6
Inoltre, ho descritto le formulazioni della psicopatia che si ritrovano nelle
varie edizioni del DSM e nell ICD-10, riportando alcune delle critiche
fondamentali che si possono muovere a tali concezioni.
Nel secondo capitolo, La personalit psicopatica: caratteristiche e possibili
esplicazioni eziologiche , ho tentato di fare luce sulle caratteristiche distintive
della psicopatia, dapprima richiamando dettagliatamente i sedici tratti descritti da
Hervey Cleckley in The Mask of Sanity e, successi vamente, riportando le
formulazioni espresse da Robert Hare in Without Co nscience: the Disturbing
World of Psychopaths Among Us e in numerosi altri testi ed articoli successivi al
testo.
Inoltre, sempre in questo secondo capitolo, ho cercato di esporre brevemente
alcune delle piø recenti ipotesi eziologiche della psicopatia, cercando di prendere
in esame le diverse prospettive teoriche esistenti.
Il terzo capitolo, L assessment della psicopatia , mira soprattutto a
descrivere minuziosamente le caratteristiche e l utilizzo della PCL-R e dei suoi
derivati nell assessment della psicopatia. La prima parte del capitolo descrive la
nascita dello strumento, la sua validazione e la sua struttura fattoriale, attraverso
le varie revisioni. Successivamente, la seconda parte del capitolo analizza gli
strumenti derivati dalle scale PCL, utilizzati per l assessment della psicopatia
nell infanzia e nell adolescenza.
I paragrafi finali mettono in luce l epidemiologia del disturbo esaminato e le
eventuali comorbilit con altri disturbi. Inoltre, ho descritto lo stato della
letteratura attuale per quanto riguarda la proposta di un possibile trattamento della
psicopatia.
Il capitolo si conclude con una breve disamina sinottica dei concetti
fondamentali che si rincorrono per tutto il mio elaborato, cioŁ la psicopatia, la
sociopatia e il disturbo antisociale di personalit .
La parte finale della tesi Ł volta a trarre alcune conclusioni alla luce della
meta-analisi da me effettuata.
7
CAPITOLO 1
LA PSICOPATIA: EVOLUZIONE DEL COSTRUTTO
1.1. La psicopatia nel tempo
La psicopatia rappresenta il primo disturbo di personalit individuato dalla
psichiatria. Questo concetto ha una lunga tradizione clinica e negli ultimi decenni
la sua validit Ł stata supportata da un crescente sviluppo nel campo della ricerca.
Nonostante si riscontrino attraverso i secoli descrizioni di individui
psicopatici, la psicopatia, come Ł stata descritta nel XX secolo (Hare, 19931),
inizi a diventare un concetto clinico solo tra la fine del XVIII e l inizio del XIX
secolo.
Prima di allora, qualunque discussione sulla psicopatia come disturbo degli
affetti era stata negata perchØ i disordini mentali erano visti solo come
caratterizzati da disturbi della mente propriamente detti o dell intelletto. Durante il
XIX secolo, tuttavia, gli psichiatri iniziarono ad includere nelle loro descrizioni
cliniche, oltre ai problemi mentali, anche problemi riguardanti la regolazione degli
affetti e dei sentimenti. Queste definizioni, unite alla nuova visione che le azioni
antisociali potessero essere commesse non solo da individui mossi da oscure
forze, ma anche da individui con qualche tipo di disturbo, permisero la fondazione
del costrutto della psicopatia come una reale istanza clinica.
1.1.1. Il XIX secolo. La nascita del costrutto
In ambito psichiatrico, una delle prime figure a descrivere un pattern di
comportamento che sar successivamente etichettato come psicopatico, fu
Philippe Pinel (1745-1826), con la sua manie sans delire (mania senza delirio) e
1
Hare, R. D. (1993). Without Conscience: the Disturbing World of Psychopaths Among Us. New
York: Pocket Books, Simon & Schuster Inc.
