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CORPORATE GOVERNANCE E MODELLO DUALISTICO
NELLE SOCIETA’ PER AZIONI BANCARIE
PREMESSA
Dato il fatto che esistono una serie di strutture e meccanismi che,
combinati insieme, riescono in molti casi a stimolare ed incentivare l’esercizio del
governo societario in modo più efficiente, il sistema con il quale le imprese sono
dirette e controllate costituisce un pilastro su cui fondare il processo di creazione
di valore per l’impresa. In quest’ottica l’insieme delle regole applicabili alla
direzione e al controllo di una società hanno lo scopo di contribuire a mantenere
e sviluppare la fiducia collettiva.
Quindi vedremo che, con l’entrata in vigore della riforma del diritto
societario, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento due nuovi sistemi
di amministrazione e controllo ‐ per le società per azioni ‐ alternativi rispetto al
sistema tradizionale. Si tratta del sistema monistico e del sistema dualistico. Con
riferimento a quest’ultimo, il dualismo della governance e il minore grado di
indipendenza richiesto per i consiglieri di sorveglianza rende tale modello di
amministrazione e controllo particolarmente adatto alle società a compagine
familiare che tentano di affrontare in modo non traumatico il passaggio
generazionale, ma anche alle società a capitale diffuso, ai gruppi ed alle
operazioni di integrazione fra imprese. In questo lavoro tuttavia analizzeremo
l’impatto della riforma varata nel 2003 sulle banche, ed in particolare su quelle
banche costituite come imprese in forma azionaria che adottano una struttura
organizzativa di tipo dualistico.
L’adozione da parte di tutte le società, indipendentemente dal loro settore
di appartenenza, di uno statuto sociale basato sul sistema di amministrazione
dualistico, così come per il modello tradizionale, presuppone la coesistenza di un
organo di gestione e di un organo che lo vigila. A quest’ultimo però, a differenza
di quanto previsto per il sistema ordinario, sono attribuiti sia poteri che
tradizionalmente competono all’assemblea, sia competenze che nel sistema
tradizionale sono attribuite al collegio sindacale, sia eventuali poteri di
supervisione strategica. Anticipando un po’ quanto detto più avanti, la
peculiarità del sistema si rinviene essenzialmente nella configurazione del
consiglio di sorveglianza, che si frappone fra la proprietà e la gestione della
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PREMESSA
società. L’assemblea è, quindi, indotta a fare un passo indietro rispetto al suo
ruolo tradizionale lasciando spazio ad un organo di professionisti incaricati
dell’amministrazione. Quali possono essere i vantaggi riscontrabili nella società
bancaria di questo allontanamento dalla gestione dei soci sarà uno degli aspetti
che andremo ad analizzare.
Con queste premesse, nel lavoro si è proceduto, dunque, con l’esposizione
delle caratteristiche assunte dagli organi sociali delle società che hanno adottato
il sistema dualistico, al fine di rilevare in conclusione se, con particolare
riferimento al settore creditizio, il modello possa garantire una governance più
efficace rispetto a quanto offerto dal sistema tradizionale.
L’osservazione degli elementi distintivi propri dell’assemblea delle banche
introduce la seconda parte del presente lavoro. Quindi sono analizzate le
funzioni distintive del modello che contrappone il potere gestorio al potere di
controllo, ovvero le funzioni di gestione, di controllo e di supervisione strategica.
La terza parte del lavoro, infine, è dedicata alle considerazioni sugli aspetti
critici del modello nelle banche italiane alla luce dell’esperienza finora maturata.
A soli cinque anni dall’introduzione del sistema dualistico nell’ordinamento
italiano, i tempi non si possono considerare ancora maturi per poter effettuare
un’analisi completa dei pro e dei contro derivanti dall’applicazione del modello,
tuttavia alcune criticità sono già emerse.
Prendendo spunto dal caso Mediobanca ‐ che ad appena un anno
dall’introduzione del modello dualistico nella sua governance ha deciso di
tornare al sistema tradizionale ‐ si tenta, dunque, di trarre un primo bilancio dei
risultati ottenuti dall’introduzione del modello nelle governance degli istituti di
credito del nostro Paese, al fine di comprendere, con riferimento al caso
specifico, cosa non abbia funzionato nel modello dualistico di Mediobanca e
riscontrando fino a che punto si possano trarre conclusioni sul piano generale.
Come vedremo, infatti, il sistema ha determinato più di una perplessità. In primo
luogo, per la possibile confusione di compiti fra consiglio di sorveglianza e
consiglio di gestione, tanto che il Governatore di Banca d’Italia è intervenuto
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PREMESSA
chiedendo al sistema bancario una maggiore distinzione dei ruoli di gestione e
controllo.
