Introduzione
perciò, si ripercorrono le tappe che hanno portato all’inquadratu-
ra dei programmi per elaboratore fra le opere dell’ingegno protette
dal diritto d’autore. Viene quindi in prima battuta scartata dalla
giurisprudenza italiana sulla scia di quella statunitense la possibili-
tà di concedere la protezione offerta dalla disciplina brevettuale, in
quanto le grandi imprese produttrici di software e gran parte del-
la dottrina ritenevano che le difficoltà connesse con la concessione
dei brevetti - ossia la necessità di una valutazione tecnica della no-
vità, della liceità e soprattutto dell’industrialità dell’invenzione -
avrebbero potuto pregiudicare le ragioni dei creatori dei programmi.
Per queste ragioni si è scelto di attribuire al software la protezione
offerta dal diritto d’autore. Fatto costitutivo della tutela non è la
richiesta ad un Ufficio, ma la semplice creazione dell’opera.
Con il Copyright Act del 1980, seguito dalla Direttiva 91/250
CE il software è stato ricompreso nella categoria delle opere lette-
rarie, a loro volta rientranti nell’ampio «genus» delle opere dell’in-
gegno. Dal momento che un programma per elaboratore è costituito
da una sequenza di istruzioni redatte in un linguaggio sì conven-
zionale, ma pur sempre conoscibile dagli esperti nel settore, è stato
equiparato ad un’opera di letteraria di carattere scientifico. Nel
secondo Capitolo vengono a tal proposito presentati i tratti salien-
ti della disciplina positiva del software: oggetto, soggetti, durata,
attività riservate e limiti alle facoltà esclusive dell’autore. Un’at-
tenzione particolare è manifestata nei confronti del fondamentale
diritto alla copia privata garantito all’utente sia dalla disciplina co-
munitaria, sia da quella statunitense e alle problematiche connesse
con l’applicazione delle misure tecnologiche di protezione dell’ope-
ra. Altra tematica sulla quale si è ritenuto opportuno un attento
approfondimento è quella relativa alla facoltà di decompilazione.
2
Introduzione
Il singolo programma per elaboratore è certamente un’opera auto-
noma e perfetta, tuttavia il suo successo commerciale dipenderà
dalle modalità e dalla facilità con cui riuscirà a comunicare con gli
altri programmi - sia applicativi, sia operativi - esistenti. Dal mo-
mento che il programma, generalmente, è diffuso nella sola forma
eseguibile - o codice oggetto - incomprensibile dall’uomo ma com-
prensibile solo dalla macchina, si palesa l’esigenza di decodificarne
il contenuto ai fini di ottenere le informazioni necessarie a garan-
tire l’interoperabilità dei programmi.
La Tesi prosegue con l’analisi del meccanismo di distribuzione
del software ossia la licenza d’uso, un contratto atipico col quale
vengono riconosciute all’utilizzatore i diritti esclusivi dell’autore,
con alcune significative restrizioni. Il capitolo terzo è inoltre de-
dicato alla presentazione del recente fenomeno della diffusione del
software libero. I programmi vengono sempre distribuiti con con-
tratti di licenza, ma in questo caso la finalità del contratto non è
più quella di limitare le possibilità di utilizzazione del programma,
riservando all’autore alcuni diritti esclusivi (a titolo esemplificativo
si pensi alla conoscenza del codice sorgente e al diritto di ridistri-
buire il programma), ma al contrario quella di riconoscere ai licen-
ziatari la più ampia libertà nell’uso e nell’analisi del funzionamento
del software. Viene coniato il termine «copyleft», per sottolinea-
re l’inversione degli schemi tradizionali di applicazione del diritto
d’autore, finalizzato infatti a garantire il godimento dei diritti ri-
conosciuti dalle licenze free e open source agli utenti.
