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sono chiamate a realizzare prodotti diversi da quello televisivo
generalista. In particolare le divisioni industriali (Produzione TV e
Trasmissione e Diffusione) si trovano una a monte l’altra a valle
rispetto al mercato di diretto riferimento della RAI. Il loro compito è
quello di fornire servizi e prodotti, alle divisioni editoriali (Canale 1 e
2, Canale 3 ed offerte collegate, Radiofonia) applicando prezzi di
trasferimento prestabiliti. Il cambiamento organizzativo appare quindi
molto più legato ad un’ottica interna, infatti emerge una propensione
alla ricerca di maggiori regole e stabilità, più volte al recupero
dell’efficienza che non all’adattamento al mercato competitivo.
Il forte peso di elementi interni di rigidità e di inerzia organizzativa è
riconducibile in primo luogo alla natura pubblica della RAI, che ha
storicamente governato i suoi processi decisionali facendo riferimento
anzitutto alla legittimazione pubblica e che solo recentemente si è
confrontata con il mercato. La televisione ancora oggi possiede
notevoli potenzialità nel campo della diffusione culturale e
dell’informazione e per questo motivo gli equilibri di potere
organizzativo che si realizzano all’interno dell’emittente pubblica
sono molto spesso delicati e caratterizzati da forti ripercussioni
istituzionali. I cambiamenti organizzativi, anche se condizionati da
trasformazioni tecnologiche, non possono essere che legati a logiche
di equilibrio politico. La stessa divisionalizzazione è avvenuta per
obblighi dettati dal Contratto di servizio e l’imposizione legislativa di
trasformare una rete (RAI 3), in emittente che non può avvalersi di
pubblicità, ha comportato la creazione di una Divisione separata da
quella che realizza gli altri due canali generealisti (RAI 1 e RAI 2).
Il confronto strategia-struttura emerge con maggiore evidenza nello
sviluppo dei nuovi prodotti. Infatti per liberarsi dai vincoli istituzionali
8
che non avrebbero permesso alla RAI di entrare nel mercato della tv a
pagamento e che gli avrebbero precluso un eventuale parternariato
privato, ha esternalizzato l’unità interna che si occupava della
realizzazione dei canali tematici gratuiti, creando una società
giuridicamente ed economicamente separata denominata RAISAT.
Questa pur mantenendo rapporti molto intensi con la concessionaria
pubblica, vende i suoi canali alla società di gestione della piattaforma
di Tele+ ed ha la possibilità di integrare le conoscenze maturate per
realizzare i prodotti generalisti, alleandosi con le aziende appartenenti
a settori vicini o convergenti.
Nel primo capitolo dopo aver esaminato gli stadi di sviluppo delle
organizzazioni e le strategie di fondo che ognuna di loro supporta, si
prendono in considerazione le caratteristiche organizzative e modalità
di progettazione della struttura divisionale.
Nel secondo capitolo si prende in esame la storia dei tradizionali
mezzi di comunicazione di massa descrivendo le scelte politiche di
organizzazione e gestione del settore che hanno influenzato in modo
profondo le alternative strategiche degli operatori e i loro assetti
organizzativi.
Nel terzo capitolo si descrivono le caratteristiche principali del
prodotto televisivo ed i cambiamenti che la diffusione delle nuove
tecnologie sta comportando. Questa analisi viene svolta per
individuare le possibili strategie di sviluppo delle aziende televisive:
verso nuovi prodotti televisivi più specializzati e personalizzati
destinati a soddisfare esigenze di consumo culturale diverse dal
normale prodotto generalista; verso nuovi mercati geografici dato che
la globalizzazione dell’economia generale, oggi sta interessando anche
9
il settore televisivo che sembrava avere caratteristiche fortemente
domestiche; verso i settori confinanti, che la tecnologia sta facendo
convergere nel nuovo macrosettore multimediale.
Nel quarto e nel quinto capitolo l’attenzione si sposta verso il caso
specifico della televisione di Stato, innanzitutto esaminando la
struttura organizzativa che si occupa della realizzazione del
tradizionale prodotto generalista. In particolare si è esaminato il
passaggio da una struttura di tipo funzionale ad una di tipo divisionale,
focalizzando quindi responsabilità e missioni di ogni singola nuova
unità organizzativa.
Il sesto capitolo prende in considerazione le alleanze come strumento
di integrazione di conoscenze e competenze necessarie per operare in
mercati diversi da quello tradizionale, evidenziando gli obiettivi
raggiungibili nel mercato multimediale.
