- Introduzione -
I pericoli da fusione più rilevanti sorgono, soprattutto, nel momento delle delicate fasi
d’integrazione organizzativa ed armonizzazione delle procedure, e delle culture
aziendali. E’ necessario che dall’unione bancaria si generino delle sinergie che
costituiscano rilevante fonte di creazione di valore, essendo di fronte ad un settore
oramai saturo.
Una vasta letteratura accademica si è occupata dei motivi che spingono
specificatamente le banche a compiere operazioni di M&A, e le principali dinamiche
evolutive in atto nell’ambiente economico-finanziario possono individuarsi:
• nell’elevarsi del tenore concorrenziale del mercato bancario e dei servizi
finanziari, causato dalla liberazione dell’attività bancaria, dall’attenuarsi della
segmentazione istituzionale degli intermediari (deregolamentazione normativa),
e dall’abbattimento di ogni confine geografico tra i diversi mercati
(globalizzazione);
• nelle innovazioni in campo telematico e finanziario;
• nelle cangianti esigenze dell’economia, e nelle mutevoli necessità di una sempre
crescente e diversificata massa di fruitori di servizi bancari;
• nella riduzione del ruolo delle prestazioni pensionistiche pubbliche, e nella
contestuale espansione dell’industria assicurativo-previdenziale e del risparmio
gestito;
• nella privatizzazione di larghe fette della proprietà pubblica.
Dette dinamiche, per una ragione o per l’altra, spingono le banche ad organizzare
l’offerta di beni e servizi, in un numero ristretto di produttori, tramite operazioni di
merger and acquisition.
Per spiegare una tale corsa alla crescita ‘universale’, non basta fermarsi alle sole ragioni
economico-aziendali, ma occorre spingersi alla ricerca di altre determinanti, di natura
extraziendale. Scongiurare l’eventualità di un’internazionalizzazione passiva,
accrescendo il peso degli operatori nazionali, in misura tale, da dissuadere i competitors
esteri dalla tentazione di penetrare una determinata area, è di cruciale importanza per il
futuro di ogni economia, particolarmente di quella italiana per cui sarebbe negativa una
caduta degli attori principali in mani straniere.
VII
- Introduzione -
La scelta di presenziare le diverse aree di business, compiuta dai maggiori gruppi
bancari italiani non è legata ad un’acritica corsa al gigantismo in sé dagli esiti reddituali
incerti, ma al desiderio di prendere parte alla successiva fase delle concentrazioni intra-
europee da una posizione negoziale di maggior forza possibile nel tentativo di divenire
european player.
La globalizzazione dell’economia e l’integrazione dei mercati impongono alle banche di
presentarsi con una dimensione idonea ad affrontare la competizione su scala
internazionale.
Il numero delle banche è diminuito nel corso dell’ultimo decennio, e questo è avvenuto
almeno in parte in seguito ad operazioni di fusione o acquisizione.
Tabella I1. Le operazioni di M&A tra banche Italiane nel periodo 1994-2003
Anno N° di banche Fusioni Acquisizioni Totale
1994 994 42 10 52
1995 970 47 19 66
1996 937 37 19 56
1997 935 24 18 42
1998 921 27 23 50
1999 876 36 28 64
2000 841 33 24 57
2001 830 31 9 40
2002 814 18 12 30
2003 788 19 7 26
Fonte: Caruso A., Palmucci F.,Fusioni e acquisizioni tra banche quotate:
creazione e distruzione di valore nelle operazioni dal 1994 al 2003,
[2005].
Lo scopo razionale per i gruppi coinvolti nelle M&A, viene ad essere quello di poter
mutare le combinazioni produttive, le coordinazioni economiche e finanziarie di
gestione, al fine di accrescere la redditività del gruppo risultante dalla fusione rispetto
alla somma dei singoli profitti dei partecipanti.
I risultati migliori consentono, nei primi due o tre anni, significativi risparmi in costi
operativi, attraverso economie di scala riguardanti divisioni di gestione e di
organizzazione sovrapposte, permettendo una riduzione di risorse umane e di strutture.
VIII
- Introduzione -
Non è scientificamente provato che l’attività bancaria consenta economie di scala al
crescere delle dimensioni, giacché, a risparmi, che possono ricadere su categorie di
costi, si intrecciano maggiori oneri o accresciuti rischi nelle diverse aree (Bianchi
[2006]).
