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La forte crisi economica, la profonda recessione che sta investendo
le vecchie potenze mondiali spinge verso un ritorno a nazionalismi e
autarchie. Il divario tra ricchezza e povertà aumenta a dismisura e sono
sempre più le tensioni fra gli Stati del mondo.
L’evidenza dei fatti racconta di una parte del mondo che per
decenni ha visto crescere la propria economia, il proprio benessere fino al
punto di massimo per ritrovarsi oggi nel pieno di una discesa che, nel suo
punto di minimo si concretizza sul piano dell’economia reale. Milioni di
lavoratori, cittadini-consumatori, investitori e generazioni future vedono
ridursi il proprio margine di felicità.
Nonostante la crisi fosse stata più che annunciata (l’irruenza
economica delle tigri asiatiche è stato un segnale forte) e le misure
precauzionali tempestivamente auspicate, è prevalso un atteggiamento di
miopia che si è tramutato inevitabilmente in irresponsabilità verso la
persona anzitutto: che si parli di lavoratori “acquistati” a basso costo a
dispetto di nuova disoccupazione interna, o che si parli di quanti vivono in
zone ad alto sfruttamento industriale e quindi di vittime abituali
dell’inquinamento non fa differenza. La persona, nella sua individualità
risulta essere la prima vittima di un cambiamento non governato, come
una nave abbandonata dal proprio capitano in balia della tempesta.
La sfida, quindi, è tutta qui: nella ricerca di un nuovo timoniere, di
una leadership rinnovata che tenga conto di istanze globali in un’ottica di
sostenibilità e responsabilità. Una forte spinta al rinnovamento può partire
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e in certi casi, come la crisi che stiamo vivendo, deve partire dalla forma
più autentica di iniziativa personale, l’impresa.
L’azienda è un’entità sociale guidata da obiettivi, progettata come
un sistema di attività deliberatamente strutturato e coordinato, che
interagisce con l’ambiente esterno.
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È un organismo sociale che nasce
dall’uomo, per l’uomo. Il suo fine ultimo è, dunque, l’essere umano.
Le attività aziendali assomigliano, infatti, a tante ellissi che si
intersecano tra loro in profondità in un’intima traiettoria circolare, il cui
punto di partenza e di arrivo è l’uomo.
Sebbene nel corso della storia le evoluzioni tecnologiche hanno rinnovato
gli strumenti e i mezzi, gli input sono rimasti però sempre uguali. Le
materie prime, le persone, le risorse informative, le risorse finanziarie
contribuiscono oggi, come un tempo, all’operatività aziendale.
Questi vari mezzi hanno però assunto, rispetto al passato, una
diversa rilevanza. Oggi prevalgono, in maniera determinante, risorse
umane e informazioni. Il loro valore è fortemente aumentato rispetto ai
beni materiali. Paradossalmente, questo dipende dal progresso
tecnologico, che, in realtà, non nuoce all’occupazione, come spesso
l’uomo teme. Il progresso tecnologico rende più facili i processi operativi
aziendali, e, quindi, li rende meno costosi.
Parallelamente l’azione umana diventa sempre più preziosa. Le
2 DAFT. R. L., Organizzazione aziendale, Apogeo, Milano, 2004.
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moderne tecnologie non sostituiscono l’uomo, ma esigono che l’uomo
faccia più cose. Gli uomini e le macchine vivono, oggi, un diverso rapporto
rispetto al passato. Se, un tempo, l’uomo serviva la macchina secondo
tempi e modalità precise
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, oggi l’uomo sfrutta la macchina secondo proprie
idee e percezioni. La macchina si adatta all’uomo, non viceversa.
L’impresa, in una visione semplificata, è composta dal capitale, dai
lavoratori e dalle tecnologie, ma non solo. Al fianco dell’organizzazione
che la società percepisce in maniera consapevole, esiste un’altra
organizzazione, invisibile e incorporea. Quest’ultima consiste nei rapporti
sociali interni all’azienda, interazioni non pianificate che sorgono
spontaneamente, seppur leggermente guidate da pianificazioni strutturali e
progettuali.