8
piø tardi manie o folie raissonante (Pinel, 1809, citato in Millon, Simonsen E. e
Birket-Smith, 19982). Egli Ł stato uno dei primi a riconoscere la possibile
presenza di un comportamento gratuitamente crudele senza che ci fosse
necessariamente accompagnato da un deficit della ragione, della percezione, della
memoria o altro. Per citare le sue stesse parole:
« continua, o caratterizzata da accessi periodici. Nessuna alterazione
manifesta nelle funzioni dell’intelletto, della percezione, del giudizio,
dell’immaginazione, della memoria, ma perversione delle funzioni affettive,
impulso cieco ad atti di violenza, o anche di furore sanguinario senza che si possa
trovare alcuna idea dominante, alcuna illusione dell’immaginazione che sia la
causa determinante di queste funeste inclinazioni» (Pinel, 1809, citato in Millon,
Simonsen E. e Birket-Smith, 19983).
Gli individui descritti da Pinel molto spesso si trovavano coinvolti in azioni
impulsive e socialmente inaccettabili, ma ci che c olp lo psichiatra francese fu il
fatto che questi individui, differentemente da quelli con altre sindromi, fossero
completamente coscienti dell irrazionalit e della natura distruttiva delle loro
azioni.
Indipendentemente da Pinel, ma nello stesso periodo, Rush, un medico
americano, descrisse una condizione simile, che egli chiam moral derangement
(sconvolgimento morale) o anomia (Rush, 1812, citato in Werlinder, 19784).
Come Pinel, Rush descrisse soggetti che mostravano comportamenti socialmente
distruttivi senza rimorso, senso di colpa o preoccupazione per gli esiti negativi
delle loro azioni ma, diversamente da Pinel, l Autore americano sottoline la
natura irresponsabile e antisociale di questi individui e, inoltre, trasform
2
T. Millon, E. Simonsen, M. Birket-Smith, R. D. Davis (Eds.), Psychopathy: Antisocial, Criminal,
and Violent Behavior (pp. 95-110). New York: Guilford Press.
3
Ibidem.
4
Werlinder, H. (1978). Psychopathy: A History of the Concepts: Analysis of the Origin and
Development of a Family of Concepts in Psychopathology. Stockholm : Almqvist & Wiksell
international
9
l osservazione clinica moralmente neutrale di Pinel in un fenomeno socialmente
condannato. Egli scrisse:
«Anche la volont delle persone con capacit di comp rensione sane, in molti
casi, Ł stata scombussolata [ ] volont che si tras forma nel veicolo involontario
delle azioni viziose attraverso le passioni. Questi soggetti non possono dire la
verit su alcun oggetto .».
Un approccio morale Ł evidente anche nel lavoro di J. C. Prichard, un medico
inglese, il quale per primo introdusse le concezioni e il lavoro di Pinel nel mondo
di lingua inglese. Come Pinel e Rush, Prichard defin moral insanity (insanit
morale) uno stato psichiatrico caratterizzato da un disordine negli affetti in
individui che, comunque, manifestavano capacit int ellettive intatte:
«Esiste, per di piø, una forma di sconvolgimento mentale nella quale le
facolt intellettive sembrano essere poco o per nul la compromesse, mentre il
disturbo si manifesta, principalmente o solamente, nella sfera dei sentimenti, del
temperamento o delle abitudini. In questi casi, i principi morali sono duramente
sovvertiti; il potere dell autocontrollo Ł perduto o grandemente indebolito e
l individuo mostra di essere incapace non solo di parlare o ragionare riguardo
qualsiasi argomento gli si proponga, ma anche riguardo al condurre con decenza
la propria vita.» (tr. propria di Prichard, 18355).
Come Rush, Prichard pensava che l insanit morale p ortasse a propensioni
criminali immutabili e, conseguentemente, che dovesse essere socialmente
condannata.
Diversamente da Pinel e Rush, l Autore ampli il co strutto della psicopatia.
Primariamente, infatti, Prichard era interessato ad una comprensione piø
approfondita di questa sindrome e, per questo, propose differenti vie per
l esplicazione del disordine mentale. Egli credeva, infatti, che i sottotipi di
5
Prichard, J. C. (1835). A Treatise on Insanity and Other Disorders Affecting the Mind. London:
Sherwood, Gilbert and Piper.
10
insanit morale fossero tanti quante le modificazio ni dei sentimenti e delle
passioni nelle menti umane. Secondariamente, egli era preoccupato dai danni
provocati nella societ dagli individui malati di m ente, quindi estese la sua
descrizione nosografica fino a comprendere tutti quei disturbi che rendessero i
soggetti incapaci di assumere condotte concordi con le norme sociali e morali,
finendo cos per etichettare, con la categoria diagnostica dell insanit morale,
differenti disturbi, dalle sindromi cliniche, ai disturbi di personalit , alle sindromi
cerebrali organiche, causando confusione riguardo alla realt clinica della
psicopatia.