In questo contesto viene a svilupparsi il seguente elaborato, con lo scopo di,
soffermandosi su un caso singolo di fusione, verificare attraverso una lettura analitica
un miglioramento dei dati di bilancio legato alla costituzione della nuova realtà
societaria, sostenendo i risultati ottenuti attraverso test empirici e successiva
comparazione accademica.
Si prende in considerazione il caso della fusione di Banca Caboto e Banca IMI, con la
creazione di un’istituzione, facente capo al Gruppo Intesa San Paolo, attiva nel settore
del corporate e investment banking.
Il primo capitolo di carattere descrittivo-introduttivo viene a delineare i diversi aspetti e
sfaccettature del settore corporate e investment banking, descrivendone inizialmente le
aree di competenza e le modalità operative, e successivamente soffermandosi sullo
sviluppo domestico dei maggiori competitors rapportato al mercato internazionale.
Il secondo ha come argomento focale la creazione di valore da fusioni tra banche,
definendo concetti quali economie di scala, di scopo e sinergie, e focalizzandosi sugli
effetti delle maggiori aggregazioni bancarie ne riporta alcuni studi sviluppati dalla
letteratura accademica. Il capitolo si conclude con un caso specifico di fusione tra due
majors del corporate e investment banking nel mercato nazionale, che porta alla
costituzione della nuova Banca IMI.
Una volta definita la fusione di Banca IMI nei minimi termini, l’ultima parte
dell’elaborato è concentrata sull’analisi di bilancio e verifica quantitativa
dell’andamento degli indici selezionati per lo studio.
Gli indicatori di bilancio presi in considerazione sono ratio reddituali e di efficienza dei
costi sia per Banca Caboto che per IMI in un range temporale dal 1999 al 2008,
inizialmente monitorati attraverso un’analisi prospettica definendone i fattori esogeni di
potenziale influenza, in seguito sono sviluppati a livello statistico per determinare
l’influenza che la fusione ha avuto sulla variazione degli stessi.
IX
- Introduzione -
Nel capitolo quarto si ha una riproposizione dei test statistici effettuati in precedenza (t-
test e regressione con dummy variable) attraverso un approccio temporale differente, ma
già sviluppato a livello accademico, con lo scopo di rendere maggiormente completo lo
studio effettuato.
Infine, un raffronto con i risultati empirici della letteratura in materia di fusioni viene ad
essere d’obbligo per definire eventuali criticità e/o punti di forza delle risultanze
ottenute.
X
CAPITOLO 1
Corporate e investment banking: elementi costitutivi,
margini di sviluppo e fattori di competitività
Introduzione
In questa prima parte dell’elaborato si pone l’obiettivo di approfondire l’attività svolta
nel settore corporate e investment banking, di individuarne gli eventuali punti di forza e
debolezza, i fattori di sviluppo, descriverne il mercato su scala internazionale,
1
soffermandosi a definirne i maggiori competitors .
Dopo aver individuato le investment banks come società che svolgono differenti ruoli, e
non possono essere descritte tramite una definizione univoca, si illustrano le due
principali attività, quali: l'assistenza alle imprese nella ricerca di finanziamenti e nella
2
loro ristrutturazione , e la consulenza ad investitori nell'acquisto e vendita di titoli.
Si focalizza l’attenzione sull’attività polifunzionale tipica di una investment bank di
grande dimensione, che consente la possibilità di intermediare ampi volumi operativi,
riducendo il rischio attraverso la diversificazione degli assets in portafoglio.
Infine, costatando che il non essere in grado di offrire una gamma di prodotti ampia e
diversificata, può determinare una riduzione delle quote di mercato a favore di nuovi
1
L’elaborato viene a soffrire di sensitività anacronistica, non potendo essere aggiornato rispetto alla
situazione manifestatasi nell’autunno 2008, che ha riscritto la struttura gerarchica delle investment
banking su scala globale.
2
Ciò si verifica soprattutto nel caso di operazioni d’importo rilevate.
