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Nel secondo capitolo la discussione si focalizzerà su un punto di vista più pratico,
visto che parlerò approfonditamente delle varie tecniche ed esperienze nel campo dei
processi partecipativi. Queste esperienze verranno presentate in base a due
classificazioni, in modo da presentare un cospicuo numero di tecniche. Alcune di queste
verranno presentate in maniera meno approfondita, altre più rilevanti e più diffuse
verranno invece trattate approfonditamente. È il caso di tutte quelle esperienze che si
possono porre nella categorie di giurie di cittadini (Citizens’ juries, Planning cell,
Deliberative polling, Consensus conference etc.): queste esperienze sono caratterizzate
dal fatto che prevedono la partecipazione dei cittadini seguendo il modello delle giurie
dei processi penali.
Nel terzo capitolo analizzerò le connessioni fra le tecniche di ricerca sociale più
diffuse (questionario, intervista qualitativa e focus group) e i processi partecipativi,
mettendo in evidenza in particolare gli utilizzi che i secondi fanno delle prime.
Innanzitutto verranno illustrate le due principali concezioni di ricerca sociale (ricerca
quantitativa e ricerca qualitativa) e i loro fondamenti teorici e pratici. I due paradigmi
principali che andrò ad approfondire sono quello positivista (legato alla ricerca
quantitativa) e quello interpretativista (legato ad una concezione qualitativa della
ricerca).
Successivamente descriverò tre tecniche di ricerca, il questionario, l’intervista
qualitativa e il focus group, mettendo in evidenza in maniera approfondita le loro
connessioni ed utilizzi da parte dei processi partecipativi.
Nel quarto capitolo illustrerò le possibili applicazioni delle nuove tecnologie ai
processi partecipativi, illustrando anche il concetto di e-democracy. Possiamo definire
in via preliminare, la e-democracy come l’insieme di quei processi di partecipazione da
parte dei cittadini nel corso di processi decisionali, che vengono sostenuti dalle nuove
tecnologie (anche se si vedrà che esistono due concetti di e-democracy: uno più
specifico e uno più ampio). Metterò in rilievo successivamente le tecniche che si stanno
diffondendo con la finalità di avvicinare i cittadini alle questioni politiche. Fra queste si
possono citare newsletter, forum, blog, mailing list etc.
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Poi si parlerà di altre tecniche più complesse (come il metodo Delphi per
esempio) e della relazione di alcuni processi partecipativi già presentati
precedentemente con le nuove tecnologie.
In appendice proverò a teorizzare un nuovo possibile processo partecipativo,
prendendo spunto dalle giurie di cittadini ma cercando di superare alcuni inconvenienti
e introducendo alcune innovazioni.
Nel corso della trattazione si cercherà di fornire un quadro generale d’insieme
sulle procedure relative ai processi partecipativi, in modo da guidare il lettore alla
scoperta degli stessi delineando anche le connessioni che hanno con la ricerca sociale e
le nuove possibilità applicative che si potranno creare mediante l’uso delle nuove
tecnologie. Questo è sicuramente un campo in continua crescita ed espansione che potrà
dare sicuramente un valido contributo nella diffusione di forme di democrazia che
prevedono una partecipazione più ampia dei cittadini ai processi decisionali.
Spero, infine, che questa tesi possa essere utile nel presentare in maniera adeguata
un campo che ancora ai più è sconosciuto, in modo da favorire la diffusione di
esperienze di questo tipo.
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FORME DI DEMOCRAZIA, PROCESSI PARTECIPATIVI E ARENE
DELIBERATIVE
Negli ultimi decenni sono sorte in tutto il mondo numerose esperienze di
coinvolgimento dei cittadini nelle scelte pubbliche.
Per capire meglio questo fenomeno bisogna innanzitutto andare ad investigare le
basi teoriche che stanno dietro a queste esperienze.
Si può innanzitutto fare una prima distinzione fra due modelli, quello della
pressione , connesso al concetto di Democrazia partecipativa e il modello del confronto,
connesso al concetto di Democrazia deliberativa. Si può vedere come tutte le esperienze
che sono presentate successivamente, si possano porre lungo una sorta di continuum ai
cui estremi vi sono i due modelli citati precedentemente.
