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Secondo Rehingold (1994), il mondo digitale appare privo di legami ed è
caratterizzato da un libero scorrere del movimento che “invoglia ad agire”.
Questo potenziale di fluidità e flessibilità può generare un libero scambio
di idee ed informazioni, aumentando le possibilità di apprendimento e
creazione.
Allo stesso tempo, se è vero che le tecnologie aumentano la
frammentazione e, come afferma Zygmunt Bauman (2002), trasformano le
persone in un “aggregato mobile in cui ogni singola unità fa la stessa cosa
ma nulla viene fatto in comune”, è altrettanto vero che un uso creativo
degli strumenti informatici consente di esplorare usi diversi delle
tecnologie stesse alla ricerca di una diversa produzione di senso
(Bauman, 2002).
Dopo aver constatato, attraverso una prima fase di osservazione, la
scarsa collaborazione tra le comunità (digitali: blog, siti personali, siti
istituzionali di parità, ecc. e fisiche: lavoro, famiglia, associazioni femminili,
strutture pubbliche che erogano servizi alle cittadine) di e per le donne,
che si occupano di “questioni di genere” nella Provincia di Sassari (e di
conseguenza, la scarsa rilevanza data alle esperienze/risorse da esse
prodotte), è stato scelto di esplorare la possibilità di progettare un ponte
tra queste con il supporto di alcuni strumenti telematici, nati per sostenere
le attività delle comunità e finora efficacemente utilizzati dalle comunità
presenti in rete
3
(cfr. cap. 3).
L’approccio metodologico scelto per indagare sulla possibilità di creare un
ambiente digitale nel contesto specifico, è la “Progettazione Centrata
sull’Utente”, la quale tiene conto costantemente dei bisogni, degli obiettivi
e delle caratteristiche dell’utenza potenziale del progetto, considerandola
come partecipante attiva nelle varie fasi di design.
Il processo di design è stato progettato in modo da esplicitare:
ξ Quali sono le caratteristiche del contesto sociale e culturale in cui le
donne del territorio si trovano quotidianamente ad agire ed
interagire. Com’è organizzato questo contesto, quali sono le
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Vedi ad esempio: www.women.it
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problematiche (individuali, di gruppo) ad esso collegate e quale la
relazione che sta alla base delle sue dinamiche interne;
ξ Quali sono le necessità e gli obiettivi delle donne del territorio;
ξ Quali sono le motivazioni della scarsa collaborazione nelle attività
tra donne appartenenti a campi/ambiti lavorativi e sociali differenti;
La progettazione centrata sull’utenza ha avuto il fine di cercare un
argomentazione valida per rispondere alle due domande di ricerca emerse
dall’analisi:
ξ Con quali strumenti potrebbe essere favorita la comunicazione, la
collaborazione, la creazione di un linguaggio e di risorse condivise
da queste comunità.
ξ In quale modo dovrebbe essere progettato un ambiente digitale col
fine di supportare lo scambio continuo di conoscenze favorendo in
questo modo un apprendimento dell’intera comunità.
Breve descrizione del piano di analisi
Nella prima fase di analisi (dell’utenza e del contesto in cui essa
opera quotidianamente), con l’utilizzo di alcune tecniche etnografiche di
raccolta dei dati: osservazione etnografica e focus group, la potenziale
utenza è stata individuata e successivamente inserita in quattro categorie:
Associazioni, Università e centri di ricerca, Istituzioni di parità, Cittadine
non associate.
In ogni categoria sono state analizzate le dinamiche
organizzative/relazionali interne e sono stati individuati dei sottogruppi che
operano al suo interno influenzandosi a vicenda.
