INTRODUZIONE
VI
merci, dall’altra per le società commerciali sussistevano ancora molte problematiche,
soprattutto a livello pratico.
Negli ultimi anni sono stati fatti molti passi in avanti in tal senso: dalle sentenze della
Corte di Giustizia Europea, alla nascita della Società Europea. Queste hanno consentito
da subito la previsione di una cittadinanza per le imprese al disopra delle singole
nazioni, consentendo di soddisfare i bisogni degli operatori, i quali hanno utilizzato le
operazioni straordinarie, come la fusione e scissione, per oltrepassare i confini della
disciplina nazionale del fenomeno.
La nascita e lo sviluppo delle fusioni transfrontaliere in Europa percorre delle tappe
storiche e normative che si snodano dalle molteplici dispute assunte nel corso degli anni
sia dal diritto e dalla giurisprudenza comunitaria sia dai diritti interni dei Paesi membri.
Il fenomeno tende ad assumere un carattere e, pertanto, una rilevanza universale a
seguito della diffusione che esso ha assunto a livello nazionale, comunitario ed
internazionale. Inoltre l’evento ha conosciuto, soprattutto in questi ultimi anni, un
incremento particolarmente significativo, frutto della continua opera di
omogeneizzazione del mercato interno.
Alla forte esigenza di mobilità degli individui (infatti è esplosa la mobilità delle
persone, si prendono ogni giorno più treni, l’aereo è divenuto low cost, e si comunica in
video conferenza), corrisponde un incremento della tendenza al movimento delle
imprese.
Per far fronte alle nuove esigenze di mobilità delle imprese e delle società in questo
mondo globalizzato vengono adottati diversi sistemi attraverso i quali una società si
trova a migrare “di fatto” verso un altro Paese. Il modo più diretto per soddisfare questa
esigenza è il trasferimento della sede legale della società, oppure attraverso la
costituzione di una nuova società in un determinato Paese (anche solo per poter
usufruire di alcuni vantaggi) consapevoli che l’attività verrà svolta in un altro Paese.
Altro strumento giuridico che attua questa esigenza è la realizzazione di una Società
Europea, la quale disciplina esplicitamente il trasferimento di questa all’interno dell’UE
in continuità giuridica. Anche le fusioni transfrontaliere permettono di realizzare
civilisticamente il trasferimento della sede sociale in un altro Paese all’interno dell’UE.
Le operazioni di fusione tra società costituite in Stati membri differenti rappresentano
perciò uno strumento attraverso il quale le imprese si espandono e stabiliscono rapporti
di cooperazione nei mercati mondiali.
INTRODUZIONE
VII
Le difformità tra legislazioni nazionali, in assenza di un intervento normativo
comunitario, hanno a lungo reso impossibile la realizzazione di una fusione di tipo
«transfrontaliero», in quanto questa stessa si sarebbe inevitabilmente tradotta in
violazione della normativa di uno o dell’altro Stato di incorporazione dei soggetti
partecipanti all’operazione. Se però le fusioni cross-border non sono sempre possibili in
ambito internazionale, a causa degli ostacoli posti dai singoli ordinamenti giuridici degli
Stati coinvolti, in ambito comunitario, con l’emanazione della Direttiva 2005/56/CE,
anche quegli Stati che fino ad oggi hanno posto ostacoli a tali operazioni, dovranno
accoglierle nel proprio ordinamento.
Tali processi comportano delle notevoli conseguenze giuridiche, economiche, sociali e
si riversano sulle politiche di ristrutturazione e riorganizzazione della produzione e del
lavoro, inoltre sono dei meccanismi che rappresentano il modo di funzionamento della
moderna impresa.
Una società costituita in uno Stato membro che vuole allargare le proprie attività in un
altro Stato membro, attraverso la fusione con una società nel secondo Stato, acquisisce
direttamente il complesso di beni aziendali che sono necessari per attuare gli obiettivi
imprenditoriali, senza dover necessariamente costituire una nuova società nello Stato
membro ospite.
La realizzazione di una fusione transfrontaliera è destinata ad avere ripercussioni in
diversi settori del diritto, e per questo va valutata sotto diversi aspetti quali: il diritto
della concorrenza, il diritto del lavoro, il diritto societario ed il diritto tributario.
