CAPITOLO 1
PREVISIONI E MODELLI STATISTICI
1.1 La conoscenza del futuro
Dal punto di vista statistico la previsione può consistere in una
estrapolazione della serie storica dei dati a disposizione, con metodi
grafici o analitici.
La previsione, si basa essenzialmente su modelli più o meno
complessi, il cui fenomeno allo studio è funzione delle determinazioni
di più variabili e d’ipotesi soggettive sulle variabili indipendenti;
naturalmente si suppone che la conoscenza della dinamica del
fenomeno, unitamente a complesse metodologie statistiche, consenta
d’individuare sia la variabile dipendente, sia i modelli che meglio si
adattano ai dati a disposizione relativi al passato. Si deve supporre (in
caso contrario i modelli servono solo a “prevedere il passato”!) che
nel futuro non varia la successione del fenomeno o che in ogni caso si
conosca l’entità ed il segno delle variazioni possibili.
La conoscenza del futuro è, da sempre, uno dei maggiori problemi o
bisogni dell’umanità; questa ha sempre mirato ad acquisire
informazioni utili e valide per il domani. I dati più preziosi sono
proprio quelli che riguardano l'avvenire, poiché dotati di un potenziale
di rassicurazione dall'incertezza.
Il desiderio di estendersi nel futuro ha sempre costituito un segnale
dell'inquietudine umana e causato, sovente, gran parte dei
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comportamenti irrazionali, che si esprimono anche nel ricorso a
metodologie divinatorie. D'altro canto, prevedere in qualche modo
l'avvenire sembra naturale e necessario, perché non sarebbe altrimenti
possibile assumere decisioni razionali. Da tali indicazioni preliminari
emerge l'ambivalenza della natura umana; incerta per il proprio
destino e timorosa di conoscerlo, ma inesorabilmente sospinta ad
investigarlo e controllarlo.
A partire dal secolo scorso, però, tale mentalità ha subito radicali
modificazioni, sia sul piano ideale sia su quello operativo, soprattutto
perché le nuove scoperte scientifiche ed un diverso atteggiamento
filosofico verso il futuro, nel frattempo affermatosi e consolidatosi,
hanno per così dire consunto, rendendole inutili, le vecchie esperienze
ed indotto ad accrescere e sviluppare la capacità progettuale.
Mentre precedentemente l'attaccamento al passato era indice di
saggezza, adesso la opposizione al cambiamento diventa sinonimo di
rigido conservatorismo. Il rinnovamento ha quindi acquisito valenza
positiva. Rimanere ligi alle routine consentiva di minimizzare gli
sforzi di preveggenza, talché la rinunzia quasi completa all'ambizione
di «conoscere» il futuro garantiva, mediante l'abitudine, la capacità di
previsione. Il rifiuto dell'inconsueto, di vere novità, in una ottica e
nell'ambito di una situazione «iminobile» garantisce una sia pure
illusoria sicurezza circa il futuro. Le conoscenze dell'ambiente sociale
sarebbero pienamente valide se niente mutasse; di conseguenza, il
grado di affidabilità circa il futuro è tanto più elevato quanto minori
sono i mutamenti ritenuti possibili. Quindi, più una società è incline
alla conservazione dell'oggi, più attribuisce elevate probabilità di
validità futura alle conoscenze attuali. Il contrario evidentemente
avviene in una società che tende al cambiamento. L'orientamento al
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futuro deve pertanto svilupparsi nello stesso senso del dinamismo
della società ed in senso inverso rispetto alla costanza sociale.
La propensione alla innovazione aumenta perciò l'incertezza per gli
accadimenti futuri, nonché la esigenza di metodi previsivi in grado di
cogliere il divenire.
In forza di un meccanismo «circolare» che si auto rinnova, il rapido
mutamento delle interrelazioni umane genera crescente necessità di
previsione, mentre potenziamento e perfezionamento della capacità
previsiva stimolano e facilitano il progresso stesso. Le vere
innovazioni non costituiscono prolungamenti del passato, né possono
essere pensate come mèra estensione, perfezionamento e
combinazione di ciò che già esiste. Ad esse si perviene con fantasia
creatrice volta a conseguire ciò che oggi potrebbe apparire perfino
irrealizzabile. Non sarà mai agevole diagnosticare con congruo
anticipo e sufficiente sicurezza una inversione di tendenza (turning
point). Ma è alla portata degli studi sul futuro valutare le condizioni
dalle quali potrà, o dovrà, originarsi una svolta.
