Abbandonata la tradizione orale, vengono scritti, in questo periodo, i primi veri e propri
regolamenti di polizia urbana e rurale, raccolti in testi organici, contenenti attività di
polizia limitatrici dei diritti dei cittadini.
Nel Meridione borbonico, in particolare, vengono subito istituite nuove organizzazioni
di polizia locale (guardie comunali) quasi in ogni Comune.
Anche a Parma, il 30 aprile 1821, con Decreto sovrano controfirmato dall’Arciduchessa
d’Austria, Maria Luigia, nascono le “guardie comunali”.
A Cava dè Tirreni, il 7 aprile 1827, il Re di Napoli Francesco I, con apposito Decreto,
dispone che nella detta località del suo reame venga istituito un Corpo di guardie
comunali.
Con il passare degli anni di Corpi di polizia cittadina, chiamati anche Guardia
Nazionale, a similitudine delle Guardie Nazionali di Parigi, si comincia a parlare in tutta
Italia.
Avvenuta l’annessione delle province meridionali al Regno di Sardegna – proclamato
“d’Italia” nella prima seduta del nuovo Parlamento Nazionale, tenuta a Torino l’8
febbraio 1861, molti Consigli comunali di tutta Italia cominciano ad adeguare
l’Amministrazione cittadina alle Istituzioni Unitarie e, in applicazione della legge
comunale e provinciale Sarda n. 3702 del 23 ottobre 1859, deliberano la formazione di
drappelli e Corpi di Guardie Municipali, con il compito di prevenire e reprimere i reati,
far osservare i regolamenti e le ordinanze delle Autorità di polizia urbana, di igiene e
sanità pubblica, di edilizia, e di attendere all’adempimento di tutti gli incarichi
d’interesse locale.
Negli anni precedenti la prima guerra mondiale, i Corpi delle Guardie Municipali
raggiungono un notevole livello di efficienza, con un ruolo di primo piano in ogni
settore della vita cittadina.
Negli anni ‘30 la complessità dei compiti affidati ai Vigili Urbani induce le
Amministrazioni comunali ad ampliare l’organico dei Corpi armati, rinnovando
armamento ed uniformi, adeguati al prestigio crescente delle Città.
Il T.U. della legge comunale e provinciale del 1934 conferisce ai Comuni il diritto -
dovere di istituire i servizi di polizia locale per soddisfare gli interessi dei cittadini, con
organizzazione interna e stato giuridico rimessi, quasi interamente, alla discrezionalità
delle Amministrazioni.
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La posizione giuridica delle Guardie Municipali ha dato luogo fin da allora a perplessità
e contrasti, in dottrina e in giurisprudenza: anche se costituite in Corpi regolarmente
riconosciuti, vengono assimilate alla categoria dei salariati, finchè la maggior parte dei
Comuni provvede a comprenderle in una categoria a sé stante, detta degli “agenti”,
equiparate giuridicamente ed economicamente a quella degli impiegati (Consiglio di
Stato, decisioni del 22.2.1952 e del 3.7.1954). La loro funzione primaria è stata
gradualmente ma inesorabilmente ricondotta ad attività più propriamente di polizia
amministrativa, alle quali sono però associate le qualifiche di polizia di sicurezza e di
polizia giudiziaria, sempre limitate nel territorio comunale.
Le qualifiche di agenti di P.G. e di agenti di P.S. sono conferite direttamente dallo Stato,
non decentrate ai Comuni.
Il 1 gennaio 1948 viene promulgata la Costituzione della Repubblica Italiana che,
riconoscendo le Autonomie Locali, affida loro il destino delle Guardie Municipali, ed
all’art.117 rinvia alla competenza legislativa della Regione anche il tema, allora
nebuloso, della polizia locale, sempre che le norme stesse non fossero in contrasto con
l’interesse generale e con quello delle altre Regioni.
I tempi incalzano, l’evoluzione sociale e culturale s’impone sempre di più, l’edilizia
raggiunge un autentico boom, l’economia raggiunge livelli da miracolo.
In nessun altro Corpo di polizia i compiti d’istituto sono soggetti a rapide evoluzioni
come avviene per la Polizia municipale, alle prese con problemi imposti da nuove
abitudini e sistemi di vita delle nostre Città: basti pensare al rapido incremento della
motorizzazione, che ha radicalmente rivoluzionato le attività della collettività.