Nella nostra analisi affronteremo l’aspetto delle fusioni transfrontaliere alla luce del
diritto comunitario, analizzando due discipline, quella del diritto societario e quella del
diritto della concorrenza prevista dal Trattato CE. Inoltre affronteremo ed esamineremo
gli ostacoli che si oppongono all’attuazione di una disciplina unitaria per realizzare tale
tipo di operazioni, in relazione alle ragioni che, soprattutto oggi, spingono anche le
realtà industriali minori a cercare alleati al di fuori dei propri confini.
Le divergenze tra le disposizioni dei diritti societari nazionali degli Stati membri della
Comunità Europea e le numerose difficoltà di coordinamento tra le varie disposizioni
possono impedire o rendere più difficili tali operazioni.
Le autorità nazionali di uno Stato interessato alla fusione potrebbero, in base al proprio
diritto, opporsi all’operazione ed in questo modo restringere l’area della libertà di
INTRODUZIONE
VIII
stabilimento delle società che vi partecipano, andando in questo modo a contrastante con
il diritto comunitario.
L’ordinamento giuridico comunitario ed i singoli ordinamenti nazionali sono visti
come due entità distinte ma intrinsecamente collegate perché grazie all’attività del primo
anche i secondi ne sono stati condizionati.
A Lisbona, durante il Consiglio Europeo della primavera del 2000, l’Unione europea si
è prefissata l’obiettivo strategico di creare l’economia basata sulla conoscenza più
competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica
sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e con una maggiore coesione sociale.
Vedremo come le fusioni transfrontaliere tra entità industriali ed operatori economici
hanno sicuramente avuto un ruolo determinante nel processo di espansione e di
consolidamento del mercato europeo dei capitali, comportando risvolti positivi sia per
l’economia dell’Unione nel complesso sia per i singoli cittadini.
Si è consentito agli imprenditori nazionali di travalicare i propri confini e di ampliare i
propri orizzonti commerciali non solo attraverso la ricerca di solide alleanze ma anche
attraverso una crescente dinamicità dei mercati di stampo liberista, compiendo un passo
ulteriore verso un regime di concorrenza potenzialmente perfetta che consenta alle
imprese di competere su tutto il territorio comunitario. Va sottolineato come a
beneficiare di tali politiche saranno nel lungo periodo, non solamente i grandi gruppi
industriali che sono direttamente investiti da tale disciplina ma anche e soprattutto i
consumatori.
L’analisi che svolgeremo propone di dare una visione significativa del fenomeno, pur
senza la pretesa di essere esaustivi A tal fine, prenderemo le mosse dall’esame dei
principi fondamentali contenuti nei trattati istitutivi della Comunità e dell’Unione
Europea.
L’aspetto che andremo a sviluppare riguarda innanzitutto le fusioni transfrontaliere
considerate come modalità di esercizio di alcune libertà portanti del diritto europeo,
come la libertà di stabilimento prevista dall‘art. 43 CE e della libera prestazione di
servizi disposta all’art. 49 CE.
L’art. 44 comma 2 CE il quale, in relazione al diritto di stabilimento, conferisce al
Consiglio, di concerto con altre istituzioni, il potere di emanare direttive e di realizzare
effettivamente tale diritto, tutelando tanto gli interessi delle imprese, quanto quelle dei
soci e dei terzi.
INTRODUZIONE
IX
Comune denominatore dei vari interventi normativi succedutesi nel corso degli anni è
stato quello di individuare degli obblighi comuni minimi per la costituzione di società di
capitali in Europa, concentrandosi in particolare sulle garanzie che ciascun ordinamento
avrebbe dovuto predisporre a tutela degli interessi dei soci e dei terzi.
Riguardo ai risvolti direttamente riguardanti le fusioni societarie, hanno assunto
particolare rilevanza due direttive: la Direttiva CEE n. 855 del 1978 e, soprattutto, la
Direttiva CE n. 56 del 2005.
La Direttiva CEE n 855 del 1978 ha il merito di aver introdotto una prima
regolamentazione delle fusioni fra società per azioni di stampo comunitario avviando per
la prima volta, una precisa suddivisione della procedura di fusione in tre fasi distinte e
tutte improntate alla massima tutela dell’azionista.
La Direttiva 56 del 2005 è al centro della nostra discussione e richiederà per questo
una trattazione diffusa ed accurata in ogni suo elemento, in quanto tramite questa
direttiva, la quale è frutto di un dibattito trentennale, il legislatore comunitario ha
introdotto la prima vera disciplina comunitaria sulle fusioni transfrontaliere.
