Introduzione
2
• la velocità di funzionamento dei dispositivi è aumentata costantemente;
• il costo di lavorazione è cresciuto, ma il progresso in densità di integrazione e in
efficienza di lavorazione ha ridotto esponenzialmente il costo per bit.
Attualmente quasi tutte le famiglie di prodotti che l’industria elettronica pone sul mercato,
sono basate sulla cosiddetta tecnologia CMOS (Complementary Metal-Oxide-
Semiconductor), il cui elemento fondamentale è il transistore Metallo-Ossido-
Semiconduttore.
Pertanto la fabbricazione di tutti questi sistemi elettronici vede l’impiego degli stessi
procedimenti tecnologici:
• fotolitografia
• attacco chimico per via umida o secca (wet o dry etching)
• impiantazione ionica
• ossidazione
• deposizione da fase vapore
• diffusione.
Ciascuno di essi viene utilizzato più volte nell’arco dell’intero ciclo di produzione, ed il
processo risulta così costituito da una sequenza di centinaia di passi, tutti egualmente
importanti - anche se alcuni possono essere più critici di altri - perché la bontà del
dispositivo prodotto dipende dalla qualità di ogni singola lavorazione, e un errore
verificatosi in un singolo step ha conseguenze fatali sulla funzionalità finale.
1.2 Le memorie a semiconduttore
Per tutti i dispositivi CMOS sono evidenti le tendenze di sviluppo a cui si accenna sopra,
ma esse sono particolarmente importanti per le memorie a semiconduttore.
Questi dispositivi hanno un’architettura relativamente semplice, essendo costituiti
essenzialmente da matrici di transistori.
D’altra parte, dato che il loro prezzo di vendita è stabilito interamente dalle regole di
mercato della domanda e dell’offerta, ed essendo soprattutto in questi ultimi anni
abbastanza ridotto, i margini di profitto ricavabili dalla loro commercializzazione
dipendono soltanto dal loro costo di produzione. In altre parole la situazione è molto
diversa rispetto a quella dei microprocessori, che sono prodotti ad altissimo valore
aggiunto e per i quali esistono pochi produttori nel mondo.
Introduzione
3
Pertanto è proprio nella produzione delle memorie che vengono continuamente applicate le
tecnologie più recenti, spesso immediatamente dopo essere state sviluppate nei laboratori
di ricerca, al fine di diminuire costantemente i costi di produzione.
Si può dire che sinora le memorie a semiconduttore rivestono nella microelettronica il
ruolo di technology driver, cioè sono il motore del suo sviluppo.
Il progresso delle tecnologie in questo settore industriale si misura ormai da alcuni decenni
in funzione del grado di miniaturizzazione raggiunto. Minori sono le dimensioni dei
transistori MOS e degli altri elementi di un circuito integrato, maggiore è la quantità che
possiamo alloggiarne su un singolo chip, con evidenti conseguenze sul rapporto
costo/prestazioni del dispositivo.
Ciò è raffigurato nel seguente grafico, che riguarda una particolare classe di memorie
(DRAM), nel quale si nota soprattutto l’impressionante aumento di 5 ordini di grandezza,
in 25 anni, della complessità del chip[1].
1k
4k
16k
64k
255k
1M
4M
16M
64M
1,0E+3
1,0E+4
1,0E+5
1,0E+6
1,0E+7
1,0E+8
1966 1970 1974 1978 1982 1986 1990 1994 1998Anno
N
u
m
e
r
o
t
r
a
n
s
i
s
t
o
r
i
p
e
r
c
h
i
p
memorie DRAM
Fig. 1.1 Aumento della complessità dei chip di memorie DRAM
Tra le diverse famiglie di memorie a semiconduttore in produzione ai nostri giorni, due
sono attualmente le più importanti:
• le DRAM o memorie dinamiche ad accesso casuale;
• le EEPROM o memorie a sola lettura cancellabili elettricamente.
