Capitolo 1 Introduzione
2
caratterizzato da ornamentazioni ben sviluppate, che in molti casi
possono avere valore tassonomico.
Per quanto riguarda gli Anostraci in particolare, a partire dalle
prime indagini sulla morfologia esterna delle cisti (Gilchrist, 1978;
Mura et al, 1978), l’uso di tale carattere ha assunto un interesse
crescente negli anni successivi (Cottarelli & Mura, 1984; Mura, 1986;
Mura & Thiéry, 1986; Thiéry, A. 1986; Belk et al, 1990; Mura, 1991a;
Thiéry & Gasc, 1991; Mura, 1992a; Hamer e Appleton, 1993; Thiéry et
al., 1993; Thiéry, A. & M. Fugate, 1994; Thiéry et al., 1995; Rabet N.
& A. Thiéry, 1996; Belk et al., 1998; Thiéry A. & A. Champeau, 1998;
Brendonck & Hamer, 1999; Mura, 2001), ma ha anche messo in
evidenza una estrema variabilità intraspecifica, in qualche caso
persino a livello individuale (Mura, 1991b, 1992 b; Brendonck &
Coomans, 1994a, b; Brendonck et al., 1992; Brendonck et al., 1993;
Nagorskaja et al. 1998; Mura et al., 2002; Beladjal & Mertens, 2003).
Essendo indipendente dalla selezione sessuale, a differenza di altri
caratteri morfologici in uso nella tassonomia di questi Branchiopodi
(Belk, 1991; Belk et al., 1998), dal momento che i caratteri più
significativi e validi per la specie vanno ricercati nelle strutture
direttamente connesse alla riproduzione sessuale (Vrba, 1985), la
morfologia delle cisti è stata ritenuta sino agli inizi degli anni ‘90 un
carattere tassonomico particolarmente utile, ma è ora messa in
discussione dai risultati degli studi più recenti.
Nel caso particolare di Chirocephalus ruffoi, noto sino al 1990
solamente per alcune raccolte d’acqua dei Piani di Pollino, il recente
ritrovamento anche in numerose località dell’Appennino Tosco -
Emiliano, ha evidenziato una distribuzione disgiunta e piuttosto
frammentata. Le prime osservazioni al SEM sulla morfologia delle
cisti ottenute dalle diverse popolazioni hanno rivelato anche per le
cisti di questa specie, l’esistenza di una variabilità morfologica, alla
Capitolo 1 Introduzione
3
quale però non corrisponde altrettanta variabilità nei caratteri
morfologici degli adulti.
Per cercare una spiegazione plausibile a quanto osservato, si è dato
inizio ad un programma di ricerca multidisciplinare allo scopo di
stimare il livello di differenziamento tra le popolazioni note ed a
chiarirne i relativi rapporti sistematici. Un’indagine preliminare
(Zarattini et al., 2001) che poneva a confronto le due uniche
popolazioni note all’epoca (quella del Pollino e la prima scoperta sul
Monte Rondinaio) (Rebecchi et al., 1990), condotta sia mediante
indagini molecolari (polimorfismi enzimatici) che morfologiche
qualitative, ha messo in evidenza una discrepanza tra i risultati
conseguiti con le due metodologie e non ha permesso alcun
chiarimento. Si è pertanto deciso di estendere le analisi sopracitate al
numero di popolazioni attualmente noto, utilizzando da un canto
marcatori molecolari mitocondriali, e dall’altro una analisi
morfologica su un congruo campione di cisti, utilizzando però un
metodo di valutazione morfologica quantitativo. Questo lavoro, che
è parte di questo programma di ricerca, ha lo scopo di mettere a
punto un metodo di analisi di immagine, mai utilizzato in
precedenza su cisti, allo scopo di evidenziare in maniera più corretta
le differenze qualitative osservate e di valutarne la significatività.
In questo studio si è quindi cercato di sviluppare un metodo che
consentisse una classificazione delle cisti di Chirocephalus ruffoi in
base a parametri dimensionali e morfologici ricavabili
dall’immagine, ricercando uno strumento che consentisse un
confronto quantitativo della morfologia delle cisti di questa specie.
