4
A rendere ancora più complicata la situazione fu l’applicazione delle
imposte sulle merci, delle tasse doganali e il pagamento dei pedaggi.
La seconda parte si basa su ricerche e osservazioni della realtà politica
del tempo e delle scelte ginevrine con riferimento ai rifugiati ed ai rapporti
con gli altri paesi.
In questa fase di studio ho voluto sottolineare l’atteggiamento assunto dal
Re di Francia nei confronti della città di Ginevra. Egli fece pesare “il
protettorato” sia sulla situazione religiosa, sia sull’economia, sia sulla
società nel suo complesso, vietando esportazioni dal Regno. Inoltre ho
voluto evidenziare l’importanza avuta dalle Borse pubbliche, nate per far
fronte al grande esodo che avrebbe interessato tutti i settori: economico,
politico, sociale.
L’aspetto religioso delle questioni è sotteso ed esplicitato nel contesto dei
due settori precedenti poiché sia la politica che l’economia risentirono
della situazione, anzi più spesso ne furono largamente influenzate.
Dobbiamo considerare che Ginevra dovette, per il bene comune,
adeguarsi a questa grande ondata di rifugiati non solo sul piano
economico ma anche religioso: fu ristabilita la messa nelle cappelle
private, fu organizzata un’istruzione per i nuovi arrivati sulle questioni di
fede e non solo, fu tentato un importante passo nella conoscenza di Dio
per dimostrare valore e significato della Riforma.
In questo contesto i pastori ebbero una duplice funzione: quella di
predicatori, e di intermediari tra Chiesa e Stato. Essi non dovevano
5
esprimere idee politiche personali, anzi dovevano scoraggiare l’uso di
termini offensivi per il Re o il Papa. Il loro ruolo era di prevenire qualunque
disordine nello Stato e qualunque offesa nella persona di Dio perché “Egli
punisce tutti indistintamente.”
Un ruolo altrettanto importante ebbero in quest’aspetto della vita sociale i
maestri e i “predicatori di fede” più o meno eretici, e tuttavia spesso
pubblicamente utilizzati.
Anche l’attività delle Borse contribuì a determinare lunghi periodi di
tolleranza e di accomodamento economico.
E’ chiaro che gli aspetti trattati nella tesi, che si conclude con la guerra
della Lega d’Asburgo e la pace conseguente, si intrecciano tra loro
inestricabilmente in quanto l’economia ebbe ed ha sempre ripercussioni
sia sulla politica e sia sulle complesse questioni religiose di cui gli esodi
non furono solo conseguenze ma spesso vere e proprie immissioni
sovversive.
6
I Capitolo
Riforma e Rifugiati a Ginevra
7
1- L’industria e l’economia a Ginevra durante il periodo della Riforma.
Prima della Riforma Protestante, Ginevra era una città ricca e
cosmopolita. Italiani e tedeschi vi si erano stabiliti per farvi prosperare le
proprie attività commerciali e finanziarie; essa era anche un punto di
riferimento per le città vicine perché centro di distribuzione di articoli di uso
corrente: spezie, stoffe, metalli……Ma questo non era bastato a garantirle
la stabilità: la Riforma le aveva fatto perdere i contatti commerciali che
aveva sino allora tenuto con i paesi stranieri, i quali avevano avuto un
ruolo importante nel secolo precedente per tutta l’economia ginevrina.
La Riforma, infatti, aveva colpito profondamente lo slancio dell’attività
manifatturiera che si riprenderà soltanto qualche anno più tardi grazie
all’arrivo nella città dei rifugiati, provenienti da varie parti per sfuggire vuoi
alla miseria, vuoi soprattutto alle persecuzioni religiose.
A determinare le ondate di rifugiati furono in primo luogo i conflitti, le pesti,
le epidemie, ed anche i fattori religiosi. Tutti questi elementi provocarono
dei cambiamenti nell’economia e inflissero su Ginevra un colpo quasi
mortale rendendo assai meno consistenti le sue influenze nell’economia
dell’Europa centrale.
I rifugiati, che nel corso del XVI secolo invasero, si può quasi dire,
Ginevra, migliorarono la vita economica e culturale della città grazie
all’abilità di molti di loro e alla loro forza lavoro. Essi finirono per
8
rappresentare quasi il 90% della forza lavoro dell’industria tessile
ginevrina risultando indispensabili nella lavorazione della lana e della seta.
