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Mondia le Unione
europea
Nord
America
America
Latina
Africa Asia Giappone
t
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p
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o
c
a
p
i
t
e
1990
2000
2010
2030
Figura 2. Consumo energetico pro capite in tep (European Commission, 2003)
Mentre il consumo di energia negli ultimi anni è incrementato
notevolmente (nel 1973 il consumo mondiale era pari a 6 miliardi di tep),
quello pro capite è rimasto pressoché invariato.
Moncada Lo Giudice e Asdrubali (2007) hanno osservato che il
fabbisogno mondiale di energia cresce all’aumentare della popolazione in
maniera più che proporzionale, secondo un fattore 18.
Secondo una stima dell’IEA, lo sviluppo economico dei paesi emergenti
in particolare Cina e India, farà si che nel 2030 la domanda di energia sarà
superiore del 50% di quella attuale (IEA, 2007).
1.2. L’uso dei combustibili fossili: problematiche e
politiche globali
Ciò che maggiormente preoccupa gli scienziati di tutto il mondo, è
l’impatto che l’incremento dell’uso del petrolio potrà avere sul pianeta e
sulla salute dell’uomo. Come è noto, la combustione dei combustibili fossili
comporta emissioni di CO
2
nell’atmosfera, la quale è responsabile
dell’incremento della temperatura del pianeta, fenomeno conosciuto come
effetto serra (Fourier, 1822).
Il moderato riscaldamento terrestre registrato negli ultimi anni è la causa
dei cambiamenti climatici e di numerosi fenomeni ad esso conseguenti quali:
lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello dei mari,
desertificazione, dissesto idrogeologico, perdita di biodiversità vegetale, ecc.
(ENEA, 2007).
2
Come si può vedere dalla figura 1, le emissioni di CO
2
sono incrementate
notevolmente dal 1973 al 2005 passando da 15 a 27 miliardi di tonnellate. Il
trend di crescita dei consumi di petrolio conseguente allo sviluppo
industriale dei paesi emergenti, secondo le previsioni dell’International
Energy Agency porterà ad un incremento delle emissioni che nel 2030
raggiungeranno valori del 57 % superiori a quelli attuali (IEA, 2007).
Dal 4° rapporto di valutazione sui cambiamenti climatici, pubblicato
dall’Intergovernmental Panel on Climate Change nel 2007 (IPCC, 2007), si
deduce che:
o la concentrazione globale dei gas serra in atmosfera, dovuta alle
attività umane è notevolmente incrementata dal periodo pre-
industriale ad oggi, con un incremento del 70% tra il 1970 e il 2004;
o l’innalzamento complessivo della temperatura negli ultimi 100 anni
(1906-2005) è stato di 0,74 °C. Il riscaldamento degli ultimi 50 anni è
stato di 0,13 °C ogni decennio; quasi il doppio di quello globale degli
ultimi 100 anni;
o il livello dei mari è cresciuto ad un tasso medio di 1,8 mm anno
-1
dal
1961 al 2003. Il tasso di crescita è stato più veloce durante il periodo
1993-2003, con circa 3,1 mm anno
-1
.
Nel rapporto viene inoltre sottolineato che se le concentrazioni di gas ad
effetto serra si stabilizzassero ai valori attuali, il riscaldamento
antropogenico e l’innalzamento del livello del mare continuerebbero per
molte decine di anni a causa delle scale temporali associate ai processi
climatici e ai feedback.
Appare evidente quindi la necessità da parte della comunità mondiale di
intervenire quanto prima possibile. In verità, le discussioni sui problemi
legati all’effetto serra non sono recenti ma hanno avuto inizio già nel 1979,
anno in cui, a Ginevra si è svolta la prima Conferenza Mondiale sul clima.
A passare alla storia è stata tuttavia la Conferenza sull'Ambiente e sullo
Sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED
2
), conosciuta come Summit della
Terra, tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992 e nella quale è stato firmato il
trattato ambientale internazionale per la riduzione dei gas serra, conosciuto
come Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici
(UNFCCC
3
o FCCC).
