2
Perché la violenza è codarda, i loro fumogeni annebbiano l'ambiente per
garantire impunità, le loro sassaiole piovono come grandine da tutte le
parti, in modo che non ti puoi difendere, con i petardi, che quando non
spaventano, feriscono, con le loro bombe carta che, come a Catania,
uccidono […]. Le pene miti finora inflitte ai violenti, come per esempio
l'interdizione a frequentare gli stadi, o i patteggiamenti, abituano
progressivamente a ripetere, con la cadenza del rito, ciò che all'inizio era un
fatto isolato [...].
1
Con intelligenza sgombra da pregiudizi, Galimberti riporta
ciò che, effettivamente, il calcio rappresenta nella mente di
ognuno di noi. Alza involontariamente un muro, tra quanti si
dichiarano disinteressati al mondo del calcio, e quanti di calcio
vivono.
Calcio come rituale che, nella nostra società, al pari di molti
altri riti laici, svuota gradualmente le chiese, per riempire gli
spalti colorati, e permettere all’uomo, verosimilmente, di
ritrovare la natura di sé stesso, un animale a cui l’evoluzione
millenaria ha regalato a differenza di tutte le altre specie due
nuovi “cervelli” con cui controllare gli istinti ed indirizzare
pulsioni;
La violenza da stadio è ormai rituale, bisogna assolutamente interrompere il
rito delle partite di calcio, a cui la ritualità della violenza si aggancia.
Proprio perché senza scopo non c’è altro modo di interrompere questo tipo di
violenza se non interrompendo il rito […] . La loro violenza è cieca perché è
assurda, ed assurda perché non è neppure un mezzo per raggiungere uno
scopo […] . È puro scatenamento di forza che non si sa come impiegare; la
1
U.Galimberti, il rito domenicale della violenza.Tratto da “la Repubblica”, 5
Febbraio 2007;
3
mancanza di scopi rende la violenza infondata e quindi assoluta… e si
trasforma in pura e sfrenata crudeltà […] .
2
Altro articolo, altra presa di posizione: l’intervento di
Galimberti, in questo caso, pone l’accento sull’ingiustificabilità
della violenza all’interno del campo da gioco, ponendo al
contempo le basi per l’individuazione degli elementi utili a
spiegarla, e cioè il rituale laico di cui parlavo prima.
La violenza cui si fa cenno, e che assurdamente è costata la
vita all’ispettore di polizia Filippo Raciti, così come a tante altre
persone nel corso degli anni, non può essere totalmente
giudicata quale infondata e senza scopo, perché, come ben si
insegna in psicologia, il nostro giudizio nei confronti di un
qualsiasi fenomeno sociale, risentirà inevitabilmente della
nostra posizione rispetto ad esso.
Pertanto chiunque voglia comprendere la natura del
fenomeno, dovrà inevitabilmente vestire sia i panni del tifoso
Ultras, che del pensionato seduto in tribuna alla Domenica, ma
anche del poliziotto che carica un gruppo di Ultras, così come di
chi la partita preferisce guardarla in casa dal digitale terrestre.
Non importa quale sia il canale attraverso il quale viaggia
l’informazione, ciò che conta è che avvenga quello straordinario
fenomeno che è la suggestione di massa.
2
ibidem;
4
Introduzione
Da Milano a San Cataldo, tutta la storia del tifo calcistico è
punteggiata di incidenti, risse ed atti vandalici, ma basta questo
a descrivere un fenomeno tanto spettacolare quale il tifo
calcistico dietro il quale risiede una smisurata ed irrazionale
fede per i colori della propria città?
Questo lavoro non sarà un archivio dei peggiori episodi di
violenza accaduti nel corso degli anni, ma la storia ed il perché
del tifo organizzato.
Aveva ragione Gabriel Tarde quando diceva che “ciò che si
vede impedisce talvolta di considerare ciò che non si vede”
3
è
questo a mio avviso il mestiere dell’illusionista e non dell’uomo
di scienza, difatti ciò che designiamo con il termine violenza è il
risultato di un atto conoscitivo che non restituisce al fenomeno
la pluralità delle sue dimensioni, né la sua complessità.
Mentre per il senso comune l’evidenza di ciò che si configura
come violenza è indiscutibile, per un’ ottica scientifica non
esiste la violenza in sé, ma atti, comportamenti e situazioni che,
in base ad un decreto morale, possono essere giudicati violenti.
