4
ultimo erano stanchi di essere vessati dalle tasse e dalle decime che non
erano utilizzate per i bisogni pastorali locali, quanto per quelli romani. In
questo scenario compare la figura oggetto del nostro studio, Michael
Gaismayr, un montanaro cresciuto in una famiglia di piccoli proprietari
minerari che si metterà presto alla testa dei contadini per guidarne la
rivolta. In particolare abbiamo ritenuto opportuno soffermare la nostra
attenzione sul manifesto politico-religioso che lo stesso Gaismayr scrisse
nei mesi invernali del 1526, durante il suo forzato soggiorno svizzero nel
quale ebbe modo di conoscere e frequentare assiduamente il riformatore
Zwingli. La particolarità del documento sta nell’aver perfettamente fuso
l’elemento religioso e quello politico in un corpus di articoli mirati ad
organizzare minuziosamente ogni singolo aspetto della nuova realtà statale.
All’assoluta particolarità del documento non corrisponde purtroppo
un adeguato interesse da parte degli storici, al di fuori di quelli di lingua
tedesca. Le fonti principali sono tutte in tedesco antico e riguardano due
copie del manifesto redatte successivamente alla sua scrittura con
l’aggiunta dei lavori dello storico cecoslovacco Josef Macek, che tuttavia
non affrontano tanto l’analisi del documento politico quanto le vicende
generali dell’autore. In italiano esistono i lavori monografici di Aldo Stella,
l’unico storico italiano che si sia dedicato allo studio del Gaismayr e che ci
abbia lasciato la traduzione del manifesto tirolese1. Stella tuttavia non
analizza il documento, si limita a enunciarne i singoli articoli a margine
della storia del suo autore che viene invece esplorata con estrema
completezza. Abbiamo quindi ritenuto opportuno soffermarci sull’analisi di
tale documento nel tentativo di evidenziarne i caratteri assolutamente
particolari e univoci alla luce dell’epoca nel quale esso venne scritto e in
1
Aldo Stella, La rivoluzione contadina del 1525 e l‟utopia di Michael Gaismayr, Liviana, Padova 1975.
5
riferimento alle influenze zwingliane che l’autore ricevette attraverso il
contatto diretto con quest’ultimo e con le sue opere. Il lavoro è suddiviso in
quattro capitoli: nel primo vengono tracciate le condizioni sociali ed
economiche generali del Tirolo e il contatto con la riforma. Nel secondo
capitolo ci soffermiamo sulla vita del Gaismayr attraverso l’analisi dei suoi
percorsi di studio giovanili e dei suoi incarichi pubblici; passeremo poi a
verificare come si sia sostanziata l’attività politica dell’autore a favore dei
contadini. Nei capitoli terzo e quarto ci soffermiamo sulle influenze
personali ed ambientali che favorirono la gestazione del documento,
passando poi all’analisi più specifica degli articoli.
6
Capitolo I
Il Tirolo all’inizio del Cinquecento
1) Condizioni socio-economiche ed istituzionali nei territori
tirolesi
Il territorio tirolese faceva parte del Sacro Romano Impero
Germanico. L’imperatore si poneva al vertice della piramide di potere,
subito dopo veniva l’arciduca D’Austria, che era anche conte del Tirolo, il
quale governava sui singoli territori attraverso la facoltà di convocare la
Dieta regionale che altro non era che un’assemblea alla quale
partecipavano anche tutte le città governate dal principe-vescovo.
Tra queste città vescovili forse la più importante era Bressanone.
Qui:
Il principe-vescovo era la guida spirituale, ma anche il capo politico della
città e grazie a questa doppia funzione, poteva influenzare fortemente la sua
storia. Nelle sue mani, infatti, si concentravano poteri che nessun signore laico
aveva. Egli rappresentava la città di fronte all’imperatore e nella Dieta Tirolese2.
Quest’ultimo era nominato dal Capitolo del Duomo, tuttavia
l’influenza e le pressioni che i duchi tirolesi riuscirono ad esercitare,
almeno a partire dal XIV sec., sui canonici, sono confermate dal fatto che
nella città di Bressanone, il vescovo Ulrich Putsch fu eletto in seguito
2
Josef Gelmi, Storia della città di Bressanone, Bressanone 2004, p. 50. Sulla storia delle origini dei
principati ecclesiastici del Tirolo si veda: Iginio Rogger, I principati ecclesiastici di Trento e Bressanone
dalle origini alla secolarizzazione del 1326, in I poteri temporali dei vescovi in Italia e in Germania nel
Medioevo, a cura di C.G. Mor e H. Schmidinger, Il mulino, Bologna 1979 (Annali dell’istituto storico
italo germanico, Quaderno 3).