Tali memorie sono destinate a diverse classi di applicazioni, in base alle loro differenti
caratteristiche. Le DRAM sono dispositivi di memoria in cui l’accesso ai dati è molto
veloce e non vi è limite al numero massimo di scritture e letture possibili. Pertanto esse
sono particolarmente adatte ad essere impiegate come memorie nei computer di qualsiasi
Introduzione
4
potenza (dai personal ai grandi mainframe). D’altra parte le DRAM non sono in grado di
conservare l’informazione in esse memorizzata in mancanza dell’alimentazione elettrica al
dispositivo stesso e anzi necessitano di un continuo “rinfresco”: sono memorie “volatili”,
cioè intrinsecamente suscettibili alla perdita di dati.
Le EEPROM sono invece memorie non volatili, cioè capaci di mantenere l’informazione
anche in assenza di corrente. Ciò le rende indicate all’impiego in tutti gli strumenti
elettronici che non possono contare su una fonte di alimentazione costante nel tempo o che
ne sono addirittura sprovvisti: dai telefoni portatili alle centraline elettroniche presenti
sulle automobili, dalle “carte intelligenti” alle fotocamere digitali, ecc..
I tempi di accesso relativamente alti e il numero massimo di scritture possibili ne limitano
per ora l’uso alle suddette categorie di prodotti. Bisogna comunque osservare che lo
sviluppo di applicazioni sistemistiche che necessitano di dispositivi di memoria non
volatili, sta subendo negli ultimi anni un notevole incremento e questa tendenza sembra
addirittura rafforzarsi per il futuro [2].
1.2.1 Le memorie Flash
Le memorie Flash sono una recente sottoclasse delle EEPROM. Mentre le memorie non
volatili tradizionali hanno un’architettura che consente la lettura, scrittura e cancellazione
per singolo bit, nelle Flash l’operazione di cancellazione ha luogo contemporaneamente su
un intero settore della matrice di memoria.
Questa differenza, lungi dall’essere una limitazione, consente la realizzazione di singole
celle di memoria Flash di dimensione ridotta rispetto ad una EEPROM di vecchia
concezione, in quanto quest’ultima deve ricorrere a due transistori per cella, mentre ne è
sufficiente soltanto uno nel caso della Flash.
A parità di tecnologia disponibile, quindi, la densità di celle per chip, risulta, per queste
ultime, molto maggiore. Conseguentemente il loro prezzo per MByte è minore ed oggi le
memorie Flash risultano economicamente molto più competitive delle tradizionali
EEPROM.
Introduzione
5
DRAM EEPROM Flash EEPROM
Volatilità
sì
no
no
Corrente per
conservare la
memoria
0.5 mA
nessuna
nessuna
Necessità di rinfresco
sì
no
no
Numero max. di
scritture possibili
illimitato
10
5
10
5
Tempo di accesso in
scrittura
50 ns
10 ms
120 µs
Costo ($) per MByte
4
250
12
Età dalla prima
produzione (anni)
30
25
10
Aspettativa di crescita
+++
-
++
Tabella 1.1 Confronto tra le principali classi di memorie a semiconduttore
1.3 Considerazioni di carattere economico
Alla luce degli ultimi sviluppi tecnologici l’equazione che lega la diminuzione delle
dimensioni circuitali alla diminuzione dei costi, deve essere radicalmente rivista.
Infatti l’evoluzione della microelettronica si è basata finora, e sarà così anche nel prossimo
futuro, soprattutto sulla riduzione delle dimensioni delle microstrutture che compongono i
dispositivi.
Si può dimostrare che questo richiede un aumento della qualità globale della produzione
proporzionale alla quinta potenza del fattore di riduzione geometrica. Ciò impone un
aumento formidabile sia dei costi di ricerca, che di quelli di investimento per la creazione
di nuove fabbriche che stiano al passo con il progresso della tecnologia.