Nell’ultimo capitolo si affrontano due tematiche recenti: la pi-
rateria informatica e il movimento finalizzato a concedere al soft-
ware una tutela brevettuale integrativa della protezione accordata
3
Introduzione
alle opere dell’ingegno. Per quanto concerne la prima questione,
si presentano le recenti nonché controverse disposizioni in tema di
repressione degli illeciti concernenti le violazioni dei diritti degli
autori sulle opere dell’ingegno, con una particolare attenzione al
fenomeno della condivisione dei file attraverso la Rete. Il secondo
e conclusivo punto affrontato è quello relativo all’esigenza di indivi-
duare degli ambiti in cui alla protezione del diritto d’autore si possa
associare la protezione delle invenzioni industriali. Si presenta al-
tresì una proposta di Direttiva Comunitaria in tema di invenzioni
elettroniche attuate mediante programmi per elaboratore, attraver-
so l’analisi dei tratti salienti, che è stata rigettata nel 2005, ma
che ha evidenziato come, passati più di trent’anni dalla diffusione
separata dei primi programmi, la disciplina normativa di tutela del
software non abbia ancora raggiunto un punto d’arrivo.
4
Capitolo 1
La tutela giuridica del software tra
brevetto e diritto d’autore
1.1 Premessa
Il software, con il passare degli anni, è diventato un bene di enor-
me valore economico e non a caso gli investimenti delle industrie di
settore sono cresciuti esponenzialmente negli ultimi venti anni1.
Inizialmente non esisteva neppure un mercato autonomo del
software, infatti se ci si riferisce alle strategie produttive delle mul-
tinazionali dell’informatica (in primis l’IBM) si nota come questo
fosse commercializzato in regime di bundling, cioè era fornito in
pacchetti omnicomprensivi dagli stessi produttori di hardware. In
questa fase si può condividere l’opinione di chi ritiene2 che non ci
fosse ancora un interesse degli operatori del settore ad una tutela
giuridica forte del prodotto. Da un lato, i produttori di hardware
non desideravano una tutela forte del software per evitare le com-
plesse formalità (deposito o registrazione) connesse con la tutela
1Ancora, nel 1974, meno del 10% dei costi di informatizzazione si riferiva al soft-
ware. Oggi tale percentuale ha ormai abbondantemente superato il 50% Cf. mc
allen, in [1], p.122
2Cf. rossello, in [2], p.114-115.
5
1 – La tutela giuridica del software tra brevetto e diritto d’autore
della proprietà intellettuale che avrebbero ostacolato la vendita del-
l’hardware; dall’altro lato i software engineers non aspiravano tanto
allo sfruttamento economico delle loro creazioni quanto alla libera
circolazione delle loro idee all’interno della comunità scientifica.
Il quadro mutò radicalmente quando l’IBM, in seguito a un azione
legale intentata nei suoi confronti per concorrenza sleale, fu costret-
ta a modificare il regime di commercializzazione dei suoi program-
mi e di conseguenza a fornire software in regime di unbundling,
predisponendo quindi contratti e prezzi separati da quelli relativi
all’hardware.
In pochi anni si creò un immenso mercato del software che pose
il problema relativo alla tutela dello stesso. Precedentemente, le
soluzioni offerte dalla tecnica per proteggere i programmi (scritture
crittografiche, sistemi di bloccaggio, programmi che si autodistrug-
gono in caso di tentativo di manomissione) venivano sistematica-
mente aggirate dai pirati sempre più agguerriti, si sosteneva che la
tutela offerta dal diritto fosse ancora in via di definizione3.
La protezione offerta dai contratti di fornitura di software era as-
solutamente insufficiente, perchè meramente obbligatoria e di con-
seguenza, non applicabile alle contraffazioni operate dai terzi, per-
tanto l’unica soluzione valida appariva quella di applicare al pro-
gramma per elaboratore la disciplina relativa alla proprietà intellet-
tuale. Da qui scaturiscono i termini del dibattito che hanno coinvol-
to la dottrina per più di vent’anni: al software si doveva applicare
la tutela brevettuale o quella accordata alle opere dell’ingegno? Il
problema è stato da un certo punto di vista risolto con l’emana-
zione del D.lgs 518/92 che ha legislativamente esteso ai programmi
3Cf. ciampi, in [3], p. 258.
6
1 – La tutela giuridica del software tra brevetto e diritto d’autore
per elaboratore la tutela prevista dal diritto d’autore, recependo
gli indirizzi ormai consolidati della giurisprudenza italiana e non,
tuttavia il dibattito non si è arenato, e anzi non sono mancate negli
anni successivi delle istanze volte a richiedere la tutela brevettua-
le, presa coscienza del sostanziale fallimento della tutela introdotta
con l’intervento del legislatore delegato di fronte al dilagare della
pirateria informatica.
1.2 La brevettabilità del software negli
U.S.A.
