2
l’argomento appena delineato, conta piuttosto, più concretamente, sulla
possibilità di far emergere qualche elemento utile ad una discussione che si
spera vasta e coinvolgente.
Il piano di lavoro
In questa tesi si cercherà di delineare, in primo luogo, in che cosa
consiste un’azienda moderna, qual è il suo ruolo, la sua immagine sociale
sul mercato, in relazione particolarmente alla società di appartenenza.
Naturalmente, altrettanta importanza riveste l’immagine del management, sia
quella ricoperta nel corso del tempo, sia la sua attuale identità sociale,
in particolare riguardo i problemi etici che il management quotidianamente è
tenuto ad affrontare nella gestione dell’impresa (capitolo 1). In
quest’analisi, notevole importanza riveste il ruolo svolto dall’impresa
cooperativa e dallo stesso consorzio di cooperative, in quanto luogo in cui
opera il singolo. Ci si è chiesti in sostanza quale ruolo particolare svolga
un’impresa del movimento cooperativo in relazione alle tematiche affrontate
(capitolo 2). Si è quindi cercato di dare una definizione complessiva
dell’impresa analizzata, che comprendesse un ritratto del consorzio nei suoi
aspetti più salienti dalle origini ad oggi. Da qui si è sviluppata la
ricerca e si è approntato lo strumento tenendo conto, oltre che delle
precedenti analisi svolte, in relazione in particolare al loro impianto
metodologico, delle ipotesi che si intendeva affrontare (capitolo 3) anche
del particolare contenuto della ricerca che necessitava, per alcuni suoi
aspetti, del rispetto della privacy degli intervistati, pena il mancato
ottenimento di risultati coerenti.
Nei capitoli seguenti (capitolo 4) è stata commentata la tecnica di
ricerca utilizzata (questionario standard) e le motivazioni che hanno reso
consigliabile l’uso di questo strumento d’indagine.
Successivamente sono stati illustrati i risultati della ricerca,
corredando con grafici quelli particolarmente rilevanti (capitolo 5) e che
meritavano una commento più approfondito.
Al termine una sintesi dei risultati allo scopo di facilitarne una
rielaborazione significativa (capitolo 6) e le conclusioni raggiunte.
1 – TRA ETICA ED ECONOMIA:
L’IMPRESA E’ NEUTRALE?
In epoca di globalizzazione delle economie, l’interrogativo più comune
che si pone una qualunque azienda è relativo alla propria capacità di
sopravvivere nel mercato. Spesso ogni altro quesito risulta ozioso, quando
non superfluo. Questo determina però la diffusa presunzione della neutralità
dell’azienda nei confronti del discorso etico. Tale concezione ha le sue
origini nel processo di differenziazione che nella società contemporanea ha
determinato il sorgere della funzione economica. Secondo Luhmann (1990)
infatti, i sottosistemi differenziandosi aumentano la reciproca
interpenetrazione. Così facendo, diventa più intensa la necessità di
integrazione sistemica attraverso un codice comunicativo accomunante.
D’altra parte, se si osservano le scelte umane ed i riferimenti
normativi che le guidano, sembra evidente che l’etica è qualcosa di
“antecedente le azioni”
1
. Ciò nonostante, nella società di fine millennio le
grandi teorizzazioni culturali cedono sempre più il passo a sistemi etici
contrapposti che non riescono, nella loro relatività, a compensare la
perdita dei precedenti sistemi di valori, in quanto “contemporaneamente
opposti e veri”
2
. Non sono più totalmente utili ad indirizzare le scelte
della vita contemporanea, semmai il loro valore risulta parziale. Anche le
scelte morali “dipendono dalla fiducia (o spinta alla cooperazione) nei
confronti dei soggetti” con cui ci si relaziona
3
restando, gli esseri umani,
capaci di comprendersi e di solidarizzare fra loro (Berlin ed altri 1990).
