2
mettendo in discussione l’economicità dell’impresa a favore di obiettivi di
natura politica più che economica.
Questo studio si pone l’obbiettivo di indagare delle relazioni molto dirette,
che possano essere ben identificabili, in quanto lo scopo è quello di
analizzare il valore della connessione tra imprese e politica da un punto
di vista quantitativo. Per questo motivo sarà presa in considerazione la
connessione politica solo quando un politico, ovvero un Deputato, un
Senatore, un membro del Governo oppure un Presidente della Repubblica
abbia nello stesso anno una carica nel Consiglio di Amministrazione o nel
Collegio sindacale, oppure abbia una partecipazione azionaria, in una
società quotata nel mercato italiano.
Poiché questa scelta, così come molte altre nascono da osservazioni sulla
letteratura in materia, nella prima parte di questo studio si provvede a
dare una completa revisione dei lavori che hanno trattato, ognuno
secondo un proprio punto di vista, il tema delle connessioni fra politica ed
economia.
Dopo aver acquisito delle importanti nozioni, anche dal punto di vista
empirico, si procede nella seconda parte a determinare l’esatto contesto di
questa tesi. In particolare saranno prese in analisi le connessioni politiche
delle società quotate in Italia tra il 1976 e il 2005. Si prosegue con la
presentazione dei dati raccolti attraverso la predisposizione di tre diversi
database, uno contenente i soggetti con cariche politiche, l’altro i soggetti
con cariche nel Consiglio di Amministrazione e nel Collegio sindacale e
infine, con i soggetti che abbiano avuto partecipazioni azionarie. In
questa parte centrale si passerà all’incrocio dei dati ottenendo i nomi di
persone che siano contemporaneamente politici-amministratori e politici-
azionisti, e i nomi delle società coinvolte in questi tipi di connessione.
Nella terza parte si passerà all’analisi empirica in cui ci si propone di
dimostrare la tesi che le società con connessioni politiche abbiano dei
vantaggi e godano di alcuni benefici che mancano, invece, alle imprese
3
che non siano politicamente connesse. In particolare si ipotizza che le
imprese connesse possano sfruttare le loro influenze politiche per ottenere
posizioni rilevanti nel mercato, sfruttando perciò un maggiore potere nel
mercato, possano poi utilizzare le proprie conoscenze e il proprio potere
nei confronti delle banche, ottenendo così finanziamenti a tassi
vantaggiosi e di maggiore importo, ed, infine, possano sfruttare dei
benefici di tipo fiscale, pagando così minori tasse e imposte. Attraverso la
raccolta di dati di bilancio e di altri dati finanziari, e tramite la creazione
di indicatori capaci di misurare la presenza e l’entità di alcuni benefici,
sarà quindi possibile capire l’effetto dei legami tra politica ed economia in
Italia. Inoltre, saranno verificate le performance aziendali di queste
imprese, con lo scopo di capire se i benefici si traducano in effettivi
extrarendimenti, o se invece, questi benefici siano superati dai costi che
un impresa politicamente connessa può essere portata a sostenere. Per
potere ottenere un raffronto, sarà necessario creare un campione di
controllo che avrà appunto la funzione di rappresentare la situazione
opposta rispetto a quella delle società politicamente connesse.
In quest’ultima parte, verranno perciò presentati tutti i risultati ottenuti,
chiarendo per ogni tipo di beneficio, l’entità dello stesso, la diffusione e
quali effetti abbiano sulle imprese e sul mercato.
Infine, nell’ultima parte saranno esposte le conclusioni derivanti dai
risultati ottenuti nell’analisi empirica.
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Capitolo primo
Revisione della letteratura
1.1 Introduzione
Nella società moderna come in quella del passato, i legami tra economia e
politica sono molteplici, a volte molto evidenti, a volte più nascosti.