Come giustamente è stato sostenuto 4
«La problematica relativa alla protezione giuridica dei
programmi per elaboratori elettronici si è sviluppata, negli
Stati Uniti prima che altrove, in stretta connessione con
l’evoluzione del fenomeno commerciale».
Sembra perciò opportuno proporre una rapida analisi di alcune si-
gnificative sentenze dei giudici statunitensi in tema di brevettabilità
del software, data la loro innegabile influenza sulla nostra evoluzio-
ne giurisprudenziale in materia.
La Costituzione degli Stati Uniti accorda al Congresso il po-
tere di promuovere il progresso delle scienze e delle «useful arts»
assicurando agli autori e agli inventori per un limitato periodo di
tempo diritti di esclusiva sulle rispettive opere e scoperte5. Per
quanto concerne la protezione brevettuale, essa è accordata alle in-
venzioni che soddisfino i requisiti della utilità, novità, originalità
4Cf. rossello, in [2], p.113.
5US Constitution 1787, art I, section 8, clause 8.
7
1 – La tutela giuridica del software tra brevetto e diritto d’autore
e adeguata illustrazione6. Inoltre deve trattarsi di un’invenzione
rientrante in una delle categorie previste dalla legge: Procedimenti,
macchine, processi di trasformazione delle materie prime o com-
posti di materie o qualsiasi miglioramento utile od originale degli
stessi7.La giurisprudenza aveva sempre sostenuto la non brevettabi-
lità dei procedimenti che potevano essere portati a esecuzione anche
solo mentalmente8, ma si registrò successivamente il tentativo da
parte della CCPA9 di interpretare in modo più elastico la mental
steps doctrine.
1.2.1 Gli orientamenti della giurisprudenza dal-
la domanda In re Prater alla decisione del-
la Corte suprema nel caso Benson
Nella domanda In re prater 10 la CCPA accordò la tutela brevet-
tuale (negata dal PTO) a un metodo per l’analisi spettrografica
di una determinata miscela di gas eseguito da una macchina, so-
stenendo che non fosse un fattore preclusivo per la concessione del
brevetto l’astratta possibilità che quel metodo potesse essere ese-
guito mentalmente. Seguono pronunce interlocutorie nei casi In re
6United States Code (USC),Title 35.
735 USC §101(1976).
8Si tratta della ben nota mental step doctrine formulata nel caso In re Abrams
(CCPA 1951), nel quale il procedimento consistente in un metodo per la localizzazio-
ne di giacimenti petroliferi fu ritenuto non brevettabile perché i vari passaggi (steps)
di cui si componeva erano meramente mentali.
9
la CCPA è la Court of Customs and Patent Appeals che è l’organo chiamato a
decidere in secondo grado sulle domande di brevettazione esaminate dal PTO Patent
and Trademark Office e che a differenza di quest’ultimo appare propenso a estendere
la possibilità di brevettare invenzioni correlate al software.
10
In re prater (CCPA 1968).
8
1 – La tutela giuridica del software tra brevetto e diritto d’autore
Bernahart and Fetter 11, e In re Musgrave12, ma è con il caso In re
Benson13 che la CCPA, con riferimento a un programma che con-
vertiva automaticamente decimali in codice binario, affermò che il
procedimento in questione (che veniva portato a termine senza l’in-
tervento dell’uomo) rientrava nell’area della brevettabilità dato che,
ricadendo i computers nel settore tecnologico, i metodi che portano
a un miglioramento del funzionamento interno di quelle macchine,
rientrano certamente nelle technological arts.
La Corte Suprema tuttavia riduce la portata innovativa della sud-
detta decisione in quanto conclude che il procedimento in questione
poteva essere già svolto dagli elaboratori in uso (non essendo neces-
saria nessuna nuova macchina) e che quindi concedere il brevetto
avrebbe potuto comportare un monopolio sulla formula matematica
sottostante.
1.2.2 L’evoluzione dal caso Benson alla decisio-
ne della Corte Suprema nel caso Diamond
v.Diehr
In una prima decisione14 la CCPA si attenne sostanzialmente a
quanto statuito dalla Corte Suprema nel caso Benson, in quan-
to rifiutò di concedere il brevetto a un metodo per determinare la
porosità di formazioni sotterranee attraverso la raccolta di dati e
la successiva elaborazione su un computer digitale, sostenendo che
11
In re Bernahart and Fetter, (CCPA 1969), nel quale la Corte puntualizza quanto
precedentemente affermato e sostiene che tutte le macchine funzionano secondo leggi
di natura, perciò negare il brevetto potrebbe portare a un risultato abnorme.