Da questa diversità di visioni, ne deriva che l’etica odierna è sempre
più soggetta alla libera scelta, sia del soggetto agente che del soggetto
“agito”, in fase di costante definizione. Comunque, è nel venir meno di
1
Viviani M., “Per un codice etico della cooperazione” in: Calari R., Soldati A.,
Stefanini P., Viviani M. (a cura di), Etica - I valori e le regole della
cooperazione. Per un codice etico della cooperazione”, ” (Atti del convegno 10-11
dicembre 1992), Editrice Emilia Romagna, Bologna, 1992, p. 82
2
Viviani, op. cit., p. 82
3
Viviani, op. cit., p. 87
4
sistemi prescrittivi e nella difficoltà implicita nella scelta, che “si
comprende lo sviluppo dell’edonismo (relativismo etico che alla fine diviene
comportamento amorale, unicamente ispirato dal tornaconto più superficiale e
strettamente connesso con il consumo)”
4
.
Un aspetto rilevante assume in questo contesto l’evolvere di una
maggiore libertà individuale, in cui incrementare le capacità umane, mezzo
per costituire una parte importante finalizzata alla promozione della
libertà individuale (Sen ed altri 1990). In questo modo, i redditi ed i beni
primari si trasformano in capacità e libertà individuale (Sen ed altri 1990)
e ciò può in effetti costituire una maggiore chance per molti.
Perciò resta il problema di definire la responsabilità dell’impresa, o
meglio capire se all’impresa, nel perseguimento delle sue finalità
economiche, sia effettivamente consentito mettere in atto “azioni tali da
provocare tensioni e reazioni” che ne pregiudichino la legittimità sociale
5
Quindi: l’azienda può definirsi per davvero “socialmente disinteressata”
(Magatti e Monaci 1999) oppure tale pretesa neutralità in realtà non esiste?
1-1 Etica ed economia: la rottura “liberale” e la necessità di
una nuova sintesi
Il dualismo esistente tra economia ed etica risale “alla crisi
dell’unità medievale”, in ragione della quale si verificò “un gran
cambiamento di mentalità che portò ad una concezione dell’uomo, della
società e dell’economia radicalmente diverse da quelle precedenti”
6
.
Originariamente, etica ed economia si sviluppano congiuntamente nella storia
degli uomini. Infatti. nel pensiero economico medievale, non c’e posto per
una “attività economica senza relazione ad un fine morale”
7
.
4
Viviani, op. cit., p. 82
5
Magatti M. e Monaci M. , L’impresa responsabile, Bollati Boringhieri, Torino,
1999
6
Cattaneo R., Il problema dei rapporti fra economia ed etica: una introduzione per
il management cooperativo, Centro Sviluppo gestioni, 1995, p. 10(paper)
7
Cattaneo, op. cit. p. 8
5
Gli eventi che determinano una prima dualità nel rapporto etica/economia
risalgono alla crisi dell’unità medievale. Essi sono in sintesi: “la Riforma
Protestante, la scoperta delle Americhe e lo sviluppo degli stati
nazionali”
8
. Questi fatti determinano un graduale ma irreversibile processo
di modificazione nelle mentalità.
Un pensiero si sviluppa ed emerge lentamente: ciò che conta nella vita è
il successo. Il culmine di questa parabola si conclude nel momento in cui
anche il mondo degli affari comincia a “considerarsi un settore indipendente
retto da proprie leggi”
9
. L’accumulazione ed il denaro diventano i valori
propri dell’economia, la dedizione al lavoro l’unico segno di salvezza e
della benedizione di Dio. Diventa quindi una virtù il desiderio di
accumulare beni perché stimola il commercio ed implicitamente, il benessere
della società.
L’ideologia liberale, sviluppatosi successivamente, costituisce il
pensiero dominante assunto dalla classe borghese nel corso del XIX secolo e
nasce dal liberalismo, una concezione politica ed economica che si è
sviluppata in Europa “nel corso della secondo metà del settecento e della
prima metà dell’ottocento” a garanzia della “libertà di commercio e di
iniziativa economica”
10
.