Il settimo capitolo analizza nel dettaglio le alleanze della RAI, rivolte
ad acquisire nuove competenze (RCS ed Il Sole 24 Ore) e nuovi
sistemi di trasmissione (Canal Plus ed e.Biscom).
Lo studio del caso RAI si è basato su documenti interni disponibili
presso la biblioteca RAI di Via Teulada, materiale di un corso di
formazione, interviste ai Dirigenti RAI oltre che articoli di periodici e
quotidiani.
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CAPITOLO 1
LA STRUTTURA MULTIDIVISIONALE
1.1 Introduzione
In seguito all’attuazione di strategie di diversificazione legate
all’introduzione di nuovi prodotti, agli investimenti in nuove
tecnologie e alla necessità di penetrazione di nuovi mercati, i
responsabili delle unità funzionali si trovano ad affrontare problemi di
gestione differenti in relazione ai nuovi business creati, con molti
problemi di integrazione e di coordinamento interfunzionali.
Contemporaneamente l’alta direzione trova difficoltà a monitorare
l’andamento economico-finanziario di ogni singolo business e ad
attivare un razionale processo di allocazione delle risorse. In questi
casi può essere conveniente abbandonare il criterio per tecniche,
utilizzato nella struttura funzionale, a favore di quello per prodotto e
mercato impiegato nella struttura multidivisionale.
Di seguito si esaminano le caratteristiche della struttura divisionale in
quanto è quella implementata dalla RAI nel corso del 1999. Prima
però appare opportuno esaminare gli stadi di sviluppo delle
organizzazioni accennando le caratteristiche generali di ciascuna
struttura e le strategie di fondo che ognuna di loro supporta.
11
1.2 Teoria degli stadi di sviluppo delle organizzazioni
Il contributo, che ha dato origine a numerosi studi e ricerche a
sostegno della tesi che la struttura deve seguire la definizione della
strategia e che quindi debba essere considerata come variabile
dipendente, è quello di Chandler. Egli concluse definendo il rapporto
tra strategia e struttura dopo aver esaminato la storia quattro grandi
aziende – du Pont, Standard Oil, General Motors, e la Sears Roebuck -
che avevano stabilito standard di eccellenza gestionale ed
organizzativa, imitati da miriadi di imprese americane.
Alla nascita la maggior parte delle imprese è formata da piccole unità
produttive e distributive prevalentemente monofunzionali. Questo è il
caso di imprese padronali in cui la struttura quasi non esiste perché
l’organizzazione si identifica con il Capo-azienda. Tale descrizione
non corrisponde a nessuna realtà concreta poiché anche nei casi più
estremi esisterà sempre una certa ripartizione dei compiti con altri
collaboratori familiari o subordinati (Eminente 1986). Tuttavia si può
parlare di struttura monofunzionale alludendo all’impresa il cui
proprietario non ha ancora sentito la necessità di ripartire i compiti
sulla base della competenza funzionale, avendo in prospettiva la
costituzione di una struttura articolata. La prima strategia
individuabile è quella dell’espansione dei volumi che determina
l’esigenza di funzioni amministrative. La seconda strategia connessa
all’espansione geografica determina la ripartizione della medesima
funzione in più unità dislocate in zone geografiche diverse.
Una terza fase in cui sono coinvolte imprese anche molto diverse,
comporta una strategia di integrazione verticale secondo cui la
medesima impresa, pur rimanendo nel medesimo settore industriale,
12
estende i campi di attività collegando la produzione alla vendita in
proprio e, talvolta, alla proprietà di fonti di rifornimento delle materie
prime.
In seguito allo sviluppo dimensionale e con l’ampliamento delle
attività, normalmente il soggetto giuridico ed economico dell’impresa
- il capo azienda - si trova oberato da troppe responsabilità e decisioni,
che gli impediscono di seguire adeguatamente l’andamento delle
diverse operazioni. Per quanto voglia o possa delegare di volta in volta
alcune responsabilità, presto emerge la necessità di assegnare su base
continuativa un insieme di responsabilità ed autorità che si
configurano come una funzione. Proprio il processo di delega
sistematicamente perseguito per tutte le attività aziendali e mantenuto
nel tempo determina la formazione della struttura funzionale
(Eminente 1986). Questo tipo di struttura è caratterizzata da organi
direttivi specializzati secondo il criterio della tecnica, vale a dire
gruppi di processi della stessa specie denominati appunto funzioni. I
livelli successivi possono essere variamente organizzati, con ulteriori
suddivisioni per tecniche o per altri criteri quali quelli di prodotto o di
mercato. Il corretto funzionamento di queste strutture richiede
meccanismi di integrazione tra funzioni, 1 in quanto per loro natura
tendono a perseguire un’ottimizzazione interna che comporta il rischio
di perdita di vista dell’economicità globale.
