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alla dott.ssa Pizzorno, responsabile del Dipartimento Cure Palliative, S.S. Assistenza
Domiciliare e cure palliative dell ASL4 Chiavarese .
Il secondo capitolo Ł dedicato alla descrizione dei quadri di sofferenza vissuti dal paziente
colpito da cancro, dalla sua famiglia e dagli operatori che assistono queste persone e che
corrono il rischio, con maggiore probabilit di alt re professioni, di essere colpite da un
esaurimento psico-fisico, il burn-out. Nella sezione dedicata al paziente viene illustrato il
decorso che il cancro pu seguire con gli stati d a nimo ad essi associato, fino ad arrivare alla
fase, definita, terminale. Viene considerato il caso in cui il paziente non venga messo a
conoscenza della prognosi che lo riguarda, sia per la volont della famiglia di proteggerlo, sia
perchØ non ritenuto abbastanza preparato per affrontare una prognosi infausta, creando quella
situazione definita congiura del silenzio . La per sona malata cercher di reagire e di
affrontare la situazione con diverse modalit , e at traverser molteplici fasi, dal dolore piø
profondo all accettazione, dalla rabbia alla rassegnazione.
In questo cammino sar accompagnato dalla propria f amiglia. La scoperta della malattia e
successivamente della prossima morte di un proprio congiunto ha un impatto fortissimo sia
all interno della coppia, sia sui figli. Nella ricerca condotta dall Osservatorio Italiano di Cure
Palliative nel 2004 sulla Famiglia e il malato ter minale: analisi di problemi, difficolt e
soluzioni, relativi alle famiglie che accudiscono un malato in fase avanzata di malattia
inguaribile vengono riportati i tempi che il famil iare dedica alla cura del proprio congiunto.
Quasi due terzi dei familiari sono coadiuvati nell assistenza quotidiana alla persona malata da
altri familiari, che offrono un aiuto frequente (12 ore su 24) o costante (24 ore su 24); tuttavia,
in quasi un quinto dei casi il familiare di riferimento Ł risultato completamente solo.
I familiari attraverseranno anch essi molteplici fasi di dolore, di rabbia, e forse infine di
accettazione e rassegnazione. Vivranno quella che viene definita la fase di lutto
anticipatorio e se le strategie di reazione alla s ituazione messe in atto dalla famiglia non
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avranno esito, strategie che sono risultanti dallo stadio storico in cui la famiglia si trova (se
nuovo nucleo, se coppia anziana, per esempio) ed anche dalla storia della famiglia, potranno
insorgere delle complicanze sia nell affrontare adeguatamente quest ultimo arco di tempo che
hanno col proprio congiunto, sia successivamente alla sua morte, con il lutto complicato .
Nella stessa ricerca sopra nominata condotta dall Osservatorio Italiano di Cure Palliative,
vengono anche riportati i piø frequenti stati d animo provati dai familiari che accudiscono un
proprio congiunto in fase terminale (p. 53).
Intorno al paziente e alla famiglia ruotano, in questa particolarissima fase di vita, altre figure,
che hanno come obiettivo quello di accompagnarli alla morte e di farlo nel miglior modo
possibile, lenendo il dolore, assistendoli medicalmente e psicologicamente. Sono gli operatori
che lavorano sia nell assistenza domiciliare sia negli altri nodi di aiuto. Un Øquipe che si
occupa di assistenza e fornitura di salute Ł in t utto e per tutto un gruppo di lavoro che opera
di concerto per il raggiungimento di un obiettivo comune. In quanto gruppo di lavoro,
nell Øquipe si intrecciano due dimensioni fondamentali: quella relativa al compito e quella
connessa alle relazioni. L obiettivo principale delle cure palliative Ł offrire con mezzi idonei
la migliore qualit di vita . Un tale intervento si esplica occupandosi, in modo continuativo
dei bisogni del paziente e della famiglia in rapporto all esperienza di cura della malattia
terminale: la cura deve essere estesa anche al cordoglio e al lutto (definizione OMS).