Il liberismo, economicamente orientato, consisteva “nell’abbattimento
dei dazi doganali, dei pedaggi e dei balzelli di ogni tipo sul movimento
delle merci, nell’abbattimento dei freni opposti dalle corporazioni al
movimento degli uomini”, in altre parole, “nella libertà di commercio e di
iniziativa economica”
11
.
Il pensiero liberale, “illuministicamente” convinto della direzione
necessariamente positiva che lo sviluppo umano avrebbe saputo intraprendere
se libero da limiti è, dal punto di vista socioeconomico, fautore di
un’estesa rivoluzione culturale, il cui aspetto determinante è dato dalla
supremazia assunta nella vita degli uomini dal concetto di “mercato”.
8
Cattaneo, op. cit., p. 11
9
Cattaneo, op. cit. p. 12
10
Carrocci G., Corso di Storia. L’età contemporanea, Zanichelli, Bologna, 1985, p.
745-746
11
Carrocci, op. cit., pp. 745-746
6
Perciò l’accentuazione positiva del concetto di “mercato” non è
riconducibile unicamente alla sua valenza puramente economica, ma si estende
a tutte le transazioni umane comprendenti molteplici aspetti della vita
delle persone.
Il liberismo si fonda quindi su l’istituzione di un mercato
autoregolato, basato sull’appoggio delle classi commerciali.
L’“accentuazione posta sulla classe è importante”
12
, perché sottolinea
il ruolo di primo piano condotto in questa direzione dalla borghesia, alla
ricerca di un’originale definizione di se stessa e di un’ideologia che la
comprendesse.
Parlare di mercato “autoregolato” in relazione al liberismo, significa
effettivamente affermare l’esistenza di un mercato che fa da sé le proprie
leggi, “un’economia diretta da prezzi di mercato”
13
in grado di estendere la
sua influenza ben oltre i limiti della propria sfera di competenza diretta a
tutti gli aspetti della vita, pratica e culturale.
Al liberismo fanno riferimento due valori ideali: “un mercato del
lavoro” e “il libero scambio”
14
, aspetti che si ritenevano in grado, da soli,
di apportare un positivo sviluppo nelle condizioni economiche dell’umanità.
L’aspetto determinante di questa trasformazione è da imputare, sul
versante culturale, ai particolari contraccolpi sociali che ne sono
derivati: i vantaggi sociali ed i benefici materiali per la classe borghese.
Infatti, “le classi medie sostenevano la nascente economia di mercato”
15
. Ciò
è dimostrato dalla volontà della classe “mercantile” di “accettare le
conseguenze sociali del miglioramento economico”
16
, anche se le conseguenze
negative consistevano in stenti e sofferenze a carico della popolazione più
povera.
Strumento fondamentale attraverso il quale il credo liberale si diffonde
è un evento storico particolare denominato Rivoluzione Industriale.
12
Polanyi K., La grande trasformazione. Le origini economiche e politiche della
nostra epoca, Einaudi Editore, Torino, 1974, p. 170
13
Polanyi, op. cit., p. 57
14
Polanyi, op. cit., p. 173
15
Polanyi, op. cit., p. 170
16
Polanyi, op. cit., p. 170
7
Quest’ultima ha origine in Gran Bretagna tra il 1760 ed il 1830 (La Rosa e
Zurla 1998), sorge in concomitanza con la trasformazione del sistema
produttivo locale per mezzo dell’introduzione della manifattura e di un
sistema lavorativo fondato sulla “divisione del lavoro”
17
.
Adam Smith infatti aveva già compreso che la rivoluzione industriale era
un fenomeno dalle implicazioni sociali oltre che economiche. Il sistema
economico in fase di formazione sarebbe stato, nel pieno del suo sviluppo,
“capace di socializzazione e orientamento ai valori"
18
.