Per quanto riguarda la ricerca si consideri che i costi di sviluppo medi delle varie
generazioni di memorie sono passati da poco più di 100 milioni di dollari per quelle da 256
kbit (inizio anni ’80), al miliardo di dollari per le 64 Mbit di recentissima introduzione sul
Introduzione
6
mercato. Le aziende del settore devolvono alla Ricerca & Sviluppo in media il 12% del
fatturato, e questo è senza dubbio uno degli indici più elevati fra i vari settori industriali.
Per quel che concerne gli investimenti, la seguente figura mostra l’andamento del fatturato
totale dell’industria dei semiconduttori confrontato con il costo di una singola nuova linea
di produzione א].
Fig. 1.2 Evoluzione del costo di una linea di produzione e del fatturato mondiale dei semiconduttori
Si nota che l’investimento attuale per un nuovo impianto è superiore al miliardo di dollari;
questo fa sì che oggi l’ammortamento raggiunga la metà del costo totale di produzione.
Questo quadro ha portato gli esperti del settore a dichiarare che probabilmente,
nell’immediato futuro, la minima dimensione circuitale ottenibile industrialmente sarà
limitata soltanto da ragioni di costo.
Ovviamente la situazione può cambiare radicalmente a seguito di innovazioni tecnologiche
o industriali.
Nell’attesa delle prime, il mondo della microelettronica si sta concentrando sulle seconde,
che riguardano sostanzialmente le modalità e la qualità della produzione.
1.4 Gli obiettivi della presente ricerca
Questa tesi si inserisce proprio nel filone di ricerca volto all’innovazione di processo. In
particolare si è preso in considerazione un processo di dry etching di ossido di silicio,
denominato SAS etch, il quale costituisce uno degli step fondamentali del ciclo di
produzione delle memorie Flash, nello stabilimento della Texas Instruments di Avezzano.
Gli obiettivi dello studio qui presentato sono:
10
100
1000
10000
100000
1000000
1960 1970 1980 1990 2000 2010Anno
M
i
l
i
o
n
i
d
i
d
o
l
l
a
r
i
Fatturato totale annuo dei semiconduttori Costo di una linea di produzione
Introduzione
7
• l’acquisizione di una conoscenza più profonda delle dinamiche del SAS etch;
• l’individuazione di ulteriori possibilità di miglioramento del processo;
• l’applicazione delle più moderne metodologie per il controllo automatico di processo.
Per raggiungere i primi due obiettivi è stata effettuata un’approfondita caratterizzazione
del processo, volta a stabilire il ruolo e l’importanza delle diverse variabili che lo
influenzano. A tal fine ci si è avvalsi di più metodi: l’analisi dei dati storici relativi alla
produzione; l’esecuzione di sperimentazioni fattoriali; analisi di microscopia elettronica al
SEM e al TEM; l’acquisizione dati in tempo reale dal reattore a plasma col quale viene
realizzato il SAS etch.
Per quanto riguarda il terzo obiettivo sopra menzionato, le conoscenze ottenute nella fase
di caratterizzazione sono state utilizzate per sviluppare una strategia di controllo del SAS
etch, la quale si basa su modelli matematici al fine di realizzare un controllo attivo delle
condizioni di etching.
La strategia è stata quindi implementata utilizzando un software dedicato al controllo di
processo, sviluppato recentemente dalla TI, mediante il quale sono state anche effettuate
simulazioni numeriche volte a verificare la validità della soluzione adottata.
8
2. Il dispositivo di memoria Flash “Mirage” della TI
Un dispositivo Flash EEPROM è costituito da matrici di celle di memoria e dai circuiti di
controllo che permettono la lettura, cancellazione e scrittura delle celle e la comunicazione
con l’ambiente esterno [3].
