CAPITOLO 1: LO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO
La produzione della prima parola intellegibile del bambino è qualcosa di veramente
speciale e rappresenta il biglietto d’ingresso nella società parlante. Attesa con trepidazione,
viene accolta con gioia e soddisfazione dai genitori. Va sottolineato che l’articolazione della
prima parola non segna l’inizio dell’apprendimento linguistico bensì è la zona d’arrivo di una
complessa serie di sviluppi prelinguistici cominciati alla nascita con il pianto (Menegus,
1999).
L’essere umano è geneticamente predisposto a decifrare ed imparare i sistemi di
comunicazione tipici del suo gruppo sociale. Il linguaggio, che si presenta sia come oggetto di
apprendimento, in forma linguistica, sia come strumento comunicativo, svolge una funzione
determinante nelle varie società e culture esistenti. Infatti possiede una duplice funzione,
quella pragmatica, che comprende l’uso della lingua nella dimensione sociale ed
interpersonale, e matetica, che ha la capacità di organizzare i sistemi cognitivi e le conoscenze
(www.balbuzie-terapia.com).
Il rapporto tra la funzione cognitiva e la funzione verbale nel quadro evolutivo
infantile è stato approfondito da vari studiosi contemporanei tra cui J. Piaget, L. S. Vygotskij
e Sinclair De Zwart H. Eric H. Lennenberg ha svolto dei programmi di ricerca sulla natura del
linguaggio a livello biologico e psicologico. Una presentazione sintetica delle conclusioni
scientifiche di questi autori potrebbe fornire una risposta esaustiva alla domanda: “Come e
quando si sviluppa il linguaggio?”.
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1.1. Il linguaggio a livello bilogico
Eric H. Lennenberg sostiene che la funzione verbale è fisiologicamente specifica solo
nell’uomo e si sviluppa grazie alla particolarità anatomica dell’apparato fonatorio e alla
struttura neurale del cervello. L’apparato vocale, o tratto vocale di Lieberman, comprende la
bocca, la cavità nasale, la laringe e la faringe. Grazie ad esso, l’essere umano è capace di
produrre e modulare tutti i suoni distintivi delle lingue e permette una sola funzione per volta:
la respirazione, la deglutizione e la fonazione. Il periodo di massima attitudine
all’apprendimento verbale si ha tra i 18 e i 34 mesi in cui il bambino produce le sue prime
parole. Questo periodo viene definito speech readiness (1971).
La vocalizzazione, presente già alla fine della vita intrauterina, e sicuramente alla
nascita, può essere di due tipi: il primo tipo comprende tutti i suoni in rapporto con il pianto e
con le funzioni vegetative senza articolazione mentre il secondo compare verso la sesta-ottava
settimana e inizia con piccoli e brevi suoni di lallazione, spesso accompagnati da un sorriso
avente caratteristiche di un riflesso che può essere evocato da uno stimolo specifico, come per
esempio un volto qualsiasi che si muove nel campo visivo del bambino (Spitz e Wolf, 1964;
Lennenberg, Rebesky e Nichols, 1965; citato in Lennenberg, 1971, p. 320). Dopo la
dodicesima-tredicesima settimana è necessario che il viso sia familiare perché susciti la
risposta di lallazione nel bambino. Questi suoni durano per circa mezzo secondo e ricordano i
suoni delle vocali. Verso il sesto mese i suoni di lallazione si posssono differenziare in
componenti vocaliche e consonantiche. In questo periodo si possono notare nuove
modulazioni articolatorie. Infatti il bambino acquista gradualmente il controllo
sull’esecuzione dei movimenti e riesce a controllare la laringe (Lennenberg, 1971).
Le singole parole vengono emesse dal bambino tra il dodicesimo e il dicciottesimo
mese. Lennenberg sottolinea il fatto che queste prime parole svolgono una funzione differente
a livello fonologico, semantico e sintattico da quelle del linguaggio maturo. In questo stadio
appaiono delle vistose deviazioni nella semantica sia per il referente che per il significato. Lo
studioso definisce ipergeneralizzazione una parola, per es. papà, che ricopre il significato di
un ambito di oggetti differente.
Basadosi sugli studi svolti con gli adulti, Lennenberg fa un’ipotesi rigrado lo sviluppo
della grammatica nel bambino affermando che “lo sviluppo sintattico procede di pari passo
con lo sviluppo lessicale e fonologico” (p. 325). Ovviamente il bambino ha una struttura
sintattica primitiva in cui non si possono differenziare i sostantivi dai verbi o dagli aggettivi,
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visto che una parola sta per una frase. Più tardi compariranno le frasi composte da due parole
non sempre caratterizzabili dal punto di vista formale (per es. mamma panino, tira papà).
Lennenberg afferma inoltre che certi stadi fondamentali della parola vengono raggiunti
con un ordine fisso e ad un’età cronologica costante. Esiste una sincronia tra le tappe dello
sviluppo della parola e quelle dello sviluppo motorio, anche se a volte lo sviluppo può essere
indipendente. I periodi o stadi indicano la progressione dello sviluppo del linguaggio,
precisano e differenziano gli elementi fonologici (uso dei suoni, vocali e consonanti della
nostra ligua), morfologici (modalità con cui si realizzano le parole della lingua), sintattici
(utilizzo delle regole che permettono la costruzione della frase) e semantici (conoscenza del
significato delle parole e delle frasi) della lingua. È necessario sottolineare che si tratta di
indicazioni generali che non possono né devono rappresentare limiti temporali rigidi, validi
per tutti i bambini.