Tali implicazioni erano immediatamente rilevabili già dalla
riorganizzazione a cui il mondo del lavoro era stato sottoposto,
comprendenti sia la manodopera umana che l’apparato tecnologico.
Come Polanyi stesso chiarisce, infatti:
“Separare il lavoro dalle altre attività della vita ed assoggettarlo
alle leggi del mercato significava annullare tutte le forme organiche di
esistenza e sostituirle con un tipo diverso di organizzazione, atomistico e
individualistico.”
19
Questa crisi del rapporto solidaristico dell’uomo con il suo simile
rappresenta la conseguenza estrema di cui il pensiero liberale è stato
fautore.
La negazione da parte della società contemporanea dei modelli culturali
comunemente accettati dalla società cosiddetta primitiva, il cui sistema di
valori era improntato al principio di reciprocità (Polanyi 1974), ha
modificato profondamente il rapporto tra l’individuo ed il gruppo.
La diffusione di un sistema di valori fondato sul mercato ha implicato
la distruzione sistematica “dei rapporti non contrattuali tra gli
individui”
20
, impedendone contemporaneamente la ricostituzione. Ciò è stato
reso possibile dall’estremo individualismo, proprio dell’uomo contemporaneo,
17
Smith A., Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni, ISEDI
Istituto Editoriale Internazionale, Milano, 1973, p. 9
18
La Rosa M. e Zurla P., Lavoro e società industriale. Da Adam Smith a Joseph
Schumpeter, Franco Angeli, Milano, 1998, p. 116
19
Polanyi, op. cit., p. 210
20
Polanyi, op. cit., p. 210
8
che tende alla “mercantilizzazione dei valori”
21
.
Proprio ora, però, in epoca di globalizzazione, si rifà sentire
l’esigenza di un ritorno a valori socialmente condivisi ed accettati quali
“fiducia, rispetto della legalità, equità nella distribuzione delle risorse”
che consentono di “assicurare coesione sociale e consenso diffuso”
22
, non più
improntati alle esigenze confuse del singolo.
Esiste una contrapposizione tradizionale tra “cooperazione” e
“competizione”
23
. Ora ci si chiede in sostanza se i due termini sono
realmente antitetici.
Il recupero del loro significato autentico prevede il superamento di
quella parte del pensiero marxiano che vede nel mercato l’origine di tutti i
mali presenti nella nostra società così come rilevato dallo stesso Zamagni
(1993) e, per contrappunto, del pensiero liberale che estremizza la
competizione come variabile derivata dallo stesso mercato e quindi
produttivamente superiore.
Infatti, “senza riferimenti ai valori sociali e ai comportamenti etici,
le società moderne rischiano una crisi strutturale”
24
, causata dal fatto che
“i sistemi economici” nelle società contemporanee, “sono sempre più
organismi inseriti in meccanismi complessi di scambi e di interazioni”
25
, che
necessitano di interagire in base a comuni codici comunicativi.
Il tentativo di comprendere il punto di rottura ideale da cui ha avuto
origine la nostra epoca deve perciò partire dalla comprensione della crisi
degli istituti classici delle società contemporanee, di cui fanno parte sia
la solidarietà che il liberalismo.
Questa rivalutazione culturale costituisce una probabile traccia di
sintesi, in contrapposizione alla rottura “liberale”, in grado di
21
Spirito P., Etica ed Economia. Verso Nuovi paradigmi nella ristrutturazione delle
imprese, San Paolo, Milano, 1999, p. 26
22
Spirito, op. cit., p. 16
23
Zamagni S., Alcune tesi a proposito della recente ripresa della dimensione etica
nel dibattito economico, Istituto Italiano di Studi cooperativi “L. Luzzatti”, La
Rivista della Cooperazione n. 6, Roma, 1992, pagg. 65-67
24
Spirito, op. cit., p. 40
25
Spirito, op. cit., p. 51