L’azienda non si fonda unicamente su regole di produzione, ma
anche, in maniera latente, e forse predominante, su regole di vita. Il lavoro
non è più un “flusso” che l’impresa noleggia alla giornata o al mese e che
si adatta all’ambito impostogli: come un rubinetto tenuto aperto otto ore al
giorno, esso riversa le sue energie nei condotti del capitale.
4
Tale è stato il destino del lavoro sotto il taylorismo. Oggi, invece, il
lavoratore deve prendere delle decisioni, deve seguire proprie idee e
“sensazioni razionali”. Il nuovo modello produttivo che si sostituisce al
fordismo apre un orizzonte, o quanto meno apre la rivendicazione di un
3 Teor ia dello scientific management di F. W. Tay lor.
4 COHEN D., I nostri tempi moderni: dal capitale finanziario al capitale umano, Tor ino, Einaudi,
2001.
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orizzonte, in cui il lavoratore deve mobilitare un capitale umano che gli
appartiene nell’esecuzione della produzione. Arricchire questo capitale
umano e rispettare i diritti che vi si collegano sono le basi sulle quali si può
tentare di fondare la nuova regolazione sociale.
L’individuo non è un’entità isolata; per sua natura ha il bisogno di
relazioni sociali, e questo è quello che le organizzazioni gli permettono di
avere. L’uomo vive in una società e per questa lavora. Viceversa, questa
società si organizza per soddisfare i bisogni individuali. Ciò avviene, in
maniera parallela, anche nelle aziende che, di fronte agli uomini,
sembrano calarsi in una loro identità e personalità. Divengono una sorta di
mondo in miniatura su cui si proiettano relazioni sociali e umane.
Come l’uomo, perciò, l’azienda avrà bisogno di essere riconosciuta
come esistente. Se per l’uomo il bisogno di accettazione si fonda, in modo
predominante, su un riconoscimento esterno, per l’azienda il bisogno di
approvazione è determinante sia dal punto di vista esterno che dal punto
di vista interno.
La sopravvivenza stessa dell’azienda, allora, dipenderà dal giudizio
degli stakeholders esterni che contribuiranno alla sua esistenza utilizzando
e giustificando, i suoi outputs.
Ma è altrettanto vero, d’altro canto, che l’azienda sopravvive grazie
alle qualità e ai contributi dei suoi componenti. L’approvazione da parte dei
dipendenti fa sì che questi svolgano attività che considerano utili e giuste.
Se questo non avviene, e può non avvenire, l’azienda irrimediabilmente
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implode su se stessa, crolla sulle sue stessa fondamenta, che in realtà
non ha.
Il mio elaborato nasce specificatamente da queste riflessioni,
tentando di spiegare come la persona debba rappresentare
necessariamente il termine di riferimento all’interno del sistema
economico, e in una prospettiva microeconomica, in seno all’impresa.
Con riferimento alla struttura dell’elaborato esso si compone di due
grandi lenti di osservazione, che dal generale focalizzano lo sguardo al
particolare.
