anche l’eventualità di “indurre”, “costringere” all’usura per causarne la
rovina e rendere succube fino a spogliarlo di ogni avere la propria vittima.
In questo senso ci sentiamo di affermare che “l’usura non è un caso”, non ci
si arriva “all’improvviso”, ma, senza che se ne accorga, la vittima viene ad
essa condotta.
Affrontare uno studio sull’usura è lavoro assai complesso poiché molteplici
sono gli aspetti legati al fenomeno: aspetti legislativi, etici, sociologici,
storici, politici ed altri ancora poiché è un fenomeno “antico” che attraversa
la vita privata e sociale dei cittadini.
Vi è da dire che se pure l’usura è sempre stata considerata “immorale”
prima, “illegale” dopo, è sempre stato difficile risolvere la questione:
civilisticamente risultava difficile rilevare l’usurarietà del tasso (e dei
comportamenti relativi da parte dell’usuraio); penalmente per il fatto che fin
quando non si è provveduto a iscriverlo come reato la denuncia ha avuto
sempre poca affermazione.
L’altro aspetto che rende particolarmente delicata la questione è quando il
tema dell’usura si lega ai fenomeni malavitosi e quindi l’usura diventa
organica al sistema del racket del pizzo, del riciclaggio del denaro
proveniente da attività illegali etc.
In questo lavoro, quindi, si sono voluti approfondire gli aspetti sociologici
legati ad una possibile costruzione dell’identikit della vittima dell’usura sulla
base della raccolta dei dati e delle interviste che in qualche modo riportano
ad una probabile connotazione precisa di chi risulta essere una vittima
dell’usura.
6
Per poter giungere a questo risultato ci si è avvalsi di una serie di ricerche,
raccolta di dati, interviste sul campo che hanno evidenziato le caratteristiche
principali comuni alle vittime dell’usura.
E’ opportuno precisare che il dibattito su questo tema non ha mai avuto
soste, soprattutto dopo l’entrata in vigore della legge nazionale n. 108, del
1996, che modifica l’articolo 644, del ccp, ma neanche può dirsi che si sia in
presenza di un assestamento del problema. La legislazione prima, la
giurisprudenza poi con successive leggi e sentenze hanno dato via ad
un'accelerazione del dibattito sulla disciplina da dare alla questione, in sede
civile in primo luogo e, dopo la riformulazione dell’art. 644
1
del codice
1
Art. 644 Usura.
Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi
forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità,
interessi o altri vantaggi usurari, e' punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa
da lire sei milioni a lire trenta milioni.
Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo
comma, procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o promettere, a
sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario.
La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì
usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto
riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari,
risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità,
ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di
difficoltà economica o finanziaria.
Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni,
remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate
alla erogazione del credito.
Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà:
1) se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di
intermediazione finanziaria mobiliare;
2) se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o
proprietà immobiliari;
3) se il reato e' commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;
4) se il reato e' commesso in danno di chi svolge attività' imprenditoriale, professionale o
artigianale;
5) se il reato e' commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura
di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino
a tre anni dal momento in cui e' cessata l'esecuzione.
Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di
procedura penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, e' sempre ordinata la
confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro,
beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo
pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della
persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni.
7
penale che introduce la nozione di interessi usurari, essendo mutato lo
scenario, anche degli aspetti penali per contrazione di “contratto ad
interessi usurari”.
L’art. 1 comma 1 della nuova legge - l’unico, sia detto per inciso, non
modificato dalla legge di conversione - recita, infatti: «Ai fini
dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815
secondo comma del codice civile, si intendono usurari gli interessi che
superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono
promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal
momento del loro pagamento».
E’ fondamentale questo passaggio per meglio comprendere i vari momenti
in quanto sul tema dell’applicazione degli interessi su prestiti e mutui la
legge di riforma del 1996 fissa la “oggettivazione” della fattispecie civile
dell’usura nella quale l’elemento costitutivo è l’usurarietà degli interessi così
come definiti dall’art. 644 c.p. (E. Quadri).
2
.
In questo senso vi è chi non ha mancato di far rilevare come queste nuove
disposizioni di legge, ancorché a tutela della persona e della persona
debole, abbiano creato forti tensioni nel mercato del credito (A. Calderale).
3
.
Come cercheremo di evidenziare nel lavoro l’usura è fatto storico ed antico:
nell’antica Grecia a fronte di un prestito era vietato offrire e ricevere in
Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 1, L. 7 marzo 1996, n. 108.