Queste due tipologie di democrazia si vanno a collocare in parziale opposizione
rispetto al concetto di democrazia rappresentativa. Infatti, per esempio, il concetto
stesso di deliberazione implica una presa di distanza rispetto ai modelli di democrazia
rappresentativa che sono fondati “sui giochi di interesse e sulla registrazione automatica
delle posizioni espresse dalla maggioranza” (Bobbio, 2002a), tipiche dei referendum e
delle elezioni.
La democrazia rappresentativa è infatti caratterizzata dal fatto che i cittadini non
intervengono direttamente sulle scelte politiche ma sono i rappresentanti da loro eletti a
prendere le decisioni.
Sono state mosse alcune critiche alla democrazia rappresentativa, riguardo al fatto
che vi è troppa distanza fra eletti ed elettori e che il ceto politico tende ad autoriprodursi
ed a svolgere il proprio compito facendo scarso riferimento agli elettori svolgendo i
propri compiti quindi in maniera autoreferenziale.
Tipicamente l’unico strumento a favore della partecipazione nei modelli di
democrazia rappresentativa sono i referendum.
Entrambi i modelli di nostro interesse (democrazia partecipativa e democrazia
deliberativa) sono inclusivi, opponendosi quindi all’esclusione decisionale tipica della
democrazia rappresentativa, ma sicuramente in modo differente.
Il primo modello, cioè il modello della pressione, tende a considerare la
partecipazione come strumento per dar voce ai quei cittadini che solitamente non ne
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hanno. Viene quindi a crearsi un rapporto duale, fra pubblica amministrazione e
cittadini, qui concepiti come un blocco avente interessi e opinioni omogenee.
Il modello del confronto vede invece la partecipazione come un processo atto a
mettere in relazione,unire e far convergere i vari interessi, punti di vista e proposte dei
cittadini, presentati quindi come un insieme di soggetti piuttosto eterogenei. Questo
processo non è quindi più duale come nel primo caso ma è invece un confronto fra più
punti di vista nel quale l’amministrazione pubblica svolge un ruolo neutrale.
Tendenzialmente il modello della pressione si avvicina più al concetto di
democrazia partecipativa mentre il modello del confronto più al concetto di democrazia
deliberativa.
La Democrazia Partecipativa è “un relazionamento della società con le istituzioni
che comporta un intervento di espressioni dirette della prima nei processi di azione delle
seconde” (Allegretti, 2006). Essa è caratteristica di alcune esperienze latino-americane,
fra cui per esempio quella del bilancio partecipativo di Porto Alegre.
La Democrazia Deliberativa è invece “una situazione ideale in cui tutte le
decisioni sono adottate mediante la discussione fra tutti i soggetti interessati”(Bobbio,
2007/08). Esempi di esperienze che si rifanno a questa concezione di democrazia sono,
per esempio, le Citizens’ juries, i Deliberative Polling e le Consensus Conferences.
In generale il concetto di Democrazia Deliberativa comprende quindi un aspetto
deliberativo e un aspetto democratico. Riguardo al primo aspetto, la deliberazione
(intesa nel significato inglese della parola - to consider and examine the reasons for and
against a measure– Webster’s Dictionary) è un processo attraverso il quale le
preferenze e le opinioni dei soggetti si modificano. In questo significato la deliberazione
si oppone ai concetti di voto e negoziazione caratterizzati entrambi da preferenze date e
immutabili. Infatti nella votazione i partecipanti rimangono sulle proprie posizioni e per
risolvere la situazione conflittuale si ricorre al voto per vedere quale opzione o idea è
quella dominante.
Nella negoziazione invece il conflitto viene risolto attraverso scambi e
concessioni e non raggiungendo una posizione condivisa, pertanto le idee iniziali dei
partecipanti restano pressoché immutate.
Il termine democratico fa invece riferimento all’inclusione (almeno teorica,come
si vedrà successivamente) di tutti i soggetti coinvolti nella tematica in questione.
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I temi , il controllo dell’agenda e il rapporto con il potere politico
Per quanto riguarda i processi partecipativi, che possono essere anche chiamati
arene deliberative, connessi alle tematiche teoriche sopra richiamate possiamo
individuare innanzitutto due tipologie di arene partecipative:
- Arene generaliste e stabili: sono quei corpi che si occupano di qualsiasi tema di
loro competenza e che svolgono il proprio lavoro in un periodo di tempo
prolungato e stabile. Esempi possono essere gli organi collegiali scolastici o le
consulte.