La prima parte – “Alle origini e al cuore della RSI” – ben lungi
dall’essere esaustivo sull’argomento, si propone di individuare alcuni
importanti contributi circa il rapporto tra l’etica e l’economia. Partendo da
Sen si giungerà, allora, sino a Novak, esponente del pensiero cattolico
liberale (altrimenti detto neoconservatore) americano, non trascurando di
sottolineare il sottile liminem tra etica e religione. E’ propriamente dalle
riflessioni relative all’interrelazione tra queste due discipline, etica ed
economia, che si sviluppa il concetto di responsabilità sociale di impresa,
alla cui trattazione è dedicato il secondo capitolo di questo lavoro. Dal
profilo teorico, definito dal concetto di sostenibilità e dalla rilevanza dei
portatori di interessi in seno all’impresa, si volge, quindi, lo sguardo a
quello pratico, analizzando gli strumenti attraverso i quali la responsabilità
sociale può entrare a far parte delle realtà organizzative e influenzare
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direttamente l’attività delle stesse. E’ il caso dei fondi etici: fondi di
investimento mutualistico che operano la selezione del portafoglio
attraverso criteri di tipo etico, sociale e ambientale. Agli indici di
sostenibilità è affidata, invece, la funzione di riflettere le performance
sociali delle imprese e permettere la comparazione tra quelle società che
si distinguono non solo per i loro fatturati, ma anche per l’attenzione a
sviluppare attività sostenibili per l’ambiente e per la società. i codici di
condotta rappresentano invece una dichiarazione dei principi e dei valori
etici in cui l’impresa si riconosce e di cui si fa carico. Gli standard di
gestione individuano un insieme di principi, procedure e processi attivabili
dalle organizzazioni per gestire specifiche implicazioni sociali ed
ambientali delle loro attività. Infine, il Bilancio sociale, documento non
obbligatorio che si affianca al bilancio d’esercizio delle imprese
commerciali, ha l’obiettivo di fornire un quadro sintetico, chiaro e
trasparente delle attività, mettendo in evidenza l’impatto delle azioni
realizzate e la rete di relazioni con i diversi stakeholders. La sua funzione
è quella di descrivere, il più analiticamente possibile, le ragioni per cui si
sostengono determinati costi, più lontani rispetto all’attività caratteristica,
ma anch’essi produttori di vantaggi per alcune categorie di stakeholders.
Non è possibile, però, pensare di raggiungere una dimensione ottimale in
termini di rapporto costi/benefici esclusivamente mediante l'adozione di
strumenti di responsabilità sociale d'impresa: permane, infatti, il rischio di
una identità di facciata che soddisfi mere strategie di marketing e di
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immagine. C'è bisogno di una funzione guida all'interno
dell'organizzazione che dimostri la capacità di saper consolidare
internamente l'esperienza e certificare quella cultura organizzativa che
può giustificare l'adozione di strumenti di responsabilità.
Si passa così alla seconda parte – “La persona al centro del
cambiamento” – che avvicina il punto focale alla figura dell’imprenditore,
del leader e alle dinamiche interne alle organizzazioni che interessano la
persona nel suo complesso. Nel nuovo scenario economico e sociale,
infatti, la partecipazione dei lavoratori alla vita e alla gestione dell’impresa
rappresenta un fenomeno complesso che riguarda inevitabilmente e
indissolubilmente la dimensione individuale della gestione delle risorse
umane.
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PARTE PRIMA
Alle origini e al cuore della RSI
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CAPITOLO 1
Alcune riflessioni su etica ed economia
1.1 Introduzione
La crescita economica dei paesi dell’Asia orientale e sud-orientale,
il difficile cambiamento istituzionale ed economico dei paesi dell’Europa
dell’Est dopo il crollo dei regimi comunisti, le crisi finanziarie che hanno
investito il sud-est asiatico e l’America Latina, l’aumento drammatico della
povertà a livello mondiale, l’accentuarsi delle disuguaglianze non solo tra
paesi ricchi e paesi poveri, ma anche all’interno degli stessi paesi
industrializzati e l’intensificazione dei processi di globalizzazione
economica e finanziaria, hanno spinto le scienze sociali ad una nuova
riflessione sui fattori che presiedono al processo di sviluppo.
Pertanto, nel tentativo di fornire una spiegazione ai diversi risultati
economici delle singole realtà, si è privilegiata un’analisi che ponga al
centro del sistema la persona. Si tenta, così, a partire dalle distorsioni
dello sviluppo di ripensare e ricalibrare l’economia in un’ottica
personalista.
Ancora una volta la centralità della persona costituisce il termine di
riferimento per fronteggiare le sfide sociali, scientifiche e tecnologiche, che
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rischiano di dissociare l’applicazione delle scoperte scientifiche
dall’attenzione verso l’individuo.
L’assunto aristotelico, infatti, secondo il quale la persona nasce per
vivere con gli altri
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, si regge su due elementi essenziali: la propensione
alla “compagnia” con i simili – il fellow-feeling nel senso di Adam Smith – e
l’utilità che l’uomo trae dalla convivenza con altri. Il primo è un elemento
che riguarda la dimensione espressiva del soggetto, il secondo elemento
appartiene invece alla sfera razionale, cioè alla sua capacità di calcolo.