Art. 644 bis
Articolo aggiunto dall'art. 11 quinquies, comma 2, D.L. 2 giugno 1992, n. 306 e
successivamente abrogato dall'art. 1, comma 2, L. 7 marzo 1996, n. 108.
Art. 644 ter Prescrizione del reato di usura
La prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell'ultima riscossione sia degli
interessi che del capitale. Articolo aggiunto dall'art. 11, L. 7 marzo 1995, n. 108.
2
Prof. Enrico Quadri, Intervento alla Conferenza sull’Usura, Foggia ottobre 1999
3
Prof. Antonio Calderale, Intervento alla Conferenza sull’usura, Foggia ottobre 1999
8
pegno la propria “persona”; è riprovevole chi presta denaro in cambio di
interesse (secondo la Bibbia), ma anche secondo la religione islamica. Così
come anche in letteratura non mancano riferimenti che ci fanno
comprendere come il fenomeno dell’usura sia stato affrontato in vario modo:
ora per colpire certo moralismo cattolico, ora per lasciare separate le “cose
dell’uomo da quelle di Dio” (Giovanni Calvino). Eppure essa, l’usura, è
sempre stata praticata.
A questo elemento si lega l’aspetto della “difficoltà di palesare il proprio
disagio economico in questa società” perché “vergognoso” e quello della
difficoltà di avere credito attraverso i canali “istituzionali” in quanto le giuste
(?) regole economiche impongono parametri di sicurezza sui rientri, salvo
poi verificare che spesso sono gli stessi dipendenti a “suggerire” finanziatori
“che queste regole possono o non devono osservare”.
E alla vergogna si aggiunge il silenzio, che solo dopo l’emanazione della
legge 108/96 e dei successivi interventi legislativi a sostegno delle vittime
dell’usura si è, finalmente, in parte rotto.
Non va trascurato, infine il lavoro quotidiano e prezioso della rete delle
associazioni contro l’usura che hanno aiutato le vittime o le possibili vittime
a non restare più in silenzio.
9
10
1. Capitolo Primo: L’usura nella storia.
1.1 L’usura e la religione.
“Non gli presterai il denaro a interesse, né gli darai il vitto a usura” (Bibbia,
Ed. CEI, Levitico, 25, 37).
“Come è vero che io vivo, dice il Signore Dio, voi non ripeterete più che
questo proverbio in Israele. Ecco, tutte le vite sono mie: la vita del padre e
quella del figlio è mia; chi pecca morrà. Se uno è giusto e osserva il diritto e
la giustizia […], se non presta a usura e non esige interesse, desiste
dall’iniquità e pronunzia retto giudizio fra un uomo e un altro, se cammina
nei miei decreti e osserva le mie leggi agendo con fedeltà, egli è giusto ed
egli vivrà, parola del Signore Dio” (Ezechiele 18, 3-9).
In queste due disposizioni, fissate su uno tra i testi più antichi è al contempo
più osservati e seguiti, presenti anche in testi sacri di altre professioni
religiose, è contenuta la dichiarazione di condanna e di “peccato” dell’usura.
Ancora prima, invero, la testimonianza normativa in tema di usura viene
fatta risalire a quella che si ritiene la più antica delle codificazioni di cui
attualmente si abbia conoscenza. Fra il XX e il XVII secolo a.c. (non si ha
ancora l’esatta data di promulgazione del “codice”) Hammurabi, re di
Babilonia nel suo codice di ben 282 articoli disponeva, secondo l’economia
del tempo, che se un debito rimane insoluto nei confronti di un cittadino il
cui campo a causa di alluvione o altro evento atmosferico (all’epoca
attribuibili al Dio Adad) non abbia avuto raccolto, “… egli non dovrà
restituire grano al suo creditore in quell’anno; cancellerà il suo documento di
contratto e non pagherà nessun interesse per quell’anno”.
11
E ancora, a seguire, nel V secolo a.c. Solone, conquistato il potere ad
Atene introduce il divieto di imprestare denari pretendendo come garanzia
la stessa libertà personale fino allora in uso e che costituiva il primo passo
per la “schiavitù” del popolo.
In effetti, per molti secoli, oseremmo dire fino ai nostri giorni, l’usura è stata
considerata un “peccato”, un agire “immorale” che non trovava nessuna
tutela per l’usurato se non il solo biasimo per l’usuraio.