Il documento più importante di tale Convenzione è il protocollo di Kyoto,
il quale impegna i paesi industrializzati a ridurre, nel periodo 2008-2012,
l’ammontare delle loro emissioni di gas ad effetto serra (Greenhouse Gases,
GHG) del 5,2%, rispetto ai valori del 1990.
2
United Nations Conference on Environment and Development.
3
United Nations Framework Convention on Climate Change.
3
Il protocollo di Kyoto è entrato ufficialmente in vigore il 16 febbraio
2005 con la ratifica della Russia, giorno in cui sono risultati aderenti
all’accordo i paesi responsabili del 55% delle emissioni di CO
2
del 1990.
Ad aprile 2007, risultavano aderenti al protocollo 169 paesi. Non hanno
aderito al trattato gli Stati Uniti d’America responsabili del 36% delle
emissioni mondiali di gas serra mentre hanno aderito Cina e India,
nonostante non siano tenute a ridurre le proprie emissioni. I paesi in via di
sviluppo, infatti, sono stati esclusi dal trattato al fine di non ostacolarne la
crescita economica.
I sei principali gas ad effetto serra oggetto del protocollo di Kyoto sono:
anidride carbonica (CO
2
); metano (CH
4
); ossido di diazoto (N
2
O);
idrofluorocarburi (HFC); perfluorocarburi (PFC); esafluoruro di zolfo (SF
6
).
Tali gas vengono quantificati in unità equivalenti di anidride carbonica
(CO
2
e) attraverso specifici fattori di conversione in funzione del potere di
riscaldamento globale (Global Warming Potential - GWP) di ciascuno.
Il Global Warming Potential, rappresenta il contributo cumulativo
all’effetto serra in un prefissato intervallo temporale, fornito dall’unità di
massa di ciascun gas. All’anidride carbonica è stato assegnato un GWP pari
a 1 (tabella 1).
Tabella 1. Potenziale globale di riscaldamento
dell’atmosfera terrestre dei principali gas serra
(IPCC, 1996)
20 anni 100 anni 500 anni
CO
2
1 1 1
CH
4
56 21 6
N
2
O 280 310 170
HFC-23 9100 11700 9800
HFC-32 2100 650 200
SF
6
16300 23900 34900
Global Warming potential (GWP)
Gas serra
La percentuale di riduzione delle emissioni prevista dal protocollo di
Kyoto per l’Unione Europea è pari all’8%. Per rispettare tale impegno, la
Commissione Europea ha assegnato a ciascun paese facente parte dell’UE un
obiettivo individuale di riduzione delle emissioni (figura 3). L’Italia dovrà
abbattere i valori di emissioni di gas climaterici del 1990, dell’6,5% entro il
2012. Tale obiettivo appare molto difficile da raggiungere se si considera
che le emissioni dal 1990 ad oggi sono nel frattempo incrementate.
In Italia, dal 1990 al 2006, le emissioni di gas ad effetto serra sono
incrementate del 9,9%, passando da 516 a 567 milioni di tonnellate di CO
2
e.
Il trend di crescita si è tuttavia arrestato nel 2005, nell’anno successivo,
infatti, le emissioni sono diminuite di 10 milioni di tonnellate di CO
2
e pari
all’1,7% (EEA, 2008).
4
-40 -30 -20 -10 0 10 20 30
Lussemburgo
Danimarca
Ge rman ia
Austria
Regno Unito
Belgio
Italia
Paesi Bassi
Finlandia
Francia
Svezia
Irlanda
Spagna
Grecia
Portogallo
Figura 3. Ripartizione della riduzione delle emissioni di gas climalteranti tra i
principali paesi dell’UE (Commissione Europea, 2006a).
Per rispettare gli impegni presi con il protocollo di Kyoto, l’Italia dovrà
ridurre entro il 2012 le emissioni a 485 milioni di tonnellate di CO
2
e,
attraverso un minore impiego dei combustibili fossili tra il 15 e il 20% e
l’incremento dei cosiddetti “carbon sink” (bacini di assorbimento del
carbonio); elementi naturali come foreste e superfici coltivate in grado di
assorbire l’anidride carbonica.