Tale nuova normativa europea è stata in grado di fornire un rimedio alle molteplici
difficoltà che gli operatori economici erano ripetutamente costretti ad affrontare per
allearsi con soggetti stranieri; una necessità che si faceva sempre più essenziale in vista
del continuo processo di allargamento dell’Unione Europea.
Varie cause compromettevano l’integrazione del mercato interno e generavano un
clima di incertezza diffuso tra gli operatori. Tra queste cause vi è l’obbligo di doversi
confrontare con l’impossibilità di intraprendere alleanze transfrontaliere vista la
difformità dei diritti societari dei 25 (ora 27) Paesi membri dell’Unione, quindi
l’incertezza in merito al diritto applicabile ed alle prerogative procedurali, infine le
lacune normative in merito al ruolo ed alla protezione da accordare ai lavoratori
nell’impresa a fusione realizzata.
La Direttiva n. 56 del 2005 è intervenuta proprio su questi problemi fornendo, oltre ad
una disciplina originale e specifica per molti di essi, anche attingendo a fonti
comunitarie di diritto derivato che sono cronologicamente antecedenti, come in materia
fiscale
5
e riguardo alla tutela dei lavoratori6.
5
Il riferimento riguarda le direttive n. 434/90 CEE e n. 2005/19 CE, le quali agevolano ancora di più le
fusioni transfrontaliere collocandole in un regime di neutralità fiscale.
INTRODUZIONE
X
Importante contributo, che ha influito sulla disciplina sostanziale delle fusioni
transfrontaliere7 deriva dalla giurisprudenza comunitaria. Vedremo in che modo la
sentenza relativa al caso Sevic sia stata rivoluzionaria.
Quest’ultima, riferendosi alle libertà fondamentali previste dal Trattato di Roma, ha
considerato tutte le fusioni transfrontaliere tra imprese nel campo di diretta applicazione
dell’Art. 43 CE e quindi vera e propria concretizzazione del diritto di stabilimento.
La sentenza Sevic ha assunto particolare importanza soprattutto nelle more di
trasposizione della direttiva 56/2005 nelle legislazioni nazionali, giacché diversi Paesi
(tra i suddetti era presente anche l’Italia) non hanno ancora proceduto al recepimento8.
Il nostro ordinamento si è conformato di recente con il D.L.vo 30 Maggio del 2008, il
quale verrà analizzato e confrontato ampiamente con la direttiva comunitaria nel corso
del capitolo II.
Il connubio fra i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico europeo ed i
puntuali interventi di diritto derivato delle legislazioni nazionali apre la strada al
fenomeno delle concentrazioni di imprese tramite fusioni.
Il fenomeno delle concentrazioni tra imprese ha assunto un’importanza sempre
maggiore a seguito della realizzazione del mercato comune e la scomparsa progressiva
di tutti gli ostacoli alla libera circolazione dei beni, delle persone, dei servizi e dei
capitali, ha comportato un’intensificazione della concorrenza, esponendo le imprese di
ciascuno Stato alla concorrenza di quella degli altri.
Per comprendere la portata degli interventi uniformatori intrapresi dal legislatore e dai
giudici europei nell’arco dei decenni avremo bisogno di tenere in considerazione, per il
nostro esame, il fatto che l’intensificarsi delle alleanze oltre confine, tanto dal punto di
vista qualitativo quanto da quello quantitativo, non ha generato solamente conseguenze
6
In merito a tale aspetto infatti, si richiamano i Regolamenti n. 2157/2001 CE e n. 86/2001 CE che
consentono la nascita della Società europea e della Società Cooperativa Europea e della loro relativa
disciplina. Proprio la Società europea, è stata importante, perché ha influito ed inciso in materia di fusioni
transfrontaliere, considerando che, una delle modalità ammesse per la costituzione di questa, è proprio la
fusione di imprese gia esistenti, sebbene stabilite in Stati membri differenti.
7
La possibilità di intraprendere una fusione tra imprese non stabilite nel medesimo paese, può essere
riassunta in tre basi legali: lo Statuto della Società Europea che è l’antecedente storico della disciplina
sulle fusioni, la normativa attuale prevista dalla normativa 2005 ed infine la giurisprudenza comunitaria.
8
Il termine ultimo per il recepimento negli stati membri era il 15.12.2007. Ad oggi molti stati non si sono
ancora allineate a tale normativa, per questo La Commissione Europea ha adottato provvedimenti contro
11 Stati membri, per la mancata attuazione delle regole della UE sulla fusione transfrontaliera. La
Commissione, al giorno 5 Giugno 2008, ha avviato procedure di infrazione contro tali stati, tra cui anche
l’Italia. Le richieste formali sono state formulate in forma di parere motivato (tale fase costituisce la
seconda della procedura di infrazione prevista dall’art. 226 TCE), ed in mancanza di una risposta
soddisfacente entro due mesi, la Commissione rinvierà la questione alla corte europea di Giustizia.