Fig. 2.1 Il chip della Flash “Mirage”
Sebbene nella figura non siano visibili i dettagli, possiamo dire che la parte più scura è la
matrice di memoria, che comprende milioni di transistor, mentre le regioni più chiare
corrispondono alla circuteria ausiliaria. Questa viene detta in gergo “periferia” in quanto, a
differenza dei device odierni, in quelli di alcuni anni fa essa era disposta appunto sul bordo
del chip, dove venivano realizzate le connessioni con l’esterno.
Nella periferia trovano anche posto le aree appositamente create per la misura di spessore
di alcuni dei film di materiale più importanti. Si tratta di vere e proprie finestre rettangolari
aperte sullo strato di materiale di interesse.
Ricordiamo che la caratteristica che distingue le memorie Flash dalle altre EEPROM è
proprio quella di essere cancellabili a settori, cosa che le rende più semplici da fabbricare.
Infatti nelle Flash tutti i transistori che si trovano su una linea della matrice hanno in
comune la sorgente, che è formata da una lunga “striscia” di silicio drogato n:
un’architettura molto più semplice rispetto alla successione di singole regioni sorgente in
numero pari a quello delle celle.
Il dispositivo di memoria Flash
9
Questa semplificazione si paga col fatto che nell’operazione di cancellazione, selezionando
elettricamente una sola linea sorgente, si attiva un’intera fila di transistori.
La scrittura e la lettura, invece, possono essere effettuate sulla singola cella perché le
regioni di collettore sono separate fisicamente ed elettricamente da elementi di ossido di
silicio.
2.1 La struttura della cella di memoria
Una singola cella di memoria Flash è formata da un transistor realizzato in tecnologia
MOS (Metal-Oxide-Semiconductor), con struttura di tipo floating gate. Tale transistor si
differenzia da un normale transistor MOS poiché possiede due elettrodi sovrapposti: quello
superiore, detto elettrodo di controllo (control gate), è immediatamente accessibile
elettricamente per le operazioni da compiere sul bit di informazione immagazzinato nella
cella; quello inferiore, il floating gate, deve il suo nome al fatto di essere elettricamente
isolato - quindi idealmente flottante - sia dal precedente, sia dal resto del transistor grazie a
due diversi strati di ossido. E’ proprio in quest’ultimo elettrodo che viene immagazzinato
fisicamente il bit, sotto forma di carica elettrica.
Infatti la presenza o meno di cariche elettriche sull’elettrodo flottante altera la tensione di
soglia
*
, provocando la traslazione della caratteristica tensione-corrente del transistor. Dato
che tale alterazione permane finché la carica rimane immagazzinata sull’elettrodo, essa
può essere sfruttata per immagazzinare un bit d’informazione.
*
Si ricorda che per tensione di soglia di un transistor MOS si intende la minima tensione applicata
all’elettrodo di controllo che permette il passaggio di una corrente sensibile nel canale.
Il dispositivo di memoria Flash
10
Fig. 2.2 Sezione della cella di memoria Flash
Il transistor è realizzato in maniera tale da trovarsi all’interno di una struttura a “tripla
sacca” (triple tank). Il wafer su cui viene realizzato il dispositivo è costituito da silicio
monocristallino drogato p, orientato in maniera tale che le due facce coincidano con i piani
{100} del reticolo; su questo substrato vengono realizzate, mediante drogaggio, delle
sacche (tank) di silicio drogato n, e ,all’interno di queste, altre di dimensioni minori
drogate p, nelle quali verranno a trovarsi i singoli transistor, uno per ciascuna sacca.
In questo modo otteniamo una struttura con due giunzioni p-n consecutive ed opposte, che
ci permette di isolare più efficacemente la cella di memoria e quindi di proteggerla da
influenze esterne.
All’interno della sacca drogata p vengono realizzati la sorgente (source) e il collettore
(drain) del transistor, effettuando due diverse impiantazioni ioniche con atomi droganti di
tipo n. La sorgente è maggiormente drogata e ha una geometria diversa dal collettore: vi è
una maggior sovrapposizione tra il floating gate e la sorgente, che non fra floating gate e il
collettore, dovuta alle esigenze di funzionamento del dispositivo in fase di cancellazione.