- Corporate e investment banking: elementi costitutivi, margini di sviluppo e fattori di competitività -
competitors con conseguente aumento dei costi per la ricerca di nuovi clienti (sezione
1.1.1), si deducono i vantaggi che derivano dallo svolgimento di più funzioni e attività:
1. l’utilizzo in modo completo delle economie di scala e di scopo nella
produzione/erogazione di servizi/prodotti finanziari da offrire alla propria
clientela target e potenziale;
2. lo sfruttamento di eventuali sinergie tra le differenti funzioni all’interno di una
medesima divisione organizzativa, al fine di aumentare l’efficienza complessiva
dell’intermediario e consentire il raggiungimento di performance reddituali
superiori rispetto agli altri competitors e alla media di mercato;
3. l’offerta di un’accentuata diversificazione produttiva che consenta una generale
riduzione del rischio d’investimento, condizione questa essenziale per
consolidare le posizioni di mercato e fronteggiare una concorrenza sempre più
agguerrita;
4. il conseguimento di riduzione dei costi nella ricerca sul mercato azionario,
fondamentale sia per l’operatività in titoli, sia per l’attività di ricerca di società
nelle fusioni e acquisizioni;
5. il fornire ai clienti una gamma completa di servizi di assistenza finanziaria, con
il conseguente obiettivo di ottenere maggiore fidelizzazione;
6. l’ottenere efficienza nell’innovazione finanziaria, grazie all’applicazione di
nuovi strumenti su una più vasta gamma di attività e nella produzione di servizi
di gestione del rischio;
7. il perseguire l’ottimizzazione nella raccolta e nell’impiego di fondi, in quanto la
diversificazione delle attività consente la disponibilità di maggiori risorse
nonché maggiori possibilità di impiego;
8. il raggiungimento di dimensioni, in termini di volumi e masse intermediate,
sufficientemente ampie da ridurre i costi complessivi.
Le argomentazioni sul fatto che investment banks più grandi e diversificate, di norma,
inserite all’interno di gruppi bancari o finanziari internazionali, possano perseguire
strategie cost driver, ricercando vantaggi competitivi derivanti da minori costi e ampi
volumi, e sfruttando sinergie intercompany, viene ad essere il fulcro su cui poggia il
capitolo successivo (sezione 1.1.2).
2
- Capitolo 1 -
Il definito modello di business, viene ad identificarsi come poco volatile, basato su
ricavi e costi monetari agevolmente preventivabili, tuttavia, la forte instabilità del
settore, il peso della competizione, l’innovazione finanziaria e la ciclicità che lo
contraddistingue con una crescente interdipendenza internazionale, rendono i metodi
3
finanziari comuni difficilmente a questo, applicabili .
4
La convenzionale suddivisione della clientela in due distinti segmenti , permette di
scindere i servizi offerti in: assistenza alle imprese (private o pubbliche) nella copertura
dei loro fabbisogni di finanziamento e nella riorganizzazione finanziaria; qualità di
broker o dealer, vendendo o comprando titoli per conto dei market investitors.
La prima categoria di servizi è quella che tradizionalmente viene definita attività di
investment banking tout court (come si enuncia nella sezione 1.1.3), si tratta di servizi
di assistenza ai clienti-imprese, che comprendono sia il reperimento e la gestione dei
finanziamenti, sia le operazioni che incidono sulla composizione e sulla titolarità del
capitale, proprio o di terzi, delle imprese. E’ stato opportuno, quindi, descriverne
brevemente i settori di attività, al fine di favorire una comprensione generale della realtà
operativa. Dalle scelte effettuate a livello di clienti, prodotti e mercati emergono diverse
strategie, che riflettono i trend attuali nel business dell'investment banking:
- global strategy: implica la vendita di servizi a tutte le tipologie di clienti nei
mercati scelti. Vi rientrano i più importanti gruppi bancari:
o banche americane: non offrono servizi di retail banking (Morgan
Stanley, Goldman Sachs);
3
Tra i parametri della valutazione integrata patrimoniale-economica-finanziaria di una investment bank
che vengono ad avere un ruolo primario, si rileva il patrimonio netto rettificato, espresso da valori di
mercato, identificativo la somma del value delle diverse business units, integrato nelle sinergie e nei costi
comuni. Elementi essenziali per la corretta valutazione del conto economico vengono ad essere i saldi
parziali significativi, come il margine di interesse, le commissioni nette, o il risultato ante imposte; per il
rendiconto finanziario, invece, i flussi di cassa operativi o netti (un obiettivo irrinunciabile per un
investment bank è costituito dalla capacità di generare e massimizzare flussi di cassa).
