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ci che permette una prestazione eccellente , ci che assicura il dominio di un
problema in situazione anche molto diverse , ci c he permette di applicare
efficacemente le conoscenze alla pratica o ci che distingue l esperto dal neofita .
Questo ci per non esprime in modo chiaro il conce tto di competenza.
Su questo tema diversi ricercatori e psicologi del mondo del lavoro e delle imprese,
si sono impegnati in studi specifici al fine di comprendere e definire questo ci che
permette, se colto e sviluppato, di aumentare da una parte la qualit delle prestazioni
del singolo operatore e dall altra la redditivit d elle imprese.
Nell ultimo decennio, infatti, tutte le aziende, le organizzazioni e gli enti si sono
trovati ad operare in una realt caratterizzata da profonde rivoluzioni tecnologiche,
da una crescente flessibilit e da profondi mutamen ti nelle professioni.
La creazione del mercato globale, la competizione internazionale e l evoluzione
demografica hanno, di fatto, modificato il contesto di riferimento, imponendo alle
organizzazioni un veloce adattamento, pena la loro scomparsa.
La capacit di adattamento di una organizzazione no n dipende per dai suoi scopi
ufficiali o latenti, ma bens dal comportamento delle persone che la compongono,
dalla flessibilit , dalla motivazione al lavoro, da ll impegno e dal contributo che ogni
soggetto esprime per il raggiungimento dei fini dell ente.
Un lavoratore di fatto, nell arco della propria vita, nel crescere professionalmente e
socialmente, oltre a migliorare il proprio modo di lavorare sia singolarmente sia in
gruppo, incide sulla possibilit e opportunit per l impresa di mantenersi sul mercato
e quindi di vivere e produrre.
Ecco allora che dai concetti tradizionali di posiz ione , prestazione e potenziale
si passa al concetto di competenza ed alla ricerc a di modalit per sviluppare,
rendere visibile, utilizzare e certificare quel ci che rende la persona particolarmente
preziosa per l organizzazione; le risorse umane assumono un ruolo sempre piø
3
centrale nella gestione delle aziende moderne e l ottica di veduta si sposta dalla
immagine dell uomo come mera manodopera a capita le umano come
investimento.
Anche nel settore sanitario in questi ultimi anni si Ł aperto il dibattito sulle
competenze e nello specifico settore infermieristico vi sono alcuni studi in merito.
Nonostante ci , chi come me da tempo opera in sanit nella direzione dei servizi
infermieristici, ha potuto rilevare ed osservare, negli anni, infermieri che, anche in
presenza di vincoli normativi, riuscivano e riescono ad erogare prestazioni eccellenti
e di elevata qualit .
Nello specifico ho riscontrato, lavorando in varie realt italiane, la capacit di diversi
infermieri coordinatori di adattarsi velocemente ai cambiamenti organizzativi, una
maggiore motivazione e partecipazione, anche emotiva, alla ricerca e realizzazione di
soluzioni innovative a problemi contingenti.
Ho osservato che alcuni di loro, posti di fronte alle medesime questioni, esempio:
conflitti all interno del gruppo professionale, definizione di priorit dei problemi,
organizzazione del loro tempo lavoro, comprensione dei problemi dell utente,
valutazione dei propri collaboratori, gestione dello stress, ecc. , dimostravano
maggiori abilit e conoscenze rispetto ad altri coo rdinatori.
Se consideriamo che il ruolo del coordinatore Ł di fondamentale importanza nella
gestione del gruppo professionale infermieristico, in quanto da esso dipende non solo
il buon andamento del servizio, unit operativa, re parto o dipartimento, ma anche la
qualit ed il livello di risposta ai bisogni del pa ziente, sorge spontanea una domanda:
che cosa fa di un coordinatore un buon coordinatore?
Se pensiamo poi che i coordinatori devono porre l attenzione sull analisi dello
scenario di riferimento e sullo sviluppo dei loro collaboratori, quali sono le doti, le
conoscenze, ed i tratti che devono possedere?
