apprendere quanto più è possibile. Il viaggio per Tocqueville ed il suo
inseparabile compagno fidato Beaumont, divenne quasi una missione
votata a reperire, presso le culture estere - soprattutto quella americana
-, aspetti utili da poter trapiantare in Francia.
Sempre nel primo capitolo, viene sottolineato il grande impegno
profuso da Tocqueville nella vita politica con la sua elezione a
deputato e i suoi celeberrimi discorsi che colsero grandi consensi tra il
popolo e la stessa classe politica.
Questo capitolo si chiude con la narrazione della sua malattia che
lo portò via nel 1859 a Cannes.
Nel secondo capitolo, si esplica, in maniera molto dettagliata, la
situazione francese di fine Settecento - inizio Ottocento, facendo
riferimento, ovviamente, alla Rivoluzione francese che innestò
numerosi meccanismi sociali e politici causando un primo
stravolgimento di valori.
È proprio in tale situazione che Tocqueville intervenne con i suoi
propositi di cambiamento, confidando che la stessa Rivoluzione,
potesse garantirgli una maggiore presa delle sue idee e proposte
innovative, bagaglio dei suoi viaggi.
4
Oggetto fondamentale di ricerca è stato il capolavoro “L’Ancien
régime et la Révolution”, dal quale si può evincere quale fosse la reale
situazione francese di quel tempo e quali sarebbero potuti essere i
risvolti, positivi o negativi, che le idee tocquevilliane avrebbero potuto
creare nella società transalpina.
Nel terzo capitolo si sviluppa la tematica più importante e
fondamentale di questo lavoro di ricerca: la struttura e la conseguente
riforma del sistema penitenziario.
Lo storico francese nutriva la volontà di modificare il sistema
penitenziario vigente in Francia ed iniziò le sue “migrazioni” di
ricerca esplorando diverse nazioni, soffermandosi ed approfondendo
la struttura carceraria americana ed i rispettivi sistemi di Auburn e
Filadelfia.
Il terzo capitolo è intrinsecamente connesso al quarto, il quale tratta
della democrazia negli Stati Uniti, di cui Tocqueville rimarca le note
positive e gli aspetti negativi. Difatti, non tutti gli elementi facenti
parte della condizione socio-politica americana potevano essere
necessari o addirittura compatibili con la struttura omologa francese;
anzi molti furono ritenuti, da Tocqueville, deleteri per la stessa società
americana. Egli aveva chiaro, tuttavia, che la sua struttura socio-
5
politica, ed il parallelo sistema penitenziario, potessero essere un
grande esempio di democrazia, non solo da osservare come spettatori,
bensì da esportare come se fosse un bene prezioso, in via di
estinzione, da tutelare a tutti i costi.
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I CAPITOLO
VITA, PENSIERO, OPERE E VIAGGI
FIG. 1
1. Dalla nascita alla gioventù.
Alexis-Charles-Henri-Maurice Clérel de Tocqueville nacque a
Verneuil Seine et Oise, presso Parigi, il 29 luglio 1805 in una famiglia
di antica nobiltà normanna e quindi coinvolta per numerosi legami
nella vita politica e amministrativa del regno. Trascorse probabilmente
i giorni più felici della sua infanzia nel castello di Verneuil, dove
spesso soggiornavano in estate i suoi parenti, insieme ai fratelli
maggiori Hippolyte e Edouard. Soltanto più tardi, in alcune lettere di
Tocqueville, risalta la figura della madre dipinta dallo stesso storico
7
non ancora decenne; era una donna che pur logorata nella salute, non
rinunciava a prender parte a diverse manifestazioni come quella del
1814 in occasione della restaurazione borbonica dopo l’ingresso degli
alleati a Parigi successiva alla debacle napoleonica
1
. Fino all’età di
quindici anni visse tra Verneuil e Parigi pervaso da un senso
d’ammirazione per la madre e da un’istruzione affidata all’abate
Lesueur, un anziano prete giansenista già precettore del padre e dei
fratelli così da esser considerato come un anziano parente. Nel 1821
Tocqueville seguì il padre a Metz dove avrebbe dovuto ricoprire la
carica di prefetto della Mosella. Il genitore non ebbe una grande
influenza sul figlio, tanto che ciò lo indusse a scrivere in una delle sue
ultime lettere:
“L’estrema tenerezza che provo per il mio vecchio ed eccellente
padre è precisamente ciò che mi rende così penosa l’osservazione
continua d’una natura così diversa dalla mia, d’una vita così
elusivamente consacrata alla cura del buon vivere, senza alcun
interesse per tutto ciò che non rientri in questa sfera. Quel che si dice
1
Cfr. U. COLDAGELLI, Vita di Tocqueville [1805-1859], Donzelli editore, Roma 2005, pp. 8-10.
8
una magnifica vecchiaia è proprio ciò che potrebbe spegnere il
desiderio d’invecchiare”
2
.