Urge aumentare la forza organica dei Corpi: il criterio, stabilito nel 1950 dagli organi di
controllo, di 1 vigile ogni mille abitanti, non è mai stato effettivamente adempiuto
poiché gli Enti, sempre preoccupati a contenere le spese, hanno di fatto limitato l’azione
dei Corpi, a dispetto dello sviluppo di decentramento previsto dalla Costituzione.
A Roma, i Vigili Urbani, chiamati “pizzardoni”, messe in cantina le “jeep” degli Alleati,
procedono alla ricostruzione del Corpo, sciolto e sostituito, durante il periodo fascista,
dai “Metropolitani”, appartenenti alla P.S.
Rapida la loro ascesa, assecondata dall’illuminato Comando del Generale Mario Tobia,
che volle e realizzò, fino all’estremo sacrificio della vita, un Corpo di Vigili degno di
Roma.
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La prestigiosa Banda musicale diventa il loro fiore all’occhiello.
Nell’ottobre del ’49 esce il primo fascicolo della rivista “Semaforo“ ed i Vigili di Roma
vengono immortalati dalla letteratura cinematografica di Alberto Sordi.
Nel corso dell’Anno Santo del’50, si meritano la stima della cittadinanza e la stampa
nazionale li definisce “l’Armata della cortesia, i maggiordomi della Città”: 200 giornali
americani della “catena” del New York Journal American pubblicano un ampio servizio
sui compiti svolti dai vigili in occasione dell’Anno Santo con amplissimo rilievo.
Nel marzo’52, allo Stadio Pantin di Parigi, dove durante un incontro di calcio
amichevole la rappresentativa della Polizia parigina prevale su quella dei Vigili romani
per 2-1, il Comandante Tobia e l’Aiutante Maggiore in I°, Cap.Francesco Andreotti,
sono nominati Ufficiali ad honorem della “City of New York Police”.
Nel ’53, una rappresentanza di Vigili romani, guidata dal Ten. Prof. Alberto De Rossi,
partecipa alla prima Conferenza Internazionale del Traffico a Monaco di Baviera
(definita “Parlamento contro la morte”), ove il Vigile Ladislao Coss dirige il traffico
nelle vie cittadine, e l’anno dopo lo stesso Prof . De Rossi partecipa negli Stati Uniti,
con rappresentanti di 11 Paesi europei, ad una Missione promossa dall’OECE per lo
studio dei problemi di Ingegneria e Controllo del Traffico.
A Merano, su iniziativa del Comandante Bruno Balducci, nasce “Crocevia“, la prima
Rivista dei Vigili Urbani a diffusione nazionale, poi passata a Verona, sotto l’abile regia
del Comandante del Corpo, Dante Compri.
A Venezia, nel ‘54, si tiene il primo Congresso Nazionale per la lotta contro i rumori. A
Firenze, nel ’56, viene organizzato il primo Convegno Nazionale dei Comandanti dei
Vigili Urbani d’Italia.
A Napoli, nel febbraio ’57, con felice intuizione, viene costituita la Sezione Italiana
dell’Associazione Internazionale di Polizia (I.P.A.), Accademia dell’Amicizia che
diventa un efficace collante morale e professionale per l’aggregazione, l’evoluzione
el’integrazione della categoria con le Forze di Polizia: Presidente Nazionale viene eletto
Adolfo Piatti, Comandante del Corpo dei Vigili Urbani di Napoli, uomo di notevole
spessore culturale.
A Roma, il 12 maggio ’57, viene organizzato il Raduno Nazionale dei Vigili Urbani,
ricevuti poi in Vaticano da S.S. Pio XII, che proclama il Martire cristiano San
Sebastiano Patrono celeste dei Vigili Urbani d’Italia. Gaetano Platania, dell’Ufficio P.
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R., diventa il fedele e diligente cronista della vita del Corpo.
L’1 luglio ’59, preceduto da un’ampia azione propagandistica operata da giornali,
cinema, radio e televisione, entra in vigore il nuovo Codice della Strada. Durante i
Giochi della XVII Olimpiade del ’60 un giornale romano scrive che i Vigili hanno vinto
la Medaglia d’Oro della simpatia, facendosi onore quale “autentica istituzione
municipale”.
Il 10 agosto ‘61, S.S. Giovanni XXIII benedice a Castelgandolfo le cinemobili
partecipanti alla campagna per la propaganda delle norme al Codice della Strada.
A Torino, i “Civich” organizzano il trofeo calcistico “Crocevia” e il Comandante
Gaspardo Moro, nel settembre del ‘61, raduna in Città gli Agenti del Traffico dei Paesi
della Comunità Europea.