Quando le imprese adottano strategie di ampliamento e
diversificazione che sconsigliano la trasformazione della struttura in
divisionale per la necessità di sfruttare al massimo le economie di
scala, i meccanismi tradizionali di coordinamento non sono più
1
Gli strumenti utilizzabili sono: impersonali (regole e procedure), personali (ricorso a livelli
gerarchici superiori per risolvere problemi legati all’insorgere d’eccezioni), gruppi temporanei o
permanenti.
13
sufficienti. In questo caso si può ricorrere a schemi riadattati della
struttura funzionale, creando organi di coordinamento che si
affiancano alla struttura funzionale. Quando questi organi sono
permanenti e non dotati di autorità gerarchica si parla di strutture con
“product/process manager”, quando sono temporanei e dotati di
autorità gerarchica si parla di struttura “per progetto”, quando sono
permanenti e dotati di autorità gerarchica di parla di struttura “a
matrice” (Perrone 1990).
Infine l’ultima fase di sviluppo è quella connessa alla strategia di
diversificazione del prodotto. In questo caso, le imprese agiscono in
settori disparati scelti per investire le proprie risorse nel modo più
opportuno e rimuoverle da settori in declino. In questo caso,
l’aumento della complessità legata all’aumento dei prodotti e
all’ampliamento dei mercati, rende insufficienti gli adattamenti della
struttura funzionale. Tali difficoltà potrebbero essere superate con
l’implentazione di un assetto divisionale.
L’ipotesi esplicativa fondamentale è che i cambiamenti di struttura
vengono dopo i cambiamenti di strategia perché i cambiamenti
ambientali sollecitano le direzioni a modificare innanzitutto la
strategia. I mutamenti di struttura avvengono in un secondo tempo,
magari anche con un certo ritardo rispetto ai cambiamenti strategici. Il
ritardo po’ essere giustificato dal fatto che le “esigenze
amministrative” suscitate dalla nuova strategia non sono tali da
richiedere un cambiamento strutturale, oppure può dipendere
dall’incapacità dei dirigenti di rendersi conto di tali esigenze, ma in
molti casi l’abbassamento dei livelli di efficienza economica è
inevitabile (Chandler 1976).
14
Tuttavia questa conclusione è stata oggetto di un dibattito da non
trascurare teso a chiarire il concetto di dipendenza. Si può infatti
rilevare che non sempre la struttura costituisce uno strumento di
attuazione delle strategie in alcuni casi rappresenta un vincolo
condizionante che non dimostra alcuna flessibilità di adeguamento.
Questo comporterebbe il paradosso per cui la struttura da variabile
dipendente si trasforma in vincolo all’attuazione della strategia.
1.3 I livelli della struttura divisionale
La struttura divisionale si articola su più livelli gerarchici prevedendo
normalmente i seguenti ruoli: la direzione centrale, gli staff della
direzione centrale, le direzioni generali di divisione, le direzioni
funzionali di divisione, le linee operative di divisione (Figura n. 1).
La direzione centrale svolge compiti di coordinamento e valutazione
dell’operato delle divisioni, di acquisizione di risorse finanziarie a
livello d’impresa e di allocazione delle stesse tra le divisioni. Prende
decisioni di tipo strategico, quali ad esempio l’entrata in nuovi settori
o la costruzione di nuovi impianti. Il suo ambiente di riferimento è
l’insieme dei settori in cui opera l’impresa, il che spesso implica anche
una dimensione internazionale.
Gli organi di staff hanno il compito di assistere la direzione centrale
nelle scelte strategiche ed in quelle funzioni, appena enunciate,
accentrate perché ritenute critiche. Svolgono anche il compito di
assistere le divisioni. Queste possono accedere ai loro servizi previa
imputazione dei costi relativi, il che consente alle divisioni di
giudicare l’opportunità di rivolgersi per analoghi compiti all’esterno
15
dell’azienda ad agenzie specializzate. Ciò dovrebbe spingere gli staff
centrali ad essere competitivi e non abusare di un preteso ruolo
privilegiato perché vicino alla centrale divisionale. Alcuni compiti di
programmazione, sono svolti dagli staff centrali addetti, i quali
possono intervenire ad orientare la direzione centrale nel
fondamentale compito di allocare le risorse per investimenti alle
diverse divisioni.