Affinché i paesi possano ridurre le emissioni di Greenhouse Gases,
secondo l’International Energy Agency è necessaria una vera e propria
rivoluzione nel modo di produrre e consumare l’energia a livello mondiale,
che implichi il netto miglioramento dell’efficienza energetica, lo sviluppo
delle tecnologie per le fonti rinnovabili, l’energia nucleare, la cattura e
confinamento della CO
2
e lo sviluppo di un sistema di trasporti a zero
emissioni di carbonio.
Nel rapporto dell’International Energy Agency, sulle prospettive delle
tecnologie al 2050, viene presentata un’analisi approfondita delle tecnologie
esistenti e in fase di sviluppo, illustrando, con un’analisi basata su differenti
scenari, come un mix di queste tecnologie potrà in futuro ridurre le emissioni
di gas climaterici (IEA, 2008).
Nel rapporto sono presentati due scenari chiamati “ACT” e “BLUE”. Il
primo spiega come attraverso l’utilizzo delle tecnologie esistenti, sia
possibile bloccare l’attuale trend di crescita delle emissioni di CO
2,
mantenendo gli attuali valori fino al 2050.
Secondo lo scenario “BLUE” invece, il miglioramento dell’efficienza
energetica, l’uso di energie rinnovabili e dei biocombustibili, la generazione
di energia con cattura e confinamento della CO
2
e il nucleare, porteranno nel
5
2050 ad una riduzione delle attuali emissioni del 50%. Tra queste tecnologie,
il miglioramento dell’efficienza energetica permetterà la maggiore riduzione
delle emissioni (43% della riduzione totale dello scenario BLU). Anche la
produzione di energia da fonti rinnovabili avrà un ruolo importante, in
quanto inciderà per il 21% sul totale della riduzione prevista dallo scenario
BLU.
Secondo quanto rilevato dall’International Energy Agency e dai più
rilevanti organismi internazionali coinvolti nel settore, per la riduzione delle
emissioni di gas serra e il raggiungimento degli obiettivi del protocollo di
Kyoto, sarà fondamentale nel prossimo futuro incentivare il risparmio
energetico e la produzione di energia da fonti rinnovabili (EEA, 2006a,
2006b; EREC e Greenpeace, 2007).
Come si può osservare nella tabella 2, il fabbisogno energetico mondiale
è soddisfatto per l’81% dai combustibili fossili (gas, carbone, petrolio) e per
il 12,2% dalle energie rinnovabili. In Europa, la dipendenza energetica dai
combustibili fossili è del 75% mentre quella dalle fonti rinnovabili del 7%
(tabella 2).
Tabella 2. Ripartizione percentuale del
consumo di energia primaria tra le
diverse fonti di energia – 2005 (IEA,
2007; European Commission, 2007)
Mondiale Europa
Petrolio 35 37
Carbone 25,3 13
Gas 20,7 25
Rinnovabili 12,2 7
Nucleare 6,3 14
Altro 0,5
4
1
Totale 100 100
1
lignite
Se confrontiamo inoltre i dati europei relativi al consumo e alla
produzione di energia, ripartiti tra le diverse fonti, emerge, la scarsa
autosufficienza energetica dell’Unione Europea che risulta, infatti, forte
importatrice di petrolio, gas e carbone (tabella 3).
6
Tabella 3. Fabbisogno e produzione di energia in
Europa nel 2005 (UE-25) (European
Commission, 2007)
Fabbisogno
Mtep
Produzione
Mtep
Petrolio 666 130
Carbone 239 114
Gas 445 188
Rinnovabili 121 119
Nucleare 257 257
Lignite 81 81
Totale 1811 890
La forte dipendenza energetica dell’Europa dai paesi terzi (51% del
fabbisogno di energia), crea notevoli problematiche all’Unione Europea
legate alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico.
Con l’accezione “sicurezza energetica”, si definisce la disponibilità fisica
di un’offerta di energia sufficiente a soddisfare la domanda ad un dato
prezzo (INEA, 2008). E’ evidente quindi che una forte variazione dei due
fattori (prezzo e quantità) possono influenzare notevolmente
l’approvvigionamento energetico con gravi ripercussioni sull’economia e la
società.