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In ultima sintesi: Quali sono le competenze che deve possedere oggi un infermiere
coordinatore?
Per rispondere a questo ultimo quesito ed alle domande su esposte ho deciso di
sviluppare una specifica ricerca.
Problema
Da quanto sopra espresso il problema della mia ricerca Ł:
- L infermiere coordinatore odierno non ha ancora sviluppato le competenze
necessarie alla risoluzione dei problemi di qualit dei servizi in sanit .
Ipotesi
La ricerca si fonda sull ipotesi che:
- Gli infermieri coordinatori non sono ancora orientati alla qualit dei servizi in
sanit perchØ operano con modalit professionali rigide svincolate dalla realt
dei problemi di salute della popolazione.
Scopo
Lo scopo della ricerca Ł quello di
- Definire un profilo di competenze e le relative aree oggetto di sviluppo
formativo professionale.
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1. INFERMIERE COORDINATORE NORMATIVA ED EVOLUZO NE DEL
RUOLO
L Infermiere Coordinatore, storicamente e socialmente denominato Capo Sala, Ł un
infermiere che possiede conoscenze e competenze di tipo prevalentemente
manageriali.
Egli rappresenta quella frazione del personale infermieristico che occupa una
posizione specifica all interno dell organizzazione , posizione che comporta delle
responsabilit piø complesse e delle prese di decis ione piø importanti nella gestione
dei servizi sanitari rispetto a quelle generalmente attribuite all infermiere.
Nonostante questo, l infermiere coordinatore risulta essere la figura professionale
infermieristica piø controversa del sistema sanitario in quanto ha subito,
nell evoluzione dei servizi sanitari italiani, riconoscimenti e successivi
disconoscimenti sia nell inquadramento normativo-funzionale che nella
identificazione dei requisiti di accesso alla posizione.
Nato con il R.D.L. 15 agosto 1925 n. 1832 Facolt della istituzione di - Scuole
convitto professionali - per infermiere, e di Scuole specializzate di medicina,
pubblica igiene ed assistenza sociale , che stabili va all art. 9
“presso le scuole convitto può essere istituito un terzo anno di insegnamento per
l’abilitazione a funzioni direttive. (….). Il possesso di tale certificato costituisce titolo di
preferenza per l’assunzione a posti direttivi ,
ha visto nel corso degli anni successivi una evoluzione nella definizione del proprio
ruolo e delle funzioni senza, per , che vi sia stat o in eguale misura un
riconoscimento delle conoscenze necessarie per ricoprire tale posizione.
Le funzioni assegnate al Capo Sala in quel periodo storico, con il R.D. 21 novembre
1929 n. 2330, furono di direzione, di controllo e di vigilanza nei confronti dell altro
personale di assistenza infermieristica all interno dei reparti ospedalieri.
Per occupare la posizione di Capo Sala non vi era l obbligo da parte degli infermieri
di dotarsi del certificato di abilitazione a funzioni direttive (AFD).
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Tali funzioni, piø ispettive che di organizzazione, e le modalit di affidamento
dell incarico di coordinamento, sono rimaste in vigore per molti anni, anche quando,
per effetto della Legge 12 febbraio 1968 n. 132 En ti ospedalieri e assistenza
ospedaliera , comunemente detta riforma ospedalier a , gli ospedali da istituzioni
assistenziali sono diventati enti ospedalieri, specializzati nella cura e nella
riabilitazione.
Infatti, con il successivo DPR 27 marzo 1969 n. 128 Ordinamento interno dei
servizi ospedalieri , che raggruppava tutto il pers onale infermieristico nel ruolo
personale sanitario ausiliario, tecnico ed esecuti vo , le funzioni furono ridisegnate
anche se nella sostanza rimasero immutate.