La base teorica utilizzata come supporto all’osservazione delle dinamiche
interne ai gruppi è quella delle “Comunità di Pratica”, concetto definito e
descritto approfonditamente da Etienne Wenger (1998). Seguendo questa
linea teorica, i gruppi sono stati inseriti in un sistema organizzativo
comune denominato dallo stesso autore “Costellazione di Comunità di
Pratica”. Al suo interno è stato osservato che le comunità si incontrano
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secondo le esigenze dettate dalle proprie attività quotidiane, condividono
stili comunicativi, temi, discorsi, risorse umane.
Le tecniche di analisi utilizzate nella seconda fase di esplorazione:
questionari e analisi comparativa, hanno permesso di specificare
maggiormente attività/necessità/obiettivi delle donne coinvolte nella
progettazione. Questi, si sono dimostrati complementari ai problemi rilevati
nella prima fase di analisi ovvero: problemi organizzativi all’interno dei
gruppi dovuti all’impegno delle donne in più comunità
contemporaneamente, con conseguente necessità di strumenti di supporto
all’organizzazione delle attività individuali/di gruppo; appartenenza ad un
sistema comune, ma collaborazione sporadica tra i gruppi e conseguente
desiderio di una collaborazione continuativa; disorientamento nella ricerca
(su supporti informatici e cartacei) di informazioni (luoghi, soggetti,
contenuti) prodotte dalle donne del territorio e ad esse dedicate.
Le riflessioni teoriche sui “Sistemi Complessi” (Holland, 1995),
“Connettivismo” (Siemens, 2005) e sulle “Comunità di pratiche
interconnesse” (Wenger, 1998), integrate ai risultati dell’analisi dell’utenza
e del contesto, hanno dunque fornito le basi per la definizione dei requisiti
di un ambiente virtuale che permettesse un collegamento e una
collaborazione tra i gruppi, descritti come “nodi specializzati”, facenti parte
della stessa organizzazione (comunità di donne impegnate in questioni di
genere). Queste connessioni favorirebbero uno scambio continuo di
conoscenze e un apprendimento reciproco dei gruppi, inclusi in un
network sociale personalizzato secondo le esigenze da essi stessi
espresse.
Nella parte dedicata alla progettazione dell’ambiente virtuale, sono stati
utilizzati i concetti e le tecnologie tipiche del Web 2.0, che ben si prestano
ai quattro obiettivi dell’ambiente stesso:
1) facilitare la coltivazione di relazioni interpersonali tra cittadine
(appartenenti o meno a organizzazioni private o pubbliche)
impegnate in ambiti diversi ma accumunate da interessi generali
comuni;
2) supportare l’organizzazione del lavoro e le relazioni interne ai
gruppi individuati;
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3) favorire l’incontro e la collaborazione (comunicazione e
collaborazione) tra comunità appartenenti allo stesso gruppo e tra
gruppi differenti;
4) semplificare la ricerca sul web di luoghi, persone, contenuti
riguardanti le donne della Provincia di Sassari, accorpandoli in uno
spazio comune.
Gli strumenti selezionati: sito web (home) della comunità; siti web che
permettono uno scambio di bookmarks e fotografie come Flickr e
Del.icio.us; strumenti che facilitano la scrittura collettiva di contenuti come
blog, wiki, Google Applications per le organizzazioni; banche dati che
accorpano e organizzano le informazioni prodotte o ricercate dalle utenti;
strumenti che facilitano l’incontro e la realizzazione di eventi fisici di tutta la
comunità come i Barcamp, inclusi il letteratura in una definizione comune
di “Social Software”, sono stati combinati in maniera adeguata, inseriti in
un prototipo dell’ambiente virtuale disegnato e adattati alle esigenze
dell’utenza al fine di soddisfare gli obiettivi appena citati.
Infine, con lo scopo di valutare la percezione degli utenti rispetto all’utilità
degli strumenti proposti, al piacere sociale derivato dalla potenziale
appartenenza ad una rete condivisa, alla possibilità di condividere le
proprie esperienze, alla curiosità di partecipare ad un progetto condiviso,
alla possibilità rafforzare e diffondere la propria identità, ecc., è stato
organizzato un secondo focus group, presentando alle utenti degli
storyboard su carta raffiguranti lo svolgimento di tre attività all’interno del
network.
