2
di origine toscana di cui fanno parte Francesco Rolandello e il Pistoia; l' altra dalla
produzione satirica a carattere classicistico, iniziata nel 1480 con la prima stampa in
Trevigi (successive ristampe, senza luogo e senza data, per i tipi di Alessandro Paganini)
del volgarizzamento in terza rima delle Satire di Giovenale di Giorgio Sommariva, (che
pure tradusse la Batracochiomachia), la cui stesura e dedica al doge Pietro Mocenigo
risale a cinque anni prima. Nella regione italiana in cui l' influsso di Giovenale
5
trovò più
fertile terreno (si pensi al copioso e farraginoso canzoniere di Antonio Grifo, che il rimatore
padovano Marco Businello, nel sonetto Grifo fratello poi che si è partita, lusinga col verso
<<et Jovenale, / che di Lauro te ordisce una corona>>
6
, o all' angusto moralismo religioso
di Antonio Vinciguerra, a cui il Cicogna delle Iscrizioni concesse l' unico merito di essere il
primo in Italia a scrivere terze rime satiriche - titolo peraltro non del tutto legittimo, essendo
la sua opera posteriore a quella del Sommariva) si inserisce la poesia dello Strazzola,
sensibile come i suoi predecessori al fascino dello sdegno: si natura negat, facit indignatio
versum; ma se veramente l' ingegno sovente mancò al poeta che "ben rappresentò quella
corrente d' arte inferiore o popolareggiante, spesso satirica e beffarda o bassamente
ridanciana, cui gli avvenimenti svoltisi negli ultimi decenni del Quattrocento e in sul
principio del secolo seguente, porsero copioso alimento"
7
, pure l' indignatio, raffrontata allo
stile di vita di cui numerosi componimenti rendono conto, pare di genere e scarsamente
sincera.
Degli spesso poco soddisfacenti risultati della poesia dello Strazzola diede un
ampio resoconto per primo Vittorio Rossi
8
, in un celebre articolo a chiusa del quale così
sintetizzò il suo giudizio critico: <<(...) dal suo canzoniere procurai di spremere tutto il
succo che fosse possibile, sì che dello Strazzola altri non istimi necessario riparlare,
almeno finchè non vengano in luce nuovi testi, se non per discutere, ove metta conto, i
miei apprezzamenti ed i cultori della storia del costume e dell' arte trovino additato e
diboscato un nuovo sentiero, per il quale avviare le loro ricerche. Allo storico delle lettere l'
ufficio di consacrare d' ora in avanti al Michieli un paio di linee>>
9
.Ma il nome dello
Strazzola non era del tutto nuovo: a portare il Rossi sulle tracce del manoscritto fino allora
quasi sconosciuto fu un accenno nella storia della poesia del gesuita Francesco Saverio
Quadrio: <<Andrea Battillo Stracciola compose anch' egli un grosso Volume in foglio di
Poesie giocose, che abbiamo veduto manoscritto nella Biblioteca Estense. Ma chi sotto
quel nome si nascondesse, non ci è affatto noto, se non che da una Lettera del medesimo
5
Lo Str. accenna direttamente a Giovenale nel sonetto CCCXXXIX, uno dei numerosi componimenti inviati
a, o aventi per soggetto, l' amico dissoluto Marco Vidal:
Questo è Valerio ch' io te commandai?
Cusì si tratta la filosofia?
Ivi de Orazio legi la poetria
e 'l satir Iuvenal ch' io te donai?
(vv. 5 - 8)
Accanto all' Orazio dei Sermones e a un Valerio "filosofo" (penso a Catone), lo Strazzola riconosce a
Giovenale l' esemplarità dell' insegnamento morale. N. B.: la numerazione romana si riferisce all' edizione di
Vera Bertaccini (cfr. p. 4, n. 19).
6
Cfr. Cestaro, Rimatori padovani..., op. cit. p. 117.
7
Vittorio Cian, La satira, "Storia dei generi letterari", Milano, Casa Editrice Dottor Francesco Vallardi, 1924,
p.384 - 385.