INTRODUZIONE
XI
positive: si consideri che il ruolo di protagonista di questo tipo di relazioni è pur sempre
delle multinazionali e dei grandi gruppi industriali e finanziari, e la continua
acquisizione da parte loro di entità economiche minori e secondarie in termini di peso
sul mercato, ha inevitabilmente comportato il rischio di creare distorsioni a livello di
concorrenza.
Le concentrazioni rappresentano il processo fisiologico di sviluppo delle imprese,
pertanto un efficace controllo della dinamica concorrenziale dei mercati è essenziale per
ottenerne i benefici.
E’ ormai noto che uno dei maggiori vantaggi di cui possono oggi godere tutti i
consumatori è dato dalla crescente diffusione delle attività produttive sul mercato
europeo. Le imprese in concorrenza tra loro nello stesso mercato tenderanno a
contendersi l’una con l’altra i clienti, allettandoli con le condizioni più attraenti, in primo
luogo attraverso il ribasso dei prezzi.
La concorrenza è caratterizzata da un sistema di regole imposte alle imprese che
operano sul mercato per assicurare a tutte un'uguaglianza di opportunità ed il
mantenimento di un mercato efficiente, perciò se si consentisse alle imprese una crescita
esterna tramite fusioni o acquisizioni dei più agguerriti concorrenti senza limitazioni,
sarebbe alterato il libero gioco della concorrenza.
Le concentrazioni societarie, realizzate in diverse forme giuridiche che vanno dalla
fusione all’acquisto di partecipazioni di controllo, possono ovviamente creare o
rafforzare una posizione dominante che può dare luogo ad un abuso.
Per tale ragione gli artt. 81 ed 82 TCE disciplinano i comportamenti di imprese private
sul mercato che sono suscettibili di alterare tale gioco, il rischio di un abuso nel mercato
giustifica l’esame preliminare delle fusioni da parte delle Autorità competenti in materia
di tutela della concorrenza.
Quindi è questa quindi la materia che rientra a pieno titolo in quello che si è soliti
definire “diritto antitrust europeo” il quale ha lo scopo di mantenere un mercato interno
equilibrato e non eccessivamente sottoposto alle regole decise da ristrette cerchie di
operatori privati.
Tuttavia il controllo delle operazioni di concentrazione previsto dagli artt. 81 e 82 , si è
manifestato largamente insoddisfacente a causa della limitata applicabilità perciò,
nell’ultimo capitolo, focalizzeremo la nostra attenzione sulla disciplina delle
concentrazioni tra le imprese, tanto sui poteri di controllo preventivo sulle
INTRODUZIONE
XII
concentrazioni attribuiti ed esercitati dalla Commissione, quanto sugli sviluppi più
recenti in materia di doveri e limiti alle prerogative delle Autorità nazionali.
Partendo dalla constatazione che il completamento del mercato interno e dell’Unione
economica e monetaria, l’ampliamento dell’Unione Europea e la riduzione degli ostacoli
internazionali al commercio e agli investimenti, porteranno ad una serie di profondi
mutamenti nelle struttura delle imprese, specie sotto forma di concentrazioni, da qui
nasce l’esigenza di una disciplina sul controllo da parte delle Autorità antitrust.
Vedremo perciò come i provvedimenti rilevanti che qui ci interessano sono da un lato
il Regolamento CE 139/2004 sul controllo delle concentrazioni (per quanto riguarda il
diritto comunitario), dall’altro la Legge 287/1990 (per quanto concerne la disciplina
antitrust nazionale).
Quando un’operazione di fusione transfrontaliera sarà soggetta all’applicazione del
diritto antitrust nazionale? Quando soggetta a quello comunitario? Saranno temi che
affronteremo in questa sede con il problema del raccordo e della coesistenza tra tali due
normative.
Osserveremo come l’ampia libertà di stabilimento, di cui le imprese possono oggi
beneficiare, nonché l’emersione di comportamenti protezionistici poste in essere tanto e
talvolta dagli stessi Governi nazionali, sia dalle stesse Autorità antitrust, osteggi alla
prospettiva che imprese nazionali, soprattutto di grandi dimensioni, possano trasferirsi
fuori dal territorio statale.