Quando alla parola violenza si associa il termine
aggressività o come sinonimo o come sostantivo, le cose
tendono a complicarsi ulteriormente generando una confusione
concettuale ed ambiguità semantiche.
3
Gabriel Tarde Cit in.Alessandro Salvini,Il tifoso violento, ovvero il disordine
regolamentato, Psicologia Contemporanea, n. 68 Marzo Aprile ‘85, pp 2-13.
5
L’occhio del cronista seleziona, collega e racconta i fatti,
riducendoli ad argomenti, a notizie drammatizzate,
orientandone l’interpretazione in termini di prevalente giudizio
morale, alle cui conclusioni viene dato un valore esplicativo.
Appare evidente che l’indagine de tifo violento debba
sospendere la valutazione morale, così ad emergere sarà una
realtà le cui qualità sono altro da quello che appare, realtà
geografiche e culturali in cui il gruppo di tifosi è una delle poche
se non l'unica possibilità di identificazione collettiva rimasta;
eldorado di gratificazione e appagamento dei bisogni di
affiliazione per adolescenti in cerca di se stessi o per individui
appartenenti a classi sociali svantaggiate o a realtà di precaria
realizzazione personale.
L'identificazione col gruppo diviene così forte da sostituirsi
all'identità: un ultras è prima di tutto un ultras, dopo forse è
anche uno studente, un marito, un padre, un lavoratore ecc..
Il gruppo ultras soddisfa i bisogni di autostima e narcisismo
dei suoi membri nel momento in cui non si considera solo
supporto di una squadra o mero pubblico partecipante, ma
attore principale, protagonista nel bene e nel male del grande e
spettacolarizzato evento che il calcio è diventato.
Un approccio definito correzionale afferma Daid Matza
“aumenta la possibilità di perdere il fenomeno riducendolo a ciò
che non è”
4
.
La mia sfida sarà allora quella di evitare che il presente
lavoro possa essere negativamente influenzato da approcci
riduzionistici o stereotipanti, l’idea di fondo è che il fenomeno
4
David Matza Cit in.Alessandro Salvini, Il tifoso violento, ovvero il disordine
regolamentato, Psicologia Contemporanea, n. 68 Marzo Aprile ‘85, pp 2-13.
6
Ultras sia altro da ciò che viene descritto nelle pagine di cronaca
sportiva.
Ultras come fenomeno sociale che trova le sue radici nella
natura e propensione dell’uomo alla dominanza territoriale ed
alla condivisione rituale dei valori; allora sarà possibile
comprendere l’origine della violenza negli stadi, per fare ciò non
serve allontanarsi troppo dalle realtà sociali di ognuno di noi.
Nella seconda parte di questo lavoro descriverò i risultati di
una ricerca effettuata nel Comune di San Cataldo, con
protagonisti un gruppo di ragazzi Ultras, il “Commando
Neuropatico”
5
; in una intervista rilasciata al quotidiano “la
Sicilia” così rispondeva il questore di Caltanissetta Filippo
Piritore, alla domanda del cronista di individuare quali fossero, a
livello di tifoserie, le piazze più calde:
“Sicuramente quelle del capoluogo e di San Cataldo. A Gela invece i tifosi
non danno eccessive preoccupazioni”
6
.
Il campione da me utilizzato è stato messo a confronto con
un gruppo di controllo, individuato tra quanti frequentano
sporadicamente lo stadio o quanti lo frequentano con maggiore
frequenza, scegliendo però, una platea diversa da cui assistere
all’incontro, rispetto al gruppo degli ultras, dalla tribuna o dal
balcone di casa propria.
Vedremo quindi emergere differenze sostanziali nel modo di
percepire il fenomeno della violenza negli stadi, nella modo di
attribuire responsabilità, e giustificare le azioni più irruente..
5
Gruppo Ultras della squadra di calcio”sancataldese”, San Cataldo, Cl.
6
Art citat. da “Il Giornale di Sicilia”, S.G. Martedì 6 Febbraio 2007.
7
“Una partita si presta a numerose varianti e a commenti appassionati sulla
colpevolezza, sulla premeditazione, le motivazioni oscure di decisioni
sfavorevoli alla propria squadra, la corruzione, la legittimità e l’arbitrarietà
delle sanzioni. In altre parole siamo in presenza di un dibattito
drammatizzato e caricaturale della giustizia terrestre”
7
I. La nascita del fenomeno: Le origini del gioco
La nascita del gioco del calcio, sembra risalga al lontano
2600 a.c., quando nell’antica Cina viene praticato il Tsu-Chu un
gioco che consiste nel colpire col piede (tsu) una palla di pelle,
imbottita in vario modo (chu). Più o meno nella stessa epoca,
anche nell’antico Giappone si diffonde il Kemani, un gioco in cui
due formazioni da otto uomini si affrontano con l’obiettivo di
spedire una palla (costituita da un involucro ricoperto di cuoio
con all’interno una vescica di animale gonfiata), ovviamente per
mezzo di calci, in uno spazio delimitato da alberi.