8
Vittorio Rossi, "Il canzoniere inedito di Andrea Michieli detto Squarzòla o Strazzòla", in Giornale storico
della letteratura italiana, XXVI, Torino, Ermanno Loescher, 1895, fasc. 76, pp. 1 - 91; poi in Vittorio Rossi,
Scritti di critica letteraria - Dal Rinascimento al Risorgimento, Firenze, G. C. Sansoni, 1930, pp. 93 - 190.
9
Ibid., op. cit. p. 75.
3
Manoscritto, ricaviamo ch' egli fu Viniziano della famiglia Micheli, fratello di Giovan
Giacopo che fiorì nel principio del Secolo XVI>>
10
Benché nel 1827 il Cicogna avesse riportato a pagina 571 del sesto volume delle
sue Iscrizioni
11
il passo dei Diarii di Marin Sanudo
12
ove è annotata la notizia della morte
del poeta (diari a loro volta pubblicati per intero dal 1879); e lo Zannoni
13
, in un articolo
antecedente cinque anni quello del Rossi, avesse avuto modo di citare il nome dello
Strazzola attribuendogli un sonetto adespoto, trascritto nella Cronaca di Ferrara del
Caleffini
14
, fino all' articolo del Rossi l' interesse critico per lo Strazzola fu nullo, ritenendosi
sufficienti poche note per un ristretto pubblico erudito. La preoccupazione del Rossi di
ridimensionare l' opera varia e tormentata di questo "nuovo" personaggio della letteratura
derivò sicuramente in gran parte da necessità di tipo moralistico, viste le tematiche
"scabrose" di una vasta parte del canzoniere, e gli aspetti biografici maudit del loro autore
- aspetti peraltro già messi in luce sotto la data del 13 dicembre 1510 da Marin Sanudo
15
:
<<In questi zorni morite Andrea Michieli, fratello di Zuan Jacomo, ditto Squarzola, qual feva
soneti faceti excellentissimi et maxime in dir mal d' altri era, in questo, omo di grande
inzegno; in reliquis sporco et viciosissimo et il fratello non si dignò di portar coroto>>
16
.
Malgrado l' apprezzamento del Sanudo, la gratuità del dir mal d' altri è ben lontana
dagli scopi che il procedimento retorico dell' amplificatio di Giovenale si proponeva, mai
fine a se stessa, deformante e caricaturale in quanto propositiva; ammissione di colpa di
quella gratuità si legge in DXXIII, dove l' autore <<(...) avendo scontrato Schiavina uscir da
l' ostaria de la Simia
17
avinato>> chiude la rampogna contro l' amico ubriaco con l'
espediente di una excusatio non petita:
Lettore, non pensare
10
Della Storia, e della Ragione d' ogni poesia, di Francesco Saverio Quadrio della Compagnia di Gesù, alla
Serenissima Altezza di Francesco III, Duca di Modana, Reggio, Mirandola &c., Milano, Stampe di Francesco
Agnelli, 1741, vol. II, Lib. I, Dist. II, Capo VI, p. 556.
11
Iscrizioni veneziane raccolte e illustrate da Emmanuele Antonio Cicogna, cittadino veneto, VI, Venezia,
Giuseppe Picotti Stampatore, 1827.
12
I diarii di Marin Sanudo (MCCCXCVI - MDXXXIII) dall' autografo Marciano ital. codd. CDXIX - CDLXXVII,
pubblicati per c. di R. Fulin, F. Stefani, N. Barozzi, G. Berchet, M. Allegri; auspice la R. Deputazione veneta
di Storia patria, 58 voll. in 59 tt., F. Visentini, Venezia 1879 - 1903 (rist. anast. Forni, Bologna, 1969 - 1970).
13
Giovanni Zannoni, Enrico III a Ferrara, "La Cultura - rivista di Scienze, Lettere ed Arti", vol. IX, n
o
13,
Milano, Dott. Leonardo Vallardi Editore, 1890, nota a p. 42. Si tratta del son.CXXV Da Lion vengo e là si fa
banchetto, per cui cfr. cap. III.4 di questo lavoro.