Secondo Lennenberg esistono delle tappe fondamentali dello svilippo motorio e del
linguaggio. Egli divide il periodo che va dalle 12 settimane ai 4 anni e descrive i progressi del
bambino. Per ciò che riguarda il linguaggio, sostiene che a 12 settimane il bambino piange
molto meno che a 8 settimane, sorride ed emette suoni gutturali a carattere di vocale (cooing)
quando qualcuno gli parla o fa cenni col capo. A 16 settimane risponde in modo più definito
ai suoni umani, gira la testa e gli occhi sembrano cercare colui che parla. Talvolta produce
suoni simili al chiocciare. Raggiunte le 20 settimane, i suoni gutturali iniziano a mischiarsi
con un maggior numero di consonanti. Si notano le fricative labbiali, le spiranti e le nasali. Le
vocalizzazioni sono molto diverse dai suoni del linguaggio adulto. A 6 mesi l’emissione
gutturale si trasforma in lallazione che assomiglia alla produzione di sillabe isolate. Le
espressioni più comuni sono ma, pa. A 8 mesi le ripetizioni prolungate diventano frequenti.
Le forme di intonazione sono distinte, le espressioni prodotte possono segnalare enfasi o stati
emotivi. A 10 mesi le vocalizzazioni si mescolano con giochi sonori come i rumori di
gorgoglio e di esplosione di bolle d’aria. Il bambino cerca di imitare i suoni che non riesce ad
imitare bene. Inizia a stabilire delle differenze tra le parole udite e compie degli adattamenti
differenziati. Solo a 12 mesi riesce a ripetere delle sequenze di suoni senza variazioni.
Compaiono in questo periodo le prime parole (mamma o papà) e il bambino mostra dei segni
sicuri di comprensione di parole e di semplici comandi (“mostrami gli occhi”, “dove sono gli
occhi?”). A 16 mesi possiede già un vocabolario definito di parole che sono più di tre ma
meno di cinquanta. La lallazione è ancora frequente, ma riguarda le sillabe con intonazione
complessa. Se non viene capito il bambino non mostra segni di frustrazione. Può pronunciare
parole come grazie e vieni qui, anche se le frasi composte da due parole non sono frequenti.
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La comprensione progredisce rapidamente. Arrivato ai 24 mesi, il vocabolario del
bambino si estende a più di cinquanta parole. Inizia a combinare elementi del vocabolario in
frasi di due parole. Le frasi appaiono come sue creazioni. Aumento il comportamento
comunicativo e l’interesse per il linguaggio. A 30 mesi il vocabolario del bambino si espande
rapidmente. Scompare la lallazione e il bambino inizia a comporre frasi di due, tre, cinque
parole, anche se grammaticamente dissimili da quelle prodotte dagli adulti. L’intellegibilità
non è ancora definita. Se gli adulti non lo comprendono mostra dei segni di frustrazione. Il
bambino di 3 anni possiede un vocabolario di circa mille parole e circa l’80% delle frasi
prodotte sono comprensibili dagli estranei. Anche la complessità grammaticale delle
espressioni è all’incirca quella del linguaggio colloquiale dell’adulto. A 4 anni il linguaggio è
ben acuisito (Lenenberg, 1971)
Lennenberg non è un sostenitore della sincronia tra lo sviluppo della parola e lo
sviluppo motorio come alcuni studiosi. Egli infatti afferma che: “La parola, che richiede
movimenti delicati e estremamnete precisi della lingua e delle labbra, sempre perfettamente
coordinati con i sistemi motori laringeo e respiratorio, è sviluppata in modo quasi completo
quando la maggior parte delle altre capacità motorie è molto al di sotto del livello cui arriverà
nel successivo sviluppo” (1971, p. 147).
Egli nota che lo sviluppo motorio non è sempre costante. Ci possono essere dei
rallentamenti transitori nella velocità maturativa, seguiti poi da acceleramenti. Nello sviluppo
del linguaggio c’è una notevole regolarità. Lo dimostra uno studio svolto da lui stesso con
cinquecento bambini nell’area di Boston da cui emerse che nove bambini su dieci all’età di 39
mesi avevano acquisito molte capacità verbali quali: il nominare la maggior parte degli
oggetti della casa, una chiara intellegibilità, la comprensione delle istruzioni orali, la
produzione di frasi con una complessa sintassi, la spontaneità nella produzione orale. Solo
cinquantacinque bambini di questo campione non raggiunsero i valori medi per varie cause,
come la non collaborazione, la scarsa articolazione, i disturbi psichici o altro.
Lennenberg sottolinea inoltre l’importanza del ruolo contestuale sullo sviluppo
linguistico. Secondo lui un ambiente povero non blocca definitivamente le potenzialità di base
del bambino. Se l’ambiente sociale viene arricchito, anche le capacità linguistiche del
bambino con un vocabolario carente miglioreranno (1971).
Svolgendo degli studi di proiezione trasversale nei quali si confrontava la natura e la
qualità della parola con una norma, senza determinare l’età in cui comparivano i fenomeni
verbali, Morley (1957) trovò che gli usi linguistici che comparivano solitamente nello stesso
periodo in tutti i bambini, nei soggetti socialmente svantaggiati erano impoveriti. Riscontrò
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