7
all’intervento di Federico IV, «sebbene nel Capitolo fossero presenti
diversi suoi nemici»3
Questo genere di pressioni elettive non necessariamente provenivano
dal solo arciduca, potevano altresì essere esercitate dall’imperatore stesso.
Nel 1521, sempre nella città di Bressanone, per volere dell’imperatore il
Capitolo elesse uno svevo di origini borghesi, Sebastiano Sprenz.4
Del resto l’invadenza imperiale sui territori controllati aveva
storicamente origine nell’età carolingia, età nella quale il potere regio
esercitava un forte controllo non solo attraverso lo strumento della
pressione più o meno diretta, ma anche tramite elementi formali di tipo
giuridico come ad esempio l‟avvocazia, vero e proprio istituto giuridico che
ebbe particolare importanza nel Tirolo. Tale istituto riguardava, nell’età
anzidetta, un aspetto particolare del processo di feudalizzazione della
Chiesa. «ecclesia non sitit sanguinem», la Chiesa non poteva esercitare
direttamente l’alta giustizia, ma doveva servirsi di un avvocato a ciò
preposto. In epoca carolingia, la nomina degli avvocati consentiva al potere
centrale di esercitare un controllo sul potere temporale della Chiesa. In
tempi successivi, l’avvocato divenne un vassallo dei vescovi e a partire dal
X sec. crebbe d’importanza5.
Per comprendere le vicende del territorio trentino-tirolese a cavallo
tra 1400 e 1500 è necessario operare una distinzione temporale che abbia
come spartiacque l’anno 1490.
Fino a quella data infatti, il sistema feudale che vigeva in quelle zone
aveva visto la progressiva affermazione della borghesia commerciale
cittadina e dei proprietari terrieri nel contado; entrambe queste realtà
3
Josef Gelmi, Soria della città di Bressanone, p. 50
4
Ibidem p. 81.
5
Michael Forcher, Il Tirolo, Panorama Editore, Vienna 1984, p. 115.
8
sociali, autonomamente armate all’interno dei propri possedimenti, erano
capaci di difendere le loro prerogative di libertà attraverso l’uso della
forza.6
La dieta provinciale di Merano del 1425 aveva formalmente
riconosciuto come “Stati” proprio la borghesia cittadina e i contadini liberi,
in aggiunta al clero e alla nobiltà, per l’approvazione delle richieste di
contributi finanziari da parte del conte del Tirolo.
Nonostante ciò, non era possibile considerare tale riconoscimento
come formalmente tendente alla equiparazione dei diritti e dei doveri, visto
che i nobili e l’alto clero continuarono a mantenere i loro privilegi e le loro
immunità. Comunque sia, tale riconoscimento formale ebbe come
conseguenza l’instaurarsi di un clima favorevole di attesa, se non altro
perché sembrava auspicare la realizzazione di un diverso assetto sociale e
politico. Il modello di riferimento era senza dubbio la Svizzera dei cantoni7
che, avendo conseguito la piena autonomia, respingeva ogni ulteriore
tentativo asburgico di ripristinare la sovranità imperiale. Fu allora che prese
corpo nelle menti dei suoi abitanti il mito della repubblica tirolese, mito che
veniva alimentato dalla presenza della repubblica veneziana invocata da
molti come modello e come possibile fonte di aiuto militare. Alla fine
prevalse un più pragmatico senso di lealtà dinastica nei confronti del
dominio asburgico, purché garantisse le tradizionali autonomie locali. In
pratica nel lungo periodo che andò dal 1446 al 1490, fu salvaguardato il
particolarismo provinciale, il territorio del Tirolo e del Trentino conobbero
il loro miglior periodo dal punto di vista economico e sociale. A partire dal
1490 la situazione si modificò sensibilmente a causa dell’assolutismo
6
Stella, La rivoluzione contadina del 1525 e l‟utopia di Michael Gaismayr, p. 19.
7
Per una panoramica sulla storia della Svizzera in riferimento all’ordinamento cantonale si veda: Emilio
R. Papa, Storia della Svizzera. Dall'antichità ad oggi. Il mito del federalismo, Bompiani, Milano, 1993.
9
accentratore di Massimiliano d’Asburgo, il quale si propose una
riorganizzazione generale che aveva come caratteri peculiari
l’accentramento burocratico che inevitabilmente finirà per minare le pur
minime autonomie locali che nel precedente periodo avevano caratterizzato
i territori dei possedimenti asburgici.
