Nell'aprile 1956 Spaak presenta due progetti, corrispondenti alle due opzioni
considerate dagli Stati:
1. la creazione di un mercato comune generalizzato;
2. la creazione di una comunità dell'energia atomica.
Il 27 marzo 1957 vengono firmati a Roma i trattati istitutivi dell’Unione Europea: il
trattato CEE e il trattato CEEA. Il primo istituisce la Comunità Economica Europea
(CEE), riunisce Francia, Germania, Italia e paesi del Benelux (Belgio, Lusemburgo,
Paesi Bassi) in una Comunità avente per scopo l'integrazione tramite gli scambi in vista
dell'espansione economica. Il secondo istituisce invece la Comunità europea
dell'energia atomica , meglio conosciuta come Euratom. Le ratifiche da parte degli
ordinamenti nazionali non pongono problemi e il 1º gennaio 1958 i due trattati entrano
in vigore. I trattati di Roma, secondo l’articolo 240 del trattato CEE (attuale 312
dell’attuale trattato CE) e l’articolo 208 del trattato CEEA, sono stati stipulati “per una
durata illimitata”. Al contrario, il trattato CECA che in seguito vedremo, ha una durata
di 50 anni (articolo 97).
Dopo il fallimento della CED, il settore economico, meno soggetto alle resistenze
nazionali rispetto ad altri settori, diventa il campo consensuale della cooperazione
sovranazionale. Con l'istituzione della CEE e la creazione del mercato comune si
vogliono raggiungere due obiettivi:
Il primo consiste nella trasformazione delle condizioni economiche degli scambi e della
produzione nella Comunità.
Il secondo, più politico, vede nella CEE un contributo alla costruzione funzionale
dell'Europa politica e un passo verso un'unificazione più ampia dell'Europa.
Nel preambolo, i firmatari del trattato dichiarano di:
- essere determinati a porre le fondamenta di un'unione sempre più stretta fra i popoli
europei;
- essere decisi ad assicurare mediante un'azione comune il progresso economico e
sociale dei loro paesi, eliminando le barriere che dividono l'Europa;
- avere per scopo essenziale il miglioramento costante delle condizioni di vita e di
occupazione dei loro popoli;
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- riconoscere che l'eliminazione degli ostacoli esistenti impone un'azione concertata
intesa a garantire la stabilità nell'espansione, l'equilibrio negli scambi e la lealtà nella
concorrenza;
- essere solleciti di rafforzare l'unità delle loro economie e di assicurarne lo sviluppo
armonioso riducendo le disparità fra le differenti regioni e il ritardo di quelle meno
favorite;
- essere desiderosi di contribuire, grazie a una politica commerciale comune, alla
soppressione progressiva delle restrizioni agli scambi internazionali;
- voler confermare la solidarietà che lega l'Europa ai paesi d'oltremare e assicurare lo
sviluppo della loro prosperità conformemente ai principi dello statuto delle Nazioni
Unite;
- essere risoluti a rafforzare le difese della pace e della libertà e a fare appello agli altri
popoli d'Europa, animati dallo stesso ideale, perché si associno al loro sforzo.
Il trattato CEE prevede così la creazione di un mercato comune, di un'unione doganale
e di politiche comuni. Gli articoli 2 e 3 affrontano direttamente questi tre temi. Essi
precisano che la missione principale della Comunità consiste nella creazione di un
mercato comune e specificano quali azioni la Comunità dovrà avviare per adempiere il
suo mandato.
L'articolo 2 precisa che: "La Comunità ha il compito di promuovere, mediante
l'instaurazione di un mercato comune e il graduale ravvicinamento delle politiche
economiche degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche
nell'insieme della Comunità, un'espansione continua ed equilibrata, una stabilità
accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più strette
relazioni fra gli Stati che ad essa partecipano".
La creazione del mercato comune si basa su quattro fondamentali libertà:
1. libera circolazione delle persone,
2. libera prestazione dei servizi e libertà di stabilimento,
3. libera circolazione delle merci,
4. libera circolazione dei capitali.
Dopo aver illustrato i principi cardine del trattato CEE, prenderò in considerazione due
di queste libertà (libera prestazione dei servizi e libertà di stabilimento), esaminando al
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dettaglio gli aspetti più rilevanti. Queste libertà sono considerate di primaria importanza
dal Trattato di Roma in quanto presupposto necessario e indispensabile per il
raggiungimento di un mercato di libera concorrenza. Un mercato dove i soggetti
economici possono competere tra loro in modo non falsato.