Oltre a dover far fronte alla costante progressione della malattia, l assistenza al malato
terminale Ł caratterizzata dalla scarsit della risorsa tempo, che fa s che gli interventi
debbano essere oltre che continuativi anche frequenti.
Con questi presupposti Ł inevitabile che si scatenino negli operatori reazioni emotive che
possono assumere toni diversi. Le tipologie di relazione tra chi devolve le proprie cure e il
paziente possono collocarsi all interno di un continuum compreso tra due estremi: da un lato,
troviamo l eccesso di empatia che pu condurre a un identificazione con il paziente stesso;
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dall altro lato, invece, abbiamo l adozione di comp ortamenti volti a mantenere una distanza
emotiva. Il rapporto con il paziente, in questo secondo caso, viene mantenuto esclusivamente
su un piano tecnico, evitando qualsiasi coinvolgimento emotivo e personale nella relazione di
cura, fino a sfociare in una relazione spersonalizzata che identifica nel malato il corpo e non
piø la persona da curare.
Anche queste persone sono, infatti, soggette a turbamenti emotivi che possono non essere
abituati ad elaborare o a condividere con altri. Il rischio che corrono Ł quello dell esaurimento
o burn-out, alla luce anche delle componenti aggiuntive di stress implicite nel settore
dell oncologia. E importantissima in queste profes sioni quella che viene chiamata la
condivisione sociale. Questa, permetter loro di elaborare il materiale e mozionale, di
organizzarlo e, a poterne prenderne distanza. Questi operatori dovranno essere adeguatamente
formati, sia per quel che riguarda la comunicazione con i pazienti e i loro familiari, sia per
quel che riguarda la messa in gioco di vissuti emotivi non solo da parte dei familiari e delle
persone malate, ma anche da parte loro. Questa formazione porter ad una maggiore
consapevolezza che dar loro una maggiore resistenz a al burn-out e avr risvolti immediati
rispetto alla qualit della loro assistenza a tutte queste persone.
Nel capitolo 3 esporr la ricerca che ho effettuato nell ASL4 Chiavarese , sugli operatori
che lavorano nell assistenza domiciliare e che vengono quindi a contatto con i malati
terminali. Verr intervistato un operatore per ogni professione presente all interno dell Øquipe
multidisciplinare dell assistenza domiciliare, ovvero la terapista del dolore, l infermiera, la
fisioterapista e la psicologa.
In conclusione, ricapitoler i risultati emersi da questo quadro complessivo che ho cercato di
dipingere tenendo conto della soggettivit della so fferenza.
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1. La rete ligure di cure palliative
Insieme all invecchiamento della popolazione sta cambiando anche la tipologia delle malattie
di cui le persone soffrono e muoiono: gravi malattie croniche, cancro, patologie multi organo.
Ci causa un grande numero di problematiche fisiche , psicologiche e sociali e il manifestarsi
di nuovi bisogni che, con l avvicinarsi della morte, cambiano rapidamente. Le nuove risposte
assistenziali per i cittadini fragili, con malattie progressive ed inguaribili, richiedono un forte
incremento della flessibilit organizzativa e la ri cerca di nuovi strumenti gestionali che
assicurino l appropriatezza degli interventi, la sostenibilit dei modelli, la qualit
professionale e l efficacia degli interventi.
In questo contesto assume importanza la progettazione del miglior percorso di cura e di
assistenza possibile per i malati fragili, dove si combinano gradi differenti di comorbilit e
disabilit . Nel tempo ospedaliero e in quello terri toriale il processo assistenziale deve
realizzarsi attraverso la costruzione di una reale continuit , secondo criteri che garantiscano la
centralit della persona malata e della sua famigli a. La continuit assistenziale rappresenta la
garanzia di un percorso coordinato ed accompagnato durante tutte le fasi del processo
assistenziale e richiede l individuazione di azioni nelle quali coinvolgere, impegnare e
responsabilizzare tutti i soggetti chiamati a dare una risposta ai bisogni della persona malata.