Precisamente l art. 41 recita:
Il Capo Sala Ł alle dirette dipendenze del Primario e dei sanitari addetti alla
divisione, sezione o servizio;
- controlla e dirige il servizio degli infermieri e del personale ausiliario;
- controlla il prelevamento e la distribuzione dei medicinali, del materiale di
medicazione e di tutti gli altri materiali in dotazione;
- controlla la quantit e la qualit delle razioni alimentari per i ricoverati e ne
organizza la distribuzione;
- Ł il responsabile della tenuta dell archivio.
( omissis )
L infermiere professionale e la vigilatrice d infan zia sono alle dirette dipendenze del
Capo Sala e la coadiuvano nello svolgimento delle sue mansioni di indole
amministrativa, organizzativa e disciplinare nell ambito della sezione ospedaliera
cui sono adibiti.
Mentre con il D.P.R. 27 marzo 1969 n. 130 Stato gi uridico dei dipendenti degli enti
ospedalieri si riconfermava la non necessit di un a specifica formazione per
accedere al posto di coordinatore , come dichiarato all art. 120:
“I requisiti per l’ammissione ai concorsi per personale di assistenza diretta sono i seguenti:
a) diploma o abilitazione professionale
b) non aver superato i 35 anni di età
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c) per il concorso a posti di capo-sala, aver prestato servizio di ruolo come
infermiere professionale (… omissis …) per almeno tre anni e non aver superato i
40 anni, fatta eccezione per il personale di servizio di ruolo presso lo stesso
ospedale.”
Pochi anni dopo il D.P.R. 14 marzo 1974 n. 225 Mod ifiche al Regio Decreto 2
maggio 1940 n. 310, sulle mansioni degli infermieri professionali e infermieri
generici , comunemente denominato mansionario , mo difica le mansioni di varie
figure infermieristiche, a cominciare da quelle dell infermiere professionale, al quale
sono attribuite maggiore autonomia e funzioni professionali piø ampie, quali:
programmazione di piani di lavoro e di quelli del personale alle proprie dipendenze,
partecipazione alle riunioni periodiche di gruppo ed alle ricerche, educazione
sanitaria del paziente e dei suoi familiari, orientamento ed istruzione nei confronti del
personale generico, degli allievi e del personale esecutivo ed attribuzioni di carattere
organizzativo e amministrativo.
Tali attribuzioni hanno reso il profilo dell infermiere professionale meno
chiaramente distinguibile da quello dell AFD, che peraltro non viene nemmeno
menzionato nel citato DPR, presumibilmente perchØ non lo riconosce come figura
professionale a se stante.
Inoltre nei primissimi anni 70 viene largamente accettato il concetto di infermiere
unico e polivalente che dovrebbe svolgere l intera gamma delle prestazioni
infermieristiche, per cui si diffonde l idea che le funzioni molto specifiche, come
l insegnamento nelle scuole per Infermieri Professionali e /o la direzione dei servizi,
non richiedono operatori appositamente qualificati.
In controcorrente a ci compare la Legge 18 aprile 1975 n. 148 Disciplina.
sull assunzione di personale sanitario ospedaliero e tirocinio pratico. Servizio del
personale medico. Modifica ed integrazione dei decreti del Presidente della
Repubblica 27 marzo 1969 , nn. 130 e 128 .
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Tale norma, per la prima volta, dispone il possesso e quindi la richiesta del certificato
di AFD, unito ad un tirocinio pratico di almeno tre anni come infermiere, per
l accesso ai posti di Capo sala.
Nel 1978 entra in vigore la Legge 833 Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale ,
detta comunemente - riforma sanitaria , la quale p orta grandi innovazioni nel
sistema sanitario di quel periodo, costituendo le Unit sanitarie locali ed assegnando
alle stesse competenze non solo nell assistenza ospedaliera ma anche e soprattutto
nella gestione della salute pubblica, tramite interventi di educazione sanitaria; igiene
dell ambiente; prevenzione individuale e collettiva delle malattie; protezione
sanitaria materno-infantile; assistenza medico-generica e infermieristica, domiciliare
e ambulatoriale; assistenza medico-specialistica e infermieristica, ambulatoriale e
domiciliare, riabilitazione; ecc.