Poste queste premesse, avremo modo di fornire nel complesso un quadro il più
possibile esaustivo sul panorama attuale delle fusioni transfrontaliere di società di
capitali in Europa, e, considerando le ragioni per cui oggi esse vengono vissute come
uno dei fenomeni di maggiore interesse sia dal punto di vista giuridico, sia da quello
politico, economico e sociale, l’analizzeremo alla luce della normativa sostanziale
prevista dalla direttiva 2005 ed il suo recepimento in Italia con la Legge del 31 maggio
2008; quindi affronteremo il tema alla luce del controllo delle concentrazioni come
disposto dal normativa comunitaria con il Regolamento n. 139 del 2004 e quella
nazionale della Legge 287/1990.
CAPITOLO I
LA NORMATIVA SULLE FUSIONI SOCIETARIE
NELLA COMUNITA’ EUROPEA
I LA NORMATIVA SULLE FUSIONI SOCIETARIE NELLA COMUNITÀ EUROPEA
1
CAPITOLO I
LA NORMATIVA SULLE FUSIONI SOCIETARIE
NELLA COMUNITÀ EUROPEA
SOMMARIO: 1 - Origine del diritto societario europeo: tappe normative fondamentali; Segue - a) Cenni
storici sull’adozione della Direttiva 56/2005 CE; 2 - Fusioni come modalità di esercizio di libertà; Segue –
a) Il diritto comunitario di stabilimento delle società: articolo 43 Trattato CE; Segue – b) Il diritto
comunitario di libera prestazione di servizi delle società: articolo 49 Trattato CE; 3 - Concetto di fusione
e concrete fattispecie realizzative; Segue – a) Ragioni pratiche delle operazioni di fusione; Segue – b)
Tipologie di fusioni; 4 - Regolamentazione del codice civile: normativa delle fusioni in Italia; Segue - a)
Normativa di diritto internazionale privato sulle fusioni transfrontaliere.
1. Origine del diritto societario europeo: tappe normative
fondamentali
La maggior parte dei diritti nazionali dei vari Stati membri contengono disposizioni
che disciplinano l’istituto della fusione esclusivamente sul piano interno, e spesso tali
disposizioni, sono state interpretate restrittivamente, negando in tal modo
un’applicazione analogica per le fusioni transfrontaliere.
Ora ben si comprende come per una concreta realizzazione delle fusioni cross-border,
in un panorama cosi differenziato e non ancora attuato, non sia possibile qualora le
legislazioni nazionali delle imprese coinvolte non riconoscano, totalmente o anche solo
parzialmente tale operazione straordinaria.
La fusione transfrontaliera è un fenomeno connesso alla costituzione, trasformazione
ed estinzione dell’ente; questi sono aspetti regolati appunto dalle corrispondenti leges
societatis9 dei singoli enti coinvolti dall'operazione di ristrutturazione.
9
A. RIGHINI – Strumenti giuridici e fiscali per l’internazionalizzazione, 2006, Il Sole 24 ORE, Milano.
La continuità giuridica della società trasferita, il suo riconoscimento nello Stato di destinazione ed in
quello di origine, e la normativa applicabile alla società che si trasferisce, detta appunto lex societatis,
sono tutte questioni che dipendono dagli ordinamenti giuridici vigenti negli Stati coinvolti dal
trasferimento (Stato di partenza e Stato di arrivo), ed in particolare dal tipo di collegamento (e il
riconoscimento) delle società che gli Stati adottano, il quale potrebbe essere incompatibile con il
trasferimento.
I LA NORMATIVA SULLE FUSIONI SOCIETARIE NELLA COMUNITÀ EUROPEA
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Il diritto societario è un diritto a forte vocazione nazionale: ogni Stato provvede,
nell’esercizio della propria sovranità, ad emanare l’insieme delle regole giuridiche
destinate a governare e a disciplinare le società come enti organizzati e l’esercizio in
forma collettiva delle attività di impresa. Ciò comporta la necessità, per ogni
ordinamento, di identificare con sicurezza i criteri di collegamento idonei a determinare
in quali situazioni e in riferimento a quali società quelle regole debbano trovare
applicazione10.
I singoli Stati membri individuano e stabiliscono quali sono i criteri della legge
applicabile, nazionale o straniera, alle società ed alle persone giuridiche, generando cosìì
un alto grado di incertezza e disomogeneità all’interno dello spazio europeo.
