6
di essere lese dal potere unilaterale del datore di lavoro di mutare il luogo
d'adempimento della prestazione di lavoro, nasce la necessità da parte del
legislatore e della stessa contrattazione collettiva di predisporre dei mezzi di
tutela diretti a disciplinare e mitigare il potere di trasferimento
dell’imprenditore, contemperando entro giusti limiti le contrapposte esigenze.
Occorre peraltro rilevare che un’eccessiva restrizione di tale potere può
determinare l’impossibilità di una sana gestione aziendale, incidendo sulla
produttività dell’impresa, con inevitabili ripercussioni sugli stessi lavoratori
che potrebbero veder messo in discussione il posto di lavoro.
Negli ultimi anni consapevoli di ciò, le stesse forze politiche e sindacali hanno
intuito il pericolo derivante da un garantismo esasperato e da un sostanziale
immobilismo delle forze lavoro. Questo lavoro si propone l’obiettivo limitato
di analizzare l’istituto del trasferimento del lavoratore, così come disciplinato
nel vigente CCNL soprattutto nel caso specifico dei lavoratori metalmeccanici.
Al fine di inquadrare al meglio l’istituto del trasferimento, nel primo capitolo si
procederà a sviluppare una breve disamina della normativa legale che
disciplina il trasferimento individuale del lavoratore. Una particolare attenzione
verrà dedicata alle nozioni stesse di trasferimento e di unità produttiva alla luce
delle più recenti pronunce dei giudici di legittimità e di merito e
dell’interpretazione che ne è stata data da alcuni cultori della materia.
Nel secondo e terzo capitolo si cercherà di approfondire l’argomento proprio
del trasferimento del lavoratore, così come risulta attualmente regolamentato
dal vigente CCNL. L’istituto verrà analizzato non solo nella sua forma classica
del trasferimento individuale, cui si dedicherà l’intero secondo capitolo, ma
anche con riferimento alle altre diverse tipologie di trasferimento sia esso
collettivo che volontario. Il trasferimento in tal senso verrà soprattutto
7
sviluppato in ottemperanza della legge 104 che ha regolamentato l’assistenza,
l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate apportando con
l’art. 33 – 5° e 6° comma – due importanti cambiamenti in materia di
trasferimento soprattutto a tutela dei bisogni di coloro che hanno minorate
condizioni fisiche e psichiche.
La prosecuzione del rapporto di lavoro, la cogenza e la degorabilità della
regola di continuità dal punto di vista del datore di lavoro saranno le
argomentazioni del terzo capitolo. Il licenziamento, la continuità del rapporto
di lavoro dal punto di vista del lavoratore, la conservazione dei diritti e degli
obblighi che derivano dal rapporto di lavoro chiuderanno la nostra indagine
giuridico sociale all’interno del difficile mondo dei contratti lavorativi e delle
clausole di riferimento applicate ed applicabili alla figura del lavoratore.
8
Capitolo Primo
Il trasferimento del lavoratore
1.1 Cenni storici
L’ordinamento normativo italiano è costituito da un complesso sistema di
regolamentazione dei rapporti di lavoro: la Costituzione; la regolamentazione
generale del contratto di lavoro contenuta nel codice civile
1
; la normativa
fondamentale risultante dallo Statuto dei diritti dei lavoratori. Il diritto del
lavoro stricto sensu contiene la regolamentazione della relazione giuridica tra
le parti del rapporto di lavoro. Nell’Ottocento lo schema giuridico di questa
relazione era il libero contratto di lavoro, secondo le regole del mercato nel
rapporto tra domanda ed offerta. La questione operaia e sociale diede vita al
diritto del lavoro come diritto speciale in cui le condizioni di lavoro non
potevano più basarsi solo sulle leggi di mercato in cui il lavoratore era
portatore di una particolare merce da scambiare: la sua forza lavoro separata
dal lavoratore in cui l’imprenditore iniziava ad avere un potere ed un valore
non sulla sua persona, ma sulla merce-forza lavoro
2
. Il trasferimento del
lavoratore è regolamentato legislativamente nell’ultimo periodo del 1° comma
dell’art. 2103 del codice civile, come sostituito dall’art. 13 della legge 20
1
A tal proposito il rapporto interprivato di maggiore rilievo sul piano costituzionale è il
rapporto di lavoro disciplinato in funzione protettiva del lavoratore al livello dell’autonomia
dei privati, sia nelle organizzazioni collettive che come singoli. La rilevanza riconosciuta dal
legislatore costituzionale alla posizione soggettiva di sottoprotezione sociale del lavoratore
come cittadino e, prima ancora, come persona implicata nel rapporto di lavoro dipendente si
affianca l’obiettivo della tutela della libertà e dignità sociale del lavoratore. Inoltre con
l’integrazione della disciplina codicistica rivolta al perfezionamento del sistema di tutela c.d.