I principi e gli obiettivi fondamentali di tale norma, in sintesi, furono:
- istituzione del Servizio sanitario nazionale per l erogazione di trattamenti
sanitari uniformi, al fine di superare gli squilibri territoriali;
- estensione dell assistenza sanitaria a tutti i cittadini con modalit idonee a
garantirne l eguaglianza nei confronti del servizio;
- prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e lavoro;
- globalit del servizio che deve fornire intervent i di prevenzione, cura e
riabilitazione;
- collegamento e coordinamento fra Servizio sanitario e tutte le istituzioni
locali sociali che con i loro interventi possono incidere sullo stato di salute
delle persone;
- partecipazione dei cittadini nelle scelte in materia sanitaria sia come metodo
di lavoro e di programmazione che come strumento di verifica della
rispondenza dei servizi ai bisogni;
- formazione permanente del personale per accrescere la professionalit ;
- centralit della programmazione come metodo per o rganizzare i servizi a
partire dalla conoscenza dei bisogni della popolazione;
- determinazione di tre livelli di competenza, nazionale, regionale e degli enti
locali territoriali per l attuazione degli interventi sanitari;
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- istituzione del fondo sanitario nazionale per il finanziamento del SSN,
ripartito poi tra le regioni e successivamente tra le unit sanitarie locali.
La legge 833/78 metteva le basi per un nuovo modo di concepire e organizzare i
servizi sanitari, in quanto:
a) poneva l accento sulla funzione di coordinamento ed integrazione delle
diverse unit tramite la costituzione dei dipartime nti ospedalieri,
b) prevedeva il contatto tra servizi ospedalieri e territoriali
c) considerava fondamentale il coordinamento delle competenze dai singoli
all interno dei gruppi di lavoro.
Carlo Calamandrei in merito a questa norma afferma:
“Basata su un concetto moderno di “salute”, essa dispone il superamento delle
precedenti strutture settoriali a favore di un servizio globale, competente ad
assicurare a tutti cittadini interventi di prevenzione, cura e riabilitazione. Fra le
attribuzioni delle Unità sanitarie Locali, asse portante dell’intera riforma, la legge
prevede espressamente l’assistenza infermieristica domiciliare e ambulatoriale,
oltre a quella ospedaliera. E’ la prima volta che una legge italiana da tale risalto
all’assistenza infermieristica e ne indica gli ambiti di erogazione”. [1]
Questo contesto, in cui si chiedeva maggiore connessione tra le figure professionali,
tra le strutture ed i servizi, ed una visione maggiormente orientata ai bisogni della
popolazione, avrebbe dovuto essere favorevole ai ruoli di coordinamento.
Ruoli che hanno il compito di sincronizzare ed armonizzare, costantemente tra di
loro ed in funzione dei programmi stabiliti le attivit , i mezzi e le persone impiegati
per il conseguimento degli obiettivi.
Cos di fatto non fu.
[1] Calamandrei Carlo - L infermiere professionale abilitato a funzioni direttive - Ed. Nis - 1990
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Infatti, un anno dopo l istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, viene emesso il
D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761 Stato giuridico del personale delle unit sanitarie
locali , che inquadra il Capo Sala nel Ruolo Sanit ario insieme con i medici,
farmacisti, veterinari e il restante personale infermieristico, alla Tabella I con
posizione funzionale di Operatore Professionale Co ordinatore del profilo
professionale di 1 categoria, ma per quanto attien e le funzioni si fa ancora
riferimento all art. 41 del DPR 27 marzo 1969 n. 128.