- Arene single-issue e ad hoc : vengono appositamente istituite per occuparsi di
una sola tematica, hanno quindi una durata limitata e connessa alla tematica che
devono affrontare.
È di questo seconda tipologia che ci occuperemo nel corso di tutta la nostra
trattazione.
Questi processi partecipativi si svolgono in ambienti territoriali ristretti (quartieri,
paesi etc) ma non mancano esempi di attuazione di queste esperienze in ambiti più ampi
(per esempio città o regioni) .
Altre tre importanti caratteristiche possono poi essere messe in evidenza.
Innanzitutto le arene deliberative sono generalmente altamente strutturate , cioè
prevedono un’ampia serie di regole che vanno a regolare lo svolgimento dell’arena
stessa. I processi deliberativi vengono infatti scanditi da fasi, tempi e modalità
prefissate. Questo insieme di regole non va ad ostacolare la spontaneità della
discussione ma anzi è fondamentale perché si raggiunga il risultato stabilito. Infatti
contribuisce ad evitare che una discussione diventi inconcludente e generi così
frustrazione nei partecipanti.
Importante è poi la durata delle esperienze, alcune si esauriscono in un unico
evento di alcuni giorni, altre prevedono un percorso più articolato.
Fondamentale è quindi in generale la cornice in cui si svolge il processo perché,
secondo gli esperti, la qualità dell’interazione dipende dalla struttura del contesto.
Bisogna poi prevedere degli accorgimenti che favoriscano la comunicazione fra
specialisti e profani: alcuni specialisti propongono di far vedere le cose piuttosto che
descriverle.
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Si devono poi prevedere delle modalità per favorire relazioni informali fra i
partecipanti.
Altra caratteristica fondamentale è che queste esperienze non sono regolate da
legge e non hanno valore giuridico. Vi è quindi il rischio che gli spunti e le decisioni
che vengono fuori da queste esperienze non vengano “accolte” da nessun organo,
istituzione etc che le renda effettive. La mancanza di potere vincolante da un lato è uno
svantaggio, ma dall’altro rende più libero, meno formale e quindi più rilassato il
rapporto fra i partecipanti.
Infine le arene deliberative sono inclusive, mirano cioè a far partecipare in
condizioni di uguaglianza tutti coloro che sono interessati alla tematica in questione.
I processi partecipativi hanno toccato in questi ultimi anni una grande varietà di
temi e problematiche.
In generale tutte le politiche pubbliche sono state toccate da esperienze di questo
genere. Le tematiche più scottanti e pertanto quelle che sono state più interessate da
processi partecipativi sono le politiche relative all’ambiente (conflitti ambientali), ai
trasporti, al bilancio pubblico (esperienza dei bilanci partecipativi), alle grandi opere e
alla sanità.
Alle tematiche trattate è connesso fortemente il processo di definizione
dell’agenda. Essendo spesso le amministrazioni pubbliche a promuovere i processi
partecipativi, le amministrazioni stesse possono essere tentate di manipolare il processo
stesso in modo da evitare di far uscire temi scomodi o in modo da trasformarlo in una
conferma pressoché scontata di quanto già deciso, in modo di dare legittimità alla
decisione “politica”.
Vi sono però delle misure che possono essere adottate per evitare il rischio di
manipolazione, queste sono essenzialmente due:
- affidare ad una equipe di esperti esterni (o ad un’autorità indipendente) la
progettazione e la gestione del processo partecipativo
- costituire un comitato di stakeholders in modo che vengano presentati tutti e
proprio tutti i punti di vista sulla tematica in questione
La manipolazione non è però l’unico problema,infatti l’amministrazione pubblica
può decidere di svolgere un processo partecipativo riguardo ad una tematica poco vicina
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ai cittadini e pertanto di poco interesse. Può inoltre succedere che questa tematica venga
presentata in modo troppo tecnico o non venga ben definita e quindi non sia
completamente chiaro il tema in questione.
Importante è poi analizzare velocemente il rapporto di queste esperienze con il
potere politico.
I comportamenti messi in atto dagli attori politici possono essere di tre tipi
(Bobbio, 2002a):
- promozione e sostegno: l’attore politico sostiene e promuove il processo
- competizione: l’attore vede come una minaccia il processo partecipativo e
quindi cerca di ostacolarlo e delegittimarlo
- interferenza : l’attore considera sostanzialmente inutile e ininfluente il processo
e cerca di arrivare ad una soluzione del problema in altri modi e per altre vie
In quali circostanze e quando
Parlando dei processi partecipativi è necessario poi chiedersi in quali circostanze e
quando bisogna ricorrervi.