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1.
DALLA TEORIA ALLA PRATICA
La cornice teorica di questo lavoro è stata costruita sulla base delle
riflessioni delle nuove scuole di pensiero sull’apprendimento, le quali, negli
ultimi due decenni, hanno concentrato il loro dibattito sulle teorie sociali
dell’apprendimento (Leave and Wenger, 1991). Secondo questi
approcci, che integrano la dimensione sociale negli ambienti virtuali di
apprendimento, l’interazione, il dialogo e la collaborazione in ambienti
virtuali come i forum e i blog permettono agli utenti di costruire una
conoscenza individuale ma socialmente mediata da imprese condivise
(Shailey Minoca, 2008).
Al contempo, sono state utili alla trattazione le riflessioni derivate dai nuovi
approcci sull’architettura dell’informazione (L.Rosati, 2007, B.Sterling,
2006). Essi spostano il focus dei loro studi dal rapporto tra uomo-
interfaccia, alle relazioni tra uomo e informazione, proponendo un modello
di progettazione che fornisca un collante tra contesto fisico e contesto
digitale (Rosati, 2007).
Partendo da questi presupposti, le basi teoriche descritte in questo
capitolo sia appoggiano su due differenti livelli di analisi:
ξ L’ auto-apprendimento delle comunità sociali, derivato dalle loro
relazioni e pratiche (attività) interne;
ξ La costruzione di conoscenza, derivata dalle interconnessioni tra
nodi specializzati di uno stesso sistema in un modello organizzativo
e di interazione comune.
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1.1 Il comportamento di un Sistema deriva dall’interazione
tra i suoi elementi
La teoria della complessità è una scienza multidisciplinare (Morin,
1990; De Angelis, 1996; Battramm, 1999). Essa prende in considerazione
elementi di discipline molto diverse tra loro, quali ad esempio la teoria dei
sistemi, la cibernetica, la metodologia, la teoria del caos, l'intelligenza
artificiale, la vita artificiale, le scienze cognitive, l'informatica, l'ecologia,
l'economia, gli studi sull'evoluzione, la genetica, la teoria dei giochi,
l'immunologia, la linguistica, la filosofia, le scienze sociali, il management.
Essa studia i sistemi complessi cioè, sistemi dinamici caratterizzati da
elementi numerosi e differenti e da connessioni numerose e non lineari. In
particolare, i sistemi adattivi complessi (CAS) sono sistemi complessi
viventi (cellule, organismi, animali, uomini, organizzazioni, società,
politiche, culture) caratterizzati dalla capacità di adattarsi e cambiare in
seguito all'esperienza, (Holland, 1995). L’adattamento, successivo
all’apprendimento, è l’obiettivo principale degli elementi di un sistema in
quanto essi, per ottenere i loro obiettivi, adattano e organizzano se
stessi estraendo informazione e ordine dall’ambiente circostante,
senza che una particolare entità gestisca il sistema o lo controlli
deliberatamente.
Il comportamento di un sistema complesso può essere osservato
ovunque, dagli organismi biologici pluricellulari all'andamento del traffico,
nelle città o nelle simulazioni informatiche. Esso non deriva direttamente
dai suoi singoli elementi (i quali possono avere dei comportamenti
completamente estranei a quelli dell’intero sistema) bensì, dalla loro
interazione reciproca. La forma e il comportamento di uno stormo di uccelli
o di un branco di pesci rendono bene l’idea. Questa interazione fornisce il
sistema di proprietà più complesse denominate Comportamenti emergenti,
i quali rappresentano un nuovo livello di evoluzione del sistema.
Una delle ragioni per cui si verifica un comportamento emergente è che il
numero di interazioni tra le componenti di un sistema aumenta con il
numero delle componenti, consentendo il potenziale emergere di nuovi e