«Altri aspetti rilevanti dell’organizzazione e del governo societario, quali i
controlli sugli assetti proprietari e sulle modificazioni statutarie, il sistema dei
controlli interni, la gestione dei rischi, i requisiti degli esponenti aziendali, i
conflitti di interesse» hanno indotto Banca d’Italia ad indicare, con riferimento
alle banche, le caratteristiche essenziali che il governo societario deve presentare
nel rispetto della sana e prudente gestione. Tali principi erompono in risposta
alle criticità emerse dall’applicazione del modello, criticità riscontrate anche
nell’analisi del caso Mediobanca. E a questo proposito va riscontrato che a carico
di tali principi, a parere dei più, sono da attribuire le ragioni determinanti del
cambio di rotta del gruppo in tema di governance, essi riguardano: «la chiara
distinzione dei ruoli e delle responsabilità, l’appropriato bilanciamento dei poteri,
l’equilibrata composizione degli organi, l’efficacia dei controlli, il presidio di tutti i
rischi aziendali, l’adeguatezza dei flussi informativi.»
LA CORPORATE GOVERNANCE PARTE PRIMA
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LA CORPORATE GOVERNANCE
INTRODUZIONE
La riforma del diritto societario ha comportato l'integrale revisione delle
norme inerenti la governance delle società per azioni, riconoscendo la massima
autonomia alle disposizioni statutarie, pur nel rispetto della tutela spettante a
tutti coloro, che a vario titolo, sono interessati al perdurare dell’azienda e
contribuiscono al suo sviluppo. Da tempo le norme in materia di organizzazione e
controllo delle società sono oggetto di dibattito nei paesi industrializzati. Tale
dibattito si è intensificato in occasione delle crisi aziendali che si sono succedute
negli ultimi anni con preoccupante frequenza, mettendo in luce alcuni elementi
di debolezza del funzionamento delle imprese e del loro rapporto con i soggetti
esterni, in primo luogo con gli investitori del mercato finanziario.
Vale subito evidenziare come l'informativa societaria offerta al mercato si
sia rivelata insufficiente ed inadeguata; in tal senso i meccanismi di controllo
interni ed esterni alle società si sono rivelati inefficaci. Le crisi in questione sono
troppo numerose e hanno coinvolto paesi troppo diversi per non essere
considerati veri e propri fallimenti di mercato. Il susseguirsi di questi casi di
dissesto finanziario di grandi società quotate ha evidenziato inesorabilmente
l'inadeguatezza di molte discipline nazionali facendo scaturire istanze di riforme
del diritto societario. Da qui quindi la riapertura in tutti i paesi del dibattito sul
tema generale del corporate governance.
La discussione, caratterizzata dalle particolarità di ciascun paese, ha ad
oggetto il sistema di direzione e controllo delle società e pertanto investe la
natura, la struttura e la composizione degli organi di gestione, l'esercizio del
controllo interno ed esterno, la responsabilità dei dirigenti e il ruolo di tutti
coloro che hanno rapporti con la società, azionisti, dipendenti e creditori. E'
ovvio che il dibattito è influenzato dalle esperienze soggettive di ogni Stato e
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dall'evoluzione e mutazioni del mercato al cui interno operano le società. E'
altresì evidente che le imprese italiane debbano essere ben consapevoli, essendo
in una concorrenza ormai globale, che quando si rivolgeranno con maggiore
insistenza al mercato finanziario internazionale, esse si rivolgeranno ad
investitori che richiedono precisi standard di trasparenza di informazione, in
generale, di corporate governance. Un inefficace sistema d'informazione al
mercato e di corporate governance può, quindi, pregiudicare lo sviluppo del
nostro mercato azionario, perché mina la fiducia degli investitori, soprattutto
esteri.
Ecco perché bisogna parlare di corporate governance. Perché se le nostre
prassi operative e i nostri meccanismi non dovessero evolvere nella direzione
giusta, le imprese italiane rischierebbero una sorta di progressivo declino dovuto
ad asfissia da insufficienza di capitali.
Il dibattito sulla corporate governance trae spunto, quindi, dalla
consapevolezza dell’esistenza di una stretta relazione fra i mercati ed i soggetti
che in essi operano. La crescente attenzione alla complessità del funzionamento
delle imprese e le recenti crisi finanziarie hanno fatto emergere fortemente la
portata degli effetti dell’inefficienza nella gestione delle società commerciali ma
anche delle società bancarie.
In particolare per le banche è sempre più importante che l’assetto di
governo societario sia ben strutturato ed efficiente per lo svolgimento delle
funzioni caratteristiche e distintive dell’attività bancaria stessa, per l’efficienza
dei suoi processi e per la sua stessa continuità e stabilità, oltre che per il
soddisfacimento degli interessi dei suoi stakeholders.