Il primo tentativo del Governo ginevrino di creare una vera e propria
industria di tessuti nacque a causa dei prezzi troppo alti dei generi di
prima necessità,
(1)
che il Governo appunto desiderava abbattere, e dal
progressivo arrivo in città di rifugiati, desiderosi di sfuggire alle
persecuzioni religiose esercitate contro di loro nel paese di origine e di
inserirsi nelle organizzazioni lavorative.
Essi chiedevano, infatti, soltanto di poter esercitare il loro mestiere a
Ginevra, ma per restare avevano bisogno di un permesso, per non
rimanere nella condizione di clandestini, e, di alcuni locali idonei per lo
svolgimento di attività artigianali. In città mancavano le strutture capaci di
fornire impiego e reddito ad una popolazione che aumentava sempre più.
Vi era un’unica soluzione: far sviluppare l’industria drappiera; grazie ad
essa si sarebbe riaffermata l’economia locale e si sarebbe potuta
combattere la povertà.
Il Governo accettò le richieste dei rifugiati perché era desideroso di
risolvere i problemi creati dal loro afflusso e per stimolare queste iniziative
dovette favorire tutto quanto riguardava la preparazione della materia
prima, della tintura, della feltratura.
(1)
J. F. BERGIER, Commerce et politique du blè à Genève aux XV et XVI siècle, Ginevra
1964, p. 41, in A.A.V.V. L. MOTTU – WEBER, Economie et refuge à Genève, au siècle
de la Réforme: la draperie et la soierie (1540-1630), Ginevra 1987.
9
I prodotti commerciali dovevano avere un sigillo di piombo
(2)
; senza di
esso non potevano essere venduti né potevano lasciare la città pena
un’ammenda. Ne derivò la paura tra i fabbricanti (rifugiati) di essere
riconosciuti dal sigillo; chiesero pertanto di non essere obbligati ad
utilizzare il loro marchio, bensì un marchio
(3)
, per così dire, generale,
ginevrino; alcuni, per le stesse ragioni, si rifiutavano di far controllare la
merce che importavano dai paesi stranieri; ma ne furono obbligati dal
Governo.
Col passare degli anni i controlli diventavano sempre più severi. Talvolta si
effettuava la confisca dei drappi, e dei pezzi difettosi, che non era
consentito fossero destinati alla vendita. Su di essi era apposto uno
speciale sigillo. I tessitori si lamentavano dei prezzi che aumentavano,
chiedevano che essi fossero riportati a livelli bassi per ottenere guadagni
anche minimi: pagavano già un’imposta al Duca di Savoia.
In questi anni i commercianti si lamentavano anche del pedaggio in Val di
Susa e della dogana di Lione che, secondo loro, gravava ingiustamente
sulle loro merci. La tassa sul sigillo fu allora soppressa e fu mantenuto
solo il controllo sulla mercanzia per garantirne la qualità e la quantità.
La nascita di un’industria di drappi presupponeva che ci fosse, alla base,
(2)
E. RIVOIRE – V. VAN BERCHEM, Les sources du droit du Canton de Genève, 4° vol.,
Aarau 1927-35 3° vol. p. 8, in A.A.V.V. L. MOTTU – WEBER, Economie et refuge à
Genève, au siècle de la Réforme: la draperie et la soierie (1540-1630), Ginevra 1987.
(3)
Registres du Conseil 46, f. 5 V°. 1551, p. 41 in A.A.V.V. L. MOTTU – WEBER,
Economie et refuge à Genève, au siècle de la Réforme: la draperie et la soierie (1540-
1630), Ginevra 1987.
10
una solida rete di approvvigionamento di lane, ma la produzione regionale
non era in grado di alimentare la manifattura che si stava creando.
Ginevra era stata un centro attraverso il quale transitavano delle lane di
provenienza diversa verso grandi regioni del Nord e del Sud dell’Europa.
Era anch’essa grande consumatrice di lane, ma in quel tempo la città non
aveva saputo conservare neanche la sua funzione di mercato. Essa ed i
paesi vicini compravano la lana in Francia.
