maggiormente si avvalgono del doppiaggio sono Italia, Francia, Spagna,
Germania, Regno Unito. Il livello del doppiaggio in queste nazioni è decisamente
elevato: basti pensare che l’Italia, o la Spagna, hanno una lunga tradizione di
doppiaggio, iniziata all’epoca delle dittature fasciste, che cercavano di impedire
l’entrata di prodotti in lingua straniera per poter preservare il proprio
nazionalismo.
Come caso particolare di traduzione quindi, il doppiaggio può essere incluso
nel vasto campo di Translation Studies, o traduttologia, ed essere analizzato con
gli strumenti che questa disciplina mette a disposizione. Contrariamente a quanto
si potrebbe pensare però, gli studi delle scienze del linguaggio su un oggetto dalla
diffusione così vasta non sono affatto numerosi, benché oggi in rapida espansione.
Il mio studio è stato circoscritto agli aspetti traduttologici insiti nel processo
di adattamento per il doppiaggio, con particolare riferimento alla trasposizione di
un film italiano in lingua spagnola.
Non mi sono soffermata, se non per brevi cenni, sugli aspetti estetici del
doppiaggio, sulla diatriba doppiaggio/sottotitolaggio, sugli aspetti glottodidattici
di queste due tecniche di diffusione cinematografica, tanto meno sulle questioni
prettamente storico-linguistiche, ovvero sulla storia della lingua del doppiaggio
spagnolo e sull'influenza del doppiaggio sulla formazione della lingua spagnola.
Come è noto, a parte rarissime eccezioni, tutti i film stranieri che giungono
in Spagna vengono doppiati. Essi sono cioè presentati con dialoghi in spagnolo
opportunamente tradotti e adattati da quelli della versione originale. Questo basta
a far capire che la mole di traduzione implicata in questo settore qualifica il
doppiaggio come uno degli esempi più diffusi di traduzione in Spagna.
Per esemplificare le basi teoriche formalizzate ho compiuto la traduzione-
adattamento e l'analisi empirica su una pellicola cinematografica che mi sembrava
potesse rappresentare le varie e molteplici problematiche connesse alla traduzione
cinematografica. L'analisi non vuole essere di tipo filologico, tesa alla
comparazione globale dei testi originale e doppiato. Essa si propone piuttosto di
fornire un complesso di prove esemplificative che illustrino e ricostruiscano le
problematiche generali insite nel doppiaggio cinematografico. Vediamo nel
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dettaglio il piano di lavoro che ho seguito.
Il primo capitolo si propone di inquadrare diacronicamente il doppiaggio
ricostruendone per cenni la storia. Partendo dall'avvento del sonoro, considerato
come fattore scatenante di tutto il processo, sono state analizzate le conseguenze
dell'innovazione sull'industria cinematografica mondiale e i primi esempi di
traduzione cinematografica. Ho illustrato in maniera sintetica le caratteristiche
essenziali della traduzione audiovisiva, un tipo di traduzione piuttosto recente, e
con delle caratteristiche particolari rispetto ad altri tipi di traduzione. Mi sono
quindi soffermata sulle tecniche principali di trasposizione del film tra lingue
diverse (traduzione del copione, sottotitolazione, doppiaggio) ed ho illustrato
l’utilizzo di queste tecniche in Europa.
Nel secondo capitolo ho definito singolarmente le diverse fasi che
costituiscono il processo tecnico di doppiaggio di un film, allo scopo di
comprendere meglio il trattamento subito dal testo di partenza all'interno del
processo traduttivo. Il doppiaggio può essere considerato come una vera e propria
operazione di chirurgia vocale. Il sistema di doppiaggio cinematografico è una
macchina perfetta, infallibile nella scelta delle singole voci; impeccabile
nell'adattarle ai tratti psicosomatici, alle sindromi, ai tic dell'attore-personaggio,
determinante per attivare quel meccanismo di seduzione esercitata dai divi sullo
schermo. Questa ricerca della giusta accoppiata, è sostenuta da una tensione
sperimentale impossibile/possibile che punta alla sutura tra una voce ed un corpo
separati nello spazio, nel tempo e nel contesto.