Il territorio della Liguria si divide in cinque aziende sanitarie locali (ASL) che si occupano
della erogazione e gestione dei servizi sanitari alla popolazione. Queste ASL sono la ASL1
imperiese , la ASL2 savonese, la ASL3 genovese , la ASL4 chiavarese e la ASL5
spezzina . L obiettivo generale della rete regionale di cure palliative Ł quello di promuovere
e garantire che cure palliative d elevata qualit s iano erogate in maniera appropriata ed equa
ai pazienti e alle famiglie che ne hanno bisogno in tutte le cinque ASL della regione, quando
ogni terapia finalizzata alla guarigione o alla stabilizzazione della patologia non Ł possibile o
appropriata.
La rete deve essere composta da un sistema di offerta nel quale la persona malata e la sua
famiglia possano essere guidati e coadiuvati nel percorso assistenziale tra il proprio domicilio
e le strutture di degenza specificamente dedicate al ricovero-soggiorno dei malati non
assistibili nella propria abitazione.
In Liguria, ogni anno circa 6.000 persone muoiono a causa di una malattia neoplastica e si
pu stimare che oltre il 90% di queste persone prim a di morire, attraversino una fase
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terminale. E possibile valutare in circa 90 giorni la durata media di questa fase e che in
media, ogni momento, siano circa 1.300-1.400 i pazienti liguri con una malattia oncologica in
fase terminale.
Le cure palliative sono la risposta ai bisogni di questi pazienti e alle loro famiglie, che si
trovano ad affrontare le problematiche associate alle malattie inguaribili. La filosofia delle
cure palliative considera la morte un processo naturale che non intendono affrettare nØ
ritardare nel rispetto della dignit umana. Gli ope ratori che lavorano nell ambito delle cure
palliative integrano gli aspetti psicologici e spirituali della cura dei pazienti e offrono un
sistema di supporto per aiutare i malati a vivere nel modo piø attivo possibile fino alla morte
ed offrono un esperienza di sostegno alle famiglie per aiutarle ad affrontare la malattia del
proprio caro e, in seguito, il lutto.
Destinatari delle cure palliative sono i pazienti affetti da una malattia evolutiva irreversibile
di cui la morte Ł diretta conseguenza, nel loro ultimo periodo di vita, quando le cure per
prolungare la vita non sono piø proporzionate o quando i pazienti stessi, consapevoli della
loro situazione, lo richiedano.
1.1 L evoluzione storica delle cure palliative.
La storia di cure palliative in Italia Ł connotata dalla forte presenza delle Organizzazioni Non
Profit (ONP) che hanno contribuito negli anni a definire gli indirizzi di governo della rete e a
tutelare i diritti della popolazione.
La genesi del movimento delle cure palliative va fatta risalire alla met degli anni Settanta.
Nel 1974 nasce il Comitato nazionale Gigi Ghirotti a Genova, per la cura dei malati terminali,
nel 1979 viene creato il primo nucleo operativo di cure palliative presso l Istituto Nazionale
per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano, intorno alle figure di Vittorio Ventafridda e di
Virgilio Floriani; quest ultimo nel 1977 aveva creato la Fondazione Floriani e nel 1997 si
occup di scrivere la Carta dei Diritti del Morente (vedi Appendice B). Ventafridda e Floriani
nel 1981, fondarono la prima Unit di Assistenza Do miciliare, dando vita al prototipo italiano
di un servizio a 360 gradi dei problemi del malato in fase terminale. Proprio sulla scorta di
questa esperienza, da questo momento, per una quindicina di anni, si osserva la nascita di
servizi con caratteristiche semivolontariali. Negli anni Ottanta nascono e crescono in Italia
numerose Organizzazioni Non Profit con il comune obiettivo dello sviluppo di una cultura per
le cure palliative. Va fatta risalire al 1987 la nascita non solo della Societ Italiana di Cure
Palliative, ma anche del primo Hospice, la Domus S alutis di Brescia, a cui seguirono
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l Unit di Terapia del dolore e Cure Palliative del la Casa di cura Capitanio di Milano e nel
1991, la prima Unit di Cure Palliative in ambito p ubblico, presso l istituto geriatrico Pio
Albergo Trivulzio, sempre in Milano.