Innanzitutto si può pensare di ricorrervi quando si suppone che si avranno
difficoltà ad arrivare ad una decisione o che si avranno problemi nella realizzazione
della decisione presa . Inoltre si deve ricorrervi quando vi sono tensioni e conflitti ,
potenziali o reali, e quando si pensa di dover avere bisogno dell’aiuto di altri.
Spesso, infatti, di fronte ad una decisione presa da un’autorità si viene a creare un
fronte oppositivo da parte dei cittadini che può minacciare l’attuazione stessa del
progetto. Si può così avviare un processo partecipativo per cercare di far emergere
diverse proposte e soluzioni, cercando di arrivare così ad una soluzione condivisa.
Spesso non si è in grado di prendere o attuare una decisione da soli, si può così
decidere di allargare il processo decisionale ad altri soggetti che possono essere
istituzioni o organi pubblici, associazioni o comitati o anche semplici cittadini.
Nel prendere una decisione solitamente le amministrazioni pubbliche si trovano di
fronte ad un dilemma: rendere pubblica la cosa e quindi avviare un confronto con la
cittadinanza il più presto possibile o il più tardi possibile.
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In generale le amministrazioni pubbliche hanno spesso optato per la seconda
opzione. Spesso infatti aspettano di aver le idee chiare e di aver formulato delle
possibili soluzioni alla tematica affrontata prima di rendere il tutto pubblico.
La soluzione del “più tardi possibile” presenta però alcuni inconvenienti.
Innanzitutto sarà più facile che si crei un fronte oppositivo verso il progetto presentato.
Questo perché il progetto, essendo stato presentato a giochi già fatti, viene percepito
come imposto e non come “condiviso”.
Inoltre se l’opposizione è particolarmente forte o anche nei casi in cui sorgano
difficoltà attuative (burocratiche etc ) di cui non si era a conoscenza e che si sarebbero
potute sapere solo rendendo pubblico il processo decisionale, si rischia di non poter
andare avanti; il progetto potrebbe così naufragare avendo già però speso tempo e
denaro nella progettazione.
Il peso degli investimenti già sostenuti potrebbe portare, di fronte ad una
opposizione, a quel processo che viene chiamato dagli esperti DAD (Decisione,
Annuncio, Difesa).
Infatti dopo la decisione e l’annuncio, di fronte a contestazioni della decisione
stessa, l’amministrazione è costretta a difendere ad oltranza la bontà della sua scelta. Si
viene così a creare una situazione di muro contro muro che porta all’immobilità.
Per evitare le problematiche che ho esposto qui sopra sarebbe meglio avviare il
processo inclusivo il più presto possibile in modo da sentire tutte le opinioni e arrivare
così ad una decisione sicuramente più condivisa.
I partecipanti: identificazione e selezione
In linea teorica il processo partecipativo si rivolge a tutti coloro che hanno
interesse riguardo alla questione dibattuta, però nella realtà questa inclusione totale è
impossibile pertanto si dovranno attuare forme di selezione. In pratica quindi solo una
minuscola frazione della popolazione sarà effettivamente coinvolta. Si deve però
sforzare di rappresentare, all’interno dell’arena, tutti i punti di vista riguardo alla
tematica in questione. Bisogna cercare cioè di scovare (attraverso un indagine sul
campo) tutte le istituzioni , le organizzazioni e i gruppi (anche informali) arrivando
quindi ad avere un quadro ben preciso di tutti gli stakeholders da includere.
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A volte il problema è quello di riuscire a coinvolgere i soggetti più forti
(imprenditori , proprietari terrieri,/immobiliari etc).
In linea generale si possono individuare tre diverse configurazioni di interlocutori
(Bobbio , 2004):
- Nei casi più semplici si possono solo coinvolgere le istituzioni pubbliche
(regioni, province, comuni, camere di commercio, aziende sanitarie, università
etc). Un tipico esempio sono le conferenze di servizi, dove si prepara un accordo
di programma.