4
Avendo presenti le aree di business in cui è possibile operare, le investment banks devono prendere
scelte strategiche relative ad altri due aspetti:
• clienti: la scelta di servire aziende, istituzioni pubbliche o istituzioni finanziarie. Le aziende sono
solitamente classificate per fatturato: large corporate: minimo 1-2 miliardi di euro di fatturato
(negli USA la soglia è di molto più alta); corporate; mid-corporate: tra i 50 e gli 80 milioni di
euro di fatturato;
• mercati: la scelta della nazione o area geografica (o settore) in cui operare.
3
- Corporate e investment banking: elementi costitutivi, margini di sviluppo e fattori di competitività -
o grandi conglomerati: offrono anche servizi di retail banking (come
Citigroup e JPMorgan Chase);
o banche universali europee (ad esempio Deutsche Bank, Credit Suisse e
UBS);
o banche universali giapponesi (ad esempio Mitsubishi e Nomura);
- international strategy: le banche che seguono questa impostazione focalizzano
la propria attività su un portafoglio che include diversi mercati e aree, e con
l'ambizione di passare ad una strategia globale. Spesso questo obiettivo viene
perseguito tramite un'aggressiva politica di fusioni e acquisizioni (BNP Paribas,
Barclays, Unicredit, BBVA e Banco Santander).
- local strategy: le banche che seguono una strategia locale si concentrano solo su
un mercato o un numero ristretto di mercati. Tra questi attori si menziona Intesa
Sanpaolo e Crédit Agricole S.A..
Nell’ultima parte (sezione 1.2), si analizzano le modalità applicative (sovra citate) in
ambito strategico da parte dei diversi competitors di mercato, soffermandosi nel definire
le potenzialità dei players nazionali confrontati a livello internazionale.
1.1 Il corporate e investment banking in Europa
Negli ultimi anni si è assistito, a livello europeo, ad un processo di trasformazione delle
banche che ne ha mutato in modo radicale l'operatività, i modelli organizzativi e le
strategie.
Si è avuta innanzitutto una tendenza alla crescita dimensionale delle banche, attraverso
operazioni di fusione e acquisizione, alla ricerca di economie di scala e di maggiori
possibilità di razionalizzazione delle attività anche in chiave europea. Si è quindi
realizzato un processo volto a sfruttare le potenzialità di specializzazione all'interno dei
grandi gruppi in base alla clientela servita, al tipo di prodotto erogato o all'area
geografica di attività.
Per quanto concerne la struttura delle divisioni corporate dei maggiori gruppi bancari,
occorre dire che le scelte organizzative delle banche sono state caratterizzate da una
4
- Capitolo 1 -
certa eterogeneità, sia per quanto attiene i modelli adottati, sia nella definizione dei
perimetri delle singole business unit.
5
Tabella 1.1 Classificazione dei gruppi in funzione del modello organizzativo adottato
Fonte: Bello M., L’investment banking: descrizione dell’attività e
caratteristiche degli operato, [1998].
Pur tenendo conto delle specificità tipiche di ciascun istituto, è tuttavia possibile
identificare a grandi linee due modelli organizzativi per quanto riguarda la distribuzione
di funzioni tra le diverse business unit.
Il primo modello prevede una divisione commerciale che si occupa congiuntamente sia
della clientela corporate sia di quella retail, mentre, l'investment banking è gestito in una
divisione separata, alla quale è eventualmente affidata anche la gestione delle relazioni
con i gruppi imprenditoriali di elevate dimensioni. Questa struttura può tendere a
valorizzare le sinergie esistenti a livello di centri di costo, aggregando le funzioni
5
Dati strutturali aggiornati al novembre 2004, si veda ad esempio la classificazione di Banca Intesa,
ancora distinta da San Paolo (indicato con SPIMI nella tabella).
5
- Corporate e investment banking: elementi costitutivi, margini di sviluppo e fattori di competitività -
comuni tra attività relative a tipologia di clientela differenti. Tra le banche di maggiore
spessore, tale modalità organizzativa è adottata da Intesa e San Paolo, dalle olandesi
ABN-Ambro e ING Bank, e dalle spagnole SCH e BBVA.
Nel secondo modello, le attività di corporate e investment banking vengono gestite
congiuntamente in un'unica divisione, affiancata da un'altra dedicata al retail banking.