L’etimo latino del vocabolo, che deriva in ultima istanza dal verbo “utor”
(usare)
4
, è di per sé del tutto neutro e innocente.
Infatti, in origine, con il termine usura si designava il frutto del denaro dato
in prestito, senza che la parola implicasse significati indegni, odiosi o
moralmente riprovevoli.
In seguito, col diffondersi del fenomeno della crescente esosità dei
prestatori di denaro, l’uso della parola fu ristretto ad indicare quei prestiti
che comportavano una eccessiva gravosità dell’impegno finanziario del
debitore nei confronti del prestatore.
Tutto il Medioevo è segnato dal potere della Chiesa che tende a
regolamentare in maniera consona alla morale cristiana tutti gli aspetti della
vita e che, pertanto, ha nei confronti dell’usura un atteggiamento fortemente
repressivo.
L’origine dello stereotipo dell’”ebreo usuraio” nato nei primi secoli dopo il
Mille, è lo stereotipo che si trasformerà poi in pregiudizio e sarà una delle
giustificazioni dell’antisemitismo.
4
Questi sono gli etimi e i significati della parola usura: usura, dal tardo latino usuria, che
deriva dal latino usura, a sua volta da usus, participio passato di utor.
12
La Chiesa fra il Duecento e il Quattrocento fissò una netta distinzione fra
usura e credito e identificò come usura solo il prestito a interesse su pegno
gestito pubblicamente. Agli ebrei era stato concesso un “privilegio” che non
era stato dato ai cristiani: quello di poter esercitare l’attività dell’usura.
Per i cristiani l’usura è peccato e quindi gli ebrei sono stati ritenuti per
natura dei peccatori. Si autorizzarono gli ebrei ad aprire i banchi di usura in
quanto peccatori e quindi destinati all’inferno perché ritenuti responsabili
della morte di Gesù Cristo.
Questa è la radice storica dei pregiudizi sugli ebrei come usurai, avari, abili
trafficanti e mercanti. Nei loro quartieri e nei ghetti istituiti a partire dal XVI
secolo, gli ebrei facevano gli straccivendoli, compratori e venditori di oggetti
usati, sarti che riparavano gli abiti usati e poi li rivendevano.
Gli ebrei ebbero il ruolo di usurai non perché effettivamente
monopolizzassero il mercato del denaro ma per due ragioni principali: le
loro attività economiche, qualunque fossero, erano identificate dal mondo
cattolico come “usuraie” perché praticate da “infideles”, ritenuti incapaci in
quanto tali di comprendere il senso spirituale delle Scritture, di
conseguenza, ritenuti estranei, in quanto “carnales”, ossia non convertiti ed
ostinati, nel proprio errore, all’organizzazione economica cristiana.
Il secondo motivo era dovuto alla effettiva presenza di prestatori su pegno
ebrei nelle città italiane alla fine del Medioevo, anche se promossa e
sollecitata dalle città stesse, che confermò l’immagine precedente e
consentì all’attenzione pubblica di distogliersi dal contemporaneo forte
sviluppo della banca cristiana, che nella realtà andava monopolizzando i
circuiti di denaro in tutta Europa.
13
Si giunse così, nel 1215, in occasione del quarto Concilio Lateranense, alla
descrizione dell’usura come di un comportamento tipicamente ebraico e
specificatamente mirato ad indebolire economicamente la società cristiana
e le chiese.
Il “timor di Dio” sprigionava tutta la sua forza per la coesione sociale e il
comune sentire. Pertanto le disposizioni relative alle pratiche sociali e ai
rapporti tra cittadini e tra cittadini e lo Stato si rifacevano molto alle leggi e ai
“comandamenti” religiosi perché assicuravano la massima condivisione, sia
nel dettato legislativo che nella corrispondente punizione, ad accettare la
prescrizione.
Dopo l’anno mille (nel secolo XII) si svilupparono ed intensificarono i
commerci che produssero, tra le altre cose, l’aumento della circolazione
monetaria e lo sviluppo del credito; le esigenze delle popolazioni
aumentavano al punto che l’intensificarsi dell’offerta di prodotti aumentava il
desiderio di possederli tanto che, come affermava Machiavelli ed altri
autorevoli studiosi,… l’uomo è strutturato in modo da aspirare
costantemente a volere tutto, ma dispone di mezzi limitatissimi che gli
consentono di conseguire ben poco; motivo per cui l’uomo, a causa
dell’assoluta sproporzione fra ciò cui aspira e ciò che riesce ad ottenere,
vive in uno stato di perenne incontentabilità, che lo sospinge a volere
sempre di più e a modificare pertanto le situazioni nelle quali si trova.