- In situazioni più complicate è necessario anche includere i gruppi organizzati
(sindacati , associazione, comitati di cittadini etc)
- Si può poi decidere di allargare il processo partecipativo a tutti i cittadini
Relativamente a questa divisione si possono mettere in evidenza due punti di
vista. Il primo afferma che “la partecipazione più che indirizzata a tutti i cittadini deve
essere indirizzata alla cittadinanza attiva, cioè a coloro che in maniera consapevole e
organizzata si impegnano per il bene comune” (Magnaghi, 2006).
Una posizione opposta a quella precedente sostiene che bisogna invece cercare di
coinvolgere i soggetti più deboli, in quanto normalmente esclusi e non in grado di far
sentire la loro voce.
Selezione dei partecipanti
Nella selezione dei partecipanti si possono poi usare tre modalità :
- l’ autoselezione
- la selezione mirata
- la selezione casuale
In particolare per quanto riguarda i processi partecipativi la selezione del
campione viene attuata solitamente o attraverso campionamento non stratificato (in
maniera casuale) o per quote che considerino specifiche caratteristiche socio-
anagrafiche (genere, età, titolo di studi, zona di residenza, etc).
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Nel caso del campionamento per quote bisogna conoscere a priori alcune
caratteristiche della popolazione studiata (per esempio genere ed età): si deve pertanto
dividere la popolazione in strati, essendo più o meno noto il numero di coloro che
compongono questi strati: la selezione dei partecipanti verrà fatta in maniera del tutto
accidentale.
Autoselezione
In questa modalità la partecipazione è libera, chiunque può accedere al processo.
Esempi di processi che utilizzano questa modalità sono le assemblee pubbliche e i
bilanci partecipativi.
L’autoselezione presenta però alcuni inconvenienti. Innanzitutto vi è una
disomogeneità del coinvolgimento per cui la maggioranza di coloro che decidono di
partecipare sono cittadini attivi (militanti di organizzazioni, partiti, comitati etc) e ad
autoescludersi sono coloro che hanno maggiori impegni o non possono assentarsi dalla
loro attività principale (i lavoratori autonomi per esempio). Vi è quindi il forte rischio
che vi sia un’esclusione della cittadinanza passiva o di parte della società.
Vi è poi la possibilità che vi sia un’autoesclusione politica, cioè di quelle persone
appartenenti a reti politiche avverse a coloro che hanno organizzato l’evento.
Questi inconvenienti possono essere parzialmente mitigati andando a cercare i
possibili partecipanti, non limitandosi solo a “lasciare la porta aperta”.
È comunque difficile che un forum basato su questo metodo di selezione riesca a
rappresentare tutti i punti di vista e gli interessi in questione.
Selezione mirata
Per evitare gli inconvenienti dell’ autoselezione si può ricorrere a una selezione
più mirata.
Si cercherà di creare uno spazio circoscritto in cui vi sia una riproduzione, il più
fedele possibile, di tutti gli interessi e i punti di vista relativi alla tematica trattata. Si
deve quindi precedentemente svolgere un lavoro di ricerca e di studio dell’universo
interessato in modo da creare una mappa di tutti coloro che dovranno essere
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rappresentati nel processo. L’inconveniente principale è che la scelta delle persone da
invitare può essere arbitraria o distorta.
Sono collocabili in questo alveolo tutti i processi partecipativi in cui gli
stakeholders si siedono ad un tavolo per ricercare soluzioni comuni su una determinata
questioni.
Selezione casuale
Si può inoltre selezionare in maniera totalmente casuale dalla popolazione di
riferimento un campione, cioè una parte, della popolazione stessa. Si avrà quindi a che
fare con cittadini comuni. La selezione per sorteggio limita fortemente gli inconvenienti
delle selezioni precedenti in quanto, sebbene anche in questo caso si verifichi
un’autoselezione visto che sarà più probabile che siano i cittadini cosiddetti attivi ad
accettare più facilmente di partecipare, con questo metodo si riesce a far partecipare una
più vasta gamma di tipologie di persone. Questa tipologia di selezione è usata in un gran
numero di esperienze , per esempio nelle giurie di cittadini, nelle consensus conferences
e nei deliberative polling.
Se il gruppo di partecipanti estratti è abbastanza numeroso (più o meno un
centinaio di persone) la legittimazione consiste in un’effettiva rappresentatività
sociologica della popolazione. Viceversa con gruppi meno numerosi non si può contare
sulla rappresentatività scientifica ma la legittimazione deriva dalla casualità della scelta
e dall’eterogeneità dei partecipanti.