minimale del lavoratore come soggetto contrattualmente debole e bisognoso di protezione,
segue una tutela più ampia del lavoratore, ossia la sua dignità sociale, specificandosi nella
tutela contro le discriminazione. Ballestrero M. V. , Il trasferimento dei lavoratori, in AA.VV.,
L'applicazione dello Statuto dei lavoratori. Tendenze ed orientamenti, Milano, Edizioni
Angeli, 1973, pp. 25-39.
2
Garofalo M. G., Un profilo ideologico del diritto del lavoro, Bari, Cacucci, 1999, p. 10.
9
Maggio 1970 n. 300
3
. Esso stabilisce che il lavoratore non può essere trasferito
da un’unità produttiva ad un’altra, se non per comprovate ragioni tecniche,
organizzative e produttive. Per identificare la fattispecie di trasferimento deve
verificarsi, quindi, un mutamento definitivo del luogo di adempimento della
prestazione lavorativa argomentata nel rapporto
4
. Altro requisito necessario
affinché possa verificarsi trasferimento è che la nuova sede di lavoro ricada in
una diversa unità produttiva.
Il testo attualmente vigente dell'art. 2103 è quello scaturito dalla novella
apportata a tale norma dall'art. 13, l. 20.5.1970, n. 300
5
attraverso cui il
legislatore, ribadita la contrattualità delle mansioni
6
, ha confinato i poteri del
datore di lavoro. Come termine di raffronto, ai fini di detto mutamento di
mansioni, il legislatore ha preso in considerazione la professionalità del
lavoratore all'interesse dell'impresa rendendo divieto, a pena di nullità del
3
Legge 20 maggio 1970, n. 300: “Norme sulla tutela della libertà e dignità del lavoratori,
della libertà sindacale e dell'attività sindacale nel luoghi di lavoro e norme sul collocamento”.
4
Ai fini dell' identificazione della fattispecie di trasferimento regolamentata dall'art. 13 Stat.
Lav., occorre che vi siano un mutamento definitivo - e non già temporaneo - del luogo di
adempimento della prestazione lavorativa dedotta nel rapporto e due unità produttive: quella di
provenienza e quella di destinazione. Ricade sul datore di lavoro, al fine di comprovare la
legittimità del trasferimento, l'onere di dimostrare che i luoghi di provenienza e destinazione
costituiscono unità produttiva. Fonte: Cass. 14/6/99 n. 5892, pres. Ianniruberto, in Riv. it. dir.
lav. 2000, pag. 702, con nota di Lassandari, Nozioni consolidate e argomentazioni oscure in
materia di trasferimento del prestatore.
5
ART. 13. (MANSIONI DEL LAVORATORE)- L'articolo 2103 del codice civile è sostituito
dal seguente: "il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato
assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito
ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della
retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al
trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione categoria superiore che abbia
successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte,
senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il
prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa
diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore
assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi,
e comunque non superiore a tre mesi, egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad
un'altra se non per comprovare ragioni tecniche, organizzate e produttive. Ogni patto contrario
è nullo".
6
Brollo, La mobilità interna del lavoratore. Mutamento di mansioni e trasferimento. Art. 2103,
Milano, Editore Giuffrè, 1997, pp. 78-95.
10
relativo atto, qualsiasi mutamento sfavorevole e screditante delle mansioni
lavorative. Lo ius variandi è stato limitato, secondo l’azione riferita alle sole
ipotesi di mansioni professionalmente equivalenti o superiori, rispetto a quelle
concordate al momento dell'assunzione o alle ultime effettivamente svolte. Dal
momento in cui è entrato in vigore lo Statuto dei lavoratori
7
si è assistito ad un
complesso iter di regolarizzazione che ha sviluppato la norma contenuta
nell'art. 2103
8
.
1.2 La disciplina del trasferimento del lavoratore
La disquisizione sulla disciplina del trasferimento del lavoratore ha uno storico
piuttosto vasto e svariato. Si distinguono, pertanto, due filoni principali
relazionabili al discorso del trasferimento del lavoratore che sembrano avere
due direzioni completamente opposte: la prima è una proposta di tipo liberista,
ovvero sensibile agli interessi del datore alla variabilità del luogo di lavoro; la
seconda tesi è di tipo garantista, vicina agli interessi del lavoratore al
mantenimento del proprio luogo di lavoro.