14
U. Caleffini, Croniche, codice manoscritto tuttora inedito I,1,4 della biblioteca Chigiana.
15
I diarii di Marin Sanudo, op.cit. XI, p. 680.
16
Coroto, s. m. Gramaglia, Abito lugubre, Veste da lutto che portasi per amarezza de' morti (BOER). Ricorre
pure nello Strazzola in CXCIV, 6; DLXXI, 13. Riguardo al 'dir mal d' altri' cfr. cosa ebbe a dire il Quadrio con
l' ansia tassonomica che caratterizza la sua opera: <<(...) tuttavolta se il medesimo componimento non avrà
esso per materia il vizio, e per forma la maldicenza, non si potrà per verun conto chiamare Satira, né Satira
sarà esso giammai. E la ragione fondamentale si è, perché d' ogni ispezie di Poesia la bella idea è sol
una>>, Storia e ragionamenti..., op. cit. p. 545.
17
L' ostaria della Simia viene nominata pure in CXV, CXXXIX, CCXXV, CCCXIII (da cui sappiamo essere
stata in Rialto).
4
che la mia lingua tenga alcun secreto,
ch' io non sparagno al mio proprio diffeto.
18
(vv. 15 - 17)
Dall' anno di pubblicazione del citatissimo articolo del Rossi al 1962 nulla si è detto
di più di un canzoniere la cui spesso scarsa qualità ne giustificava l' oblio, a parte l'
attribuzione di alcune opere da parte dell' attore Gildo Meneghetti, di cui si parlerà oltre; e
se il Rossi stesso da una parte esplicitamente dissuadeva da un ulteriore indagine, dall'
altra quel titolo, "Il canzoniere inedito...", non poteva che suggerire la necessità di una
edizione critica. Invito raccolto da Vera Bertaccini
19
, che nella sua tesi di laurea (relatore
Raffaele Spongano) editò i cinquecentonovanta componimenti conosciuti dello Strazzola,
arricchita da una breve introduzione e da un glossario contenente una parte dei termini
dialettali e gergali.
18
Sparagno - sparagnare, risparmiare (BOER), qui usato intransitivamente.
19
Vera Bertaccini, Il Canzoniere dello Strazzola - testo critico e glossario, Università degli studi di Bologna,
Facoltà di Lettere e Filosofia, a. a. 1961 - 62, pp. 624.
5
II) Le fonti manoscritte e a stampa
II.1. Il codice G. 6. 13 della Biblioteca Estense di Modena
La più importante delle fonti manoscritte dell' opera dello Strazzola è il codice G. 6.
13 della Biblioteca Estense di Modena in cui si imbattè il Rossi
1
; è costituito da
duecentosessanta fogli cartacei rilegati in pelle marrone con sul dorso il fregio dorato
degli estensi sotto la scritta Micheli / Poesie Giocose, contenenti cinquecentottantacinque
poesie tra sonetti e strambotti. Le dimensioni originali dei fogli dovevano essere maggiori
rispetto a quelle odierne (mm. 228 x 212), ridotte ai fini della rilegatura voluta secondo
Vera Bertaccini
2
dal Tiraboschi, provocando la caduta di parte della numerazione
originale, di mano probabilmente dello stesso Strazzola, rifatta nel Settecento.
Sulla carta di guardia anteriore, di mano del bibliotecario che precedette il
Tiraboschi (e che scrisse la segnatura antica) è scritto Opere poetiche di Battillo Straciola
- Originale; e della sua originalità fu convinto il Rossi <<(...) dall'età - i primordi del 500 -
della nitida scrittura, da alcune correzioncelle, che han tutta l' aria di essere autografe, da
certi disegni a penna che appaiono qui e qua ad illustrazione del testo, da tutto l' assetto
generale del manoscritto>>
3
.