Vi sono diversi parametri utili per caratterizzare le cisti, tra questi
particolare attenzione deve essere rivolta all’analisi densitometrica e
all’analisi frattale da cui si ottiene la dimensione frattale, molto utili
Capitolo 1 Introduzione
4
per studiare la morfologia di forme complesse e per questo
ipoteticamente applicabili all’analisi delle cisti.
L’analisi densitometrica consiste nello studio di schemi quantitativi
e qualitativi di distribuzione di mappe di intensità dei livelli di
grigio delle componenti delle immagini ottenute al microscopio
elettronico a scansione, mentre in prima approssimazione, la
dimensione di Hausdorff, detta anche dimensione frattale è una
misura che consente di descrivere in che modo l’oggetto riempie lo
spazio in cui è contenuto. Questa è un numero reale associato ad un
generico spazio metrico ed è un parametro che determina il grado di
irregolarità dell’oggetto preso in considerazione.
Le applicazioni dell’analisi frattale ha subito negli ultimi anni
notevoli sviluppi e impiego in svariati campi.
L’obiettivo della tesi è consistito quindi nell’individuazione di un
approccio di tipo metodologico allo studio della morfologia delle
cisti, mai messo a punto in precedenza nel caso delle cisti, con la
prospettiva di standardizzare il riconoscimento di caratteristiche
indispensabili per quantificare le differenze, per analizzare le
relazioni tra la morfologia delle cisti ed altre variabili dimensionali
ed infine per studiare la relazione con le variabili ambientali.
A questo approccio metodologico si è aggiunto un’analisi qualitativa
di tipo tradizionale basata sull’osservazione e riconoscimento delle
divergenze morfologiche in cisti di C. ruffoi.
Capitolo 1 Introduzione
5
1.2 Notizie sulla specie in studio
Chirocephalus ruffoi Cottarelli e Mura, 1984 è un endemismo italiano,
rinvenuto per la prima volta nel 1953 dal prof. S. Ruffo, del Museo
Civico di Storia Naturale di Verona, in alcune pozze astatiche vicine
tra loro sui piani del monte Pollino, in Calabria (Parco nazionale del
Pollino). Attualmente sono state censite diverse pozze, di cui sette
più durature, situate una alla base del monte Serra delle Ciavole,
denominata P1, le altre verso Sud (P2, P3, P4, P5, P6), fino ad
arrivare alla pozza P7 sita all’estremità Sud della vallata.
Identificato in un primo momento come Chirocephalus diaphanus, in
seguito ad approfondite analisi sulla morfologia delle cisti,
caratterizzate da formazioni spiniformi irregolarmente distribuite
sulla superficie, si scoprì essere una nuova specie, che fu dedicata al
suo raccoglitore (Cottarelli & Mura, 1984). Per molto tempo si è
creduto che la presenza di questa specie fosse limitata alla località
nella quale era stata raccolta, tuttavia successive indagini faunistiche
condotte da Rebecchi e collaboratori (1990) dell’Università di
Modena e Reggio Emilia hanno portato al ritrovamento di questa
specie sull’Appennino tosco-emiliano, in due pozze situate sotto il
crinale del Monte Rondinaio, lungo il versante modenese.
Ulteriori ricerche condotte da Mura e collaboratori lungo
l’Appennino Tosco-Emiliano hanno portato al ritrovamento di altre
popolazioni di Chirocephalus ruffoi, in numerose piccole pozze
temporanee di alta quota alimentate dallo scioglimento delle nevi e
dalle precipitazioni. Attualmente questa specie è nota in 5 diverse
località dell’Appennino Tosco-Emiliano.
Inoltre, ricerche condotte a posteriori, su campioni raccolti nel 1962
dal prof. Moroni e dai suoi collaboratori (Università di Parma) nel
Capitolo 1 Introduzione
6
lago Scaffaiolo, situato nell’alto Appennino-Modenese, hanno
permesso di stabilire che anche la specie ivi presente, erroneamente
identificata come C. diaphanus, era in realtà C. ruffoi.
1.2.1 Generalità sugli Anostraci
Per quanto riguarda la morfologia, C. ruffoi, mostra, le caratteristiche
tipiche dell’ordine degli Anostraci a cui appartiene (fig. 1).