Purtroppo diversi ostacoli contrastavano il traffico dalla Francia, non
soltanto le guerre civili e religiose, che marcano la seconda parte del XVI
secolo, ma anche l’accentuarsi di un forte nazionalismo economico che
determinava uno squilibrio crescente tra le importazioni di drappi stranieri,
che conoscevano uno sviluppo notevole per qualità e prezzo, e la
produzione indigena, che era in ribasso nei due sensi. Le esportazioni
delle lane francesi favorivano le industrie concorrenti; per questo motivo si
proibirono sin dal 1552.
Gli abitanti di Lione, per conto loro, erano molto sensibili alla rivalità che
esisteva tra la loro città e Ginevra.
La produzione di sargie ginevrine non era notevole come quella dei
drappi inglesi che inondavano i mercati francesi e di altri paesi.
Il commercio era concentrato comunque a Ginevra nelle mani dei
commercianti e degli artigiani francesi che erano fuggiti da Lione o dal
Regno quando erano cominciate le persecuzioni religiose. Il Re aveva
11
deciso di proibire i traffici con Ginevra ufficialmente
(4)
, ma concedeva il
diritto di esportare dal Regno quantità determinate di lana a persone
influenti.
Questi percorsi permettevano di realizzare enormi benefici a discapito dei
manifatturieri di drappi del luogo che dipendevano dalle esportazioni
francesi
(5)
. Si vennero a creare così dei veri monopoli.
Questi fatti causarono degli scontri perché provocavano disoccupazione e
la diminuzione delle esportazioni di drappi. Ginevra si rivolse allora al Re
di Francia per rifornire le sue industrie di lana affinché potessero
continuare l’attività artigianale e i traffici.
La lana era comprata dai commercianti in balle il cui peso era variabile:
era grezza ma già lavata, destinata ad essere preparata sul posto,
raramente sotto forma di filati. I drappieri non erano i soli consumatori ma
vi erano anche i cappellai e i magliai.
Il valore economico degli scarti che si formavano ad ogni stadio di
trasformazione della lana non può essere trascurato.
(4)
R. GASCON, Grand commerce et vie urbaine au XVI siècle. Lyon et ses marchands,
Parigi 1971, p. 58.
ID., Lyon, marché et observatoire du commerce de la laine au XVI siècle, Parigi 1971, pp.
320-321, in A.A.V.V. L. MOTTU – WEBER, Economie et refuge à Genève, au siècle de la
Réforme: la draperie et la soierie (1540-1630), Ginevra 1987.
(5)
R. COLLIER et J. BILLIOUD, Histoire du commerce de Morseille, 1480-1599, Parigi
1951 p. 56, in A.A.V.V. L. MOTTU – WEBER, Economie et refuge à Genève, au siècle de
la Réforme: la draperie et la soierie (1540-1630), Ginevra 1987.
12
All’origine della maggior parte delle frodi, di cui si accusavano gli artigiani,
c’era il tentativo di mescolare lana grezza con lana fine. Questo reato era
punito vietando agli artigiani di acquistare la materia prima direttamente e
riservando il commercio ai soli commercianti. Coloro che non potevano
dimostrare di aver comprato la lana dai commercianti erano accusati di
furto. Questa procedura dimostrava che la manifattura del tessuto e la
scelta delle materie prime dovevano seguire regole ben precise, stabilite
dagli stessi commercianti di drappi.
La lana, comprata grezza, doveva essere sottoposta a diversi trattamenti
prima di essere affidata al tessitore. La preparazione alla filatura e la
stessa filatura rappresentavano una parte importante del numero totale di
ore destinate alla fabbricazione di un drappo
(6)
, se consideriamo che su
2500 ore totali circa 1400 ore erano destinate a questa fase.
Queste operazioni necessitavano da quattro a dieci filatrici o filatori a
tempo indeterminato
(7)
, dunque una manodopera abbondante, difficile
tuttavia da valutare in termini economici. Erano soprattutto le donne ad
essere istruite per questo lavoro di preparazione della lana, erano le mogli
o le figlie degli artigiani- rifugiati francesi.
(6)
W. ENDREI, Changements dans la productivité de l’industrie lainière au moyen age, in
Annales 1971, p. 65, in A.A.V.V. L. MOTTU – WEBER, Economie et refuge à Genève, au
siècle de la Réforme: la draperie et la soierie (1540-1630), Ginevra 1987.