Il chiaro intento calligrafico situa la raccolta Estense ai primi del Cinquecento, il
che non osta all' ipotesi dell' autografia, morendo lo Strazzola, secondo la notizia del
Sanudo, nel 1510; pure una particolare cura è posta nelle correzioncelle, poco numerose
rispetto alla vastità del Canzoniere, ordinate, chiare e precise, eseguite di seguito sulla
riga, e chiaramente coeve alla stesura del testo. La cancellazione delle code di alcuni
componimenti senza una loro sostituzione confermano la mano dell' autore; un copista di
sua iniziativa non avrebbe eliminato parti così vaste, e se vi si fosse imbattuto non
avrebbe probabilmente copiato in molti casi il frammento rimasto (penso in particolare al
sonetto CDXCIII Poltron, se non ti menti per la gola, le cui terzine sono cancellate a fitti
tratti di penna). E se il copista avesse avuto qualche interesse a interpolare al testo versi
propri avrebbe agito in modo da cambiarne il significato originale; le interpolazioni nell'
interlinea non si discostano invece mai molto dal significato dei versi cassati. In più, i
caratteri, la mano e l' inchiostro del correttore sono i medesimi del testo corretto.
Quei certi disegni a penna che appaiono qui e qua
4
non hanno uno scopo
ornamentale, caratteristico piuttosto di un copista, ma inseriti talora all' interno di alcuni
1
All' epoca dell' articolo del Rossi la segnatura era VIII. D. 6, (nel catalogo degli italiani n° CCCLXXXIV).
2
Vera Bertaccini, Il canzoniere..., op. cit. pp. 4 -5.
3
Vittorio Rossi, "Il canzoniere...", op. cit. p. 2.
4
Nel son. CLIX, al v. 3: Quanto io da questo ladro in cui me fido, dopo "ladro" è stilizzato un dado; al v. 13
del medesimo: E pur sta maledeta calamita, accanto a "calamita" nuovamente figura un dado. Al son.
CCLXX, v. 14: Che se questo n' avea, l' andava neta, dopo "questo" è tratteggiato un leone crinito chiuso in
un cerchio, che secondo Vera Bertaccini (Il Canzoniere..., op. cit. p. 14) rappresenterebbe il timbro rilasciato
dalla Serenissima sul lasciapassare dei creditori. A fianco del son. LI sono disegnati tre dadi, e così pure alla
fine di CVI, e a chiusa di CCCXX, al v.17: Gli donarei gran parte del mio offizio, dopo "offizio"; in LXXVIII, a
fianco del v. 2: Cazzasi queste fiche in le pupille, in margine vi sono disegnate appunto due "fiche". Ancora
lo schizzo di due dadi è interpolato, dopo "questi", in CXLII, v. 8: Purché questi mi desse un dì vittoria, e
ugualmente in CCLXXXV, al v. 9: Questi fu causa che tolesse a impresti. In CCXCVI, alla fine del v. 8: Per
premio del mal dir gli dono questa, vi è disegnata una forca.
6
versi e sviluppati con disinvoltura e noncuranza, suggeriscono un intento illustrativo e di
commento al testo scritto. Analoghe considerazioni si possono trarre da alcune rubriche
5
esplicative che suggeriscono grande familiarità tra il redattore del manoscritto e l'
argomento trattato.
Ai cinquecentoottantasei tra sonetti e strambotti il codice antepone due lettere
proemiali, una al mecenate Alvise Contarini, la seconda al fratello Giovanni. E' difficile
sceverare Alvise tra i contemporanei della stessa famiglia con lo stesso nome (Alvise,
Aloisio, Luigi, Lodovico) che i genealogisti veneti ricordano. Il Rossi propende per un
Alvise di Francesco del ramo di S. Cassan sulla cui tomba posero una lapide i figli nel
1528, nella piccola chiesa di San Daniele fondata dalla famiglia Bragadin
6
.
II.2. I manoscritti della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia
Se il manoscritto estense contiene la quasi totalità del Canzoniere, (vi mancano tre
sonetti e uno strambotto
7
), l' autografo di Marin Sanudo ms. 363, cl. IX degli Italiani,
segnatura attuale 7386, della Biblioteca Marciana di Venezia annovera tra componimenti
di Giorgio Sommariva, di Panfilo Sasso, del Pistoia, del Tebaldeo e ad alcuni anepigrafi
sotto il titolo di Composizioni poetiche volgari e latine intorno le cose d' Italia sul finire del
sec. XV, sette sonetti e due strambotti dello Strazzola
8
.