Nell’antica Europa, invece, si sviluppa uno sport più ibrido,
una via di mezzo tra gli odierni calcio e rugby: i greci lo
chiamano episkyros
8
, i romani harpastum.
Nell’antica Grecia nel IV sec. a.c. l’episkyros viene
quotidianamente praticato ma non entra mai a far parte
dell’elite delle attività sportive degne della manifestazione
Olimpica.
7
Tratto da C. Bromberger, La partita di calcio, Editori riuniti, Roma 1999,
p.85
8
Ibidem.
8
L’harpastum viene praticato, nella Roma degli imperatori, e
dai legionari i quali probabilmente con il loro continuo
vagabondare “guerriero” per tutta Europa, hanno permesso al
seme del gioco del calcio di diffondersi in tutto il continente.
Risale al 276 d.c. la prima notizia ufficiale sulla versione
latina del gioco del calcio; è in quest’epoca che si svolge un
incontro tra un gruppo di legionari, di stanza in un villaggio
della Britannia, ed un gruppo di giovani del luogo.
Il gioco fatto con i piedi, così come oggi noi lo conosciamo,
ebbe in parte origine dal "dribbling game"
9
il gioco della finta
che si faceva nei Colleges inglesi già alla fine del '700.
La finta, lo scarto per sottrarre la palla all'avversario non si
può fare con le mani; con i piedi e con il corpo si può passare
da una parte facendo rotolare la palla in avanti e lasciare
l'avversario dall'altra. Questo fu l'aspetto spettacolare che fu
introdotto nel nuovo gioco del calcio, e che caratterizza le
capacità di quei giocatori strapagati che popolano l’elite
calcistica.
Le regole divennero di facile apprendimento, scomparvero le
complicazioni e le difficoltà dei punteggi che costituivano le
caratteristiche dei primitivi ed anche dei più recenti giochi con
la palla.
La palla giocata con i piedi fu l'elemento che assieme allo
svolgersi lineare e semplice dell'azione fece del calcio in
assoluto lo sport più seguito.
Ma questo fu anche il motivo della caduta dei contenuti di
equità presenti negli sport con la palla.
9
Tratto da “Il tifo per il calcio” , sito internet:
http://groups.msn.com/ILTIFOPERILCALCIO/lasindromedeltifoso.msnw
9
La palla rotonda che può essere manipolata solo per mezzo
dei piedi, pena il “fallo”, assume le caratteristiche
dell’imprevedibilità e non si poteva mai dire che la squadra più
forte avrebbe vinto già prima dell'incontro.
Alcune caratteristiche strutturali nel gioco del calcio ne
favoriscono la protesta negli spettatori, sia perché avviene in
un’arena, quindi al cospetto di un pubblico, che al pari dei
giochi romani nel colosseo, decidevano sia della vita che della
morte degli sconfitti, e sia perché le norme sono suscettibili di
una larga interpretazione da parte dell’arbitro.
Nel calcio le singole azioni hanno un'importanza elevata sul
risultato finale di una partita. Le partite spesso finiscono 0-0
sono equilibrate e a volte basta una decisione arbitrale per
determinare irreversibilmente il risultato di una partita.
E' lui che può decidere sull'esito dell'incontro; rappresenta la
personificazione del senso della morale, rappresenta una
autorità legale ma non legittima, che mostra una sottilissima
differenza, con quel senso della morale che insito nelle nostre
coscienze, in questo caso la morale si fa concreta, si fa uomo, e
quindi la morale divenendo mortale o materiale è suscettibile
d’errore anch’essa; questo aspetto contribuisce in parte a
spiegare il perché di episodi di assurda violenza contro l’arbitro.
Così titolava la Sicilia all’indomani di una partita casalinga
della sancataldese:
“Calci e pugni all’arbitro al Valentino Mazzola”
10
.
In questo caso i tifosi della sancataldese, imputando ad un
errore dell’arbitro l’esito infelice della partita, scaricavano su di
10
Tratto da “La Sicilia” Febbraio 2007