A tale proposito, basti ricordare i due shock petroliferi verificatisi nel
1973 e nel 1979. A seguito della riduzione della fornitura di petrolio da parte
dei paesi produttori, si ebbe un repentino innalzamento del prezzo del
petrolio e ne derivò alta inflazione, squilibri della bilancia dei pagamenti,
aumento della disoccupazione, ecc.. Eventi che colpirono tutti i paesi
importatori tra cui anche l’Italia. Dopo quel periodo tutti i paesi OECD
4
hanno adottato politiche atte a diversificare il mix energetico e si sono dotati
di riserve di combustibili fossili per superare brevi periodi di crisi.
Va ricordata, inoltre, la crisi energetica che affrontò l’Europa nel 2006 a
seguito dell’interruzione del flusso di gas naturale operata dall’Ucraina sulle
forniture Russe per l’Europa. Le conseguenze furono un rapido incremento
del prezzo del petrolio e del gas. Fu sfiorato lo shock energetico.
In Italia a seguito di questa vicenda, venne rilanciato il problema della
necessità di trovare soluzioni alternative ai combustibili fossili per la
produzione di energia elettrica e così oggi, dopo 23 anni dal referendum
abrogativo, si sta programmando la costruzione di nuove centrali nucleari
(Cotana, 2008).
4
OECD: Organisation for Economic Cooperation and Development.
7
Tralasciando gli shock petroliferi che sono eventi straordinari, negli
ultimi decenni grande rilevanza ha avuto nel panorama energetico mondiale
la crescente volatilità del prezzo del petrolio al quale è associato il prezzo di
tutti gli altri combustibili fossili ed in particolare del gas naturale (Figura 4).
0
20
40
60
80
100
120
140
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8
7
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2
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6
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8
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r
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l
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l
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o
$
/
b
a
r
i
l
e
Figura 4. Andamento mensile del prezzo (Brent
5
) spot del petrolio in Europa
(EIA, 2008)
Negli ultimi anni la Commissione Europea, per fronteggiare queste
problematiche, si è impegnata a realizzare politiche volte a istituire una
nuova politica energetica per l’Europa finalizzata a combattere i
cambiamenti climatici e a rafforzare la sicurezza energetica. L’ultimo
pacchetto di misure a riguardo, noto come “pacchetto clima – energia”
approvato dalla Commissione Europea il 23 gennaio 2008 prevede per
l’Europa: riduzione del 20% delle emissioni di Greenhouse Gases entro il
2020; incrementare al 20% il consumo di energia da fonti rinnovabili rispetto
al totale; aumentare l’efficienza energetica del 20% (Commissione Europea
2006b, 2006c, 2006d, 2006e, 2007a, 2007b).
Secondo la Commissione Europea le energie rinnovabili, avranno dunque
un ruolo fondamentale per la risoluzione delle problematiche sopra esposte.
5
Prezzo Brent: prezzo di riferimento a livello mondiale per il petrolio grezzo.
8
1.3. Le energie rinnovabili
Si definiscono rinnovabili, quelle fonti di energia che per le loro
caratteristiche intrinseche si rigenerano o non sono esauribili nel breve
periodo; sono invece non rinnovabili i combustibili di origine fossile in
quanto i tempi necessari alla loro formazione sono notevolmente superiori a
quelli di consumo per cui sono destinati ad esaurirsi. Sono rinnovabili le
energie: solare, eolica, geotermica, idraulica e da biomassa (APAT, 2007).
La produzione di energia da queste fonti non comporta emissioni di gas
climaterici ed è evidente quindi come le energie rinnovabili possano
contribuire a risolvere le problematiche legate alla sicurezza energetica e ai
cambiamenti climatici.
In Europa, la produzione di energia da fonti rinnovabili rappresenta il
14% dell’energia totale prodotta. Il 68% dell’energia da fonti rinnovabili
deriva dalla combustione di biomassa e rifiuti, il 20% da idroelettrico e il
restante 12% da altre fonti (tabella 4).