12
In re Musgrave, (CCPA 1970) relativo a un metodo per correggere dati sismici,
nel quale la Corte afferma che il vero requisito per la brevettabilità è che l’invenzione
rientri nelle technlogical arts.
13
In re Benson, (CCPA 1971).
14
In re Christensen (CCPA 1973).
9
1 – La tutela giuridica del software tra brevetto e diritto d’autore
un metodo il cui unico aspetto di novità consistesse in un’equazio-
ne matematica non potesse costituire oggetto di brevetto; ma in
successive decisioni cercò di interpretare la decisione della Corte
Suprema in modo più restrittivo.
Ad esempio, nel caso Freeman15 la CCPA elaborò un test articolato
in due fasi separate16:
1. Occorreva esaminare se la domanda di brevetto descrivesse o
meno un algoritmo17;
2. Occorreva poi verificare se la domanda nel suo complesso ri-
guardasse esclusivamente l’algoritmo.
Quindi secondo l’orientamento della CCPA, il brevetto poteva esse-
re concesso se la domanda implicava una attività inventiva ulteriore
all’algoritmo. La Corte Suprema tuttavia con una importante de-
cisione nel caso Parker v. Flook 18 corresse il test bifasico elaborato
dalla CCPA, sostenendo che l’algoritmo dovesse rientrare nello sta-
to della tecnica già conosciuto, e quindi occorresse verificare se la
domanda di brevetto implicasse qualche ulteriore concetto inventi-
vo.
Si giunse quindi dopo altre pronunce al celeberrimo caso Dia-
mond v. Diehr 19, nel quale la Corte Suprema in primo luogo re-
strinse la nozione stessa di algoritmo a un procedimento per risolvere
15
In re Freeman, (CCPA 1978).
16
il cosiddetto two-steps test.
17
inteso come procedimento per risolvere un problema matematico.
18Parker v. Flook, (Supreme Court, 1978), nel caso di specie la corte ritenne che al
di là dell’algoritmo non si poteva riconoscere alcuna ulteriore invenzione, e che una
insignificante attività inventiva successiva alla soluzione della formula non potesse
trasformare un principio generale non brevettabile in un procedimento brevettabile.
19Diamond, Commissioner of Patent and Trademarks, v. Diehr and Lutton,
(Supreme Court 1981).
10
1 – La tutela giuridica del software tra brevetto e diritto d’autore
un determinato problema matematico20 e soprattutto manifestò l’e-
sigenza di un esame globale della domanda, in pratica, si riconobbe
la possibilità di concedere il brevetto a un’invenzione di procedi-
mento che utilizzasse il programma come uno degli elementi inven-
tivi in combinazione (fermo restando il divieto di brevettazione dei
programmi)21. La decisione della Suprema Corte fu poi recepita
dalla CCPA nel caso in re Abele22, dove la corte modificò il te-
st bifasico precedentemente elaborato23 per adeguarlo al principio
delle «applicazioni concrete» indicato dalla Corte Suprema quale
criterio per determinare la brevettabilità delle invenzioni includenti
algoritmi matematici. Il programma in sé considerato tuttavia, in
quanto coincidente con la descrizione di un algoritmo matematico,
resta escluso dall’area di operatività del brevetto, e la sua tutela
viene affidata ad altri strumenti, principalmente il copyright. In
conclusione come si può vedere dalla breve rassegna giurispruden-
ziale riportata, l’esperienza americana non si discosta poi nei suoi
tratti essenziali da quella italiana, che ora si esaminerà.
20Così facendo, la Suprema Corte aveva respinto l’accezione più estesa del PTO,
che faceva coincidere l’algoritmo con qualsiasi procedura (anche non matematica)
finalizzata a risolvere un determinato problema.
21Qui si nota un parallelismo con la giurisprudenza italiana che ha poi ammesso
pacificamente la brevettabilità delle invenzioni di combinazione come poi si vedrà in
seguito.
22
In re Abele and Marshall, (CCPA, 1982).
23Vedi sopra, caso Freeman-Walter.