Nel solco della tradizione sabauda, i Civich, guidati poi dall’indimenticabile
Comandante Francesco Galletta, gestiranno con professionalità le problematiche
scaturenti dallo smisurato sviluppo urbanistico cittadino.
A Milano, i “ghisa” festeggiano il “Mese di Milano”, entrano nelle Scuole ad insegnare
Educazione civica e stradale, crescendo professionalmente sotto l’alta guida morale del
Comandante, Avv. Stefano Pastorino, prestigiosa figura della Resistenza, garante di
un’efficiente organizzazione del Corpo, che diventerà di esempio e modello da imitare
da parte di tanti altri Corpi d’Italia.
A Verona, nel ‘63, si inaugura il 1 Convegno Nazionale degli Assessori alla Polizia
Urbana e Traffico: il Comandante del Corpo di Bari, Mario De Leo, relaziona sulla
necessità di una Scuola per i Vigili, a livello regionale, poi realizzata in Puglia, al primo
nascere dell’Istituto Regionale ed il Ten. Col. Ivo Mangiacapra propone di addivenire
alla stesura di un Regolamento - tipo che, senza compromettere le AA.LL., renda
uniformi alcune disposizioni per tutti i Vigili italiani.
A Salerno, il 24 febbraio del ’63, si organizza il primo Convegno Nazionale della
Polizia Municipale e si dà vita ad un Comitato per costituire una Associazione
Nazionale dei Vigili Urbani.
A Roma, all’Albergo Hilton, il Sindacato Cronisti Romani, il 23 dicembre del ’63,
conferisce la medaglia d’oro al Comandante, Generale Umberto Sacchetti, con la
seguente motivazione ”Nelle molteplici attività affidate al Corpo, la Sua guida è
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l’esempio e lo sprone per tutti i dipendenti, i cui meriti si riflettono e si riassumono
nell’opera infaticabile del Comandante”.
A Parigi, al Palazzo dell’U.N.E.S.C.O., nel giugno’65, il Col. Francesco Andreotti,
V.Comandante del Corpo di Roma, che ad Oslo è stato insignito dal Rettore dr. Eickeird
della laurea “ad honorem” in scienze sociali della Università di Londra, relaziona al V
Congresso Internazionale della Polizia della Circolazione su "Utilità di un organismo di
Relazioni Pubbliche nei servizi di Polizia della Circolazione”.
Nelle medie e grandi Città, attraversate da una vita sempre più convulsa a causa
dell’aumento del traffico, il Vigile si ritaglia un proprio ruolo di prestigio con una
presenza qualificante nei quartieri, dove assicura una “dimensione umana” del suo
servizio.
Ma occorre affinare sempre di più la preparazione sul campo, e non solamente nelle
materie professionali: al vigile, definito “ il biglietto da visita della Città “, si richiedono
doti anche di educatore sociale, di psicologo, di sociologo.
Si fa largo l’esigenza di allargare i suoi orizzonti conoscitivi, e soprattutto di quei tanti
colleghi isolati nei piccoli Comuni, alle prese con scarsi e confusi strumenti legali per
evolvere i propri compiti d’istituto, per difendere la propria personalità nei confronti
della burocrazia comunale, dalla quale dipendono.
A Gardone Riviera, il 5.10.’74, il Presidente dell’Associazione Provinciale dei Vigili
bresciani, Comandante Italo Libico Rossi, celebra l’XI Convegno con una relazione
tenuta dal prestigioso Comandante del Corpo di Genova, Angelo Carante.
Viene costituita, in questo periodo, l’Associazione Sportiva delle Polizie Municipali
d’Italia, che coordina le varie attività svolte dai Gruppi Sportivi in campo nazionale ed
internazionale (A.N.S.P.M.I.).
Presidente viene eletto Aldo Giannoli, Ufficiale del Corpo di Roma, cui succederà il
Comandante del Corpo di Firenze, Vincenzo Recchi, il quale, inseritosi autorevolmente
nel contesto internazionale, raggiungerà i massimi vertici delle Polizie Europee.
Addetto stampa dell’Associazione sarà un brillante Ufficiale del Corpo di Palermo,
Nino Micale, giornalista.
In un processo di encomiabili emulazioni, vengono organizzati Convegni di studio in
molti Comuni d’Italia: si impongono, a livello di “ Assise Nazionale”, le “ Giornate di
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studio per Comandanti ed Ufficiali dei Vigili Urbani”, promosse dal Comune di
Viareggio e magistralmente organizzate dal Comandante Potito Iascone.