Il concetto di insanit morale continu a preoccupa re per oltre settant anni i
ricercatori europei. Nel 1874 Henry Maudsley ipotizz l esistenza di uno
specifico centro cerebrale per i sentimenti universalmente morali. Secondo questo
autore, esistono individui che fin dalla nascita sono deprivati del senso morale. A
questa nozione venivano poi associati svariate stigmate, come aveva proposto
Lombroso.
Una situazione parallela accadde in Germania, durante la fine del XIX secolo,
dove Koch fu il primo ad introdurre, nel 1891, il termine di psicopatia nella
letteratura psichiatrica. Egli, al contrario di Prichard, restrinse la categoria
nosografica ai disturbi di personalit , i quali era no biologicamente predeterminati.
Egli coni il termine di inferiorit psicopatica e incluse:
«Tutte le irregolarit mentali, congenite o acquisit e, che influenzano una
persona nella sua vita e la fanno sembrare, anche nei casi piø favorevoli, non
pienamente in possesso di capacit mentali normali .» (Koch, 1888, come citato in
Millon et al., 19986).
Il lavoro di Koch, sebbene fosse troppo inclusivo, pose le basi per le
concettualizzazioni future, come quelle di Kraepelin e Schneider.
Un costrutto psicologico formale che rappresentasse le caratteristiche cliniche
della dominazione e della crudelt fu delineato neg li scritti di Krafft-Ebing, il
quale alla fine dell Ottocento introdusse i termini di sadismo e masochismo,
6
Ibidem.
11
basandosi sugli scritti del Marchese de Sade (un nobile autore francese del XVIII
secolo che descrisse la gestione del dolore, della dominazione sessuale, della
crudelt e dell umiliazione associate al piacere se ssuale). Krafft-Ebing parl di un
«desiderio innato di umiliare e ferire» caratteristico di tutti gli esseri umani. Egli
riteneva che le radici del sadismo fossero da ricercare in un esagerazione dei
normali impulsi sessuali maschili, che hanno normalmente tendenze aggressive.
Tuttavia, not che gli individui psicopatici avevan o una maggiore propensione ad
agire secondo questo genere di impulsi; quindi concluse che la psicopatia potesse
fungere da catalizzatore per il sadismo.
1.1.2. Gli inizi del XX secolo
A cavallo tra il XIX ed il XX secolo, le edizioni di Psychiatrie: Ein
Lehrbuch (Manuale di Psichiatria) di Emile Kraepelin (1856-1926), posero
nuova enfasi sulla sindrome psicopatica. Egli, nella seconda edizione del suo
grande lavoro, identific il malato di mente morale come un soggetto che soffre di
difetti congeniti nelle proprie abilit di frenare l immediata gratificazione di
desideri egoistici. Nella quinta edizione, nel 1896, si rifer a questa condizione,
per la prima volta, con la formula stati psicopati ci , asserendo che questi
disordini costituzionali esponessero gli individui affetti a sviluppare personalit
malate per l intero arco di vita. Nell edizione suc cessiva, pubblicata nel 1899, si
rifer agli stati psicopatici come ad una delle tante forme di degenerazione
mentale, delle quali facevano parte anche le sindromi ossessive o le perversioni
sessuali. Nella settima edizione, del 1903-1904, Kraepelin adoper il termine
personalit psicopatica , con il quale designava u n disordine di natura
costituzionale e degenerativa che si esprimeva in notevoli deficienze affettive
(Kraepelin, 1904, citato in Millon, Simonsen E. e Birket-Smith, 19987).
Nell ottava edizione del suo Manuale di Psichiatria, del 1915, Kraepelin descrisse
gli psicopatici come persone deficitarie sia negli affetti che nella volizione. Egli li
separ in due vaste categorie: quelli con disposizi oni morbose, cioŁ gli ossessivi,
7
Ibidem.
12
gli impulsivi e i devianti sessuali; e quelli che avevano personalit peculiari.