Nella loro attività di governo, i politici hanno nelle proprie mani diversi
strumenti con i quali possono influenzare o determinare l’andamento
dell’economia, in quel paese e a volte anche in altri
2
. Gli obiettivi dei
politici sono ispirati da ideologie diverse, che variano in base all’area
politica di appartenenza, perciò ogni politico, in base ai propri obiettivi,
può utilizzare gli strumenti a propria disposizione per raggiungere i
propri fini. Un politico, però, può utilizzare questo potere anche a scopi
personali, ad esempio, per la propria rielezione o la riaffermazione del
proprio partito. Questo scopo può essere, infatti, facilitato grazie all’aiuto
delle imprese che, ad esempio sostenendo l’occupazione, agiscono su un
fattore critico per gli elettori che devono confermare o meno un politico. Il
forte legame tra politica ed economia si esprime, anche, attraverso scambi
monetari diretti tra i due soggetti. I contributi elettorali rappresentano,
infatti, una risorsa molto importante, a volte fondamentale per la riuscita
della campagna elettorale. Lo Stato, può intervenire anche direttamente
con delle leggi per aiutare un particolare settore o, addirittura,
determinate imprese, quando vi siano importanti interessi da tutelare.
Questi interessi possono essere generali, mirati a salvaguardare l’intera
società nel suo complesso, oppure possono riguardare solo alcuni gruppi.
2
Si pensi alle scelte relative all’introduzione di restrizioni sulla circolazione dei capitali,
dazi e tasse doganali, nazionalizzazione di società estere tramite espropriazione, ecc.
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Inoltre, lo Stato partecipa attivamente nei processi economici attraverso
imprese pubbliche che possono detenere posizioni monopolistiche,
determinate per leggi o interagire in maniera concorrenziale con le
imprese private. E’ evidente che le imprese pubbliche subiscano forti
pressioni politiche, che in qualche modo possono minacciare l’efficienza
delle stesse. Questo è un aspetto molto dibattuto su cui evidenza empirica
e letteratura teoretica si scontrano per capire quale sistema sia più
efficiente, quali settori o particolari condizioni favoriscano la presenza
diretta dello Stato. La privatizzazione delle imprese pubbliche, sostenuta
da molti studi empirici, sembra essere una soluzione per dividere le
competenze della politica, in quanto soggetto legislificatore, e
dell’economia in quanto soggetto produttivo. Il problema sussiste,
comunque, quando le due “entità” intendono influenzarsi l’un l’altra
scambiandosi sussidi e tangenti per determinare le scelte della
controparte.
Dati questi evidenti legami, gli studiosi si sono interrogati su quale possa
essere il valore di questa connessione, quale sia l’entità del legame, quali
effetti sulle singole imprese e quali sull’intero mercato. Le analisi si sono
svolte nei diversi paesi, ma principalmente negli Stati Uniti e nell’Asia.
Nel primo caso si indaga su una realtà nella quale la corruzione e i legami
politici non dovrebbero essere molto sviluppati e diffusi. Nel secondo caso
è proprio l’alta corruzione e i forti legami tra “Stato” e imprese a rendere
interessante lo studio dell’area Asiatica. Il confronto tra i due diversi
sistemi economici-politici permette anche di affrontare il tema del legame
politico sotto leggi, regolamenti, e abitudini economico-sociali molto
diverse. L’analisi empirica su questo tema indaga gli effetti di economie
chiuse e di restrizioni sulla circolazione dei capitali, confrontandone gli
effetti con situazioni opposte, sull’eliminazione delle restrizioni e
l’apertura dei mercati. A essere oggetto di analisi sono principalmente il
valore azionario delle società, le performance delle imprese politicamente
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connesse. I risultati mostrano che il valore delle imprese connesse è
maggiore rispetto a quelle delle non connesse, che diminuisce quando
viene ad essere compromesso il legame politico, e che le condizioni di
maggiore corruzione e minore trasparenza, tipiche di economie chiuse,
amplificano questi effetti.
Ancora, l’analisi empirica si è concentrata sull’aspetto delle performance
“contabili” delle imprese connesse, notando che indicatori come Return
On Assets, Return On Equity forniscono indicazioni sui problemi di
governance di queste società. Gli inferiori livelli delle performance
“contabili” delle società connesse sono molto significative per affrontare
un importante problema che riguarda la buona governance societaria. E’
possibile che società coinvolte politicamente mirino al fine ultimo
insegnato dai libri di economia aziendale? E’ la massimizzazione del
valore della società l’unico vero obiettivo dei manager di queste società?
Quali problemi sorgono da una divergenza di obiettivi e quali gli effetti
sull’economia? Anche questo studio si propone di rispondere a queste
domande ma, prima è necessario osservare quali siano i benefici della
connessione. Ecco allora che l’evidenza empirica riassume questi benefici
nel maggiore potere di mercato, nel migliore, più semplice e
quantitativamente maggiore indebitamento, ed infine, in un minor
prelievo fiscale.