Successivamente viene emanato il Decreto Ministero Sanit del 30 gennaio 1982
Normativa concorsuale del personale delle unit sa nitarie locali , che, nello
specificare i requisiti di ammissione al concorso per titoli ed esami per la posizione
funzionale di Operatore Professionale Coordinatore del personale infermieristico,
tralascia , ancora una volta, l obbligatoriet del possesso del certificato AFD,
indicando i seguenti attributi:
a) età non superiore a 45 anni
b) anzianità di servizio di almeno 3 anni nella posizione funzionale di operatore
professionale collaboratore della medesima categoria.
c) iscrizione ai relativi albi professionali
Solo l intervento del Decreto del Ministero della Sanit del 3 dicembre 1982,
modifica ed integra il precedente D.M. aggiungendo i seguenti requisiti:
d) certificato di abilitazione a funzioni direttive nell’assistenza infermieristica
e) anzianità di servizio di almeno 2 anni nella posizione funzionale di operatore
professionale collaboratore della medesima categoria.
Nel 1984 con il DPR 7 settembre 1984 n. 821 Attri buzione del personale non
medico addetto ai presidi, servizi e uffici delle unit sanitarie locali abbiamo la
prima vera modifica delle funzioni e del ruolo del Capo Sala.
L art. 20 recita: - Operatore Professionale Coordinatore -
L Operatore Professionale Coordinatore svolge le attivit di assistenza diretta
attinenti alla sua competenza professionale.
Coordina l attivit del personale nelle posizioni funzional i di collaboratore e di
operatore professionale di II categoria a livello di unit funzionale ospedaliera e di
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distretto predisponendo i piani di lavoro, nell ambito delle direttive impartite dal
responsabile o dai responsabili delle unit operati ve, nel rispetto dell autonomia
operativa del personale stesso e delle esigenze del lavoro di gruppo.
Svolge attivit di didattica , nonchØ attivit finalizzate alla propria formazione.
Ha la responsabilit professionale dei propri compi ti limitatamente alle prestazioni
e alle funzioni che per la normativa vigente Ł tenuto ad attuare.
Le funzioni ispettive e di controllo del precedente DPR 128/1969 non vengono
abrogate, ma al coordinatore vengono attribuite delle funzioni piø conformi al
modello professionale e piø idonee al modello organico del sistema sanitario.
Si pone l accento infatti:
- sulle funzioni di insegnamento e di aggiornamento personale e di
pianificazione,
- sulle modalit di esercitare l autorit , che dal direzione diventa
coordinamento, sottolineando l autonomia del personale e le esigenze del
lavoro di gruppo,
- sulla operativit sia ospedaliera che distrettual e.
Quest ultima in particolare apre le porte per attivit che impegnano in scelte e
decisioni tipicamente manageriali.
Con il Decreto Ministero 13 settembre 1988 Determi nazione degli standard del
personale ospedaliero si conferma la figura, dispo nendo che nella definizione degli
organici delle unit operative vi sia la presenza d el Capo sala, come indicato dall art.
3 lettera G Coordinamento attivit personale infe rmieristico e ausiliario che
recita:
“Per il coordinamento delle attività del personale infermieristico, tecnico e ausiliario
operante entro le unità operative e per la supervisione sull’attività di tirocinio formativa
effettuata nello stesso ambito, gli organici del personale indicati ai punti precedenti sono
così integrati: per ogni unità operativa formalmente strutturata - 1 operatore
professionale di prima categoria coordinatore (Capo sala).”
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Ora l infermiere coordinatore ha una maggiore visibilit e le sue funzioni sono
divenute piø articolate e piø consone rispetto al ruolo ed al contesto sanitario italiano.
C Ł convinzione e condivisione sull utilit di una figura specifica per la gestione dei
servizi e dei gruppi professionali, in quanto le spinte sociali del periodo storico ed il
dibattito politico in atto sulla necessit di appor tare delle modifiche al sistema sanit ,
impongono la ricerca di un modello di governo del bene comune, in questo caso della
salute della comunit , meno burocratizzato e piø sn ello, piø mirato ai bisogni dei
cittadini e piø garante nella qualit dei servizi o fferti.
