno iniziale di risorse, tra le disposizioni della casa madre
(Evergreen) e l'operato della Taranto Terminal Container, della quale
si denunciano una discutibile collaborazione con le Autorità portuali
locali, una ingiustificata esclusione delle agenzie marittime nella
trasformazione mercantili delle attività por uali d una superficiale
considerazione della necessità irrinu ciabile, in questo progetto, di
poter contare sulla disponibilità di competenze e capacità
dall'indiscusso valore internazionale.
Si ringrazia, per la gentile collaborazione e per l'opportunità
concessa nella consultazione del materiale necessario allo svolgimento
del presente lavoro, i dipendenti della agenzia marittima "Vincenzo
Caffio S.r.l.".
Un ringraziamento doveroso va allo spedizioniere Rizzo Roberto,
della suddetta agenzia, per aver contribuito ad elaborare una analisi
critica delle attività di formazione condotte dalla Taranto Container
Terminal S.p.A.
CAPITOLO I
IL FENOMENO DELLA
INTERNAZIONALIZZAZIONE
I.1. LO SCENARIO COMPETITIVO
INTERNAZIONALE
Nell’attuale fase dello sviluppo postindustriale, il problema
economico non è più di scelta tra mezzi limitati per il raggiungimento
di determinati fini, bensì ra fini alternativi. (S. Zamagni)
Viene alla ribalta un nuovo imperativo per le imprese della nuova
era: gestire LA COMPLESSITA’ dell’ambiente e del mercato in termini
di varietà e soprattutto di variabilità.
Per affrontare questa complessità è necessario, che le imprese si
pongano in veste pro-attiva piuttosto che reattiva, verso una realtà
circostante in continua evoluzione: questo significa, che non devono
limitarsi a recitare il ruolo di semplici spettatrici del cambiamento, ma
esserne esse stesse le artefici.
Occorre che l’organizzazione d’impresa diventi fast learning efast
active e, quindi capace di decifrare, interpretare, e apprendere il
significato d’ogni segnale inviato dall’ambiente, attraverso:
INNOVAZIONE
FLESSIBILITA
PREDISPOSIZIONE AL CAMBIAMENTO
MOBILITA
SEMPLIFICAZIONE
Nello scenario economico corrente fra i molteplici processi di
trasformazione cui si assiste, quello dell’internazionalizzazione delle
imprese raccoglie, oggi più ch in passato, numerosi consensi alla luce
degli eventi giuridici, politici, e sociali che hanno investito l’economia
mondiale, e che hanno portato ad un inasprimento della concorrenza
fra le imprese del mondo capitalistico.
Le imprese si trovano a fronteggiare situazioni in cui la
saturazione della domanda di beni e servizi sui mercati nazionali,
l'omogeneizzazione dei gusti e dei bisogni dei consumatori, nuovi
prodotti e produttori, rendono indispensabile la ricerca di differenti
aree di sbocco.
Il fenomeno dell’internazionalizzazione si presenta molto
complesso in considerazione del fatto, che l’impresa non èu’ ntità
sé stante: essa vive nell'ambiente ma vive, anche, dell’ambiente.
Da quest’interdipendenza deriva la necessità di gestire tale
rapporto sia come forze produttive da integrare che come energie
competitive da controllare.
In altre parole è importante non dimenticare che ogni fenomeno
da cui è dipesa la nuova configurazione dei mercati, dalla
liberalizzazione degli scambi all’integrazione istituzionale ed
economica, avutesi, ad esempio, con la Comunità europea, è fonte, si
d’opportunità, ma anche di minacce e di vincoli da affrontare
attraverso strategie d'adattamento e di modifica della realtà che si
modifica.
Le imprese diventano global scanner di opportunità e rischi delle
aree competitive internazionali.
L’impresa che s’internazionalizza si distingue per la sua capacità
di cogliere le opportunità offerte dal progredire della conoscenza
scientifica, così da utilizzare le possibilitàofferte da pluralismo
tecnologico…”.
1
E’, infatti, sul patrimonio tecnologico – visto come
insieme di conoscenze e informazioni – che le imprese basano lo
sviluppo della produttività e della comunicazione integrata. Le nuove
tecnologie, riducendo i costi e i rischi di trasferimento delle
informazioni, consentono di ampliare la diffusione delle conoscenze
utili, per facilitare l’ cesso alle nuove aree geografiche
dell’economia globale.
All’orizzonte dei nuovi indirizzi economici, le pressioni al
superamento dei nazionalismi dirigono i sentieri di crescita
internazionale divenendo, per l’impr sa, non più una scelta, ma un
imperativo strategico di CRESCITA DA COMPETIZIONE.
Secondo la diversa sensibilità degli imprenditori alle nuove
esigenze si distingue tra possibili comportamenti di:
internazionalizzazione attiva - in cui le imprese partecipano
attivamente alla competizione internazionale come global
players;
internazionalizzazione passiva - in cui le imprese subiscono,
nel proprio ambiente d’origine, una concorrenza proveniente
dall’esterno. In questo, caso è il istema imprenditoriale che
dovrà adattarsi al nuovo ambiente.
Una politica di sviluppo internazionale richiede il supporto delle
strategie di diversificazione territoriale, le quali sono indirizzate al
1
GOLINELLI, 1992, pag. 29.
raggiungimento di un obiettivo di “localizzazione” pr ma e di
spostamento di risorse poi. Questa dispersione geografica delle unità è
indispensabile per una presenza forte sui mercati esteri, che tenga
conto delle diversità socio - culturali ed istituzionali a confronto: ciò
significa gestire la complessità delle relazioni tra i sotto-ambienti,
dovuta al passaggio da un mercato a forte connotazione domestica a
realtà organizzative caratterizzate da una sempre maggiore
integrazione internazionale.
Si aspira, dunque, al raggiungimento di una flessibilità, che deve
essere l’obiettivo non solo delle unità pr duttive, ma anche dei
governi impegnati nella concertazione di una regolamentazione
regionale di quello che definiamo “ free space”.
Per dare modo alla mondializzazione di diventare un valido
strumento di crescita dell’economia senza frontiere, sarà necessa io un
Sistema Paese che sia sano.
Ora, ci troviamo in una fase di transizione in cui convergono
stimoli all’indebolimento, o alla quasi totale scomparsa di un “centro”
geopolitico ordinatore, conseguenza di una diversa attenzione al
controllo del territorio, causa di squilibri e contraddizioni.
Nell’economia globale, il ruolo dello Stato nazionale si modifica
per adattarsi ad iniziative economiche non più frutto della sua capacità
imprenditoriale e di controllo esclusivo. Lo Stato direttamente non
può più essere da solo il promotore dello sviluppo economico di un
dato paese, ma dovrà perfezionare il ruolo di garante di norme che
assicureranno, una crescita equilibrata ed efficiente.
2
2
K. OHMAE, "La Fine dello Stato Nazione", Milano, 1996.