Ed a Viareggio, il 4 aprile 1974, viene costituita l’Associazione Nazionale tra
Comandanti ed Ufficiali di Polizia Municipale (A.N.C.U.P.M.), con lo scopo di
promuovere il livello tecnico - professionale dei Corpi di P.M. e di stabilire
collegamenti con le varie Autorità. Presidente acclamato è il Comandante del Corpo dei
Vigili Urbani di Roma, Generale Francesco Andreotti, V. Presidente Internazionale
dell’I.P.A, maestro di “Pubbliche Relazioni”, ambasciatore e figura carismatica dei
Vigili Urbani a livello mondiale, nume tutelare della Categoria.
Segretario generale è il Comandante Potito Iascone, Tesoriere è Felice Serra,
Comandante del Corpo di P.M. di Grosseto.
Altri soci sono qualificati Comandanti dei Corpi di P..M. di: Firenze, Cleto Graziani,
Palermo, Leonardo Greco, Genova, Angelo Carante, Bologna Giovanni Romanò,
Como, Giovanni Caminiti, Verona, Dante Compri, Montecatini Terme, Giuseppe
Terreni, Cava dè Tirreni, Eraldo Petrillo, Siena, Mario Bastianini.
Nel dicembre ‘75 si registra la prima prova d’assieme della Categoria: il Raduno
nazionale a Roma per l’Anno Santo, nella stupenda Aula Nervi, organizzato, su
iniziativa del Comandante Andreotti, dalle tre Associazioni, A.N.C.U.P.M.,
A.N.S.P.M., I.P.A..
Sono presenti 1500 Vigili Urbani, provenienti da 16 Regioni italiane e dalla Repubblica
di San Marino. Una delegazione viene ricevuta dal Presidente del Senato, che esprime la
sua simpatia per il loro operato, svolto “tra tante difficoltà, ma anche tra il riconoscente
apprezzamento della cittadinanza”.
Portavoce ufficiale dell’Associazione, riconosciuta come membro della Federazione
Internazionale Funzionari Superiori di Polizia, diventa la neo nata Rivista Nazionale “Il
Vigile Urbano”, edita da Manlio Maggioli a Santarcangelo di Romagna, diretta da un
alto Magistrato della Corte d’Appello di Venezia, Nicola Cipriani, sotto la cui preziosa
regia, morale e professionale, si sviluppano stampe e pubblicazioni professionali, e
cresce ancora, a distanza quasi trentennale, la grande famiglia dei Vigili Urbani d’Italia.
La frenata finanziaria imposta da Roma agli Enti Locali vede i Vigili Urbani, inquadrati
nei più bassi livelli contrattuali comunali, chiamati a dare collaborazione, contro
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l’incremento della delinquenza comune e politica, ai colleghi delle Polizie di Stato, che
godono di più indennità di servizio, tra cui quella di P.S. reclamata anche dai Vigili.
Questa rivendicazione economica, congiunta al problema delle qualifiche funzionali,
investiranno, trasversalmente tutti gli ambienti operativi nazionali.
Primo interprete evolutivo di questo disagio si appalesa il dr. Leonardo Rinella,
Magistrato del Tribunale di Bari, che, relazionando a Viareggio, esorta la Categoria ad
incrementare la loro attività di polizia giudiziaria in difesa delle Istituzioni, attaccate dal
terrorismo.
I Vigili Urbani d’Italia, esposti in prima linea sulle strade, non vengono meno ai loro
compiti d’istituto e la strategia delle azioni terroristiche prende di mira anche gli uomini
della vigilanza urbana e le loro organizzazioni.
Bombe vengono lanciate contro sedi di nostri Comandi, vigili isolati sono disarmati,
aggrediti e uccisi: a Pioltello, nel febbraio ’76 cade Renato Stucchi; a Milano, nel mese
di marzo dello stesso anno, viene ucciso Vincenzo Ugga; a Paderno Mugnano, nel
gennaio ’77, viene stroncata la giovane esistenza del Vigile Urbano Paolo Ruggieri; a
Roma, nel maggio ’77, viene colpito con arma da fuoco Carlo Renzaglia mentre
controlla i documenti di guida.
Il clima sociale è saturo di tensioni.
Alcune Amministrazioni comunali ritengono di disarmare i propri Vigili ed infuriano le
polemiche sull’armamento e sulle qualifiche di P.G. e di P.S., che sindacalisti di parte
vogliono abbandonare.