Il capo, di forma tondeggiante, presenta due occhi peduncolati tra i
quali è situato, in posizione anteriore mediana, un occhio naupliare
semplice.
Sono presenti due paia di antenne, delle quali un primo paio
piuttosto brevi ed esili a funzione chemiotattile (coadiuvata dalla
presenza di setole sensoriali) ed un secondo paio maggiormente
sviluppate in entrambi i sessi, soprattutto nei maschi, a carico delle
quali esiste dimorfismo sessuale.
Capitolo 1 Introduzione
7
Figura 1. Morfologia generale di un anostraco.
A: femmina. B: maschio.
L’apparato boccale è costituito da una struttura detta labrum che
appare come un prolungamento della regione cefalica, seguita da un
paio di mandibole caratterizzate da una superficie molare indivisa, e
prive di palpi, a cui seguono un paio di mascelle laminari.
La regione toracica presenta 11 paia di appendici locomotorie
biramose dette pleopodi, ognuna delle quali è divisa in una porzione
basale, il protopodite, e in una porzione distale, a sua volta divisa in
un endopodite e un esopodite.
L’addome è apodo, composto da 9 segmenti terminanti in una furca; i
primi due segmenti sono fusi tra loro a dare origine al segmento
genitale, che porta l’apparato riproduttore esterno. Nei maschi
questo è costituito da due emipeni pari, mentre nella femmina è
A
B
sacco ovigero
ovario
Cercopodi
pleopodi
TORACE ADDOME
REGIONE
CEFALICA
Occhio
composto
II antenne
emipeni
I antenne
dotto spermatico
Capitolo 1 Introduzione
8
presente un sacco ovigero connesso agli ovari pari tramite gli
ovidotti.
La furca terminale è costituita da due sottili cercopodi mobili i cui
margini sono ornati da numerose setole piumose.
Gli apparati ed i sistemi interni si estendono lungo l’asse cefalo-
caudale.
L’apparato digerente si origina anteriormente alla regione cefalica
con un’apertura boccale che si immette in un breve esofago per poi
continuare nello stomaco, a cui segue un lungo intestino che termina,
all’altezza del telson, in un corto retto, seguito dall’orifizio anale.
Lungo l’asse ventrale si dispongono due cordoni nervosi semplici,
che nella porzione toracica, danno luogo a formazioni gangliari,
mentre in quella addominale risultano lisci e rettilinei.
A livello del capo è presente il cerebron, massa gangliare
sopraesofagea, che si distingue in un lobo anteriore ventrale, un lobo
anteriore dorsale ed un lobo posteriore.
Gli organi respiratori sono formati dagli epipoditi dei pleopodi che
sono ampiamente vascolarizzati, favorendo gli scambi gassosi. La
funzione respiratoria che permette gli scambi con l’ambiente acqueo
è coadiuvata da un’attività respiratoria anche a livello cutaneo. Ciò è
facilitato dalla mancanza del rivestimento cuticolare esterno.
I pleopodi sono anche la sede del sistema di filtrazione localizzato ai
margini delle appendici, ove sono presenti fitte setole che formano
un complesso sistema in grado di trattenere e convogliare le
particelle alimentari verso l’apertura boccale.
In posizione dorsale decorre un lungo cuore tubulare, organo
peristaltico che garantisce la circolazione dell’emolinfa all’interno
del sistema lacunare aperto fino alla periferia. Sono presenti ostii che
assicurano il ritorno passivo del fluido dopo che viene ossigenato a
livello delle branchie.
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Capitolo 1 Introduzione
10
Gli ovari, strutture tubulari, si estendono lateralmente all’intestino
fino ai somiti genitali. Gli ovidutti, aventi aspetto a “gomito”, si
originano dalle porzioni laterali degli ovari, in posizione cefalica.