Partendo dalle considerazioni fin qui fatte si prende in esame la
letteratura che ha trattato tutti questi aspetti che hanno fornito le linee
guida di questo lavoro. I benefici delle imprese connesse e le relative
questioni fin qui sollevate rappresentano il cuore di questa analisi
empirica, che trova le sue basi nella letteratura qui di seguito esaminata.
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1.2 Ri-elezioni politiche e contributi elettorali: quando
l’economia aiuta la politica
Un filone della letteratura ha preso in considerazione le connessioni tra le
imprese e la politica, analizzando come le imprese connesse possano
favorire il politico, o la classe politica, a cui fanno riferimento, in
particolare per influenzare le scelte degli elettori e guadagnarsi la ri-
elezione.
A partire da William D. Nordhaus (1975), un ampio filone sui cicli
economici, si veda ad esempio Alesina e Rosenthal (1995) o Alesina e
Sachs (1988), ha evidenziato l’importante possibilità che hanno i politici
di usare gli strumenti di politica economica per influenzare il risultato
delle elezioni. I politici possono utilizzare i mezzi a propria disposizione
direttamente per raggiungere i propri obiettivi, oppure possono ricevere
benefici dalle scelte effettuate dalle grandi imprese. Un fattore
importante, su cui l’impresa ha il pieno controllo e che potrebbe avere un
ruolo determinante sulla probabilità di rielezione del politico, è il livello di
occupazione prescelto. E’ stato dimostrato, infatti, che tra le variabili
macroeconomiche, l’occupazione e la sicurezza del lavoro hanno una forte
influenza sulle opinioni e le scelte degli elettori nel momento di ri-
eleggere un politico (Wolfers, 2002). Un imprenditore che volesse aiutare
dei politici potrebbe, ad esempio, posticipare le proprie scelte di chiudere
un impianto, una fabbrica o di fare un piano di tagli al personale, in un
momento successivo alle elezioni o, al contrario, aumentare il numero di
assunzioni prima della data delle elezioni. Uno studio di Bertrand,
Kramarz, Schoar e Thesmar (2004) mostra le iterazioni tra politica ed
economia in Francia, focalizzandosi sui benefici di cui godono i politici.
Essi trovano che i managers “connessi” creano molta più occupazione
negli anni vicini alle elezioni rispetto agli anni più lontani da queste, in
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particolare, risulta che l’offerta di lavoro aumenta nelle zone meno stabili,
in cui c’è maggiore possibilità di acquisire voti, mentre l’opposto si verifica
per la chiusura di fabbriche e tagli del personale. I risultati evidenziano
l’influenza della politica in decisioni fondamentali dell’impresa come
quelle riguardanti la creazione di lavoro. Questo studio, inoltre, analizza
la possibilità da parte delle imprese di ricevere in cambio di “favori” ai
politici qualche tipo di vantaggio. I risultati mostrano che le società
connesse pagano, infatti, in media meno tasse e ricevono maggiori sussidi
statali. In particolare, poiché questo studio si articola in modo da
osservare l’impatto sulle diverse realtà locali, cioè sulle singole città,
risulta che questo scambio reciproco avviene all’interno dell’area politica:
managers che appartengono a partiti di “destra” pagano meno tasse e
ricevono sussidi nelle città controllate dai partiti di destra e l’opposto
avviene per quanto riguarda manager di “sinistra”.
Infine, per quanto riguarda le performance, essi trovano che le società
amministrate da managers “connessi” hanno livelli più bassi di ROA
(Return on Assets) rispetto alle imprese non connesse, suggerendo che
potrebbero non esserci, in Francia, benefici netti per le imprese connesse
e che i favori forniti ai politici, come livelli di occupazione superiore a
quello di equilibrio, rappresentino un costo che l’impresa connessa deve
sopportare a livello di performance.