In Italia, sostiene l’on. Enea Cerquetti, la Polizia Municipale “è costretta alla surroga
delle Polizie di Stato: oltre 8.000 Sindaci sono Autorità locali di P.S., di cui 4.000 sono
anche Ufficiali di P.S. e di P.G. per mancanza di Sottufficiali dell’Arma e Sindaci e
Guardie comunali costituiscono la rete più diffusa di polizia, non soltanto per le
funzioni locali”.
Molti Prefetti e Questori, nonché molti Magistrati, strumentalizzano le qualifiche
giuridiche dei Vigili per dedurne dipendenze gerarchiche diverse dalla realtà di legge,
fino a creare, abusivamente, confusione sull’esistenza dello stesso diritto di sciopero per
i Vigili Urbani.
Urge, pertanto, l’intervento chiarificatore del Legislatore per fugare paventate paure di
militarizzazione dei Corpi di P.M., per fare chiarezza sulle loro funzioni, senza
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manomettere o eliminare fondamentali qualifiche di potere - dovere, di cui i Vigili
hanno bisogno per il corretto espletamento del loro lavoro quotidiano.
E malcontento e confusione sono alla base della cosiddetta “crisi di identità” dei Vigili
Urbani, divisi e smarriti dall’equivocità del dettato legislativo (perché un Comandante
di Città, pur fornito di laurea in giurisprudenza, possa validamente sequestrare un
altoparlante ossessivo in un negozio centrale occorre che si rivolga ad un Sottufficiale di
Polizia di Stato), dalle diverse concezioni esistenti sulle attribuzioni e qualifiche
(nell’ambito delle stesse Amministrazioni alcune concedono l’indennità di P.S., altre
no), sia nel settore sindacale (per lo più sempre prevenuti verso i vigili), sia nella stessa
famiglia dei Vigili (varietà di atteggiamenti, punte di qualunquismo, scarsa unitarietà
d’azione).
Nel 1975, mentre il Comandante del Corpo di Bari, Leopoldo Patruno, organizza nella
Aula consiliare del Comune di Bari una conferenza sulle Pubbliche Relazioni, relatore il
Generale Francesco Andreotti, l’A.N.C.U.P.M., d’intesa con la Rivista “Il Vigile
Urbano “, su incarico del Ministero dell’Interno, procede a conoscere le situazioni locali
degli organici dei Vigili, inquadrati o meno in Corpi, importante avvenimento storico, i
cui risultati vengono attesi con interesse non soltanto dal Ministero, ma dagli stessi
Vigili e dalle Amministrazioni comunali.
Il 22 aprile 1976, nel corso delle Giornate di studio di Viareggio, il Generale Andreotti
comunica la consistenza della Forza organica nazionale: 1377 Ufficiali, 4.013
Sottufficiali, 43.369 Vigili, per un totale di 48.759 unità, mentre ben 5.345 risultano
collocate in pensionamento.
Da autorevoli previsioni di studiosi, si attendeva un risultato di almeno 70.000 unità
quale idonea per far fronte alle molteplici crescenti esigenze sociali.
L’adeguamento degli organici in tutti gli 8.000 Comuni diventa un problema prioritario,
insieme all’altro dei Regolamenti che, con l’intervento del Legislatore, bisogna
aggiornare ed uniformare su tutto il territorio nazionale.
L’elenco dei compiti dei Vigili si allunga a dismisura con l’entrata in vigore, il 1
gennaio 1978, del D.P.R. 24.7.’77 n. 616, attuativo della legge delega n. 382 del ’72,
che decentra, in ossequio al dettato costituzionale, in capo ai Comuni funzioni
amministrative relative alla “polizia locale”, aventi ad oggetto le attività dei pubblici
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esercizi e di buona parte delle competenze del T.U. delle leggi di P.S., escluse le materie
riservate delle armi e dei passaporti.
E’ finito lo Stato di Polizia, annunciano gli studiosi di diritto pubblico al Convegno di
studio di Siena, capitale per un giorno, il 30 marzo 1979, dell’agitazione dei Vigili
Urbani d’Italia.
Gli artt.18 e 19 del D.P.R. 616 definiscono la polizia locale competente per le attività
che si svolgono nell’ambito del territorio comunale e che non siano proprie delle
competenti autorità statali.