Come il precedente, provenne da Girolamo Contarini (ed è pure di mano di Marin
Sanudo
9
) il ms. It. IX, 369, segnat. attuale 7023, silloge di molti autori della fine del
5
In margine ai versi del son. DI, dove <<(...)Stra<zzola> demostra quattro spezie de ignoranti in quattro
facultate>>, sono scritti a sinistra del componimento con l' inchiostro rosso i nomi, a destra le materie; di
fianco al v. 10: Bartolomeo, eccellente organista si legge: "organista di S. Marco". Nel sonetto che nel
Canzoniere segue, avente per argomento un simposio tra "famosi bevagni", i nomi di questi ultimi sono
segnati a fianco dei versi dove di loro si parla. In modo analogo in margine al son. DXVI dove Strazzola
tratta <<(...) la nova scola fata de bevagni e la condizion e li pati di queli che debbon intrare e la pena che
hano queli che alenzano il vino>> si legge: <<Fracasso, beccaro; Zan de Martin, scusaro in gotengo; P.O.
Tenca; Rensolo, massar ai cattaneri; Mataria, patron de burchio; Mateo, varotar; E.M. Baricoco>>. Infine il
son. DXXXVI, satira contro i millantatori di falsi nobili natali, presenta in margine alla seconda quartina il
motto "Exaltat virtus nobilitatque"; e a chiusa "Nihil sub sole stabile nihil firmum", sentenza che ricorre pure
nella rubrica del son. LXXXII: <<Lamentabilis p.g. potatoris narratio sive commemoratio de felici tempore
elapso per quam nihil sub sole stabile est et esse omnia subiecta Fortunae>>, denotando identità di persona
tra il redattore delle due noterelle di DXXVI e della rubrica.
6
ALOYSIO CONTARENO SENATORI INTEGERRIMO PATRI CHARISS. ET DANIELI AC IOANNI FRIBVS
OPTIMIS FRANCISCUS CONT. PIE PONENDV CVRAVIT 1528. M. APR., Emanuele Cicogna, Iscrizioni, I,
318.
7
Fratochi dalla schena prosperosa , San Marco ode, vede, sofre e taze, Sto mal franzese m' ha si umiliato,
e Lingue pongente più che dardi e stochi.
8
Da Lion vengo e lì se fa bancheto (Strazzola), San Marco ode vede sofre e taze (Andrea de Michaelis), Il
Galo monstro come è noto a ogniuno (Strazzola), Vedo Gonzaga con sua franda lanza (Strazola), Sier Rafie
che ve pare de sto Re (adespoto), Fratochi dalla schiena prosperosa (A. Squarzola), Sto mal franzese mi ga
si umiliato (Strazzola), Sento di questo Galo gran facende (Strazzola), Eridano di sangue veder parmi
(Strazzola). Il codice è pubblicato da Vittorio Rossi, Poesie storiche sulla spedizione di Carlo VIII in Italia,
(per nozze Renier-Campostrini), Venezia, Visentini, 1887, pp. 38 seg. Riguardo a San Marco ode vede sofre
e taze cfr. p. 62 seg. di questo lavoro.
9
Desumo da Vittorio Cian, La satira..., op. cit., pp.307-308, l' esistenza di una seconda redazione
manoscritta dal Sanudo del son. DLXXXIX: <<(...) forse un' ignoto rimator veneziano, lanciava per le vie e
per le piazze della sua città un sonetto, fra sarcastico e canzonatorio, a scherno dei frati troppo ben pasciuti
e gaudenti ed oziosi, che invece di darsi all' "inerzia poltrona", avrebbero dovuto prender l' armi tutti contro
gli infedeli. Era il giugno del 1499 allorquando la Repubblica di Venezia preparava un' armata contro i Turchi
7
Quattrocento e degli inizi del Cinquecento. Riporta adespoti lo strambotto Sto mal
franzese t' ha sì umiliato e il sonetto Crudel facchini perfida genia.