Inoltre la geometria del collettore è stata studiata per favorire l’instaurarsi di campi elettrici
più elevati in corrispondenza dello spigolo vicino al gate, per ottimizzare la fase di
programmazione.
Lo strato di ossido di silicio che separa il floating gate dalla struttura sottostante, chiamato
“ossido di tunnel” (tunnel oxide), ha uno spessore di circa 100 Å ed è critico per il
funzionamento della cella.
source
drain
tunnel
oxide
floating
control gate
Il dispositivo di memoria Flash
11
L’elettrodo flottante e quello di controllo sono realizzati entrambi in silicio policristallino
drogato, così da avere una conducibilità relativamente elevata, e sono separati da uno
strato di ossido-nitruro-ossido molto più spesso di quello di tunnel.
2.2 I modi di operazione della cella di memoria
I modi principali di operazione della cella sono tre: lettura, programmazione e
cancellazione.
• Lettura (read). Come abbiamo detto precedentemente, la presenza o meno di cariche nel
floating gate modifica la caratteristica tensione-corrente del transistor e ciò si riflette
ovviamente sulla conduzione di corrente attraverso il canale. Nell’operazione di lettura
il potenziale dell’elettrodo di controllo viene fissato a 5 V, quello del collettore ad 1 V e
la sorgente viene “messa a terra” (potenziale di 0 V). In tali condizioni, se nel floating
gate non sono presenti elettroni in numero sensibile, la tensione di soglia del transistor
sarà inferiore a 5 V, e si avrà passaggio di corrente tra sorgente e collettore: il bit 1
viene convenzionalmente associato a questo stato della cella. Se invece è presente una
carica negativa sufficiente a far aumentare la tensione di soglia fino ad un valore di 7 V,
il transistor non può condurre: ad esso è associato in questo secondo caso il bit 0.
• Programmazione (program). Per poter inserire la quantità opportuna di elettroni nel
floating gate (e modificare così il bit immagazzinato nella cella da 1 a 0) si sfrutta un
fenomeno denominato Channeling Hot Electron Injection, ossia iniezione di elettroni di
canale “caldi”, dove per caldi si intende ad elevata energia cinetica. Per provocare
l’iniezione viene applicato al collettore un potenziale di 6.5 V, mentre la sorgente è
sempre a massa, e all’elettrodo di controllo una tensione di 12 V. In questo modo il
transistor è certamente in conduzione e la elevata differenza di potenziale tra sorgente e
collettore accelera fortemente gli elettroni che acquistano una elevata energia cinetica,
nelle zone di svuotamento; al contempo l’elevato potenziale del control gate induce
nell’ossido di tunnel un campo elettrico abbastanza intenso da provocare il passaggio
degli elettroni più “caldi” attraverso l’ossido stesso, per essere catturati
permanentemente dall’elettrodo flottante.
Il dispositivo di memoria Flash
12
Fig. 2.3 Programmazione ( a sinistra) e cancellazione (a destra) di un bit di memoria
• Cancellazione (erase). Per modificare il bit d’informazione in maniera opposta rispetto
a quanto si fa durante la programmazione è necessario indurre gli elettroni ad
abbandonare il floating gate. Per far questo si sfrutta un particolare fenomeno fisico, il
tunnelling alla Fowler-Nordheim, un effetto tunnel quantistico che prende il nome dai
suoi scopritori: gli elettroni riescono ad attraversare l’ossido di tunnel, che costituisce
per loro una sottile barriera di potenziale, grazie al campo elettrico che viene ad
instaurarsi tra l’elettrodo di controllo (tensione fissata a -10 V) e la sorgente (tensione di
6.5 V), durante questo modo di operazione. Al collettore non viene applicata alcuna
tensione (tensione di “float”).