Nel primo capitolo, quindi, si tenterà di formulare una definizione univoca
del termine corporate governance, attraverso la spiegazione delle due accezioni
con cui il sistema di corporate governance può essere inteso:
• nell'accezione allargata, esso è comprensivo di tutto ciò che ha a che
fare con i meccanismi di allocazione del potere nelle aziende e quindi
con tutto ciò che è, o dovrebbe essere, rivolto ad assicurare che il
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potere venga attribuito a chi è capace di esercitarlo in modo
appropriato;
• nell'accezione ristretta, si fa riferimento all'assetto proprietario, alla
struttura, alle modalità di funzionamento del consiglio di
amministrazione e dei rapporti fra i livelli della proprietà, del consiglio
di amministrazione e della struttura manageriale.
In relazione agli interessi coinvolti nell’attività aziendale, fra tutte le
categorie di soggetti che hanno il legittimo interesse al “buon governo”
dell’impresa, è dal portatore dei diritti proprietari, che ha inizio la presente
discussione sul tema della governance.
L’azionista, infatti, non sempre può esercitare in maniera diretta il suo
potere di governo, ma deve trasferire i suoi poteri mediante delega agli organi
societari e agli organi esecutivi. In conseguenza, alla proprietà non resta che
esercitare un unico potere non delegabile, quello del controllo, funzione che
risulta tanto più complessa, quanto maggiore è il frazionamento della struttura
proprietaria e l’asimmetria informativa. Nel secondo capitolo, che tratta del
problema della separazione tra proprietà e controllo, sarà appunto approfondito
il tema della inefficienza gestionale conseguente alla delega e nel terzo capitolo
verrà analizzata l’agency‐theory e l’incompletezza dei contratti.
La discussione prosegue con la considerazione che vi sono altri
stakeholders, la cui partecipazione è diversa da quella dell’azionista, che
subiscono comunque una lesione dei propri interessi nell’eventualità di una
cattiva gestione. Essi, tuttavia, non essendo titolari di diritti proprietari, non
hanno poteri di governo, ma solo poteri di controllo, naturalmente questo
controllo ha origini ben diverse da quello esercitato dall’azionista, ma pur
sempre giustificato dalla tutela degli interessi in gioco. Coloro a cui è stato
affidato il compito di gestire le società assumono dei doveri non solo nei
confronti della proprietà ma anche nei riguardi di tutti gli altri attori, che in vario
modo e in misura diversa sono interessati all’attività dell’impresa. Essi sono i
dipendenti dell’azienda, i suoi clienti, i fornitori di beni e servizi e la comunità di
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riferimento in cui opera la società. Un modello di governo societario efficiente
dovrebbe riuscire a realizzare il bilanciamento tra l’esercizio dei diversi poteri.
Per comprendere l’implicazione di tale assunto, nel quarto capitolo, sono vagliati
gli approcci dello shareholder‐value e stakeholder‐value.
Quindi nel quinto capitolo è fatto riferimento alle cosiddette global
corporate governance rules il cui obiettivo è relativo alla creazione di valore per i
diversi portatori di interesse di cui si è già accennato.
Esaminate le valutazioni precedenti, nel sesto capitolo, si trovano le
considerazioni sulla corporate governance nelle imprese; qui l’attenzione è
rivolta in particolare ad individuare le caratteristiche che la distinguono nelle
società bancarie. Le peculiarità che connotano la struttura finanziaria delle
banche definiscono l’essenza stessa di questa istituzione, che si differenzia dalla
generalità delle imprese in ragione della specificità delle funzioni che svolge
come strumento di trasmissione della politica monetaria e del ruolo attivo di
disciplina del sistema industriale che le compete. La specialità dell’impresa
bancaria si sostanzia in una serie di vincoli e principi regolamentari di natura
strutturale, prudenziale e protettiva (come la regolamentazione dell’entrata nel
settore, dei processi di concentrazione che coinvolgono le banche e dell’assetto
di controllo e direzione delle stesse; l’imposizione di requisiti patrimoniali;
l’esistenza di una safety net e la funzione di prestatore di ultima istanza svolta
dalle banche centrali) che comprimono l’operatività dell’intermediario finanziario
negli schemi rigidi imposti dalle autorità di vigilanza in qualità di stakeholder
della banca.
Nel presente lavoro vedremo quali implicazioni comportano queste
considerazioni nell’ambito dell’azione di vigilanza.
Infine, nel sesto capitolo, è presentata la riforma del nuovo diritto
societario, una delle tappe più importanti nella regolamentazione normativa del
sistema sociale, attraverso la quale il legislatore ha introdotto il sistema di
amministrazione e controllo, oggetto del presente trattato: il modello dualistico.