Tutto ha inizio quando l'adattatore-dialoghista si mette in moviola e col
copione originale da una parte e dall'altra il copione tradotto nella lingua d'arrivo,
mette in bocca all'attore le aperture, le lunghezze e le pause, le labiali, i ritmi, la
nuova sceneggiatura tradotta. A volte è veramente un lavoro da certosino. Dire
che un adattatore è solo un traduttore è piuttosto riduttivo dal momento che deve
analizzare nuovamente il dialogo per far sì che esca dall'immobilità della scrittura
animandosi, attraverso il doppiatore, nell'immagine dell'attore. Questo significa
che per far bene un adattamento spesso il dialogo deve essere smembrato e poi
ricomposto divenendo così un lavoro creativo, di invenzione.
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Nel terzo capitolo ho esposto la questione da un punto di vista prettamente
linguistico. Dopo un sunto delle ricerche precedenti e un inquadramento della
traduzione cinematografica come caso specifico di traduzione, ho analizzato il
processo traduttivo che dà origine al copione su cui è basata la recitazione degli
attori/doppiatori.
Quali questioni di lingua possono illuminare lo studio del doppiaggio,
ovvero quali sono gli aspetti non solo descrittivi, ma anche teorici di diretta
rilevanza per il linguista? Ovviamente l'interesse primo, interno al doppiaggio in
quanto tale, è quello centrato sulla traduzione: sui meccanismi, le strategie di un
processo dai tratti unici, in cui le operazioni di equivalenza sono fortemente
condizionate, a più livelli, dai molti vincoli che il canale visivo comporta. In un
dibattito sulla traduzione letterale/comunicativa esteso al cinema e alla
televisione, si deve quindi riconoscere al film uno statuto a parte. Nella narrativa
tutto passa attraverso la lingua: il traduttore ricrea con il nuovo codice verbale ciò
che già in partenza era espresso solo attraverso la parola. Nel teatro, in cui pur
esiste una forte e diversificata componente non verbale, questa viene riprodotta
volta per volta, attingendo anche alle risorse della cultura di arrivo, il che permette
di ridurre lo scarto tra mondo rappresentato e lingua usata. Nel doppiaggio,
invece, il traduttore deve fare i conti con luoghi, suoni, attori e gesti fissi intorno
ai quali costruire il nuovo testo, che nel film rimane comunque solo un tassello,
descritto e circoscritto dagli altri tasselli. Il doppiaggio andrebbe allora definito
non tanto “traduzione totale”, quanto “traduzione vincolata”, proprio per la sua
schiavitù nei confronti di codici non verbali predeterminati e del mondo che viene
rappresentato sullo schermo. L'analisi dei due momenti fondamentali del
processo traduttivo, rappresentati dalla traduzione letterale e dall'adattamento dei
dialoghi, costituisce la premessa per esaminare nel dettaglio le condizioni di
equivalenza a cui deve sottostare il testo filmico doppiato. I tre livelli di
equivalenza (sincronia, senso del testo e funzione testuale) sono stati infatti
l'oggetto dell'ultima parte dell'analisi, da cui è emersa con chiarezza la necessità di
un approccio traduttivo sostanzialmente pragmatico.