Tale mercato crea uno spazio economico unificato che permette la libera concorrenza
tra le imprese, e pone le basi per ravvicinare le condizioni di scambio dei prodotti e dei
servizi che non sono già coperti dagli altri trattati (CECA e Euratom).
L'articolo 8 del trattato CEE prevedeva che la realizzazione del mercato comune si
sarebbe dovuta compiere nel corso di un periodo transitorio di dodici anni, diviso in tre
tappe di quattro anni ciascuna.
Per ogni tappa è previsto un complesso di azioni che devono essere intraprese e
condotte insieme. Fatte salve le eccezioni o deroghe previste dal trattato, la fine del
periodo transitorio costituisce il termine per l'entrata in vigore di tutte le norme relative
all'instaurazione del mercato comune.
Poiché il mercato è fondato sul principio della libera concorrenza, il trattato vieta le
intese tra imprese e gli aiuti di Stato (salvo deroghe previste dal trattato) che possono
influire sugli scambi tra Stati membri e che hanno per oggetto o effetto di impedire,
limitare o falsare la concorrenza (art. 81, 82, 87, 88 Trattato CE, ex 85, 86, 92, 93
Trattato CEE).
Il Trattato mira al raggiungimento di una politica commerciale comune, l’articolo 131
(Trattato CE) prevede che con l’instaurazione dell’unione doganale “…gli Stati membri
intendono contribuire, secondo l'interesse comune, allo sviluppo armonico del
commercio mondiale, alla graduale soppressione delle restrizioni agli scambi
internazionali ed alla riduzione delle barriere doganali. La politica commerciale
comune tiene conto dell'incidenza favorevole che la soppressione dei dazi fra gli Stati
membri può esercitare sullo sviluppo delle capacità di concorrenza delle imprese di
tali Stati”.
Vengono così aboliti i dazi doganali tra gli Stati membri e qualsiasi altro onere
pecuniario imposto su una merce per il semplice fatto che superi la frontiera.
L’articolo 23 del Trattato CE stabilisce inoltre il divieto di restrizioni quantitative e il
divieto di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative, cioè il divieto di
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contingentamenti per le merci scambiate. Tale divieto si applica anche ai dazi doganali
di carattere fiscale (art. 25 Trattato CE).
Viene istituita una tariffa doganale esterna comune che si sostituisce alle precedenti
tariffe dei vari Stati, una sorta di frontiera esterna nei confronti dei prodotti degli Stati
terzi. L’articolo 26 del Trattato CE stabilisce che tali dazi “…sono stabiliti dal
Consiglio che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione”.
L'unione doganale è accompagnata da una politica commerciale comune, condotta a
livello comunitario e non più statale, che differenzia l'unione doganale da una semplice
associazione di libero scambio.
Lo scopo, è quindi, quello di realizzare un mercato comune, che si prefigura come
un’espansione dell’unione doganale, non solo attraverso l’eliminazione dei dazi tra i
paesi membri e l’instaurazione di un dazio comune verso i paesi “esterni”, ma anche
tramite l’eliminazione delle restrizioni tra i paesi membri per quanto concerne i
movimenti interni di fattori produttivi.
Durante il periodo transitorio gli effetti dello smantellamento doganale e della
soppressione delle restrizioni quantitative agli scambi sono stati molto positivi e hanno
consentito un notevole sviluppo del commercio intracomunitario e degli scambi tra
l’allora CEE e paesi terzi.
Oltre allo sviluppo di tali politiche viene creato il Fondo sociale europeo, diretto a
migliorare le possibilità di occupazione dei lavoratori e il loro tenore di vita, e istituita
una Banca europea per gli investimenti, destinata ad agevolare l'espansione economica
della Comunità attraverso la creazione di nuove risorse.