Nel 1493, Massimiliano d’Asburgo fu eletto imperatore ed egli a
questo punto non esitò a consolidare la propria opera di accentramento
introducendo un insieme di norme che testimoniavano la forte influenza del
diritto romano nella procedura amministrativa, eliminando il diritto
consuetudinario tedesco. In tal modo la sua volontà di accentramento
assolutistico non ebbe più nessun tipo di ostacolo formale e in più, con tale
disposizione, venivano di fatto a cessare quelle autonomie locali che in
seguito avrebbero causato una reazione violenta da parte soprattutto dei
contadini liberi, i quali non a torto temevano di perdere i piccoli privilegi
conseguiti a prezzo di tante fatiche e di tanti contrasti avuti negli anni
passati con i nobili e con l’alto clero8. La politica intrapresa dall’imperatore
Massimiliano finì per produrre l’effetto contrario a quello da lui auspicato.
Per dimostrare la loro indipendenza infatti, molti cantoni strinsero alleanza
con le milizie francesi e quando più tardi anche i Grigioni svizzeri9 si
allearono con i loro conterranei confederati, staccandosi dall’impero,
Massimiliano fu costretto a mobilitare l’esercito. Il conflitto si risolse a
favore dei confederati nella battaglia di Calven il 22 maggio del 1499 e
invano accorse l’imperatore in persona per tentare una vana rivincita. I
confederati svizzeri confermarono la loro indipendenza, non formalmente
riconosciuta dall’impero. Le vicende dei confederati svizzeri e dei Grigioni
8
Stella, La rivoluzione contadina del 1525 e l‟utopia di Michael Gaismayr, p. 29.
9
Sui Grigioni svizzeri e il loro cantone si veda: Storia dei Grigioni, edizioni Casagrande, Bellinzona
2000.
10
ebbero una grande influenza sulle popolazioni dei territori trentino-tirolesi
che nel frattempo vedevano sempre più compromesse le loro prerogative di
autonomia sotto la diretta influenza di Massimiliano. In seguito le vicende
che si svolsero in territorio elvetico verranno prese dalle popolazioni
tirolesi come esempio da imitare. Un altro fattore che contribuì a un lento
deterioramento dei rapporti fra impero e territori trentino-tirolesi fu la
dispendiosa guerra che Massimiliano intraprese contro Venezia dal 1508 al
1516 e che gravò pesantemente sull’economia di quelle regioni. La guerra
danneggiò pesantemente il commercio transcontinentale e quindi i ceti
borghesi ma non solo, anche il depauperamento dell’agricoltura, derivante
dai continui arruolamenti richiesti alle campagne, determinò una forte
diminuzione della forza lavoro nei campi, se poi a questo si aggiungono i
frequenti saccheggi e le devastazioni provocate dal passaggio delle truppe
male organizzate e mal pagate, si capisce come la situazione fosse destinata
a un sicuro peggioramento.10 Fu così che cominciarono a manifestarsi i
primi segni evidenti di malcontento sociale attraverso la costituzione di
associazioni clandestine come quella degli artigiani di Bolzano, che aveva
come simbolo una scarpa11.
10
I principali rapporti economici che allora intercorrevano tra il Tirolo e Venezia erano dovuti
all’economia dell’albero. Tra Cinquecento e Seicento l’accesso continuo alle licenze di taglio di boschi
rilasciate dalla Camera arciducale dell’Alta Austria per i bacini gravitanti su diversi corsi d’acqua
dell’arco alpino sud-orientale aprì alle élites residenti nella fascia di confine tra l’Impero e la Repubblica
di Venezia importanti possibilità economiche, grazie proprio allo sfruttamento delle risorse della
montagna. Questa attività economica non avvantaggiava solamente le città e una ristretta cerchia di
produttori muniti dei capitali necessari all’avvio delle attività, ma anche le popolazioni alpine e quelle che
si trovavano nei distretti della pianura; esse potevano contare infatti su un sicuro rifornimento di derrate
alimentari. Il processo di scambio era originato dal commercio del legname che serviva non solamente
come fonte di energia ma anche come materia prima necessaria al mantenimento di piccole produzioni
artigianali e di strumenti da lavoro. Non è difficile immaginare le conseguenze disastrose che la guerra
contro Venezia arrecò all’economia dei territori tirolesi e alle loro popolazioni. Sui rapporti economici
relativi all’economia dell’albero tra Tirolo e Venezia si veda: Katia Occhi, Boschi e Mercanti; Traffici di
legname tra la contea del Tirolo e la Repubblica di Venezia (sec. XVI-XVII), Il Mulino, Bologna 2006.
11
Stella, La rivoluzione contadina del 1525 e l‟utopia di Michael Gaismayr, p. 33.