Quest ultimo gruppo fu suddiviso in sette sottotipi: l eccitabile, l instabile,
l impulsivo, l eccentrico, i bugiardi e i truffator i, l antisociale e i litigiosi. Solo gli
ultimi tre possiedono caratteristiche simili alla nozione corrente di personalit
antisociale. I dettagli descritti da Kraepelin nell ultima edizione del suo lavoro
sono pressappoco identici ai criteri diagnostici del DSM per i disturbi della
condotta in et giovanile.
Un altro autore tedesco, K. Birnbaum (1909), fu il primo a suggerire che il
termine sociopatico fosse piø adatto per la maggi oranza dei casi riportati. Egli
riteneva che solo alcuni delinquenti appartenenti al gruppo degli psicopatici
degenerativi fossero anche costituzionalmente inclini alla criminalit ; infatti, egli
asseriva che il comportamento antisociale riflettesse spesso la difficolt di
acquisire forme di comportamento socialmente accettabili a causa dei
condizionamenti della societ . Questa concezione, p er , non ebbe molto riscontro
nel mondo psichiatrico, che fino agli anni Trenta segu la concezione di Prichard,
il quale inquadrava la psicopatia come la manifestazione di una malattia della
morale.
Si deve poi all opera di Kurt Schneider (di cui la prima edizione fu stampata
nel 1923) il progresso delle nostre attuali conoscenze concernenti i disturbi di
personalit . Egli defin i soggetti psicopatici con il termine di personalit
anormali, ovvero:
«[ ] variazioni o deviazioni rispetto ad un ampiezza media delle personalit
umane, ampiezza media che, per , non possiamo deter minare con maggior
precisione» (Schneider, 19588).
Inoltre divise questi soggetti in due categorie: un tipo piø passivo e senza
sentimenti ed un tipo attivo e antisociale. In un secondo momento, Schneider,
partendo da queste premesse, puntualizz in maniera piø precisa che le personalit
anormali vanno qualificate come:
8
Schneider, K. (1958). Psychopathic Personalities. Springfield: C. C. Thomas Publisher.
13
«Personalit psicopatiche: queste ultime sono person alit che soffrono per la
loro anormalit o che a causa della loro anormalit fanno soffrire la societ »
(Schneider, 19589).
In questa definizione, venne abbandonato il criterio biologico fino ad allora
predominante, circa la natura congenita dell anomalia del carattere e venne
introdotto il criterio sociologico. L Autore distinse i soggetti psicopatici in dieci
sottotipi: ipertimici, depressivi, quelli con umore labile, impulsivi, anafettivi o
amorali, fanatici, volubili o abulici, istrionici, astenici, anancastici. Anche questa
classificazione, come quelle precedenti, includeva differenti categorie
diagnostiche, delle quali solo tre (gli istrionici, gli anafettivi e gli impulsivi)
mantengono tratti in comune con il concetto di psicopatia elaborato nel XX secolo
(Hare, 199310).
Nonostante le influenze positive sullo sviluppo della psicopatia come
costrutto clinico, le definizioni degli autori sin qui trattati finirono con il lasciare
la psichiatria in uno stato di completa confusione riguardo ai confini diagnostici di
questo disordine mentale (Cleckey, 1941/197611). Come risultato, il costrutto
divenne un wastebasket che includeva sindromi cliniche e disturbi di personalit .
1.1.3. Raffinamento del costrutto
Agli inizi del 1930, uno psicologo americano, Partridge, sottoline
l importanza di restringere il termine psicopatia per non perdere di vista il
costrutto in sØ: un disordine caratterizzato da comportamenti antisociali e
socialmente futili, valori, interessi ed attivit i mmaturi, instabilit emotiva,
disturbi nelle emozioni sociali, irresponsabilit , manipolazione, impulsivit , stile
9
Ibidem.
10
Ibidem.
11
Cleckley, H. (1976). The Mask of Sanity (5th edition.). St. Louis, Mo: CV Mosby Medical
Library.
14
di vita instabile, egocentrismo e povert di giudiz io (Partridge, 193012). Quindi
egli considerava la psicopatia e il comportamento antisociale come due costrutti
sovrapponibili e sugger il termine personalit so ciopatica per definire e
caratterizzare gli individui psicopatici.
