e di intima coerenza. Privi di prospettiva e di profondità, la maggior parte degli
interventi e delle riflessioni pedagogiche odierne, isolano singoli aspetti dei vari
problemi, producono “ricette specifiche” da applicare ai singoli casi
(iperspecializzazione); oppure, all’estremo opposto, si perdono nel tentativo di
comprensione della realtà, finendo puntualmente con lo smarrire il rapporto
con la pratica materiale e con la dinamica storica. Domina la separazione, la
frammentazione e l’assenza di prospettive di lavoro generali e coerenti.
Nel piccolo di questo studio si è cercato di strutturare un discorso
organico, forte, intimamente interconnesso ed unitario. Le problematiche di chi
si dedica con energia e speranza alle professioni educative, il muro
apparentemente insormontabile di impedimenti che gli sbarra la strada, sono
continuamente tenuti presenti in questa ricerca ed, in ultima istanza, la
motivano. Ciò che si è inteso è fornire strumenti utili a collocare storicamente e
politicamente il lavoro educativo, per comprenderlo, trasformarlo e, con esso,
trasformare tutti gli ostacoli che gli impediscono di dispiegarsi. Ciò che si spera
è di essere riusciti a mettere in luce i limiti e le potenzialità del lavoro educativo,
i motivi di quelli e di queste, affinché non si spenga la luce della speranza. Per
speranza si intende continuare a credere nella possibilità, concretamente
realizzabile, di un mondo civile, ovvero di un mondo che abbia superato la
guerra e ristabilito un rapporto armonioso con la natura. Speranza significa un
avvenire diverso da quello che il moto inerziale della società contemporanea ci
prospetta. Si ritiene che rendere educativamente viva questa speranza sia
7
possibile iniziando a dare senso al lavoro educativo, collocandolo correttamente
nella dinamica sociale generale, individuando gli orizzonti verso i quali esso
deve muoversi.
C’è bisogno di dare una direzione all’azione educativa ed «il desiderio di
una meta fa muovere un viaggio»1. Non ha senso educare i giovani se non ci si
chiede: educarli a cosa? Di cosa hanno bisogno per affrontare il duro avvenire
che li attende (ed attende noi con loro)?
«Osserviamo la trasformazione psicologica di quelle classi sociali che sino ad
ora sono state le creatrici della cultura. Il loro potere creativo e la loro energia
creatrice sono inaridite; l’uomo è disincantato; il suo operato non tende più ad un
ideale creativo rivolto al benessere dell’umanità, la sua mente è ormai impegnata in
interessi materiali, o in ideali che non hanno alcuna relazione con la vita terrena e
che solo al di fuori di questa possono trovare una realizzazione»2.
Sono questi alcuni degli aspetti che caratterizzano il XXI secolo così
come la decadenza dell’Impero Romano. È difficile farsi un’idea di un’epoca
stando al suo interno, giudicare il proprio tempo nel mentre che questo si
svolge tra la quotidianità di giornate nelle quali si è completamente immersi,
eppure è uno sforzo necessario. Cercare di definire la fase storica attuale è più
di uno sforzo, è una possibilità di lavoro radicale che pone il ricercatore in una
condizione storica ed umana particolarissima, una condizione che in pochi
sembrano considerare concretamente. Si è scelto di fare propria l’ipotesi
euristica3 secondo la quale la fase attuale è caratterizzata da un insieme
1
DARIO IANES, Didattica speciale per l’integrazione, Erickson, Lavis (TN), 2005, p.176.
2
MICHAEL ROSTOVTZEFF, cit. in LUDVIG VON BERTALANFFY, Teoria generale dei sistemi, Mondatori, Milano,
1983, p.310.
Questo passaggio è tratto dalla decadenza dell’Impero Romano fatta dallo storico.
3
«Ci troviamo subito di fronte alla parte che le ipotesi sostengono in ogni impresa scientifica, a causa
8
sistematico di fenomeni che indicano, irrimediabilmente, il declino della società
contemporanea nella sua globalità. Si ipotizza, insomma, il declino definitivo
della formazione sociale che ha dominato incontrastata il pianeta dalla
Rivoluzione francese in avanti: il capitalismo.
Tale assunzione4 proietta la società intera in una dinamica decadente.
Violenza, alienazione, parassitismo, sopraffazione, sfruttamento della persona e
guerra dominano le relazioni sociali. È in corso l’affermazione egemonica
dell’uomo-massa che si caratterizza per essere sempre uguale ai modelli
dominanti, pena l’essere socialmente escluso. Avanza la soppressione
dell’individuo da parte di un potere statale che si fonda sempre più sulla
biopolitica: sul controllo delle istanze biologiche ed economiche dell’individuo.
Il sistema tradizionale dei valori si sfalda venendo sostituito, solo, dal valore
della merce. Si afferma un individualismo egoistico5 ed esasperato. Aumenta la
frantumazione delle relazioni sociali, sempre più edonistiche e tagliate sul
modello del profitto. La crescita vertiginosa della forbice tra i pochi che hanno
del posto essenziale che esse occupano in ogni processo intellettuale. […] In qualunque modo esse
vengano ottenute, la loro natura è intrinsecamente filosofica, per buona o cattiva che possa essere tale
filosofia.» (JOHN DEWEY, Le fonti di una scienza dell’educazione, La nuova Italia, Firenze, 1951. pp.