Opportuno sottolineare, adesso, la diversità di atteggiamento ed i
diversi gradi di difficoltà che si incontrano nel trattamento oppure
nella comprensione degli eventi passati e di quelli futuri. I vocaboli
che meglio esprimono il contrasto tra ciò che si è compiuto e ciò che
sarà sono i sostantivi latini facta e futura. Nei confronti dei facta la
nostra volontà ed il nostro potere sono nulli, mentre è reale la
possibilità di conoscerli ed interpretarli. Per converso, ogni
affermazione sui futura è legittima, sia pure sotto la condizione che sia
possibile in qualche modo convalidarla, e può addirittura costituire un
«progetto» se esiste anche la volontà di realizzarla.
L'avvenire è, dunque, campo di libertà e potenza per l'uomo inteso
come soggetto agente e simultaneamente costituisce il campo di
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incertezza per l'uomo inteso come soggetto conoscente. Per
concludere, ai facta occorre applicare idonee teorie interpretative, ai
futura il quadro maggiormente plausibile e desiderabile.
Parlare di conoscenza dell'avvenire può sembrare, come in effetti
è, contraddittorio, poiché soltanto i facta possono essere conosciuti.
Nella pratica le sole ipotesi utili riguardano l'avvenire ed i facta
interessano soltanto perché consentono di prefigurare i futura. Del
resto, è la stessa vita quotidiana che comporta trasformazioni di facta
in futura attraverso numerose operazioni elementari. Da un certo
punto di vista, l'attività di previsione può essere considerata
l'affinamento di un processo spontaneo e naturale, poiché quando
l'uomo rinuncia a prevedere abdica spesso dall'azione incisiva e dal
massimo impegno.
Considerate le possibilità analitiche e tecnologiche attualmente
esistenti, non si deve lasciare alcunché d’intentato al fine di condurre
l'attività previsiva in modo sistematico e, se possibile, scientifico. E’
però opportuno ricordare la distinzione che Helmer pone tra scienze
convenzionalmente definite «esatte» ed «inesatte». Queste ultime:
- contengono anch'esse proposizioni aventi carattere di «legge»,
quindi non sono mère descrizioni di eventi concreti particolari;
- tali «leggi» non sono però universalmente valide nello spazio e
nel tempo;
- sono «quasi generali» in quanto ammettono eccezioni.
E’ opportuno tenere sempre ben presenti tali differenze nella
trattazione delle scienze sociali, nell'ambito delle quali è necessario
sviluppare specifiche metodologie previsionali, che tengano conto sia
della maggiore complessità che detto campo di studio presenta rispetto
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alle scienze «esatte», sia della impossibilità di individuare con
precisione i fenomeni. Si può osservare, infine, come la necessità di
prevedere il futuro nasca anche a causa dello sfasamento temporale
esistente tra l'acquisizione della consapevolezza che un evento dovrà
verificarsi e l'effettivo manifestarsi dello stesso, tra applicazione di
una qualsiasi «politica» ed ottenimento dei risultati della stessa.
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1.2 Tipologia delle previsioni
Gli argomenti sinora trattati illustrano la necessità di previsione,
nonché l'evoluzione da questa subita, ma da essi non emerge alcuna
precisa caratteristica della medesima. Chiarite le motivazioni che
portano ad anticipare il futuro, è necessario esaminare le attese che
accompagnano tali anticipazioni. A tale proposito è fondamentale
eliminare, anzitutto ma ambizione di fornire, mediante previsione, una
qualsiasi certezza circa il futuro, anche la minima ambizione di
fornire, mediante previsione una qualsiasi certezza. A causa della
nostra limitata conoscenza delle connessioni tra fatti del passato ed
eventi futuri, l'unica «certezza» è che la realtà di domani si discosterà,
forse anche radicalmente dalle anticipazioni. Ciò è suggerito da anni
di studi previsionali ma anche da alcune considerazioni di carattere
generale. E’infatti impossibile includere in un modello che si
proponga di descrivere un qualsiasi fenomeno economico e sociale la
totalità delle variabili e delle relazioni necessarie per una completa
spiegazione od interpretazione. Inoltre, anche se ciò fosse possibile, il
verificarsi d’eventi aleatori, soprattutto di quelli ritenuti altamente
improbabili, minerebbe alla base i risultati di qualsivoglia modello,
per quanto metodologicamente raffinato, applicato con riferimento al
futuro. Ma nel definire il ruolo della previsione è opportuno andare
oltre. Se infatti l'idea di un unico avvenire certo è da tempo
abbandonata, è alquanto diffuso associare ad ogni indicazione sul
futuro un determinato grado di probabilità, quasi fosse noto lo spazio
di probabilità dei futuri possibili entro il quale scegliere la
prefigurazione più attendibile.
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