“…sendo, oltra di questo, gli appetiti umani insaziabili, perché avendo dalla
natura di potere e volere desiderare ogni cosa, e dalla fortuna di poter
conseguitarne poche, ne risulta continuamente una mala contentezza nelle
menti umane, ed un fastidio delle cose che si posseggono: il che fa
14
biasimare i presenti tempi, laudari i passati, e desiderare i futuri; ancora che
a fare questo non fussono mossi da alcuna ragionevole cagione”.
5
Prima dello sviluppo dei commerci e quindi di relazioni commerciali ed
economiche, l’usura riguardava ambiti prettamente privati attinenti il
consumo. Il diffondersi delle attività di commercio e quindi dell’economia
monetaria, induceva chi non possedeva denari a procurarsene per i propri
affari o per fare fortuna e quindi si crea una nuova figura del prestito di
denaro: il denaro dato per ricavarne profitto e in cambio si esige l’interesse,
“l’usura”.
Nasce, se così possiamo dire, la prima forma di “capitalismo”.
Occorre precisare che interesse e usura, come usura e profitto non sono
sinonimi.
Il proprietario di terre che “prestava” il proprio terreno al contadino, al
termine della stagione “ricompensava” il contadino con una parte delle
derrate frutto della trasformazione e del lavoro dello stesso.
Il proprietario riceveva in cambio, o meglio, rimaneva proprietario della
produzione operata dal contadino: il suo “interesse” era la messa a frutto
del terreno.
L’usura è invece la riscossione di un interesse per qualcosa data che non
può essere oggetto di produzione o trasformazione qual era considerato il
denaro. Non potevasi, infatti, attribuire al denaro un valore altro che non
fosse mezzo di pagamento in senso stretto.
Da questa dualità dell’aspetto scaturiscono le grandi battaglie religiose
condotte dalla Chiesa Cattolica, ma anche da altre confessioni, per
5
N. Machiavelli, Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, II, Proemio
15
affermare che l’usura non è più di una colpa, è un peccato: “dare a usura è
in se e per sé un peccato” (Guglielmo di Auxerre) e, quindi a poco possono
valere le giustificazioni e le argomentazioni di tipo economico sull’uso del
denaro e dei vantaggi che se ne possono ricavare da un utilizzo dello
stesso.
Ciò perché, si affermava che il denaro quale mezzo di pagamento non si
usurava e non perdeva il suo valore a differenza del campo o di una casa
data in locazione.
In definitiva il denaro non si riproduce e viene usato quale mezzo di
pagamento e non può pagarsi il suo uso; “…pertanto è in sé ingiusto
ricevere un prezzo per l’uso del denaro prestato; è in ciò che consiste
l’usura”
6
.
Dall’altra parte si andava formando la categoria dei commercianti e dei
banchieri che dall’uso del denaro ricavavano i loro profitti: ciò che per secoli
è stato vietato entrava in conflitto con ciò che economicamente e
commercialmente si riteneva giusto.
La condanna dell’usura come “cancer” (cancro, in latino) e come “neschek”
(morso, in ebraico) è ascrivibile, come dicevamo, al Libro Sacro e ancora di
più il profitto e la ricchezza, rappresentati dal denaro, costituiscono un limite
alla salvezza dell’anima: “Nessuno può servire a due padroni: o amerà l’uno
e disprezzerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro” (Vangelo
secondo Matteo 6, 24).
Il massimo deterrente era la punizione divina, ma nel dettato sacro mentre
l’usura è condannata l’usuraio rimane “indenne”.
6
Tommaso D’Aquino, Somma teologica, II
a
II
ae
16
Può salvare la propria anima attraverso una confessione piena e “pentita”.
Ma di cosa deve pentirsi chi pensa di poter legittimamente trarre vantaggio
dal prestito ad interesse del denaro?.
Ci pensa subito la Chiesa che per avvalorare le proprie tesi inserisce nel
codice di Diritto Canonico che: “…tra tutti i mercanti il più maledetto è
l’usuraio, poiché vende una cosa donata da Dio e non guadagnata dagli
uomini (contrariamente al mercante), e dopo l’usura si riprende la cosa con i
beni altrui, ciò che il mercante non fa assolutamente… il denaro prestato
non può essere utilizzato in alcun modo: l’uso isterilisce a poco a poco il
campo, deteriora la casa, mentre il denaro prestato non subisce né
diminuzione né invecchiamento”
7
.