Nel quarto capitolo dopo una breve presentazione del regista e del film, ho
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proposto la mia traduzione, inedita in Spagna, della sceneggiatura del film italiano
A.A.A. ACHILLE, girato nel 2000 da Giovanni Albanese e scritto da quest'ultimo
insieme a Vincenzo Cerami. Questa traduzione non è direttamente utilizzabile per
doppiaggio e sottotitolazione, ma necessita degli adattamenti per adempiere a
questo scopo. Infine, mi sono soffermata sui principali problemi traduttivi
riscontrati nella traduzione del copione. Ho riportato diversi esempi nei quali, per
rendere una traduzione in lingua spagnola, il più fedele possibile al testo italiano,
ho dovuto adottare strategie particolari, mostrando talvolta diverse soluzioni
possibili. Naturalmente la maggiore difficoltà che si riscontra è insita nella lingua
poiché ci sono due tendenze antagoniste: da un lato, una divergente, che verte alla
frammentazione della lingua, e che costituisce la specificità della lingua di ogni
gruppo, di ogni individuo ossia, il proprio idioletto; dall'altro, una tendenza
convergente, che tende a far coincidere gli idioletti per una necessità
comunicativa. Mentre quest'ultima preserva una certa omogeneità, l'altra dà luogo
a varietà, che comunque si dovrebbero mantenere nella traduzione se si vuole che
la versione doppiata risulti essere verosimile.
La varietà linguistica merita sicuramente un'accurata attenzione nel campo
della traduzione a causa della stretta relazione che intercorre tra i fattori
extralinguistici del contesto.
Un problema rilevante della ricerca sull'architettura della lingua è dato dalla
sovrapposizione delle varietà, dovuta al fatto che molti tratti non sono esclusivi di
questa o quella varietà di lingua, ma compaiono in più di esse, differenziandosi
caso mai per la frequenza relativa di comparsa nei testi rappresentanti quella
varietà di lingua.
Per quanto concerne il presente lavoro, il problema risulta più delicato se
consideriamo che la lingua spagnola appartiene al gruppo delle lingue romanze.
Secondo alcune classificazioni, è la quarta lingua più parlata al mondo in termini
assoluti mentre è la seconda come lingua madre dopo il cinese.
Gli spagnoli sono soliti chiamare la loro lingua español quando questa viene
citata insieme a quelle di altri Stati, ma secondo alcuni sarebbe corretto usare il
termine castellano (castigliano), soprattutto in rapporto alle altre lingue
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politicamente riconosciute della Spagna. Inoltre il termine generico español viene
esteso anche alle zone dell'America Latina, pur senza avere connotazioni politiche
e di sovranità.
Per quanto riguarda le varietà linguistiche, ogni paese ha un suo modo
particolare di parlare lo Spagnolo. Ad esempio, in Messico, il più grande paese
ispanofono, possiamo trovare un grande elenco di parole specifiche e d'uso
quotidiano che differiscono molto dalla lingua parlata in Spagna o da quella
studiata nei corsi di lingua in Europa. In Centro America (Guatemala, Honduras,
El Salvador, Nicaragua, Costa Rica e Panama) la situazione è abbastanza
uniforme e lo Spagnolo è compreso benissimo da tutti, anche se in quei paesi
esistono ancora varie lingue indios. Nei Caraibi, distinguiamo il Cubano, il
Dominicano ed il Portoricano che differiscono sia per la pronuncia sia per il
significato attribuito a determinate parole. Lo Spagnolo di Venezuela e Colombia
è vicino a quello dei Caraibi e in tutta l'America del Sud ispanofona si parla
correntemente castellano però con molte differenze tra una nazione e l'altra. Ad
ogni modo, molte Costituzioni dei paesi ispanofoni americani, a differenza della
Costituzione del Regno di Spagna, indicano nello Spagnolo il nome della lingua
ufficiale della Nazione.
Attraverso questa rapida premessa, è facile convincersi di quanto sia
delicato fare una traduzione audiovisiva pensando di esportare un'unica versione
del prodotto in tutti i paesi ispanofoni. Inoltre, considerando l'andamento del
mercato audiovisivo, è chiara l'esigenza da parte delle produzioni, di preferire
un'unica versione doppiata in spagnolo da esportare in tutti i paesi, risparmiando
tempo e diminuendo i costi.
Il traduttore in questo caso deve quindi fare delle scelte linguistiche che
manterrà per tutta la stesura del dialogo in lingua spagnola, tenendo presente la
maggiore diffusione nel “mondo ispanofono”. In questo caso, ho optato per le
seguenti soluzioni:
L'uso del pronome personale in terza persona plurale, anziché vosotros
come avviene in castellano ossia, seconda persona plurale. Tale scelta è dovuta
dal fatto che in tutta l'America Latina si usa l'ustedes e questo non può certo
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essere ignorato da chi traduce verso questa lingua.