Questo assetto può privilegiare le sinergie esistenti a livello distributivo, integrando le
funzioni destinate a una medesima tipologia di clientela.Va sottolineato, inoltre, che il
perimetro della clientela affidata alla divisione corporate può variare significativamente
da banca a banca, a seconda che lo small business sia affidato alla divisione retail o
6
meno .
Interessante valutare l'importanza delle attività connesse al corporate banking all'interno
dei grandi gruppi, a questo fine, si prendono in considerazione solo le banche che hanno
adottato il secondo dei due modelli definiti, avendo una maggiore comparabilità-
disponibilità di dati esenti dal compito, di non semplice applicazione, di scorporazione
7
del value delle attività retail da quelle corporate. Risulta che la redditività delle
divisioni corporate delle banche italiane, paragonandola a quella di alcuni dei principali
8
peers europei, è condizionata da una marcata differenza nei costi associati al rischio,
riflettendo sicuramente le differenze di congiuntura economica e del grado di
vulnerabilità delle imprese nazionali, ma anche probabilmente una diversa scelta in
termini di politiche di accantonamento.
1.1.1 Le caratteristiche dell'investment banking
L'investment banking costituisce un segmento altamente specializzato della finanza, e la
sua rapida espansione dimensionale, la diffusione geografica, la varietà di impatti che ha
sul sistema economico, pongono questioni di rilevante importanza.
La sua funzione è: di collegare, attraverso i mercati finanziari, i risparmiatori e le
istituzioni che gestiscono il risparmio con le imprese che desiderano raccogliere fondi
6
In alcuni casi, è possibile che la divisione corporate e quella investment banking siano formalmente
separate, anche se caratterizzate sostanzialmente da una forte cooperazione, per questa ragione, si è
ritenuto opportuno, rimandare la trattazione del terzo modello organizzativo ai capitoli successivi.
7
Si veda il paragrafo conclusivo di questo capitolo.
8
Termine anglosassone peers sta a indicare, in questo contesto, gruppi bancari di equivalente entità.
6
- Capitolo 1 -
per finanziare i loro progetti; di assistere i possessori di ricchezza detenuta sotto forma
di strumenti finanziari; di riallocare i loro assets nei mercati finanziari quando si
presentano interessanti opportunità per migliorare la combinazione rischio- rendimento-
liquidità dei loro portafogli.
Nell'espletamento di queste fondamentali funzioni, le istituzioni presenti nell'investment
banking operano come intermediari di mercato, e vanno distinte dalle tradizionali
banche operanti nell'allocazione del risparmio raccolto.
E' possibile individuare tre diversi stadi nell'evoluzione dell'investment banking.
Il primo (diffusosi intorno alla seconda metà del secolo scorso negli Stati Uniti)
riguarda il business classico, confinato interamente alla raccolta di fondi esterni per le
imprese non finanziarie o per i governi statali. In tale ambito, le investment banks si
sono distinte come operatori specializzati nell'organizzazione di emissioni di titoli sui
mercati finanziari, e nella ricerca di adesioni per la sottoscrizione degli stessi (tali
attività rientrano nei servizi di underwriting).
Il secondo stadio (di inizio secolo) riguarda l'espansione dell'investment banking
nell'attività di brokering, in cui le investment banks agiscono da agenti nello scambio di
titoli sul mercato dei capitali. Tra le attività compaiono la gestione privata di fondi per i
clienti maggiori (private banking), le operazioni di market making e l'istituzione di
fondi d'investimento collettivi. Tuttavia, l'underwriting rimane l'area principale e genera
la maggior parte dei profitti.
Il terzo stadio evolutivo (tra il 1920 e il 1960), è caratterizzato da una rapida crescita
delle operazioni di corporate finance, rivolte alla ristrutturazione industriale, che
comprendono l'assistenza in fusioni ed acquisizioni, e l'assunzione di partecipazioni in
società non finanziarie. Si registra, inoltre, un'espansione delle attività di risk
management, dovuta all'introduzione di strumenti derivati, deputati a risolvere
situazioni di rischio per le imprese clienti.
Va fatta a questo punto una precisazione sui confini entro i quali si intende limitare
l'investment banking. Senza distinzione si è soliti utilizzare il vocabolo investment
banks come sinonimo di investment banking, invece tra queste due espressioni vi è una
netta separazione non ricondotta ad una semplice questione terminologica.