Deliberazione calda e deliberazione fredda
Diversi tipi di metodi di selezioni vanno a creare processi deliberativi aventi
caratteristiche diverse.
Infatti è probabile che in casi di utilizzo di autoselezione e di selezione mirata, le
arene siano formate da cittadini attivi e competenti aventi opinioni ben definite.
Invece nel caso della selezione casuale sarà più facile la partecipazione di cittadini
comuni.
Si può quindi distinguere fra deliberazione calda e deliberazione fredda (Fung).
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I pregi di una deliberazione calda saranno legati alla presenza di una discussione
più ricca e al fatto che questa discussione porterà a risultati più solidi.
Questo tipo di deliberazione ha però anche dei contro: la discussione può
diventare un dialogo fra sordi e non portare a niente.
Per quanto riguarda la deliberazione fredda, i pro sono il fatto che tutte le voci
vengono rappresentate, che vi è un apprendimento reciproco e un dialogo effettivo;
oltretutto gli attivisti non vengono affatto esclusi ma compaiono come testimoni.
Vi sono anche in questo caso però numerosi contro; per prima cosa le discussioni
possono essere più povere e i risultati casuali ed instabili. Vi può poi essere una
manipolazione da parte dei politici ed inoltre per i politici può essere più facile
affrontare cittadini comuni piuttosto che attivisti consapevoli e preparati.
Alcuni studi hanno poi messo in evidenzia come la qualità della discussione è
migliore nei casi di arene costituite da cittadini comuni (Hendriks et al. 2007).
Metodi di selezione misti
In alcuni casi si è cercato di combinare insieme i vari metodi di selezione.
Un caso emblematico sono le giurie di cittadini di Berlino; in queste esperienze si
è messo insieme rappresentanti di associazioni e cittadini comuni. Le discussioni che
avvenivano all’interno del microcosmo misto potevano essere ampliate prevedendo vari
mezzi per coinvolgere, seppur in maniera meno intensa, un pubblico più ampio rispetto
a quello appartenente al microcosmo.
Profani ed esperti
In generale i processi partecipativi tendono a rompere l’assoluta separazione fra
profani ed esperti che vige nella società. Infatti in questa tipologia di esperienza i
profani sono costretti a mettere in relazione le loro esperienze con le categorie teoriche
degli specialisti mentre questi ultimi devono tener conto del loro sapere pratico.
In generale le relazioni fra i due gruppi possono avvenire con modalità differenti.
La modalità più tradizionale è quella della separazione fra i due gruppi (ciò
avviene per esempio nei bilanci partecipativi).
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Una seconda modalità è quella che viene applicata ai progetti di riqualificazione
urbana ,il rapporto fra i gruppi consiste nel circuito tecnici – profani - tecnici. Insomma
l’ultima parola spetta sempre agli specialisti.
I deliberative polling e le giurie di cittadini utilizzano invece un circuito inverso
(profani – tecnici – profani). I cittadini si riuniscono e fanno domande agli specialisti
che forniscono informazioni , l’ultima parola spetta però ai cittadini comuni.
Vi sono poi alcuni casi in cui la distinzione dei ruoli va a cadere e i profani e gli
esperti lavorano in una relazione più stretta.
Coinvolgimento dei cittadini e comunicazione
In un processo inclusivo importantissima è la comunicazione.
In generale nei processi che coinvolgono i cittadini attraverso la selezione di
alcuni individui le informazioni vengono date solo a chi accetta di partecipare.
Invece nei processi aperti a tutti è importantissimo il processo comunicativo.
Si possono individuare due processi comunicativi (Bobbio, 2007).
Il primo punta a raggiungere i cittadini in modo formale e poco invasivo
attraverso opuscoli informativi via posta o via e-mail, cartelloni pubblicitari etc.
Il secondo modello è quello noto come outreach (“andar fuori a cercare”) o
animazione territoriale.
I possibili partecipanti vanno ad essere raggiunti nei luoghi dove lavorano o dove
si aggregano, i cittadini vengono così informati dei processi partecipativi in atto nei
luoghi che frequentano abitualmente.
In generale nel corso di un processo partecipativo è utile fornire un flusso
continuo di informazioni per aumentare la trasparenza e quindi la legittimità del
processo stesso.