(7)
W. ENDREI, L’évolution des techniques du filage e du tissage du moyen age à la
révolution industrielle, Paris- La Haye 1968, p. 65, in A.A.V.V. L. MOTTU – WEBER,
Economie et refuge à Genève, au siècle de la Réforme: la draperie et la soierie (1540-
1630), Ginevra 1987..
13
A loro era stato riservato anche il compito di lavorare la seta e della
filatura, ma per nessuna delle due attività vi era un contratto scritto che
potesse tutelare i loro diritti. Le ore di lavoro e la quantità di lavoro
prodotto erano segnate su di un quaderno; il lavoro si svolgeva a
domicilio.
Le innovazioni introdotte dai rifugiati, abili lanieri, erano tenute nascoste
nei registri del Consiglio, poiché avrebbero potuto alleggerire il lavoro delle
filatrici ed aumentare la quantità di prodotto. Ma il prodotto variava
secondo l’uso a cui era destinato, ovvero se doveva essere esportato o
adoperato nella manifattura locale. Il traffico delle lane non rappresentava
che una delle attività degli importatori o fabbricanti di drappi. Vi erano
anche venditori di metalli, di cuoio, di lane, di spezie…….Ma erano
comunque i settori tessili ad essere privilegiati all’inizio del XVII sec.
(8)
Ogni industria drappiera decretava le proprie norme tecniche riguardanti la
tessitura, la filatura, la tintura, e l’appretto dei tessuti.
Da attente osservazioni dipendeva, infine, la possibilità di smaltire il
prodotto poiché era la qualità e l’omogeneità della lana che influenzava la
vendita nonché eventuali difetti della tessitura. Più il tessuto era largo più
valore aveva.
Le fonti ginevrine indicano che i tessuti locali si collocavano tra le stoffe
leggere più ricercate dell’epoca. E. Coornaert le descriverà “ moins laches,
(8)
A.- M. PIUZ, Affaires et politique Recherches sur le commerce de Genève au XVII
siècle, Genève 1964, p. 78, in A.A.V.V. L. MOTTU – WEBER, Economie et refuge à
Genève, au siècle de la Réforme: la draperie et la soierie (1540-1630), Ginevra 1987.
14
plus larges, et par conséquent plus chères”
(9)
; questo le esporrà alla
concorrenza tedesca e francese.
A partire dalla metà del XVII secolo scoppiò una nuova crisi perché
importatori drappieri vendevano drappi stranieri tentando di farli passare
per prodotti di Ginevra. Ma questi ultimi erano di molto inferiori per qualità
e valore.
Queste frodi commerciali determinarono l’esigenza di dequalificare il
prodotto e di restringere in larghezza i manufatti.
Le condizioni in cui vivevano i tessitori, come si è detto, non erano
eccellenti; i salari erano minimi quando gli artigiani ricevevano vitto ed
alloggio mentre se non ricevevano ospitalità un più consistente salario era
loro corrisposto ogni settimana.
Essi erano assunti per un periodo che andava da un minimo di qualche
mese ad un massimo di un anno.
Coloro i quali si occupavano del commercio potevano spostarsi per le fiere
e erano trattati meglio; erano forniti di scarpe e vestiti, e i loro contratti
duravano anche tre anni. Ma in ogni caso la forza lavoro variava secondo
le richieste dell’economia.
(9)
E. COORNAERT, Un centre industriel d’autrefois. La draperie-sayetterie
d’Hondschoote (XIV-XVIII siècles), Rennes 1930, p. 86, in A.A.V.V. L. MOTTU –
WEBER, Economie et refuge à Genève, au siècle de la Réforme: la draperie et la soierie
(1540-1630), Ginevra 1987.
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2 - L’industria laniera e le sue tecniche di lavorazione
Lo sviluppo dell’industria drappiera trascinò con sé anche la feltratura e la
tintoria.
La feltratura dei drappi aveva lo scopo di eliminare le imperfezioni dai
tessuti, di renderli più forti e resistenti, diminuendo l’ampiezza a vantaggio
dello spessore.