Negli anni Trenta e Quaranta, D. K. Henderson descrisse la psicopatia come
una separazione dei sistemi affettivo e morale, che sono deficitari, dall intelletto.
Egli defin gli stati psicopatici e ipotizz che la psicopatia avesse una forte base
biologica, sulla quale i fattori psicologici e sociologici avessero poche influenze.
Infatti, pensava che:
«L inadeguatezza o la devianza o il fallimento nell adeguarsi alla vita sociale
ordinaria non Ł una mera premeditazione o cattiveria che pu essere sviscerata
dall individuo, ma costituisce una vera malattia per la quale non abbiamo una
specifica esplicazione» (tr. propria, Henderson, 194713).
Henderson distinse tre sottotipi: prevalentemente aggressivo; prevalentemente
passivo; prevalentemente creativo.
Sempre negli anni Quaranta e anche successivamente, anche Karpman, di
formazione psicoanalitica, era preoccupato della mancanza di specificit con la
quale la diagnosi di psicopatia veniva applicata e dell urgenza di restringere il
termine ad individui che, oltre a manifestare stili di vita antisociali, fossero
caratterizzati da un forte bisogno di gratificazioni immediate, mancanza di ansia,
senso di colpa o rimorso per le loro azioni, senso grandioso del SØ, azioni crudeli,
impulsive ed irresponsabili. Karpman, inoltre, descrisse i soggetti psicopatici
come emozionalmente superficiali ed immaturi, non dissimili dai bambini.
Secondo questo autore, gli psicopatici non sperimentavano quelle profonde e
complesse emozioni sociali veicolo, per il resto delle persone, di importanti
messaggi atti ad agire come moderatori comportamentali. Di conseguenza, essi
erano incapaci di apprendere a controllare i loro comportamenti in modi analoghi
12
Partridge, G. E. (1930). Current conceptions on psychopathic personality. American Journal of
Psychiatry. 10, 53-99.
13
Henderson, D. K. (1947). Psychopathic States. New York City: W. W. Norton & company.
15
agli individui che non presentavano questo disturbo. Secondo l Autore, gli
psicopatici sperimentano solo emozioni semplici, come tensione, preoccupazione,
frustrazione ed euforia, che hanno poche o nulle implicazioni future e sociali.
Queste emozioni facilmente oscillano tra il piacere e il dispiacere a seconda dei
cambiamenti contestuali e possono essere tollerate solo per un breve periodo di
tempo prima che il soggetto agisca. Questo, unito alla mancanza di salvaguardia
emozionale, dava luogo alla propensione individuale a condurre uno stile di vita
impulsivo, irresponsabile e socialmente pericoloso.
Karpman, inoltre, distinse due varianti della psicopatia, l idiopatico e il
sintomatico. Il primo tipo era considerato il vero psicopatico, caratterizzato da
mancanza costituzionale di senso di colpa, insensibilit ai sentimenti altrui e
disposizione all aggressione; inoltre, non aveva alle spalle nessuna storia
psicogena che potesse spiegare la sua inclinazione antisociale.
Un altro psicoanalista, Arieti (1914-1981), durante gli anni Sessanta, sugger
che le emozioni fossero la forza motivante dei comportamenti degli psicopatici,
infatti, nonostante fosse d accordo con chi sosteneva una mancanza di ansia negli
psicopatici, egli non pensava che questi soggetti fossero del tutto privi di
emozioni. D altra parte riteneva che non sperimentassero l ansia nevrotica, riferita
ad eventi futuri e che Arieti chiam ansia a circui to lungo, ma solo l ansia a
circuito corto, che Ł una tensione data dalle frustrazioni del momento e che
richiede una gratificazione immediata, attuando solamente in risposta al Principio
di Piacere. Di conseguenza, il soggetto non Ł in grado di posticipare la
gratificazione di un bisogno e, inoltre, il comportamento Ł seguito da emozioni
positive, che lo rinforzano. Arieti, quindi, propose che questo meccanismo a
corto-circuito fosse alla base dell incorreggibilit dei soggetti psicopatici:
«La punizione Ł una possibilit del futuro, quindi e ssi non ne sperimentano
l idea con abbastanza forza emozionale da cambiare il corso delle loro azioni»
(Arieti, 196914).
14
Arieti, S. (1969). Il sØ intrapsichico. Torino: Bollati Boringhieri.