Nel 1993 diverse di queste associazioni non profit che avevano conosciuto un grosso
sviluppo, decisero di organizzarsi spontaneamente in un Pool delle associazioni senza fini di
lucro affiancando la Societ di Cure Palliative. D a questa prima esperienza relazionale, in
considerazione dell importanza numerica e qualitativa che il settore stava raggiungendo, 22
tra le piø importanti organizzazioni non profit, alcune gi facenti parte del Pool esistente,
altre di nuova adesione, decisero di costituire un Soggetto federativo autonomo. Nell aprile
1999 nasce a Milano la Federazione Cure Palliative, che nel 2007 rappresentava
l organizzazione piø importante del mondo del non profit nelle cure palliative.
Solo nella seconda met degli anni Novanta, a segui to dell aumentata attenzione sociale e
politica verso le cure palliative, vengono emanate leggi e norme, che determinano un netto
sviluppo delle stesse. E del 1995 il primo libro bianco, ovvero il primo censimento sulla
realt all epoca esistente sul territorio di assist enza di cure palliative, risultato della
collaborazione tra la Societ Italiana di Cure Pall iative (SICP) e la Lega Italiana per la Lotta
contro i Tumori (LILT). Il merito di questo primo libro bianco fu quello di mettere in luce il
movimento italiano che apparve piø numeroso di quanto ci si fosse aspettati.
E possibile identificare il passaggio da una fase di anonimato ad un vero e proprio
riconoscimento, nel momento in cui in Italia entra in vigore la Legge 39/1999. E questa la
prima normativa con la quale vengono stanziati fondi specifici per la realizzazione in ogni
regione di centri residenziali di cure palliative e lo sviluppo di forme innovative di assistenza
domiciliare per malati critici .
Nel 2000 esce una nuova edizione del primo libro bianco del 1995, frutto questa volta della
collaborazione fra SICP e la neonata Federazione Cure Palliative. Era per diventato
necessario garantire un quadro costantemente aggiornato della rete, che si avvalesse di uno
strumento di rilevazione elastico. A questo proposito nasce nel 2001, l Osservatorio Italiano
Cure Palliative a cui si accede attraverso l indirizzo www.oicp.org, e che immette in rete i
nuovi dati riguardanti la situazione italiana, ogni 6 mesi.
Il Consiglio Superiore di Sanit elabor un modello organizzativo - gestionale della rete di
cure palliative che ricevette una valutazione negativa preliminare da parte della Conferenza
Stato-Regioni, in quanto l indicazione di un unico modello organizzativo della rete avrebbe
contrastato con l autonomia gestionale delle singole regioni in ambito sanitario. Nella
Conferenza Stato-Regioni del 13 marzo 2003, che aveva come oggetto gli Indicatori per la
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verifica dei risultati ottenuti dalla rete di assistenza ai pazienti terminali e per la valutazione
delle prestazioni erogate , viene stabilito che le regioni, potendo ognuna costruire un proprio
modello organizzativo della rete di cure palliative, avrebbero per dovuto procedere alla
rilevazione annuale di 32 indicatori, consentendo cos il monitoraggio da parte dello Stato del
grado di realizzazione del Programma nazionale di cure palliative nella propria regione.
In realt , soltanto alcune regioni hanno provveduto all invio dei flussi informativi, rendendo
inattuabili il controllo dei LEA, cioŁ i Livelli Essenziali di Assistenza, volti ad essere l unico
strumento per superare le criticit derivanti dal n on avere un Piano Nazionale e ad avere una
organizzazione regionale.