Figura n. 1 Struttura multidivisionale per prodotto
Fonte: Pellicelli, 1978 “Le strutture organizzative”
Le direzioni generali di divisione sono, responsabili del governo
complessivo di ciascuna divisione affidata. Di solito hanno alle
proprie dipendenze una struttura funzionale, focalizzate su un gruppo
omogeneo di prodotti/mercati. Tuttavia questo dipende dalla natura
della divisione (si potrebbe dire: dal “profilo strategico”) e dal settore
industriale in cui agisce. Il direttore di divisone per il grado di
Alta direzione
Personale Finanza Marketing R&D
Prodotto CProdotto BProdotto A
Prod. Pers. Cont. Vend. Prod. Pers. Cont. Vend. Prod. Pers. Cont. Vend.
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autonomia di cui gode, deve essere assimilato ad un vero e proprio
capo-azienda, responsabile in tutto e per tutto dei risultati globali della
divisione. La direzione centrale si limita alla verifica del
raggiungimento degli obiettivi stabiliti e se sono stati superati gli
ambiti di competenza. Il direttore generale di divisone ha il compito di
contribuire al processo strategico complessivo dell’impresa
formulando proposte di innovazioni e investimenti e indicando i
risultati previsti per la propria divisione, consapevole che su questi
risultati sarà giudicato. I punti di contatto più salienti tra direttore di
divisione e direzione centrale riguardano, quindi, i programmi di
divisione e i risultati consuntivi. Invece, non dovrebbero esserci
comunicazioni e richieste di interventi decisionali relativi alla gestione
corrente.
I direttori di funzione divisionali, sono alle dirette dipendenze del
direttore di divisione ed il loro numero dipende dalla struttura della
divisione. Non tutte le divisioni sono articolate nelle funzioni
classiche di una impresa perché, talvolta, gli staff centrali possono
provvedere a fornire servizi di supplenza alla funzione mancante. Gli
staff accentrati e non da lui dipendenti possono, in alcuni casi, agire
come servizi esterni a costi minori rispetto ad una funzione
divisionale. Altre volte possono costituire una riduzione dell’ambito di
discrezionalità del direttore di funzione, ossia un vincolo alle sue
scelte che tuttavia, rimangono autonome e valutabili in base ai
risultati. Le direzioni di funzione divisionale riguardano
prevalentemente gli aspetti produttivi, commerciali e amministrativi.
Quasi sempre esistono enti di collegamento tra divisione e centro sulle
funzioni accentrate, uffici che nei casi specifici, non assumono
dimensioni e dignità di direzione. Anche tra i direttori di funzione
17
divisionali si possono verificare quei problemi di integrazione, tuttavia
il campo dialettico è limitato ai problemi di una singola divisione, vale
a dire per gruppi omogenei di prodotti/mercati. Si tratta di situazioni
che possono essere gestite con minore difficoltà di quanto non
avvenga in una grande azienda a struttura funzionale che gestisca la
sommatoria dei prodotti trattati dalle singole divisioni.
Le linee operative, dipendono dalle direzioni funzionali e svolgono
attività produttiva, di marketing, amministrativa ecc.
Infine bisogna citare anche il caso di un sesto livello che riguarda
però, soltanto le imprese di grandissima dimensione, sempre
divisionalizzate: i gruppi di divisioni o capisettori divisionali. Il
gruppo di divisioni si pone ad un livello intermedio tra la direzione
centrale e le direzioni generali di divisione. Il suo scopo è quello di
attenuare i rischi di eccessivo decentramento e, quindi, di isolamento
delle divisioni quando queste raggiungono un numero tale da rendere
complessi i rapporti con la direzione centrale.
1.4 Le modalità di progettazione organizzativa
Le modalità di progettazione organizzativa della forma
Multidivisionale dipendono principalmente dal livello di
decentramento organizzativo, dal grado di autonomia e di
responsabilità economica delle unità divisionali e dalle scelte
strategiche di integrazione verticale e diversificazione.
18
1.4.1 Il decentramento organizzativo e la divisionalizzazione
La divisionalizzazione è un processo di decentramento di una
responsabilità di risultato economico e dell’autorità su tutte le leve
manovrabili per il conseguimento di tale risultato, mentre il processo
di decentramento fa riferimento al processo di delega decisionale e al
modo di operare concreto delle organizzazioni. Proprio nella delega di
responsabilità di risultato economico e nella costituzione di centri di
profitto corrispondenti alle singole divisioni, si osserva la peculiarità
del decentramento attuato tramite l’adozione della struttura
divisionale.