La migliore dottrina dirà che si è creato un regolamento di confini per le competenze e
che ora non c’è più bisogno del riconoscimento prefettizio per l’assunzione da parte dei
Vigili della qualifica di P.S., per cui essi sono a considerarsi in servizio permanente di
P.S..
Il D.L.21.3.’78 n. 59 accresce le funzioni di prevenzione dei Vigili Urbani
nell’individuazione delle abitazioni usate come base per attività criminose, la legge
13.5.1978 n.180 incarica i Vigili di accompagnare i malati di mente soggetti a TSO, già
varie leggi di depenalizzazione (del 1969 e del 1975) scaricano sulla Polizia municipale
nuove responsabilità e la criminalità, quella comune e soprattutto quella politica, non fa
più distinzione tra carabinieri, finanza, polizia e vigili urbani.
Il T.A.R. Sicilia, con decisione del 28.2.’78, dice di sì all’indennità di istituto per i
Vigili Urbani.
Nel ’79, al fine di dipanare l’aggrovigliato discorso sul ruolo del vigile urbano nel
nuovo contesto amministrativo e sociale, vengono organizzati, in ogni parte d’Italia,
dibattiti, tavole rotonde e convegni di studio, che si concludono con o.d.g. quasi di
disperazione, tutti miranti ad avere chiarezza dall’intervento statuale.
I tempi incalzano verso la riforma delle Autonomie locali, emerge l’importanza assunta
dai Comuni, insieme alla responsabilità degli Amministratori ed alla indispensabile
nuova preparazione professionale dei nostri apparati di servizio.
Le Associazioni di categoria - un’altra nel frattempo è nata l’Associazione Nazionale
Vigili Urbani (A.N.V.U.), Presidente Edelvais Borgetti, Ufficiale del Corpo di Roma -
se ne fanno carico ed ottengono dal Ministero dell’Interno una circolare esplicativa
dell’uso e porto delle armi.
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Intanto, sulla scia dell’esperienza romana, si diffonde in tutt’Italia una nuova elegante
figura operativa nella vita cittadina: la donna vigile.
All’annuale appuntamento viareggino, allargatosi alla base, vengono invitati qualificati
rappresentanti della politica nazionale, del Nord, on. Aldo Aniasi e on. Enea Cerquetti, e
del Sud, on. Nicola Vernola, Sindaci rispettivamente di Milano, Cinisello Balsamo e
Bari, con i quali si discute del decennale argomento concernente i connotati precisi dello
stato giuridico del Vigile Urbano, si stigmatizza il destino dei Comandanti, ai cui
orizzonti si profilano nubi plumbee (Corpi degerarchizzati, con Comandanti sostituiti da
geometri e ragionieri di partito, a turnazione) e dei Sottufficiali e si conviene di
procedere alla presentazione di specifici progetti di legge, dopo quello presentato
dall’on. Vignola, che propone una Polizia Regionale.
Le condizioni socio – politiche –sindacali non sono favorevoli ad un sereno impegno di
rinnovamento professionale al servizio del Paese.
Nel maggio ’79, a Montesilvano di Pescara, nel corso di un Convegno nazionale
F.L.E.L. si sfiora la rissa tra i partecipanti, molti dei quali chiedono la dismissione delle
qualifiche di P.S. per i vigili. Alla maggioranza della categoria, però, non va giù di
diventare semplici dipendenti comunali, agenti unicamente di polizia amministrativa,
disarmati ed alle dipendenze soltanto dei Sindaci. L’accordo contrattuale del dicembre
’78 ha, ancora una volta, umiliato le speranze dei Vigili per un più equo trattamento
economico che tenga conto della poliedricità delle funzioni da essi svolte: F.L.E.L. ed
A.N.C.I. fanno blocco nel respingere le legittime aspettative dei Vigili che chiedono la
corresponsione dell’indennità correlata con la gravosità del rischio professionale.
Intanto nell’Italia Meridionale la maggioranza dei Vigili, con la qualifica di P.S.,
percepisce l’indennità d’istituto, grazie anche alle motivazioni fatte proprie dal T.A.R.
di Catania “in quanto connessa alle peculiari modalità di compimento dell’attività dei
Vigili, che s’inserisce nella sfera organizzativa dell’Ente locale ma si proietta
nell’ambito di competenze proprie dello Stato”.
Non dello stesso orientamento sono i T.A.R. della Liguria, dell’Umbria e dello stesso
Consiglio di Stato, che, nel dubbio, ne rimettono ogni decisione alla competenza della
Corte Costituzionale.
La Categoria è svilita: divampano le diatribe e le fratture.
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