Per quanto riguarda la struttura, il trattato CEE è costituito da 240 articoli (312 il
Trattato CE) ed è suddiviso in sei parti distinte, precedute da un preambolo:
ξ la prima parte è dedicata ai principi che hanno ispirato la creazione della CEE
attraverso il mercato comune, l'unione doganale e le politiche comuni;
ξ la seconda parte riguarda i fondamenti della Comunità; essa comprende quattro
titoli, oltre alle norme relative alla cittadinanza dell’Unione Europea. Gli altri
titoli sono relativi rispettivamente alla libera circolazione delle merci,
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all'agricoltura, alla libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali, e
ai trasporti;
ξ la terza concerne le politiche della Comunità e comprende quattro titoli relativi
alle norme comuni, alla politica economica, alla politica sociale e alla Banca
europea per gli investimenti;
ξ la quarta è dedicata all'associazione dei paesi e territori d'oltremare;
ξ la quinta riguarda le istituzioni della Comunità e include un titolo sulle
disposizioni istituzionali e un altro sulle disposizioni finanziarie;
ξ l'ultima parte del trattato concerne le disposizioni generali e finali.
Le medesime parti sono state rispettate anche nel Trattato CE.
Il trattato comprende inoltre quattro allegati, relativi a talune posizioni tariffarie, ai
prodotti agricoli, alle transazioni invisibili e ai paesi e territori d'oltremare. Il Trattato
CE ne prevede solo due, relativi ai prodotti agricoli e ai paesi e territori d’oltremare.
Al trattato sono stati altresì acclusi dodici protocolli. Il primo concerne lo statuto della
Banca europea per gli investimenti, gli altri invece riguardano vari problemi legati
specificamente a un paese (Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) o a
un prodotto quale gli oli minerali, le banane e il caffè verde.
Prima di passare ad esaminare il core di questa ricerca è importante ricordare che negli
anni vi sono state numerose modifiche del trattato CEE. Numerosi sono i trattati che
hanno permesso questo, tra i quali i più importanti sono:
- Trattato di Bruxelles - 1965: questo trattato detto "trattato di fusione", sostituisce i tre
Consigli dei ministri (CEE, CECA ed Euratom), da un lato, e le due Commissioni
(CEE, Euratom) e l'Alta Autorità (CECA), dall'altro, con un Consiglio unico e una
Commissione unica. A questa fusione amministrativa si aggiunge la costituzione di un
bilancio di funzionamento unico.
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- Trattato di Maastricht - 1992: il trattato di Maastricht detto anche Trattato sull'Unione
europea riunisce nell'unica cornice dell'Unione europea le tre Comunità (Euratom,
CECA, CEE) e le cooperazioni politiche istituzionalizzate nei settori della politica
estera, della difesa, della polizia e della giustizia. Esso muta la denominazione di CEE
in CE. Istituisce inoltre l'unione economica e monetaria, introduce nuove politiche
comunitarie (istruzione, cultura) e amplia le competenze del Parlamento europeo
(procedura di codecisione).
- Trattato di Amsterdam - 1997: il trattato di Amsterdam amplia le competenze
dell'Unione: istituisce una politica comunitaria in materia di occupazione,
comunitarizza una parte delle materie che prima facevano parte della cooperazione nel
campo della giustizia e degli affari interni, adotta misure destinate ad avvicinare
l'Unione ai cittadini e rende possibile una cooperazione più stretta tra taluni Stati
membri (cooperazione rafforzata). Esso estende la procedura di codecisione e i casi di
voto a maggioranza qualificata, e semplifica e rinumera gli articoli dei trattati.
- Trattato di Nizza - 2001: il trattato di Nizza si occupa essenzialmente dei "vuoti"
lasciati dal trattato di Amsterdam, ossia dei problemi istituzionali legati
all'allargamento che non sono stati disciplinati nel 1997, quali la composizione della
Commissione, la ponderazione dei voti in sede di Consiglio e l'ampliamento dei casi di
voto a maggioranza qualificata. Esso semplifica il ricorso alla procedura di
cooperazione rafforzata e rende più efficace il sistema giurisdizionale.
- Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa - 2004 : la Costituzione abroga e
sostituisce con un testo unico tutti i trattati esistenti ad esclusione del trattato Euratom.
Essa consolida 50 anni di trattati europei. Il trattato costituzionale è stato firmato
nell'ottobre 2004 e dovrebbe entrare in vigore nei primi mesi del 2007.