7
- Corporate e investment banking: elementi costitutivi, margini di sviluppo e fattori di competitività -
In base alla classificazione dei business che le investment banks presentano nei bilanci,
l'attività di investment banking comprende una serie di servizi ai clienti-imprese, tra cui
il reperimento di fondi sul mercato dei capitali, l'assistenza all'emissione di titoli, la
consulenza finanziaria nelle fusioni ed acquisizioni e in generale (valutazioni,
ristrutturazioni del debito). Oltre a questo insieme di attività, forniscono una gamma
molto variegata di servizi finanziari, come il project financing, la gestione di fondi
d'investimento, il trading su titoli, la gestione patrimoniale per i clienti più importanti, il
brokering. Sebbene queste attività siano divenute di primaria importanza in termini di
profitti, non vanno confuse con le attività di assistenza finanziaria alle imprese, che
rappresentano il core-business storico dell'investment banking.
Gli intermediari che operano nel corporate finance vengono definiti investment banks
(storicamente l'attività di investment banking si è contrapposta al commercial banking).
In generale, il ricorso dell'impresa ai servizi delle investment banks si spiega grazie alle
elevate competenze di queste ultime in materia finanziaria, e alla loro abilità nel reperire
fonti di finanziamento. È indubbio che l'attività di consulenza sulla struttura finanziaria
non è un'esclusiva, operano in questo settore anche altre istituzioni, come le banche
commerciali e le società di consulenza. Tuttavia, il ruolo delle investment banks nella
consulenza finanziaria alle imprese si distingue da quello svolto da altri operatori per
una serie di fattori:
- stretti legami che le investment banks intrattengono con altre istituzioni
finanziarie a livello internazionale (come banche commerciali, fondi pensione,
investitori istituzionali), il che le facilita nella raccolta di capitali e nella
distribuzione presso il pubblico di azioni, obbligazioni ed altri titoli;
- esperienza accumulata nel settore del corporate finance, specialmente per ciò
che riguarda le grandi investment banks americane, che operano nel settore da
molti anni e hanno gestito operazioni, come acquisizioni o collocamenti, di
elevata complessità;
- conoscenza di una vasta clientela corporate, con lo scopo di generare e proporre
operazioni;
- grande reputazione nel portare a buon fine le operazioni che facilita l'adesione
dei finanziatori nelle raccolte di fondi;
8
- Capitolo 1 -
- presenza su tutte le piazze finanziarie mondiali, e la disponibilità di una banca
dati in materia finanziaria difficilmente uguagliabile.
Attraverso queste capacità distintive le investment banks incidono in maniera positiva
sulla gestione aziendale, riducendo tre tipologie di costo per le imprese clienti:
- costi di transazione, come ragione principale che ne spiega l'esistenza.
Gli intermediari hanno un vantaggio competitivo nella produzione di servizi
finanziari dovuto a: economie di specializzazione, economie di scala
nell'acquisizione di informazioni, costi di ricerca ridotti. Ci si può aspettare,
dunque, che il ricorso all'investment bank sia tanto necessario quanto maggiori
sono i costi di transazione (quest’ultimi proporzionali alla complessità
dell'operazione). Un'offerta ostile, la dimensione elevata dell'impresa target, la
raccolta di fondi per procedere all'acquisizione, l'instaurarsi di un procedimento
d'asta sulla target, il far fronte a tattiche difensive, rappresentano le circostanze,
che rendono l'acquisizione di una complessità tale da richiedere l'intervento
dell'investment bank.
- problemi di asimmetria informativa riferendosi a tre situazioni particolari.
Vi è maggiore necessità di un advisor esterno, quando un'impresa intende
emettere titoli su mercati finanziari in cui non gode della sufficiente notorietà
per incontrare il favore degli investitori. In questo caso l'investment bank ‘presta
il suo capitale di reputazione’.
Nelle acquisizioni occorre un'assistenza professionale quando il target opera in
un settore diverso da quello dell'acquirente, perché l'opera di valutazione viene
ad essere più complessa.
Necessità dell'advisor quando si intende acquistare un solo asset o una business
unit piuttosto che un'impresa nel suo complesso. Infatti sugli assets o sulle
business units spesso non esistono dati pubblicamente disponibili.
- costi contrattuali che con l'instaurarsi di una trattativa bilaterale tra investment
bank e cliente si semplificano, perché ci si affida di sovente a pratiche
consolidate in uso accettate grazie all'affidabilità e al prestigio
dell’intermediario.
9