Ebbene
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scegliere di isolare, o meglio di tenere separato il secondo
elemento dal primo, focalizzando l’attenzione esclusivamente allo studio
dei meccanismi di mercato e non anche alla qualità umana dei loro esiti,
riduce il mercato esclusivamente ad un luogo in cui “trafficare, barattare e
scambiare una cosa per l’altra”
7
, come già aveva anticipato Adam Smith.
Porre, dunque, la persona al centro come riferimento significa
accogliere una visione di relazioni che unisca la razionalità economica e
l’etica dei comportamenti col rispetto di tutti i soggetti coinvolti nei processi
produttivi.
Se si parla di economia non si può, infatti, non far riferimento alla
persona. “L'economia è naturaliter per la persona perché nell'ambito di ciò
che riguarda gli affari sociali non esiste che la persona. Tutto è riducibile
5 ζῳον πολιτικόν: animale politico
6 Cfr. ZAMAGNI S., L’economia come se la persona contasse: verso una teoria economica
relazionale, Università di Bologna ‐ Working Paper AICCON n.32 – maggio 2006
7 SMITH A., Ricerche sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni, trad. It. di A.
Campolongo in collana “Sociologi ed economisti”, vol.1, UTET, Tor ino, 1948
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ad essa: partito, classe, razza, corporation, nazione. Solo la persona
agisce, solo la persona pensa, soffre, spera, gioisce, in definitiva, solo la
persona sceglie; e l’economia è la scienza che tenta di risolvere i problemi
relativi alle scelte allocative, in un mondo di risorse e conoscenze
scarse”.
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E’ nell’essenza stessa delle scienze sociali studiare l’uomo nel
complesso delle sue interazioni sociali, se si trascurasse perciò
l’importanza della persona, l’economia diventerebbe un mero calcolo
matematico, un insieme di esercizi.
La persona è all’interno del sistema economico, e in una
prospettiva microeconomica all’interno dell’impresa, non una variabile o un
elemento marginale, ma rappresenta una delle rationes
dell’organizzazione stessa. Come tale non va sacrificata a favore delle
ragioni d’impresa in senso stretto: la dignità, l’unicità, la responsabilità e la
creatività della persona costituiscono, infatti, un valore per l’impresa e non
esclusivamente uno strumento.
Pertanto se lo studio dell’economia guarda alla persona come
termine di riferimento, allora si solleveranno delle questioni di tipo etico.
Etica ed economia s’intrecceranno. E l’analisi consisterà nel rintracciare il
“come fare economia” (produrre beni) in modo da realizzare una crescita,
non solo nella dimensione quantitativa ma intesa anche come sviluppo
delle libertà reali della persona.
8 FELICE F. , Oltre il mercato: dal marxismo alla dottrina sociale della Chiesa, in “Formiche”,
dicembre 2008, in via di pubblicazione
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1.2 Economia e cultura, per una lettura del
moderno capitalismo
Fin dai tempi più remoti, l’uomo si è interrogato sulla questione
etica per capire sia come si comportano gli individui, sia come essi si
dovrebbero comportare.
La questione etica, però, non ha animato solamente i classici; al
contrario, sono numerosissimi i pensatori che hanno dedicato una parte
consistente del proprio lavoro allo studio della morale. Di seguito si farà
cenno ad alcuni contributi di importanti filosofi, economisti e sociologi sulle
radici del rapporto fra etica ed economia e, più approfonditamente, sul
ruolo che l’etica cattolica gioca nella definizione del moderno capitalismo.
L’analisi, seppur breve, delle origini filosofiche dell’economia ci
consentirà, dal prossimo capitolo, di addentrarci nell’impresa,
nell’organizzazione in cui il rapporto tra etica ed economia investirà la
struttura e la comunicazione della stessa al suo interno e verso il mondo
esterno. La persona, di volta in volta imprenditore e/o dipendente dovrà
rivedere il proprio essere parte di una comunità alla luce di quanto
discusso e proposto.