7
Lo Statuto dei Lavoratori, emanato con la legge n. 300 del 20 maggio 1970, è una delle
norme principali del diritto del lavoro italiano. La sua introduzione provocò importanti e
notevoli modifiche sia sul piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra i datori
di lavoro, i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali; ad oggi di fatto costituisce, a seguito
di minori integrazioni e modifiche, l'ossatura e la base di molte previsioni ordinamentali in
materia di diritto del lavoro.
8
Le più importanti deroghe all'articolo 2103 sono state apportate con l’attuazione della
seguente normativa:Il decreto del Presidente della Repubblica nr.151 del 26.03.2001
all’articolo 7 in sostituzione dell'articolo 3, 4° comma; la legge nr.1204 del 30.12.1971 in
materia di tutela della lavoratrice madre; la legge nr.91 del 23.03.1981 all’articolo 4 in materia
di lavoro subordinato sportivo; la legge nr.223 del 23.07.1991 all’11° comma dell’articolo 4, in
materia di ricollocazione dei lavoratori in mobilità; il decreto legislativo nr.277 del 15.08.1991
all’articolo 8, nr.2 in materia di tutela del lavoratore che per motivi sanitari deve essere
allontanato dall'esposizione ad agenti fisici, chimici e biologici; il decreto legislativo nr. 165
del 30.03.2001 all’articolo 52 in materia di «privatizzazione» del pubblico impiego. Cfr.
Giammaria F., Disciplina delle mansioni e flessibilità: le deroghe all'art. 2103 c.c., in
Flessibilità e diritto del lavoro, a cura di Santoro Passarelli G., II, Torino, Editore UTET,
1997.
11
Preso atto che la versione originaria del libro V del codice civile
9
e tutta la
legislazione di argomento lavoro antecedente lo statuto non disciplinano
esplicitamente né il luogo della prestazione di lavoro né il suo eventuale
cambiamento, ambedue le proposte interpretative trovano un punto in comune
che ha origine nel libro IV, ovvero nelle regole del comma 1° dell’art. 1182
cod. civ. dedicato al luogo di adempimento delle obbligazioni in generale
10
.
Dalla formulazione di tale norma si ricava la regola per cui il luogo di
esecuzione della prestazione dovuta dal debitore è determinato prima di ogni
cosa dalla volontà delle parti, ovvero dalla convenzione o, in assenza, dagli usi
normativi di tipo materiale e di carattere generale – tra cui la natura della
prestazione
11
.
Nel diritto del lavoro la questione maggiormente problematica non è connessa
all’aspetto statico del rapporto, cioè alla determinazione del luogo iniziale di
adempimento della prestazione, bensì all’aspetto dinamico, cioè alla sua
variazione nel corso del rapporto. Nel diritto, comunque, la regola della
determinazione contrattuale accessoria del luogo iniziale della prestazione
implica, per interpretazione pacifica, la successiva immodificabilità unilaterale
dello stesso
12
.
9
G. Zingari, Del lavoro subordinato. L’articolo 2103, in Comm. cod. civ., Torino, 1993, pp.
213-214.
10
P. Cipresi, Il luogo della prestazione di lavoro subordinato, Edizioni Franco Angeli, Milano,
1967, p. 31,
11
Articolo 1182 c.c. – Luogo dell’adempimento - Se il luogo nel quale la prestazione deve
essere eseguita non è determinato dalla convenzione o dagli usi e non può desumersi dalla
natura della prestazione (1774) o da altre circostanze, si osservano le norme che seguono (att.
159). L'obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata deve essere adempiuta nel
luogo in cui si trovava la cosa quando l'obbligazione è sorta (1510). L'obbligazione avente per
oggetto una somma di danaro deve essere adempiuta al domicilio (43) che il creditore ha al
tempo della scadenza (1209, 1219, 1498). Se tale domicilio è diverso da quello che il creditore
aveva quando è sorta l'obbligazione è ciò rende più gravoso l'adempimento, il debitore, previa
dichiarazione al creditore, ha diritto di eseguire il pagamento al proprio domicilio. Negli altri
casi l'obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della
scadenza (att. 159).
12
A. Di Majo, Le modalità dell’obbligazione, Edizioni Giuffrè, Milano, 1997, p. 138.