La feltratura e la tintoria necessitavano di ampi spazi che possedeva solo
la Signoria, la quale aveva acquisito numerosi beni ecclesiastici confiscati
ai condannati. I pochi spazi disponibili in periferia erano stati distrutti per
rendere più sicura la città diminuendo, in questo modo, lo spazio urbano
disponibile. Durante la seconda metà del XVI secolo molti artigiani si
contendevano i pochi spazi liberi. Ma era nello stesso tempo manifesta la
necessità di incoraggiare l’attività manifatturiera col garantire la
disponibilità di alcuni edifici e terreni, il cui mantenimento era tuttavia
costoso. I problemi, inoltre, non riguardavano solo i luoghi disponibili ma
anche la forza motrice. I mulini sottostavano alle condizioni atmosferiche
che creavano la bassa marea d’estate e il gelo d’inverno; il problema fu
risolto costruendo dei mulini galleggianti posti su piattaforme sul fiume
Rodano cercando con ciò di utilizzare la forza della corrente dell’acqua
alta prodotta dalle alte maree appunto, che affluivano sulla foce del fiume
16
(10)
. Purtroppo queste soluzioni non furono sufficienti a mantenere aperti i
mulini tutto l’anno e ciò costrinse i drappieri a portare i loro manufatti
altrove per le operazioni di feltratura e di tintura. Soltanto alcuni poterono
usufruire dei terreni sui quali costruirono mulini per la feltratura. Grazie a
queste poche misure il problema fu risolto per decenni, fino a quando
problemi finanziari costrinsero i possessori delle gualchiere a chiudere.
Con la tosatura, l’arricciatura e la pressatura i drappi e le sargie
acquisivano il loro aspetto definitivo. La tosatura consisteva in un’opera di
equalizzazione con il tagliare rasente dalla stoffa i peli di lana superflui
portati in superficie dalla lana stessa. Ciò dava ai manufatti un aspetto
vellutato e dolce al tatto.
A Ginevra si distinse, ad un certo punto, la tosatura “comune” da quella
“fine”. Proprio per ragioni geografiche trasportare drappi da un atelier
all’altro era impensabile, così si erano allestiti sistemi per la tosatura
senza dover ricorrere alle gualchiere, anche se ciò andava a discapito
della tosatura fine.
Contrariamente ai locali per la feltratura e dei tintori, l’arte dei tosatori
poteva esercitarsi in qualunque locale purché ampio e dalla struttura forte
visto che le attrezzature erano pesanti.
(10)
J.-E. GENEQUAND, La reconstruction des moulins de la Communauté de Genève
1513- 1515, Annecy 1976, p. 98, in A.A.V.V. L. MOTTU – WEBER, Economie et refuge
à Genève, au siècle de la Rèforme: la draperie et la soierie (1540-1630), Ginevra 1987.
17
Diverse categorie di tintori esercitavano la loro attività a Ginevra: quelli dei
drappi, della seta, e del filo. Ma l’installazione dei loro macchinari, i loro
problemi e i rapporti che intrattenevano con i poteri pubblici erano diversi.
La tintura dei drappi di lana, per esempio, aveva dimensioni modeste in
città, a causa del costo dei prodotti tintoriali e degli investimenti necessari
per l’installazione di ateliers spaziosi.
La scrittrice Lyliane Mottu-Weber, nel suo libro “Economie et Refuge à
Genève au siècle de la Réforme”, ha preso in esame anche
l’Encyclopédie“ di Diderot e D’Alembert per rendere note le tecniche
utilizzate nella tintura delle stoffe. Essi dichiaravano che ”pour assurer une
perfection constante dans les teintures de laines, les anciens et les
nouveaux règlemens ont distingué deux manières de teindres les laines
ou étoffes, de quelques couleurs que ce soit. L’une s’appelle teindre en
grand et bon teint. L’autre, teindre en petit ou faux teint. La première
consiste à employer des drogues ou ingrédiens qui rendent la couleur
solide, en sorte qu’elle résiste à l’action de l’air…..; les couleurs du petit
teint au contraire se passent en très peu de temps à l’air, et surtout si on
les expose au soleil”
(11)
.
(11)
Diderot et D’Alembert, Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et
des métiers par une société de gens de lettres, Berne et Lausanne 1780-1782,
art.teinture vol.32, p. 124, in A.A.V.V. L. MOTTU – WEBER, Economie et refuge à
Genève, au siècle de la Rèforme: la draperie et la soierie (1540-1630), Ginevra 1987.