Figura 3. Apparato riproduttore femminile
A – visione laterale (da Martin, 1992)
B – visione ventrale (da Garreau de Loubresse, 1974)
C – particolare del sacco ovigero (da Cottarelli & Mura, 1983)
1. ovario; 2. ovocito; 3. ovidotto; 4. ghiandola del guscio; 5. utero;
6. poro genitale; 7. cisti
L’utero si allarga in un sacco ovigero (fig. 4) di forma, dimensioni e
posizione molto varia e comunica con l’esterno mediante la vagina
che termina con un paio di labbra, delimitanti l’apertura genitale.
1
2
3
4
5 6
A
C B
4
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1
Capitolo 1 Introduzione
11
Figura 4. Dettaglio del sacco ovigero
Queste strutture sono munite di fibre muscolari aventi il compito di
facilitare, con la loro contrazione, il passaggio degli ovociti dagli
ovari agli ovidutti durante l’ovulazione e dagli ovidutti al sacco
ovigero dopo la fecondazione.
Colonizzando raccolte d’acqua temporanee, soggette quindi a
periodiche inondazioni e prosciugamenti, per evitare l’estinzione,
questi organismi sono in grado di produrre forme di resistenza, dette
cisti (fig. 5), capaci di resistere a lunghi periodi di disidratazione,
che in realtà sono gastrule bloccate in uno stato di dormienza ed
avvolte da un involucro protettivo.
La struttura del rivestimento protettivo è complessa e consta di una
membrana interna cuticolare che circonda la membrana plasmatica
della gastrula, e di una membrana esterna, il “guscio” o involucro
terziario (fig. 6), a sua volta distinto in uno strato corticale ed uno
alveolare.
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B
Capitolo 1 Introduzione
13
Figura 6. Struttura del rivestimento delle cisti di Anostraci.
(da Morris &Afzelius, 1967)
A seguito della ripresa dello sviluppo della gastrula che porterà alla
schiusa si ha la rimozione completa dell’involucro terziario, a prova
della sua funzione protettiva durante la dormienza.
La schiusa della cisti avviene in due stadi. Si ha in un primo
momento, la lacerazione dell’involucro terziario dovuta all’accumulo
di glicerolo nel fluido che circonda l’embrione (Hall & McDonald,
1975) che determina un flusso d’acqua verso l’interno in modo da
causare la rottura della membrana cuticolare interna ed il rilascio
della larva avvolta ancora dalla membrana di schiusa trasparente.
Dopo qualche ora, si ha la conclusione del processo con la lisi della
membrana di schiusa grazie ad un enzima prodotto dal nauplio,
(Sato, 1987) dalla quale emerge la forma libera, di aspetto piriforme,
insegmentato che presenta un occhio impari e tre paia di appendici.
Queste ultime sono rappresentate dalle prime antenne, brevi e sottili,
dalle seconde antenne, maggiormente sviluppate rispetto alle
precedenti, e dalle mandibole.
It: involucro terziario
Me: membrana esterna
Sc: strato corticale
Sa: strato alveolare
Mce: membrana
cuticolare esterna
Ce: cuticola embrionale
Sf: strato fibroso
Mci: membrana
cuticolare interna
Ms: membrana di
schiusa
Capitolo 1 Introduzione
14
Il nauplio (fig. 7) subisce varie metamorfosi, passando attraverso
diversi stadi (II-III-IV) (Nourisson, 1974), in cui si ha l’allungamento
del corpo con una sempre più evidente metamerizzazione e
formazione di nuove appendici.
Figura 7. Stadi larvali (I-II-III-IV).
Lo stadio larvale termina con la metamorfosi in juvenis, a partire dal
quale comincia il differenziamento sessuale e quindi la condizione di
adulto. Il torace, raggiunto questo stadio, porta, ormai, 11 paia di
pleopodi e l’addome ha completato la sua segmentazione. La regione
genitale, derivata dalla fusione dei primi due segmenti addominali,
presenta in modo visibile gli abbozzi sessuali. La fase giovanile si
completa con l’acquisizione dei caratteri sessuali secondari, con
modificazione delle seconde antenne e del segmento genitale
(Nourisson, 1959, 1964).
Gli animali ormai differenziati sessualmente vengono considerati
adulti. Nelle femmine si osserva la comparsa degli ovociti negli
ovari, mentre nei maschi si ha lo sviluppo dei testicoli e delle
vescicole seminali.
I II III IV