38-39).
4
Non si pretende qui di mostrare il fondamento scientifico di questa ipotesi, cosa che porterebbe via
troppo spazio ed esulerebbe dall’oggetto della ricerca. Ci si limita quindi ad acquisirla e, nell’atto stesso
di farla propria, a osservare il mondo da questo originale punto di vista. Ci si riterrà soddisfatti se tale
visione risulterà coerente.
5
Paradossalmente, nell’individualismo odierno è proprio l’essenza individuale umana ad essere negata,
questo argomento verrà affrontato, in particolare, parlando di alienazione.
9
tutto ed i più spogliati di ogni cosa a partire dalla salute, dalla stabilità
economica, dal diritto a vivere in un ambiente sano, completano il quadro. Il
tutto avviene sullo sfondo di una crisi economica strisciante, che erode il potere
d’acquisto e non lascia presagire nessun genere di ripresa. È questo quello che
qui si intende quando si afferma che la dinamica sociale si stia muovendo con
inesorabile decisione verso l'abisso.
Questa è l’ipotesi guida, quella che ha fornito gli stimoli per la ricerca e
che ha indicato come e dove andare a trovare delle risposte possibili. Per questo
il materialismo storico è trattato in maniera diffusa, perché si colloca tra i
pochissimi sistemi di pensiero che con coerenza e senso della prospettiva hanno
fatto proprie questo genere di problematiche.
Si può guardare con ottimismo all’orizzonte prossimo avvenire, per
cambiarlo con la forza delle idee e della prassi, ma solamente a patto di essere
umili, di issarsi come nani sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduto e così
riuscire a vedere un poco più lontano.
* * *
Queste note venivano scritte, all’incirca, nel luglio 2007. La crisi dei
subprime si apriva appena, in pochi erano in grado di prevedere quello che
sarebbe avvenuto nel giro di un anno: l’apertura di una crisi globale, la più
grave dal 1929. L’ipotesi di fondo che sostiene l’intero impianto di ricerca,
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l’ipotesi di vivere in una società in piena fase di decadenza storica, ne esce
pienamente confermata. L’attualità e l’urgenza dei temi qui trattati sono oggi
più pressanti che mai.
La trasformazione della realtà che viene qui ipotizzata appare, come non
mai, l’unica prospettiva dotata di senso, almeno che non si creda veramente
che, fermo restando l’attuale organizzazione economico-sociale, le classi
abbiano un qualche ineresse a utilizzare le risorse in altri ambiti che non siano
quelli utili a mantenere la loro posizione di privilegio: aumento dello
sfruttamento e guerra. È la realtà storica a imporre la necessità di un
cambiamento radicale, pena l’osservare passivamente l’umanità intera scivolare
verso l’abisso, come già è stato affermato.
L’ipotesi di ricerca che ha permesso di sviluppare questo lavoro parte dal
presupposto che tra teoria e prassi, tra azione e riflesione, tra formazione e
trasformazione della realtà, debba esistere un’identità: è oggi più che mai
necessario educare (la riflessione si estende a tutti i tipi di educazione)
impegnandosi a migliorare il mondo e impegnarsi per migliorare il mondo
sviluppando educazione. Se poi i rapporti di forza sono totalmente sfavorevoli
e non permettono di aspirare al miglioramento, allora è comunque necessario
lottare perché le cose non peggiorino. L’istanza è politica: lotta per il
cambiamento o rassegnazione alla barbarie.
Per sostenere questa tesi dapprima si è illustrato il metodo storico-
dialettico che le fa da sfondo. Marx dà vita ad un metodo che si ritiene essere
11
ancora estremamente attuale. Il metodo viene quindi applicato alle
problematiche educative fino a trarne le estreme conseguenze.
Nella seconda parte si analizzano, alla luce del materialismo storico, due
tra i maggiori teorici dell’educazione del nostro tempo: Dewey e Morin. Una
volta analizzato il loro pensiero si è cercato di individuare ciò che di positivo vi
si poteva trovare, sono stati inoltre sondati i limiti per i quali la loro proposta di
riformare la società per mezzo dell’istruzione si sia rivelata, in ultima istanza,
fallimentare. Nella conclusione alla seconda parte si è cercato di sintetizzare
alcune indicazioni metodologiche utili ad orientare il lavoro educativo.
Nella terza parte il lavoro di definizione di un metodo storico-
materialistico applicato all’educazione è servito ad analizzare un grande
avvenimento storico: la costruzione della Scuola Nuova in Russia all’indomani
della Rivoluzione. I motivi del fallimento del progetto della Scuola Unica del
Lavoro hanno come sfondo i motivi del fallimento della Rivoluzione Russa
stessa. In conclusione si sono riportati alcuni approfondimenti e, in particolare,
due interessanti documenti che sintetizzano il punto di vista dei molti educatori
rivoluzionari, in Europa, Negli anni 20.
Nella quarta parte si sono tirate le conclusioni ultime, aprendo al
contempo ad ulteriori ipotesi di ricerca che potrebbero estendere e sviluppare il
lavoro fin qui svolto.
Napoli, 1° novembre 2008
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