Questa ultima precisazione è importante per enfatizzare che
decentralizzare e divisionalizzare non sono concetti equivalenti e
questo vale proprio per la distribuzione delle decisioni e quindi del
grado di delega ai diversi livelli della struttura. Il processo di
divisionalizzazione si concretizza tramite l’individuazione di singole
combinazioni economiche particolari o aree di risultato (Amigoni
1979), in relazione alle quali è possibile disegnare specifiche aree di
responsabilità, per le quali sia agevole la misurazione del risultato
economico particolare.2
Il grado di decentramento organizzativo è funzione del tipo e del
livello di delega che si vuole attuare, in termini di comportamenti o di
risultati attesi. La delega può limitarsi a compiti semplici, oppure può
comprendere parametri decisionali relativi ad un certo ambito di
problemi collegati. Il grado di decentramento può esprimersi
attraverso la delega su obiettivi, tramite l’attribuzione di responsabilità
2
Da questo esposto dovrebbe essere chiaro che una struttura divisionale in cui i livelli di delega
non sono ampi può presentare un livello di decentramento decisionale minore di una struttura
funzionale che abbia aree di responsabilità e di risultato con delega decisionale più ampia.
19
specifiche riguardo ad un prodotto, una linea di prodotti o un’area
strategica d’affari. Questo attiene quindi al modo in cui gli organi
gerarchici superiori intervengono nelle decisioni e nelle scelte degli
organi inferiori (Rugiadini 1979), e il livello di delega si riferisce
all’assegnazione di gradi di discrezionalità ai livelli inferiori.
Le operazioni di decentramento dell’attività di governo delle imprese
presenti in diversi mercati con più prodotti attraverso la costituzione di
unità organizzative divisionali per prodotto o mercato, sono tra le
soluzioni più valide per gestire in modo efficace ed efficiente le
singole linee di prodotto o i particolari mercati, esaltando la possibilità
di cogliere le opportunità derivanti dalla diversificazione.
La consapevolezza del risultato economico e la valutazione delle
prestazioni in base alle capacità di gestione del business hanno un
impatto motivazionale importante (Locke 1968), anche in relazione al
fatto che la complessità gestionale di una divisione può essere
paragonabile a quella di un’impresa indipendente. Occorre infine
ricordare, che il livello di informazioni sui prodotti, sulle aree, sulle
unità, sui mercati e sulle prestazioni manageriali, risultano maggiori e
qualitativamente più rilevanti, rispetto a quelli ottenibili con una
struttura funzionale.
1.4.2 Autonomia e responsabilità di risultato economico
Le caratteristiche di base dell’autonomia decisionale concessa ad ogni
unità divisionale si determinano analizzando le relazioni verticali tra
alta direzione e divis ioni e le relazioni orizzontali tra divisioni.
Le relazioni verticali riguardano l’autonomia verticale, ossia
l’estensione della delega di autorità e di discrezionalità decisionale che
20
l’alta direzioni attribuisce alle divisioni. Il grado di autonomia
orizzontale riguarda invece il grado di discrezionalità attribuito alle
singole unità divisionali in merito alle modalità di governo delle
interdipendenze tra divisioni medesime e in particolare in merito alle
scelte che portano ad attivare relazioni di cooperazione o di
competizione. Il grado di autonomia orizzontale e verticale e cioè di
indipendenza divisionale è massimo nella forma Multidivisonale pura
(Williamson 1975), e cioé quando le divisioni:
� non competono tra di loro per l’acquisizione delle risorse;
� non competono negli stessi mercati di approvvigionamento e di
sbocco;
� non attivano trasferimenti intraziendali di prodotti intermedi per
l’approvvigionamento e lo sbocco delle proprie produzioni;
� possono massimizzare i propri obiettivi e quelli aziendali senza
avere influenza degli obiettivi delle altre divisioni.
Questo però è un “ideal tipo” di forma multidivisionale, utilizzabile
come riferimento concettuale. Nel concreto le divisioni sono sempre
legate da relazioni di interdipendenza che fanno della struttura
multidivisionale qualcosa di più della semplice somma di un certo
numero di divisioni. Da un lato, l’esistenza di interdipendenze e di
connessioni interdivisionali limita l’autonomia orizzontale. Dall’altro
lato, queste interdipendenze devono essere governate attraverso
meccanismi di parziale accentramento decisionale che limitano
l’autonomia verticale.
Questo delicato equilibrio fra accentramento e decentramento è
l’essenza della progettazione della struttura organizzativa
multidivisonale. L’equilibrio tra le esigenze di controllo centrale ed il
fabbisogno di autonomia divisionale sono alla base del disegno dei