Il terzo dei manoscritti della Marciana (Ms. It. XI, 66; segnat. attuale 6730)
provenne alla biblioteca da Apostolo Zeno, e contiene prose e poesie latine e volgari di
vari autori specialmente dei secoli XIV, XV e XVI. Il codice, cartaceo, fu definito dal Cian
come il "noto zibaldone di Marin Sanudo". Contiene dello Strazzola adespoti lo "stramoto"
Al marangon concessa è la samuzza ed il sonetto La gola il cazzo el giocho maledetto e,
firmato Squarzola, il sonetto Lingue pongente più che dardi e stochi.
10
II.3. Altre fonti
Adespoto e anepigrafo compare nel Ms. Mgl. VII, 1125 della Biblioteca Nazionale
Centrale di Firenze, (codice cartaceo, redatto da più mani tra il 1496 e il 1498) il sonetto
CXXV Da Leon vengho elli si fa banchetto, già presente nel primo manoscritto citato della
Biblioteca Marciana di Venezia. Cartaceo scritto da diverse mani tra il 1496 e il 1498, è
una raccolta di rime spesso anepigrafe in scrittura umanistica.
Questo componimento è pure presente nel ms. H 223 P.I. inf. della Biblioteca
Ambrosiana di Milano, cartaceo del secolo XV, autografo del Pistoia
11
, avente sulla
minacciosi e Marin Sanudo, che porse l' orecchio a questi versi, come alle mormorazioni antifratesche della
gente, ebbe l' ottima idea di trascriverlo nei suoi Diarii:
Fratoci da la schena prosperosa,
sotto il vessil di Cristo militanti,
in procession vedendovi galanti,
zoveni e lieti con faza animosa,
a me parebbe pur licita cosa,
per far andar la fede nostra avanti,
che mi pigliasti l' arma tutti quanti
contra gente infedel vituperosa.
Ma l' ozio, la libido e la golaza,
le piume; il sonno, l' inerzia poltrona
vi fan schivar la divota curaza,
unde mormorar de voi sento, e l' aer sona
chiaro de voi in zascheduna piaza
il ver che con rason molto casona.
Adunque in persona
manete orsù contra Turchi infideli,
a ciò che non siate a Dio rebeli.
(...) sovrattutto nella prima terzina, si rivela conoscitore del Petrarca>>.
Alcune pagine dopo (384 - 385) il Cian rivela l' autore del sonetto prima riportato anonimo (il codice
Marciano 7386 lo introduce con la rubrica <<Ad fratres minores>>, e lo chiude con "A. Squarzola, 1499"):
<<(...) tanto è vero che in passato non aveva esitato a inserire nei suoi Diarii qualche saggio dei sonetti del
Michieli, come di preziosi o curiosi documenti storici in versi. Così ad esempio, sotto il Giugno del 1499
aveva riferito per intero, senza menzionarne l' autore, un "Soneto fato in questi tempi contra i frati, quali
doveriano andar in armada"; quello che com. Fratoci da la schena prosperosa e che fu da noi riprodotto più
addietro. Quel vivo e pungente sonetto era uscito dalla facile penna dello Strazzòla, (...)>>.
10
Cfr. Maria Cristofari, Il codice Marciano it. XI, 66, "R. Università di Padova - Pubblicazioni della Facoltà di
Lettere e Filosofia, vol. XIV", Padova, Casa Editrice Dott. Antonio Milani, 1937, n
i
. 304, 308 (solo una banale
svista riferisce allo Str. il componimento antecedente) e 643.
11
Il. son. è pubblicato in Erasmo Pèrcopo, (editi e illustrati da), I sonetti faceti di Antonio Cammelli secondo
l' autografo Ambrosiano, Napoli, N. Iovene e C., 1908, pp. 663, .
8
guardia anteriore il titolo Poesie di Antonio Vinci da Pistoia scritto da un erudito del sec.