In questa mia ricerca, come già anticipato esaminerò la libera prestazione dei servizi e
la libertà di stabilimento. Nella prima parte prenderò in considerazione alcune sentenze
“storiche” e di grande rilevanza, in tema di diritto comunitario relative a questi temi,
ovvero la sentenza Rayners e la sentenza van Bisbergen, relative al mutuo
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riconoscimento dei diplomi e alla libera prestazione dei servizi. L'idea di poter attuare
la libera circolazione dei servizi nell'UE risale già al Trattato di Roma del 1957, quando
per la prima volta i Paesi membri espressero il desiderio di realizzare un grande
mercato in cui avrebbero potuto circolare liberamente le persone, i beni, i capitali e i
servizi.
Così nella parte seconda, tratterò della direttiva sui servizi nel mercato interno o più
comunemente nota come direttiva “Bolkestein”, che ha come fine quello di
liberalizzare e ridurre le barriere commerciali fra Stati membri, principalmente
eliminando le regolamentazioni discriminatorie dell'industria dei servizi. Darò poi
spazio all’analisi delle modifiche e degli emendamenti apportati dal Parlamento e dal
Consiglio che hanno mutato la proposta originaria. L'obiettivo della direttiva è di
facilitare la circolazione di servizi all’interno dell’Unione Europea a fine di far crescere
competitività e dinamismo in Europa, assicurando al tempo stesso un “elevato livello di
qualità” dei servizi stessi. Questo, secondo vari economisti potrà far aumentare
l’occupazione e il PIL dell’Unione Europea.
Infine, alla luce di quanto visto proporrò, attraverso l’analisi SWOT, una valutazione
delle opportunità, delle minacce, dei punti di forza e i rispettivi punti di debolezza che a
mio giudizio caratterizzano tale direttiva.
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Capitolo Primo
Libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi
Per raggiungere l’ambizioso programma di integrazione socio-economica
previsto dall’articolo 2 del Trattato CE (“La Comunità ha il compito di promuovere
nell'insieme della Comunità, mediante l'instaurazione di un mercato comune, di
un'unione economica e monetaria e mediante l'attuazione delle politiche e delle azioni
comuni di cui agli articoli 3 e 4, uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle
attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, la parità
tra uomini e donne, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un alto grado di
competitività e di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione
dell'ambiente ed il miglioramento della qualità di quest' ultimo, il miglioramento del
tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra
Stati membri” ) l’azione della Comunità prevede di realizzare un mercato interno,
caratterizzato dell’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, dei
servizi, delle persone e dei capitali fra gli Stati membri. L’articolo 14 del Trattato CE
ribadisce che per “mercato interno” si intende uno “…spazio interno senza frontiere nel
quale è assicurata la libera circolazione di merci, servizi, capitali, persone, secondo le
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disposizioni del Trattato”. L’obiettivo è dunque quello di garantire la circolazione dei
fattori produttivi all’interno del territorio Comunitario, sulla base di condizioni simili a
quelle che si applicano all’interno di un singolo Stato.
Le norme sul diritto di stabilimento (art. 43-48 Trattato CE) disciplinano il diritto dei
cittadini di un Paese membro di svolgere la loro attività indipendente, in modo continuo
e tendenzialmente permanente, all’interno di un territorio di uno Stato membro nel
quale hanno dislocato la propria attività produttiva in modo, appunto, “stabile”.
L’ articolo 43 del Trattato CE riporta testualmente:
“…le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel
territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle
restrizioni relative all'apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di
uno Stato membro stabiliti sul territorio di uno Stato membro.
La libertà di stabilimento importa l'accesso alle attività non salariate e al loro
esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai
sensi dell'articolo 48, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del
paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del
capo relativo ai capitali”.
Le norme sulla libera prestazione di servizi (art 49-55 Trattato CE) hanno invece ad
oggetto il diritto del cittadino comunitario di esercitare saltuariamente o
occasionalmente la propria attività in uno Stato membro, o verso uno Stato membro
diverso da quello in cui è stabilito in modo permanente.
L’ articolo 49 del Trattato CE (ex art 59) recita:“...le restrizioni alla libera prestazione
dei servizi all'interno della Comunità sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati
membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della
prestazione.
Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione,
può estendere il beneficio delle disposizioni del presente capo ai prestatori di servizi,
cittadini di un paese terzo e stabiliti all'interno della Comunità.”
Per quanto concerne il confronto tra le due libertà, l’aspetto discriminante è quindi
quello temporale, occasionale o saltuario per la libera prestazione dei servizi,
continuativo per quanto riguarda la libertà di stabilimento .
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