Né il padre, né l’anziano precettore, riuscirono ad influenzare
l’animo agitato e travagliato del giovane Alexis. L’unica persona a
condizionarlo, seppur solo in parte, fu la mamma, la quale però, a
causa delle sue sempre più cagionevoli condizioni di salute, fu ben
presto quasi estromessa dalla vita dello storico. E che dire del fratello
Hippolyte, quasi mai menzionato o altrimenti definito dallo stesso
autore: “Povero Hippolyte, che povero carattere, ma che cuore
d’oro!”. Forse più incisivo, sebbene non eccessivo, fu il rapporto con
l’altro fratello, Edouard; infatti dall’abbondante carteggio con lui,
possiamo riscontrare un sincero e genuino rapporto fraterno arricchito
da un fervido scambio d’opinioni, che peraltro, alla lunga, incrinò i
loro rapporti. Tocqueville dava comunque un gran valore alla famiglia
e al casato da cui discendeva, tant’è che scrisse a sua moglie:
“Noi non saremo rimpiazzati, me lo ripeto spesso con tristezza.
Non soltanto, credo, per le nostre proprie qualità, ma perché facciamo
parte d’un mondo che se ne va. Una vecchia famiglia, nella vecchia
dimora dei padri, ancora circondata dal rispetto tradizionale e da
2
Lettera tra l’aprile e il maggio 1856, O. C., XIV, pp. 594-5, cit. Cfr. U. COLDAGELLI, Vita di
Tocqueville [1805-1859], cit., pp. 8-10.
9
ricordi cari ad essa ed alla gente circostante: non sono che detriti
d’una sociètà che cade in polvere e che presto non lascerà più traccia.
Felici coloro che nei loro pensieri possono legare il passato, il presente
e l’avvenire! Ma questa felicità non appartiene a nessun francese dei
giorni nostri e pochi ancora possono arrivare a comprenderla”
2
.
Da queste poche frasi si può evidenziare la passione, l’interesse
determinato di uno studioso che durante tutta la sua esistenza si batté
per normalizzare la discontinuità storica tra la condizione sociale
dell’antico regime e quella del mondo borghese.
A Metz, dove Tocqueville iniziò i suoi studi presso il liceo reale,
intavolò le prime amicizie al di fuori del suo ambiente e sperimentò le
prime gioie e dolori della sua giovinezza
3
.
2. Dubbi giovanili.
Dalle parole dello stesso Tocqueville possiamo mettere in evidenza
la sua prima crisi giovanile facendo riferimento ad una delle sue tante
epistulae, precisamente una del carteggio a Madame Swetchine:
3
Cfr. U. COLDAGELLI, Vita di Tocqueville [1805-1859], cit., pp. 8-17.
10
“Non so se vi ho mai raccontato un incidente della mia giovinezza,
che ha lasciato nella mia vita un traccia così profonda. Come
racchiuso in una sorta di solitudine durante gli anni che seguono
immediatamente l’infanzia, abbandonato ad una curiosità insaziabile
che trovava solo i libri di una grande biblioteca per soddisfarsi, ho
accumulato alla rinfusa nel mio spirito ogni sorta di nozioni e di idee,
che abitualmente sono proprie di un’altra età. La mia vita era trascorsa
fino a quel momento in un ambiente familiare pieno di fede, che non
aveva nemmeno lasciato penetrare il dubbio nella mia anima. Allora il
dubbio vi penetrò, o piuttosto vi fece irruzione con una violenza
inaudita, e non soltanto il dubbio su una cosa o su un’altra, ma il
dubbio universale. Provavo improvvisamente la sensazione della quale
parlano quelli che hanno assistito ad un terremoto, quando la terra si
muove sotto ai loro piedi, i muri intorno a loro, i soffitti sulle loro
teste, i mobili nelle loro mani, la natura intera davanti ai loro occhi.
Fui afferrato dalla malinconia più nera, preso da un estremo disgusto
della vita senza conoscerla, e come schiacciato dal turbamento e dal
terrore di fronte al cammino che mi rimaneva da percorrere nel
mondo. Passioni violente mi strapparono a questo stato di
disperazione, mi distolsero dalla vista di queste rovine intellettuali per
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trascinarmi verso gli oggetti sensibili. Ma di tanto in tanto queste
impressioni della prima giovinezza [allora avevo sedici anni] si
impossessano di nuovo di me; rivedo allora il mondo intellettuale che
gira, e io resto perduto e sperduto in questo movimento universale che
rovescia o scuote tutte le verità sulle quali ho costruito le mie
convinzioni e le mie azioni. Ecco una triste e spaventosa malattia,
Madame, non credo d’averla mai descritta a qualcuno con tanta forza
e, disgraziatamente, con tanta verità come a voi. Felici quelli che non
l’hanno mai conosciuta o che non la conoscono più!”
4
.
Certamente gli autori che lo condussero al suo dubbio universale
furono i filosofi del XVIII secolo che, con il loro razionalismo
abrasivo, andarono ad intaccare la fede dell’autore corrompendola non
poco. Tocqueville era “solo di fronte ad un Dio muto e nascosto, che
faceva sopravvivere nella sua anima solo l’esigenza etica del libero
arbitrio per agire secondo giustizia entro i limiti dell’inconoscibile
destino provvidenziale del mondo”
4
.
Da quel momento, l’autore disprezzò ogni posizione teorica che
non avesse legami concreti con la solida esperienza della vita; non
solo, ma definì il dubbio come “una delle grandi miserie della nostra
4
Lettera del 26 febbraio 1853, O. C., XV, 2, p. 315. Cfr. U. COLDAGELLI, Vita di Tocqueville
[1805-1859], cit., pp. 16-18.
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