XVIII che si firmò B.O. (Baldassarre Oltrocchi, che fu dottore e poi prefetto dell'
Ambrosiana). Il codice contiene cinquecentotrentotto sonetti del Pistoia, uno del Cosmico
e il sonetto Da Leon vengho..., la cui attribuzione si deve a questo punto considerare
incerta.
Infatti a c. 215 del Ms. 979 scaff. 84, palch. 2 della Biblioteca Trivulziana di Milano
lo stesso sonetto appare attribuito al Pistoia. Il Renier descrive il codice vergato
calligraficamente su pergamena finissima, avente in azzurro le lettere iniziali delle
quartine e delle terzine dei sonetti, a ognuno dei quali è riservata un' unica pagina.
Pure il ms. Sessoriano 413 della Biblioteca Vittorio Emanuele di Roma, cartaceo
della fine del sec. XV, miscellaneo di prose e versi in italiano e in latino (contiene
componimenti del Pistoia, del Tebaldeo, di Galeotto del Carretto, di Baldassar Tacconi, di
Vincenzo Calmeta e di altri) riporta, firmato A. P., Da Lion vengho la si fa banchetto.
Infine il ms. Capitolare della Biblioteca Comunale di Verona, cartaceo del 1494
autografo del Sommariva, e contenente i suoi componimenti, riporta a c. 10 sotto la
rubrica: <<Epygramma cuiusdam fugitivi ex Lugdunensi civitate confugiens ad Urbem
Romam Anno 1494 Die primo Maii et. c.>> Da Lion vengo la si fa banchetto...
Il sonetto in questione compare quindi come autografo dello Strazzola nel codice
Estense; attribuito allo Strazzola dal Sanudo nel codice Marciano 7386; anonimo in quello
Magliabechiano; di un anonimo fuggitivo da Lione a Roma nel 1494 nel manoscritto
Capitolare di Verona; attribuito al Pistoia nel codice Sessoriano; apografo del Pistoia nel
codice Trivulziano e, infine, autografo del Pistoia in quello Ambrosiano; l' argomento
politico trattato - la difficile questione della discesa di Carlo VIII a Napoli - accresce l'
importanza del definirne la paternità, di cui rimando al cap. III.4.2., p. 67 seg.
II. 4. Le fonti a stampa
Solo pochi testi sono stati interamente pubblicati dal Rossi nel suo articolo sul
Giornale Storico della Letteratura Italiana, e altrettanto frammentate sono le pubblicazioni
di alcuni stralci dell' opera del Nostro sopra indicati. Dalla prima edizione critica di Vera
Bertaccini Raffaele Spongano ha pubblicato una parte del Canzoniere in Studi e problemi
di critica testuale
12
. Alcuni poemi - sostituendo alle rubriche autografe del poeta nuovi
titoli - ha pubblicato Guido Quarti unitamente a una breve introduzione biografica e
critica.
13
12
N° 20, XXIV - XXXVI; 21, XXXVII - XLVII; 22, XLVIII - LVII; 23, LVIII - LXVIII; 25, LXIX; 27, LXX - LXXIV;
28, LXXV - LXXIX; 29, LXXX - LXXXVII; 34, LXXXVIII - XCII; 35, XCIII - XCIV; 36 XCV - XCVIII; 38, XCIX -
CV; 39, CVI - CX; 40, CXI - CXIV; 41, CXVII - CXXII.
13
Guido A. Quarti, Quattro secoli di vita veneziana nella storia dell' arte e nella poesia - scritti rari e curiosi
dal 1500 al 1900, Milano, Editore Enrico Gualdoni, 1941, pp. 19 - 21: San Marco ode, vede, sofre e taze
(nuova rubrica dell' A.:<<Venezia segue la massima imperiale: parcere subiectis et debellare superbos>>);
Non son becar, non son scortecator, (<<Nemico dei tutori della legge>>); La gola, el c..., el ziogo maledeto,
(<<Necessità di mettere la testa a posto>>); Trovandomi l' altr' ier di Pava in piazza, (<<Squarzina detto
Strazzola non è il pittore Squarzone>>); Ormai del mio mantel si tien si poco, (<<Alle volte un mantello serve
a coprire molti difetti - al pittore Battista Oliviero>>).