Krozner e Stratmann (1998), esaminano le relazioni tra gruppi che hanno
interesse a supportare le elezioni di un politico e la classe politica. La ri-
elezione rappresenta per un politico il proprio vero obiettivo principale, ed
è importante che egli abbia a disposizione ingenti somme di denaro,
spesso sotto forma di contributi per la campagna elettorale. I politici
hanno a disposizione diversi strumenti per ottenere questo contributo:
potrebbero sottoscrivere dei contratti con i vari gruppi, in modo da
stabilire in base al “servizio” richiesto l’entità della “commissione” da
pagare e massimizzare così i contributi ricevuti; potrebbero creare un
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sistema di comitati con l’obiettivo di facilitare il ripetersi di interazione a
lungo termine con i loro contribuenti. In realtà, non è possibile
considerare la prima ipotesi perché sarebbe interpretata come una forma
di corruzione, mentre per la seconda gli autori dimostrano che è possibile
trovare un equilibrio in cui i gruppi effettuano ingenti contributi e i
politici impiegano risorse per l’interesse di questi gruppi. Gli autori
trovano un sostegno empirico per la loro teoria analizzando i contributi
effettuati da alcune società finanziarie attraverso comitati (political
action committees – PAC) nel periodo dal 1983 al 1992. In primo luogo, i
risultati evidenziano come i contributi siano suddivisi non
proporzionalmente tra i membri della “House Banking Committee”, che si
occupava di decidere se permettere alle banche di intraprendere nuove
attività. Inoltre, i contributi sono più alti quando vi è una bassa
incertezza sulla continuità del rapporto, e viceversa sono più bassi
quando l’incertezza è alta.
Ang e Boyer (2000) esaminano l’influenza di alcuni gruppi nella decisione
del governo americano di salvare e nazionalizzare la Consolidated Rail
Corporation, detta Conrail, e successivamente di privatizzarla
3
. Per
salvare sei imprese ferroviarie americane il governo americano creò
Conrail, la più grande società ferroviaria americana, e attraverso
numerose leggi provvedette al suo sostentamento come l’Emergency Rail
Services Act (1933), il Ragional Rail Reorganization Act (1973), il Rail
Revitalization and Regulatory Act (1976). Il costo, che fu stimato in 2,1
miliardi di dollari superò in realtà i sei miliardi. I gruppi che avevano
interessi nella Conrail erano lavoratori, clienti, altre società in qualche
modo collegate e tutti coloro che avevano pagato, tramite le tasse, i
finanziamenti che il governo aveva indirizzato verso la Conrail. In
3
Conrail, che fu nazionalizzata nel 1976 e privatizzata nel 1987, rappresenta il più
grande esempio di nazionalizzazione e di privatizzazione eseguito dal governo americano
negli ultimi decenni.
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particolare a spingere per il salvataggio erano i lavoratori, ma,
sopratutto, i clienti delle sei ferrovie in bancarotta. I clienti avevano un
forte potere perché erano per lo più delle imprese ed avevano un’estrema
necessità ad usare le ferrovie per il trasporto delle merci. Una
particolarità di questi clienti era che si trovavano piuttosto concentrati in
un’area geografica, quella del nordest, perciò i maggiori benefici andarono
a una ristretta parte del paese, mentre, al contrario furono tutti gli Stati
Uniti a contribuire alle spese necessarie. Vi fu un aumento nel valore
delle imprese clienti, che gli autori di questo studio stimarono
analizzando il valore delle società dopo gli annunci dell’emanazione dei
provvedimenti da parte del governo. Il beneficio fu stimato in circa 7
miliardi di dollari, mentre 2,8 miliardi furono distribuiti tra azionisti e
obbligazionisti e 571 milioni di dollari fu il beneficio per l’intero settore
ferroviario, somme che andarono quasi totalmente a gravare sui cittadini
americani tramite le imposte.
Shleifer e Vishny (1994) presentano un modello di contrattazione tra
politici e managers che spiega molte circostanze che riguardano il
comportamento delle imprese pubbliche, la loro commercializzazione e la
loro privatizzazione. Le imprese pubbliche sono tradizionalmente
considerate come capaci di intervenire per colmare un’inefficienza di
mercato
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, massimizzare il benessere sociale e migliorare le decisioni
strategiche rispetto a imprese private, in presenza di monopoli o di
esternalità, quando gli interessi sociali divergono da quelli dell’impresa.
In questa visione esse sono considerate capaci di applicare prezzi ai loro
prodotti o servizi, che meglio riflettano i costi marginali sociali. Questa
visione si scontra con una consistente letteratura empirica che dimostra
come imprese pubbliche sono molto inefficienti e come questo alto livello
di inefficienza sia dovuto a forti pressioni politiche. Molte imprese
4
Atkinson, Anthony B., e Joseph E. Stigliz, “Lectures on public Economics”, McGraw-
Hill, 1980.