La necessit di offrire uno strumento tecnico condi viso fra Stato e Regioni per poter misurare
il livello raggiunto nella realizzazione della rete delle cure palliative, ha portato la
Commissione Lea, istituita presso il Ministero della Salute, a lavorare nel corso di tutto il
2005-2006 all elaborazione di un documento tecnico che contenesse indicatori e standard che
le regioni dovranno documentare per dimostrare di avere raggiunto il livello essenziale di
assistenza nel campo delle cure palliative, e specificamente, nell ambito delle rete degli
Hospice e dell assistenza domiciliare.
Alla fine di questo percorso tecnico istituzionale, il 6 aprile 2007, in GU n. 43, Ł stato
pubblicato il Decreto Ministeriale del 22 febbraio 2007, relativo allo Schema di regolamento
recante la Definizione degli standard relativi all assistenza ai malati terminali in trattamento
palliativo (vedi Appendice A).
Per questo motivo, l attuale rete nazionale di cure palliative Ł caratterizzata da una
eterogeneit di normative regionali.
1.2 Il modello della rete ligure di cure palliative.
E opinione condivisa che un maturo sistema di home care, deve essere collocato in una rete
coordinata di opportunit flessibili con livelli di fferenziati di intensit , in grado di adattare
rapidamente la loro operativit in funzione della n atura dei bisogni e della complessit dei
piani di cura. Con questo scopo nel 2007 nasce il modello della rete ligure di cure palliative.
La rete regionale ligure Ł articolata in cinque reti locali di cure palliative, una per ogni ASL,
ed Ł coordinata da una struttura a valenza regionale, l Istituto Nazionale per la Ricerca sul
Cancro (IST) di Genova.
A questo Centro, gi di riferimento regionale per l e attivit in campo oncologico, per le
attivit di ricerca e formazione, nonchØ nella promozione, individuazione e sperimentazione
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di modelli assistenziali e gestionali, era stato affidato il compito di valutare la fattibilit e
l efficacia di una risposta assistenziale oncologica, organizzata come rete multinodale nella
delibera n. 1281 del 28 ottobre 2005.
Il modello organizzativo della Rete Ligure di Cure Palliative Ł stato definito nell allegato n.1
della Delibera Regionale 277 del 16 marzo 2007 da cui ho tratto il modello di seguito esposto
(vedi Appendice A).
Ogni rete locale di cure palliative Ł costituita da un aggregazione funzionale ed integrata di
servizi distrettuali ed ospedalieri, sanitari e sociali, pubblici privati e convenzionati, dedicati
alle cure palliative.
In questi, dovrebbe operare personale formato e dedicato a quest attivit a tempo pieno.
Le funzioni che la rete di cure palliative deve garantire sono:
- assistenza ambulatoriale per i pazienti con sufficiente autonomia funzionale;
- assistenza domiciliare con diverso grado di intensit e complessit a seconda dei
bisogni del paziente e della famiglia;
- ricovero ospedaliero ordinario e di day-hospital;
- attivit di consulenza di medicina palliativa per i pazienti ricoverati in ospedale e in
strutture residenziali;
- ricovero presso i centri residenziali di cure palliative Hospice;
- mantenimento della continuit assistenziale attrave rso l integrazione delle diverse
opzioni organizzative in un unico piano di cura assistenziale;
- formazione dei medici di Medicina Generale e (del personale sanitario non dedicato);
- collaborazione ed integrazione con le organizzazioni no-profit operanti nel campo
delle cure palliative;
- sviluppo e partecipazione a progetti di ricerca nel campo delle cure palliative;
- informazione alla popolazione sulle modalit di acc esso alla rete di cure palliative e
sulle tematiche di fine vita;
- verifica e valutazione periodica dei servizi offerti.
La rete dedicata alla cure palliative di ogni ASL prevede una divisione in nodi che sono
rappresentati dai diversi setting di cura e che sono:
1. assistenza ambulatoriale;
2. assistenza domiciliare integrata (ADI);
3. residenza sanitaria assistita (RSA);
4. ricovero in ospedale;