Molto interessante Ł, a tal proposito, la definizione data da Carlo Calamandrei negli
anni 1990.
“L’AFD che opera nel distretto, nell’ospedale o in altri ambiti, funge da
integratore sul piano organizzativo di prestazioni complesse, le quali vanno
garantite in modo continuativo per dare risposte a determinati bisogni.
Come quadro di primo livello, egli fonda l’esercizio delle sue funzioni su una
conoscenza precisa dei processi tecnico-operativi dell’assistenza infermieristica.
La sua professionalità contiene dunque, in una misura che non può essere
stabilita in termini generali, una dimensione manageriale e una di “specialista-
tecnico”, fra le quali va realizzato un consapevole equilibrio.
Sulla base di questi principi possiamo definire il ruolo di questo operatore nei
seguenti termini: l’AFD è l’infermiere che coordina il gruppo infermieristico (e
ausiliario) a livello di unità operativa distrettuale, ospedaliera, o di altro tipo, con
lo scopo di ottenere i risultati che legittimamente ci si attendono da esso.
Si tratta di risultati che interessano:
- gli utenti (efficacia in termini di benessere, autosufficienza e comfort);
- il personale stesso, del quale va curato lo sviluppo;
- la professione infermieristica (ricerca) e l’organizzazione (efficienza).
L’esercizio di questo ruolo implica una diretta responsabilità per l’insieme dei
risultati, ma non per le singole prestazioni erogate all’utente, delle quali è
responsabile l’operatore che le fornisce.
In quanto coordinatore degli infermieri (nonché del personale ausiliario), l’AFD è
il principale rappresentante e portavoce della professione e della cultura
infermieristica all’interno dell’unità operativa.” [1]
[1] Calamandrei Carlo - L infermiere professionale abilitato a funzioni direttive - Ed. Nis 1990
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Negli anni 80, nel frattempo, vengono meno le ragioni politiche, epidemiologiche e
sociali che avevano reso necessaria la riforma del 78 e si affermano altre priorit ,
come quelle tecnico-gestionali.
Tali priorit portano all emanazione del Decreto Le gislativo 30 dicembre 1992 n.
502 e successive modifiche con D. Lgs. 7 dicembre 1993 n. 507 Riordino della
disciplina in materia sanitaria a norma dell articolo 1 della legge 23 ottobre 1992 n.
421 , quale primo tentativo di riordino del SSN.
Vi era un problema molto importante alla base della scelta di riorganizzazione: il
problema della spesa da sostenere nella erogazione dei servizi sanitari e quindi la
necessit di avere dei servizi efficienti a costi p iø contenuti, fruibili da tutti i cittadini
anche se non del tutto gratuiti.
La nuova organizzazione basata sulla attribuzione di precise responsabilit alle
Regioni e sulla aziendalizzazione delle USL e dei principali ospedali italiani, da
luogo ad una profonda trasformazione del SSN.
Si passa da una concezione di assistenza pubblica illimitata e incondizionata a nuove
forme di gestione dei servizi e di erogazione delle prestazione assistenziali ritenute
idonee al proseguimento degli obiettivi di efficienza, qualit ed economicit .
Gli obiettivi di prevenzione, cura e riabilitazione e le linee generali di indirizzo del
SSN nonchØ i livelli di assistenza da assicurare in condizioni di conformit sul
territorio nazionale vengono stabiliti con il Piano Sanitario Nazionale (PSN).
Alle Regioni viene dato mandato di definire, tramite i Piani Sanitari Regionali, i
modelli organizzativi dei servizi in funzione delle specifiche esigenze del territorio e
delle risorse a disposizione uniformandosi alle indicazioni del PSN.