13
3. Il dry etching
Nella fabbricazione dei dispositivi a semiconduttore si impiegano diversi tipi di tecnologie:
deposizione di film da fase vapore, ossidazione termica, impiantazione ionica, ecc..
Gran parte degli step di processo serve semplicemente a realizzare strati di materiali
differenti che vanno a coprire uniformemente la superficie del wafer.
Per avere dispositivi funzionanti é necessario trasferire sul wafer l’immagine dei circuiti
che si desidera ottenere come prodotto finale, in modo da poter “scolpire” opportunamente
il materiale, creando così gli elementi circuitali reali.
Per far questo si utilizzano i processi fotolitografici, che consentono appunto di trasferire
un pattern sul wafer, formando delle maschere di materiale polimerico (photoresist), le
quali lasciano esposte alcune regioni della superficie e ne coprono altre.
Tali maschere non sono strutture permanenti del dispositivo finale, ma servono soltanto a
permettere ai processi di etching di attaccare le aree esposte realizzando il pattern nello
strato eroso.
Esistono due diversi tipi di attacco chimico:
• wet etching o attacco per via umida;
• dry etching o attacco per via secca.
Entrambi vengono usati nell’industria elettronica, ma solo il secondo é adatto alla
fabbricazione degli elementi circuitali dei dispositivi VLSI e ULSI
*
.
Dry etching é sinonimo di attacco chimico assistito da plasma, un’espressione che denota
diverse tecniche in cui si usano plasmi sottoforma di scariche a basse pressioni.
L’alta fedeltà di trasferimento del resist pattern, che queste tecniche permettono, fu messa
in luce per la prima volta negli anni settanta, quando si diffuse l’uso del nitruro di silicio
come materiale isolante nella fabbricazione dei circuiti integrati. A quei tempi veniva usato
industrialmente solo il wet etching, ma non si riusciva a trovare una soluzione chimica in
grado di attaccare in maniera selettiva il nitruro.
*
Very Large Scale of Integration e Ultra Large Scale of Integration.
Il dry etching
14
Il problema venne risolto ricorrendo al dry etching, che diede in seguito prova della sua
validità in quasi tutti i processi di attacco.
Si notò soprattutto il forte scarto tra la velocità di attacco verticale e quella laterale, che
tale tecnica offriva, permettendo attacchi fortemente anisotropi.
Come risulterà evidente nel seguito, un’elevata anisotropia é una condizione necessaria,
anche se purtroppo non sufficiente a realizzare geometrie con alta risoluzione e alta fedeltà
rispetto alle maschere.
3.1 Il ruolo del plasma nel dry etching.
La tecnologia del dry etching si avvale del plasma per generare specie chimicamente
reattive da gas molecolari relativamente inerti.
Tali specie reagiscono con i materiali solidi formando dei composti volatili che vengono
successivamente rimossi dai sistemi di vuoto che sono componenti essenziali delle
macchine utilizzate.
Possiamo quindi dire che in un reattore per dry etching avvengono essenzialmente due tipi
di reazioni chimiche:
a) reazioni chimico-fisiche in fase gassosa;
b) reazioni chimiche superficiali.
Le prime sono dovute alle collisioni tra gli elettroni e le molecole che formano il plasma,
le quali danno luogo a una grande varietà di fenomeni, a cui abbiamo fatto cenno anche nei
paragrafi precedenti:
1) eccitazione;
2) ionizzazione;
3) dissociazione;
4) ricombinazione.
La ionizzazione e la dissociazione contribuiscono alla formazione degli ioni e delle
molecole reattive, entrambi essenziali per l’erosione del film di materiale in cui si vogliono
creare le geometrie dei dispositivi elettronici.
Quando si parla di specie chimiche reattive, non ci si riferisce soltanto alle molecole che
possono reagire col film da asportare formando composti volatili - sebbene sia questo il
meccanismo fondamentale che rende possibile l’erosione - ma anche ai radicali che
possono agire come precursori di processi di polimerizzazione (vedi paragrafo 3.11).