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I. La corporate governance: definizione
Con la denominazione Corporate Governance non si intende letteralmente
definire il “governo d’impresa”, ma si vuol ricomprendere oltre la mera attività
governativa del consiglio di amministrazione, anche l’attività di gestione svolta
dal management e il controllo svolto dal collegio sindacale.
Sinteticamente, dunque, per corporate governance si intende il governo
1
,
la gestione
2
ed il controllo
3
di un’impresa.
La definizione però non può essere univoca, del resto il tema affronta
argomenti fondamentali del governo delle imprese quali “Chi deve assumere il
comando nelle imprese?”, “Quali devono essere le forme di controllo?” e ancora
“Secondo quali principi si governa?”. Per rispondere a queste domande esistono
dunque più contributi in letteratura che portano a identificare almeno quattro
diverse enunciazioni.
La definizione “gestionale” attribuisce alla corporate governance il
significato di gestione e controllo delle imprese con riguardo alla rappresentanza
dei molteplici portatori di interessi che hanno, o possono avere, rapporti con
l’impresa.
La definizione “manageriale” identifica la corporate governance come il
sistema in base al quale le imprese sono dirette e controllate, focalizzando
l’attenzione sul consiglio di amministrazione e gli altri organi sociali.
1
Il termine governo, deriva dal latino gubernare, a sua volta derivato dal greco kybernán, ha il
significato di “reggere il timone". E’ utilizzato nel linguaggio giuridico con vari significati. In questo
contesto con il termine governo, si fa riferimento all’insieme dei soggetti che in un’impresa sono
posti al vertice del potere esecutivo.
2
Sebbene in economia aziendale il termine gestione abbia un significato proprio ben definito,
esso è spesso utilizzato, specie nel linguaggio corrente, con significati più ampi, che tendono a
sovrapporsi. In un'azienda la gestione è, in senso proprio, l'insieme delle azioni che l'azienda
stessa pone in essere per perseguire i suoi obiettivi e compiere scelte riguardanti le relazioni tra i
suoi elementi costitutivi. Gestione, in questo senso, non è, dunque, sinonimo di management
anche se, nel linguaggio corrente, i due concetti tendono a sovrapporsi; d'altra parte, è indubbio
che il management costituisce uno degli aspetti più rilevanti della gestione.
3
Ai fini della tesi in oggetto, il termine controllo è suscettibile di assumere due principali
connotazioni semantiche: la prima interpretazione attribuisce al termine il significato di
ispezione, verifica, riscontro, monitoraggio; la seconda interpretazione (di derivazione
anglosassone) ci permette, invece, di utilizzare il termine come sinonimo di guida, governo,
direzione (dell’azienda).
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In base alla definizione “istituzionale” la corporate governance è l’insieme
di regole e di istituzioni rivolte alle imprese da un lato e al mercato finanziario
dall’altro.
Infine la definizione “finanziaria” fa riferimento a coloro che possiedono
diritti sull’impresa e al loro rendimento atteso. Alcuni fanno riferimento ai
finanziatori e in questo caso la corporate governance rinvia alle modalità con cui
essi si assicurano di ottenere un rendimento dal loro investimento; altri fanno
riferimento alla posizione degli azionisti e alle varie modalità con cui possono
indurre il management ad adottare strategie di massimizzazione del valore
4
.
Per riassumere, si può affermare che la corporate governance identifichi
l’insieme degli strumenti, delle norme e degli assetti organizzativi che regolano la
gestione dell’impresa nella sua totalità, stabiliti internamente o esternamente
alla società stessa con l’obiettivo di tutelare gli interessi dei soggetti
direttamente o indirettamente coinvolti con le vicende dell’impresa e conciliare
quelli che possono essere in conflitto fra loro.
Un buon governo societario non può prescindere da uno di questi aspetti,
che vanno considerati nel loro complesso ed impiegati congiuntamente
nell’organizzazione. Non si può fare attenzione solo all’aspetto normativo e
tralasciare l’aspetto organizzativo, ovvero auspicare che esistano strumenti che
da soli garantiscono il buon funzionamento dell’impresa.
Una buona disciplina di governance è indispensabile all’organizzazione
perché questa sia in grado di favorire la creazione di valore sostenibile e
conservare la fiducia degli investitori oltre ad assicurare la crescita economica
5
.
Ne consegue che una corretta applicazione di tali regole è fondamentale nel
determinare il raggiungimento degli obiettivi aziendali, il rispetto degli impegni
assunti dal management nei confronti di tutti i portatori di interesse della società
e il controllo delle performance.
4
Cfr. G. FORESTIERI ‐ M. ONADO, Governo societario e imprese bancarie, Banca Impresa Società
n. 1, Il Mulino, 1998, pp. 31‐56
5
Cfr. A. M. TARANTOLA, Il sistema dei controlli interni nella governance bancaria, Convegno
Dexia Crediop, Roma, 2008, p. 2