11
1 – La tutela giuridica del software tra brevetto e diritto d’autore
1.3 La tesi della brevettabilità del soft-
ware
1.3.1 Perchè il software potrebbe essere oggetto
di tutela brevettuale?
I programmi per elaboratore costituiscono l’idea di soluzione di un
problema tecnico, producono con immediatezza risultati pratici e
sono riproducibili con caratteri costanti24. Si tratta quindi certa-
mente di creazioni intellettuali e quindi la loro proteggibilità non
può che consistere nello ius excludendi alios dalla facoltà di uti-
lizzare la stessa creazione: solo se esiste questo diritto di esclusiva
operante erga omnes può dirsi che la riproduzione del software altrui
è illecita e fonte di responsabilità25. Come però è stato sostenuto in
passato26, ogni esclusiva si risolve in un limite alla attività altrui, e
data la gravità di questo limite, non si può affermare che qualsia-
si creazione intellettuale sia meritevole del riconoscimento di una
tutela erga omnes, ma solo quelle tassativamente indicate dal legi-
slatore.
Il problema che si è posto per la dottrina del tempo è stato quel-
lo di verificare se il software (che dal punto di vista fenomenologico
si presentava come un’entità del tutto nuova) potesse rientrare nel
campo di applicazione dell’art. 2585 c.c. e dell’art.12 del R.D. 29
giugno 1939, n. 112727che contenevano la seguente definizione di
oggetto del brevetto:Possono costituire oggetto di brevetto le nuove
24Cf. zeno zencovich, in [4], p. 9.
25Cf. floridia, in [5], p. 7.
26Cf. ascarelli, in [6], p. 331
27Meglio conosciuto come legge invenzioni.
12
1 – La tutela giuridica del software tra brevetto e diritto d’autore
invenzioni atte ad avere una applicazione industriale, quali un me-
todo o un processo di lavorazione industriale, una macchina, uno
strumento, un utensile o un dispositivo meccanico, un prodotto o un
risultato industriale e l’applicazione tecnica di un principio scienti-
fico purché esso dia immediati risultati industriali. Quindi affinché
si possa parlare di un’invenzione brevettabile è necessario che nella
domanda si riscontrino positivamente i seguenti elementi:
1. novità, in quanto il brevetto è concesso se il risultato materiale
della rivendicazione è un’invenzione nuova28, e per accertare la
novità occorre effettuare una comparazione dell’invenzione che
si assume essere nuova con lo stato della tecnica, ossia con l’in-
sieme delle conoscenze rese accessibili al pubblico prima della
data di deposito del brevetto con qualsiasi mezzo29;
2. originalità, si tratta del requisito della cd. novità intrinseca.
La funzione è quella di impedire il rilascio del brevetto per il
solo fatto che l’invenzione sia nuova, cioè non compresa nel-
lo stato della tecnica30. L’originalità sussiste se l’invenzione
28Cf. bregante, in [7], p. 74
29Si veda l’analisi sviluppata da vanzetti, in [8], pp. 348 ss. L’autore individua
i fatti distruttivi della novità che sono distinti in anteriorità e predivulgazioni. Sono
anteriorità distruttive della novità tutte le conoscenze, brevettate o non brevettate,
diffuse in qualunque modo in Italia o all’estero, anteriormente alla data della doman-
da di brevetto. La ratio della regola è piuttosto chiara: non ha senso rilasciare un
brevetto a chi è autore di un’invenzione che è già stata realizzata da altri. L’autore
precisa altresì che per quanto attiene alle anteriorità costituite da un uso anteriore
altrui, deve dirsi che esse producono distruzione della novità solo se si tratta di un
uso che provoca accessibilità al pubblico dell’invenzione stessa. L’uso segreto infatti
non si considera distruttivo della novità.
Per quanto concerne le predivulgazioni, esse consistono in comportamenti dell’in-
ventore con i quali comunica, volontariamente o involontariamente, l’invenzione a
terzi in data anteriore alla domanda di brevetto. Anche in questo caso si applica
la regola generale che la predivulgazione è distruttiva della novità solo se comporta
l’accessibilità al pubblico dell’invenzione.
30Chiarisce infatti il senso del requisito dell’originalità floridia, in [9], p. 247,
«la novità non può essere determinata soltanto dal fatto che il problema non era
stato posto da alcuno e solo per questo non era stato risolto».