Seguendo la logica “di maggiore diffusione”, lo stesso avviene per la scelta
dei tempi verbali e, nello specifico, nella traduzione dei verbi italiani coniugati al
passato prossimo, tempo che esiste in lingua spagnola e che corrisponde al
pretérito perfecto ma che viene sostituito in America Latina con il pretérito
indefinido ossia, il passato remoto.
È curioso notare come spesso queste medesime scelte preliminari
coincidano con quelle fatte da un sottotitolatore in lingua spagnola, dal momento
che comportano un risparmio notevole di spazi in cui inserire il sottotitolo.
La più grande ambizione che ha un traduttore in questi casi, è quella di
considerare la dimensione “politopica” della lingua spagnola, che comporta la
scelta degli elementi comuni a tutte le nazioni ispanofone, naturalmente
equivalenti dal punto di vista del significato. Una delle maggiori difficoltà che si
riscontra è proprio quella di trovare molte omonimie e geo-sinonimi nei vari paesi
senza cadere in una serie di malintesi e situazioni imbarazzanti. È doveroso,
quindi, prima di affrontare una traduzione in questa lingua, premunirsi di specifici
dizionari contenenti i significati delle parole in tutte le nazioni ispanofone.
Il traduttore parte quindi con l'intenzione di rendere un testo universalmente
comprensibile al mondo ispanico servendosi degli elementi comuni nelle diverse
varianti dello spagnolo. Egli quindi, avvicina i confini linguistici di tutto lo
spagnolo parlato e laddove sia necessario, attinge lessico ed elementi linguistici
dalle “frontiere”, che si rivelano delle vere e proprie isole di sicurezza.
La casistica contenuta in questa sezione rispecchia i problemi di vario tipo
che i testi originali pongono al traduttore e/o dialoghista: linguaggi specializzati,
arcaici, fortemente personalizzati, dialetti, idiomi, slang, presenza di personaggi
difficili, presenza di più lingue, ecc.... Un universo di riferimenti articolato
secondo una grande quantità di elementi.
Inoltre, se consideriamo che ogni film è un mondo a parte e che presenta le
sue specifiche difficoltà a prescindere dai soliti problemi legati alle inquadrature e
alla sincronizzazione, in A.A.A. ACHILLE sicuramente la principale caratteristica
risiede nella balbuzie di tutti i personaggi. È interessante notare come esistano
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diversi tipi di balbuzie che caratterizzano ciascuno di essi e che, per certi aspetti,
potrebbe trattarsi di “idioletto nell'idioletto” il che comporta una precisione
indiscutibile.
Nei dialoghi italiani e spagnoli presentati, si troveranno spesso sigle e
abbreviazioni che servono al direttore di doppiaggio e al doppiatore per stabilire
punti di riferimento fissi sulla lunghezza di una frase, (motivo per il quale i
dialoghi qui riportati sono stati divisi in caselle), sull'attacco, la conclusione, le
pause. Le annotazioni del copione tecnico e la successiva interpretazione da parte
degli attori completano tutto ciò che i dialoghi non esprimono esplicitamente. In
secondo luogo, quanto più coerente è il copione, maggiore peso specifico avrà il
codice scritto nei dialoghi. Il copione risponde a una previa pianificazione e ciò
comporta che la sua struttura sia chiusa, che l'informazione che viene offerta sia
rilevante, che si utilizzino strutture fissate dall'uso sociale e che sia quindi meno
ridondante.
Il compromesso che il traduttore riesce ad ottenere, risulta essere la ri-
scrittura di ciascun idioletto in español, comportando un' altra presentazione del
personaggio ma, se il lavoro di traduzione è ben fatto, cosa che mi auguro
vivamente, allora ci sarà il “clone ispanofono” di l'Achille per un bravo
doppiatore al quale verranno cucite ad hoc le parole sulle labbra...
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