Dunque per risolvere il problema di quale sia la legge applicabile è necessario stabilire
la nazionalità delle singole società partecipanti alla fusione ed applicare la legge
societaria a ciascuna di esse. Nella determinazione della nazionalità, gli stati membri
individuano due differenti criteri di collegamento: il principio dell'incorporazione della
società ed il principio della sede reale11(o effettiva).
Ne consegue, quindi, che la legge regolatrice delle fusioni transfrontaliere non si
esaurisce nel diritto societario di un solo Stato, ma è data dal concorso tra i diritti
societari nazionali partecipanti alla fusione.
Tuttavia, le disposizioni dei diritti societari nazionali richiamati da tali criteri, non
sono una garanzia sufficiente a regolare in modo coerente l’attuazione di tali operazioni;
è ben possibile, infatti, che mentre una delle società partecipanti ammetta la fusione
transfrontaliera, la legge nazionale di un'altra società partecipante vieti tale operazione.
In questo caso per conseguire un risultato simile alla fusione si dovrà attuare una serie
di complesse operazioni, quali lo scioglimento, la liquidazione e successiva
ricostruzione della società in altro Stato.
10
E. PEDERZINI - Percorsi di diritto societario europeo, 2007, Giappichelli Editore, Torino. T.
BALLARINO – Diritto delle società manuale breve- Milano, 2006, p. 29 s.. L’ambito territoriale
nazionale non segna infatti, necessariamente , il confine spaziale di applicazione del diritto societario:
potendo quest’ultimo dispiegare i suoi effetti anche nei confronti di società costituite all’estero, così come
arrestarsi di fronte all’operatività, sul proprio territorio e nei propri tribunali, del diritto straniero che
costituisca lo statuto personale delle società propriamente definibili come straniere o estere.
11
Tali criteri sono di derivazione internazionale: quello di incorporazione, identifica la legge societaria
applicabile nella legge dello stato in cui si è perfezionato il procedimento costitutivo dell’ente, mentre il
criterio della sede effettiva, vede la legge regolatrice della società la legge del luogo in cui è situata la
direzione economica dell’ente
I LA NORMATIVA SULLE FUSIONI SOCIETARIE NELLA COMUNITÀ EUROPEA
3
Per questo l’attività del legislatore comunitario in ambito societario si è fatta
prerogativa indispensabile, focalizzandosi su due obiettivi: introdurre obblighi minimi
comuni nei singoli ordinamenti giuridici nazionali per instaurare un regime di
concorrenza non falsato e, nel contempo, tutelare i diritti e gli interessi delle persone che
interagiscono con le imprese.
È immediatamente percettibile quanto tale attività sia pericolosa, da una parte, per lo
sviluppo delle società commerciali, dall’altro per l’intento di approdare alla nascita di
imprese di dimensioni europee che possano agire in tutto il territorio della Comunità così
come nel proprio Paese. Se tali esigenze sono imprescindibili per il legislatore
comunitario nell’ottica della nascita e del progressivo consolidamento del “mercato
interno”, dall’altra tale attività ha dovuto e deve tuttora fronteggiare interessi, concezioni
e tradizioni nazionali differenti.
La spinta riformista e l’esigenza di raggiungere un corretto e produttivo bilanciamento
fra tutti i singoli interessi nazionali hanno caratterizzato l’intervento normativo
comunitario fin dalle sue battute iniziali.
L’art. 44 comma 2 lett. g del TCE in questo frangente ha assunto, ed assume, un ruolo
primario ove, nell’ottica di realizzare la libertà di stabilimento di una determinata
attività, attribuisce al Consiglio ed alla Commissione, secondo la procedura di
codecisione ex art. 251 TCE, il compito di coordinare e rendere equivalenti le garanzie
che sono poste a tutela degli interessi dei soci e dei terzi alle società nei vai Stati membri
(ex art. 4812 TCE).
La fonte di diritto comunitario derivato prescelta per ottemperare agli obblighi della
norma in parola è stata la Direttiva.
La ragione risiede proprio nel carattere intrinseco della direttiva stessa: a differenza di
un Regolamento comunitario direttamente applicabile ed obbligatorio in ogni sua parte,
questa, ponendo soltanto gli obiettivi da raggiungere ed il relativo termine, rispetta
maggiormente la sfera di competenza del legislatore nazionale e la libertà contrattuale
dei singoli operatori economici.
12
“le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale,
l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno della Comunità,… Per società si
intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le
altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si
prefiggono scopi di lucro”.