13
1 – La tutela giuridica del software tra brevetto e diritto d’autore
non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica per una
persona esperta del ramo, (art. 46 Codice), perciò quando l’in-
venzione non costituisce un semplice progresso tecnico31, bensì
«un’evoluzione dello stato della tecnica nella direzione di una
causalità ulteriore rispetto a quella già raggiunta e come tale
proteggibile32;
3. liceità, si tratta di un requisito fondamentale, ma come mol-
ti autori concordano [bregante, floridia, borruso], non
può essere valutato in astratto ma solo con riferimento alla
fattispecie concreta, comunque si ritiene che un invenzione sia
brevettabile se la sua attuazione non sia contraria all’ordine
pubblico o al buon costume33»;
4. materialità, cioè la immediata, pratica traducibilità dell’idea
inventiva in un oggetto materiale, quale un prodotto o una
macchina (invenzione di prodotto) o in un nuovo metodo o
procedimento per fabbricarli (invenzione di procedimento);
5. industrialità, cioè la destinazione dell’invenzione alla produ-
zione di beni e servizi34. La nozione di industrialità è stata
poi precisata dal Codice della proprietà industriale (D.lgs n.
30/2005) che all’art. 45 specifica che: una invenzione è atta ad
31
Il riferimento è all’ipotesi ad es. in cui un tecnico medio viene incaricato del com-
pito di progettare una macchina utensile per confezionare in determinate condizioni
i prodotti alimentari che non esiste in re, ma che può agevolmente essere progettata
applicando la tecnica nota. L’esempio è contenuto in [9], pp. 247 e ss.
32Cf. Cass., 28 giugno 2001, n. 8879, in [10], p. 314.
33Cf. angelicchio, in [11], p.283. Sul punto si veda anche floridia, in [9], p.
250 relativamente all’assenza di illiceità di un’invenzione per il solo fatto di essere
vietata da una disposizione di legge o amministrativa. L’autore precisa infatti che la
concessione di un brevetto non implica l’autorizzazione a fabbricare il prodotto bre-
vettato, quindi si può concludere che i divieti di legge rilevano ai fini dell’attuazione
dell’invenzione e non della brevettabilità.
34vedi la definizione dell’art 2195 c.c che definisce espressamente come attività
industriale quella diretta alla produzione di beni o servizi.
14
1 – La tutela giuridica del software tra brevetto e diritto d’autore
avere una applicazione industriale se il suo oggetto può essere
fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere d’industria, compresa
quella agricola35.
La dottrina ha quindi cercato di riferire questi requisiti dell’inven-
zione brevettabile al software e se grandi problematiche non hanno
destato la novità e la liceità dell’invenzione, scogli ben più duri da
superare sono costituiti dai requisiti di industrialità e soprattut-
to materialità. In particolar modo Borruso36 ha cercato di dimo-
strare come sia errato il convincimento secondo il quale il software
non sarebbe suscettibile di applicazione industriale, soprattutto con
riferimento ai packages applicativi in quanto:
• si materializza sempre in un supporto fisico indispensabile per
porre una macchina (il computer inteso come hardware) in
grado di compiere il lavoro desiderato;
• può essere prodotto in serie e a costi decrescenti;
• viene offerto, pubblicizzato e acquistato in singole unità;
• può divenire obsoleto come qualsiasi prodotto industriale;
• l’imprenditore che assume il rischio economico connesso con la
commercializzazione del software deve svolgere preventive inda-
gini di mercato per cogliere le esigenze del pubblico e coordinare
i fattori di produzione.
35Si veda l’opinione di siriotti gaudenzi, in [10], p. 316, secondo il quale la
formulazione dell’art. 45 del Codice escluderebbe qualsiasi rilevanza ai fini della
concessione del brevetto della convenienza economica dell’opera, dal momento che
l’industrialità ricorre in tutti i casi in cui il trovato sia riproducibile e tecnicamente
realizzabile. Dello stesso avviso è vanzetti, in [8], p. 347, secondo il quale tale
requisito esige che l’invenzione si proponga uno scopo tecnicamente raggiungibile,
escludendosi quelle invenzioni che si prefiggono uno scopo teoricamente irragiungibile
(quale, ad esempio, il moto perpetuo), ed esige inoltre che sia realmente idonea a
conseguire quello scopo.
36Cf. borruso, in [12], p.81.
15