In Italia dove l’energia da fonti rinnovabili rappresenta il 44%
dell’energia totale prodotta, il 40,7% di questa deriva da geotermico, il
30,8% da biomassa e rifiuti, il 26,1% da idroelettrico e il restante 2,4% da
eolico e solare (tabella 4).
Tabella 4. Ripartizione % della produzione di
energia da fonti rinnovabili in Europa (UE-27)
e Italia (Eurostat, 2008)
Fonte di energia UE-27 (%) Italia (%)
Solare 0,8 0,3
Biomassa e rifiuti 68,5 30,8
Geotermica 4,4 40,7
Idroelettrica 20,8 26,1
Eolica 5,5 2,1
Totale (Mtep) 127 12
Nel bilancio energetico dell’Europa e dell’Italia il ruolo della biomassa è
dunque rilevante. Inoltre secondo le stime della Commissione Europea se si
sfruttasse l’intero potenziale di tale risorsa, il contributo al bilancio
energetico potrebbe più che raddoppiare, passando dalle 69 Mtep del 2003 a
circa 185 Mtep nel 2010 (Commissione Europea, 2005).
9
1.4. Le colture da biomassa: tipologie, impieghi e
caratteristiche
Con il termine biomassa si intende tutto il materiale organico di origine
vegetale e animale, ad eccezione di quello fossile, che può essere utilizzato a
scopi energetici. In tale categoria sono compresi i prodotti e residui agricoli e
forestali, i residui agroindustriali, i rifiuti organici e i reflui zootecnici (Hall
e Pimentel, 1984; Gustavsson et al, 1995).
Recentemente grande interesse hanno suscitato per gli agricoltori le
colture da biomassa per la produzione di energia a seguito di due eventi che
negli ultimi anni hanno influenzato in maniera determinante tutto il settore
agricolo: la riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC) del 2003,
(riforma Fischler); la riduzione del prezzo di mercato di numerose colture
alimentari.
La riforma Fischler, ha introdotto quello che è conosciuto come il
disaccoppiamento totale. Il sostegno dell’Unione Europea non viene più
elargito all’agricoltore in funzione delle colture da lui coltivate ma è da
queste indipendente. Prima dell’avvento della riforma, l’agricoltore
pianificava l’ordinamento colturale della sua azienda in funzione del
sostegno previsto dalla PAC per ciascuna coltura, scegliendo tra le colture a
più alto sostegno in modo tale da percepire il massimo importo.
Con la nuova Politica Agricola, l’agricoltore percepisce un sostegno
indipendente dal tipo di coltivazione per cui per massimizzare il reddito,
deve individuare le colture con il più alto reddito lordo
6
ad ettaro
(Frascarelli, 2005).
I bassi prezzi di mercato dei principali prodotti alimentari e la mancanza
del sostegno diretto hanno fatto si che molte colture alimentari come ad
esempio la barbabietola, il girasole ed altre, non siano più redditizie. Le
colture da biomassa potrebbero in futuro rappresentare un’alternativa alle
colture alimentari se si svilupperanno filiere in grado di valorizzare
economicamente tale prodotto.
Le colture energetiche in funzione delle caratteristiche chimico-fisiche
della biomassa possono distinguersi in (Hall e Pimentel, 1984; Venendaal et
al., 1997; ITABIA e MATT, 2004; Bonari et al, 2004): lignocellulosiche;
amidacee e zuccherine; oleaginose.
Le colture lignocellulosiche sono caratterizzate da un elevato contenuto
in lignina e cellulosa. Queste possono suddividersi in: arboree e arbustive;
erbacee poliennali; erbacee annuali.
Tra le arboree e arbustive le più diffuse sono: pioppo (Populus spp.)
(figura 5), salice (Salix spp.), robinia (Robinia pseudoacacia L.), eucalipto
(Eucaliptus spp.), ginestra (Spartium junceum L.).
6
Reddito Lordo = PLV (Produzione Lorda Vendibile) – CV (Costi Variabili)
10