Quindi l’usuraio commette un furto poiché prende un bene contro la volontà
del proprietario (Dio). E in definitiva, cosa vende in effetti l’usuraio se non il
tempo che intercorre tra il momento in cui presta e quello in cui viene
rimborsato con l’interesse?. “L’usuraio non vende al debitore nulla che gli
appartenga, tranne il tempo che appartiene a Dio. Egli non può, pertanto
trarre profitto dalla vendita di un bene che non è suo”
8
.
Ci pare, quindi, opportuno sottolineare che per conoscere l’usura nei suoi
aspetti moderni bisogna tenere in conto come si sia andata delineando la
pratica dell’usura stessa e la figura dell’usuraio nel corso dei secoli
precedenti.
Infatti, nel confermare che non vi è alcun dubbio circa la condanna
dell’usura, il testo sacro sottolinea anche che non si deve esigere una
7
Tommaso di Chobham, Summa confessorum, Louvain 1968
8
Tommaso di Chobham, Summa confessorum, Louvain 1968
17
sovrabbondanza di viveri: cioè non solo non si dovrà chiedere l’usura, ma
non si dovrà nemmeno chiedere “di più del necessario” (Levitico 25, 35-37).
Cioè a dire che l’eccesso, il di più, è punito.
E così, nel Vangelo si legge: “…anche i peccatori concedono prestiti ai
peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del
bene e prestate senza sperarne nulla” (Luca 6, 34-35).
In alcuni casi viene fatto rilevare il passo della Bibbia dove è contemplata la
possibilità del prestito a usura che è “concessa” nei confronti dello straniero
“…Non farai al tuo fratello prestiti a interesse, né di denaro, né di viveri, né
di qualunque cosa che si presta ad interesse. Allo straniero potrai prestare
a interesse, ma non al tuo fratello....” (Deuteronomio 23, 20-21).
E’ qui il caso di sottolineare che questa via d’uscita viene interpretata dai
teologici come rafforzamento della dirittura morale dei seguaci di Abramo e
Mosè a differenza degli “stranieri” e a sottolineare la fermezza del popolo
d’Israele contro la dissolutezza delle popolazioni straniere.
E’ da tenere in debita considerazione il fatto che il popolo e la nazione di
Israele, abbandonato l’Egitto, si muoveva verso la terra promessa.
Ciò significava attraversare territori e nazioni e, quindi, popoli e costumi
diversi dai propri con i quali si sarebbe entrati in conflitto. Vi era, quindi,
anche un’esigenza di tipo “utilitaristico” prevedere, più che concedere,
questa eventualità.
“Il divieto di esercitare il prestito a interesse e usura nei confronti del fratello
ha nella Torah motivazioni in parte militari, in parte religiose. Da un lato il
fratello di stirpe non può essere imprigionato per debiti, e andare così
perduto per l’esercito. E poi la religione dell’antico Egitto attribuisce
18
particolare potere presso le potenze divine alla maledizione del povero e
questa idea è accolta anche nel Deuteronomio. La distinzione che si è così
costituita tra morale interna e quella esterna è sopravvissuta all’Esilio, e
anche dopo che gli Israeliti erano diventati Ebrei, il prestito ad interesse
rimase vietato nei confronti del membro del popolo, permesso nei confronti
degli stranieri (…). La possibilità che si imponesse in generale una
proibizione di interesse dipendeva dal fatto che in origine ogni credito, in
quanto veniva incontro ad una situazione di bisogno, era esclusivamente in
funzione del consumo, cosicché l’idea dell’obbligo fraterno poteva
contrapporsi alla pretesa di interessi avanzata dai signori. (M. Weber, Storia
economica, Donzelli ed., 1993).
1.2. L’usura e la legge.
Fino al 1996, pur essendo vietata ed in quanto tale un reato, non esisteva
nella nostra legislazione un riferimento preciso atto a definire il reato
d’usura e quindi a fissare le norme di tutela soggettive.
La prima legge italiana che fissa il reato dell’usura è, appunto, del 1996.
A ciò si arriva definendo il tasso, “usuraio”, quando esso, applicato dal
prestatore di denaro, eccede il limite di volta in volta fissato dalla legge.
19