Per avere sotto controllo la spesa si individuano i centri di costo ed i centri di
responsabilit , si assegnano i budget, si avvia la direzione per obiettivi, si pesano le
risorse, nel tentativo di chiudere i bilanci in pareggio.
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Contemporaneamente si indica il metodo della verifica e revisione della qualit e
della quantit delle prestazioni, nonchØ del loro costo, come lo strumento piø idoneo
per garantire la qualit dell assistenza alla gener alit dei cittadini.
Gli anni 90, sotto la spinta del processo di riordino del SSN, sono proficui per la
professione in quanto in quel decennio vengono emanate tutta una serie di leggi e
direttive che hanno riprogettato le figure sanitarie dando dignit ed autonomia al
gruppo infermieristico.
1. La Legge 19 novembre 1990 n. 341 Riforma degli ordinamenti didattici
universitari ha previsto l avvio di un nuovo perco rso formativo per gli
infermieri, che nell arco di pochi anni passeranno dalla formazione storica
all interno delle scuole per infermieri professionali regionali alla formazione
solo in ambito universitario.
2. Il Decreto Legislativo n. 502/92 e 517/93 ha stabilito che entro due anni a
decorrere dal 1 gennaio 1994 devono essere soppres si i corsi di formazione
professionale, compreso il corso per AFD, previsti dal precedente
ordinamento, con previsione del ripristino in ambito universitario.
3. Il Decreto Ministero della Sanit 14 settembre 1 994 n. 739 Regolamento
concernente l individuazione della figura e del relativo profilo professionale
dell infermiere , comunemente noto come profilo pr ofessionale
dell infermiere , ha affermato specificit della di sciplina infermieristica e la
totale responsabilit dell infermiere nell assisten za generale infermieristica
4. La Legge 26 febbraio 1999 n. 42 Disposizioni in materia di professioni
sanitarie ha trasformato la professione infermieri stica da professione
sanitaria ausiliaria a professione sanitaria , ab rogando il DPR n. 225/1974
denominato mansionario , liberando cos gli inferm ieri dal ruolo di esecutori
e subalterni del medico, e permettendo lo sviluppo e la crescita della
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professione che per anni era rimasta in una posizione marginale rispetto alla
gestione della salute della comunit .
5. La Legge 10 agosto 2000 n. 251 Disciplina delle professioni sanitarie
infermieristiche, tecniche, della riabilitazione nonchØ della professione
ostetrica ha affermato l autonomia della professio ne nelle attivit di
prevenzione, cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, nonchØ
ha istituito la dirigenza per gli infermieri.
A questo va aggiunto che nel 1995 viene emanato il D.P.C.M. 19 maggio 1995
Schema di riferimento della Carta dei servizi pubb lici sanitari che nell allegato
3/bis individua il Capo Sala quale figura di riferimento per il paziente ed i familiari
per:
- riscuotere la pensione durante la degenza; richiedere l aiuto di un assistente
sociale;
- far presente eventuali problemi inerenti l assistenza infermieristica;
- richiedere un assistenza religiosa diversa dalla cattolica;
- avere chiarimenti in merito a cibi e bevande provenienti dall esterno
dell ospedale;
- prendere visione del menø giornaliero;
- nel caso di assistenza al figlio ricoverato, ottenere il buono per usufruire dei
pasti;
- ottenere permessi di vista autorizzati dal responsabile medico.
Nell allegato 4 si dispone, anche, che il nome del Capo sala, oltre a quello del
primario, compaia nella scheda informativa sul reparto di degenza da consegnare al
ricoverato.
Tuttavia, le preoccupazioni che avevano spinto negli 80 al riordino del SSN, negli
anni 90 non si spensero, anzi aumentarono in quanto:
- le aziende, nell adottare formule e modelli gestionali propri, avevano creato
un eccesso di eterogeneit mettendo in discussione i valori di universalit ed
equit dei servizi ai cittadini;