Capitolo 1 - Le graminacee infestanti
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1.3 Le graminacee infestanti delle principali colture mediterranee
ra le specie infestanti ritenute più “pericolose” per le colture agrarie, circa il 22% (44
specie) appartiene alla famiglia delle gramineae (dati ricavati da Holm, 1978).
Molte specie, originariamente presenti come ruderali o in ambienti naturali, hanno
successivamente assunto “habitus” segetale e quindi si ritrovano come infestanti in numerose
colture agrarie. Altre, come le specie esotiche giunte da altri paesi, hanno trovato negli
appezzamenti coltivati situazioni favorevoli al loro sviluppo.
Tra le cause va senza dubbio segnalato il livellamento delle caratteristiche ecologiche di diversi
ambienti indotto dall’agricoltura (Holzner, 1977) e il miglioramento genetico delle colture il
quale ha permesso lo spostamento della coltivazione in nuovi areali, dove le infestanti erano già
naturalmente presenti. Un’altra causa che ha permesso a molte specie graminacee segetali di
diffondersi è legata alla introduzione dei diserbanti con azione spiccatamente “graminicida” in
epoca relativamente recente rispetto ad altre sostanze attive (Zanin et al., 1985), e ciò ha
determinato una certa pressione di selezione a favore delle specie appartenenti a questa famiglia.
Un caso emblematico è quello del frumento, nel quale alla fine degli anni quaranta si sono
sviluppati i diserbanti ormonici i quali hanno permesso di controllare la maggior parte delle
infestanti dicotiledoni. Ma come accade in tutte le biocenosi dove c’è complementarietà tra gli
individui presenti, l’eliminazione delle dicotiledoni ha favorito lo sviluppo delle graminacee. Tra
queste, Alopecurus myosuroides Hudson negli anni sessanta e Avena spp. negli anni settanta,
hanno rappresentato i primi casi di flora di sostituzione.
E’ evidente, quindi, che “…è l’agricoltura con le sue innovazioni (diserbo, concimazione,
meccanizzazione…) ad essere andata incontro alle graminacee e non viceversa” (Zanin et al.,
1985).
Nella tabella 1.1 sono elencate le specie infestanti più diffuse nelle principali colture praticate
negli ambienti mediterranei, appartenenti ai generi Lolium , Poa , Bromus, Avena, Alopecurus,
Phalaris, Echinochloa, Setaria, Digitaria e Cynodon, per alcune delle quali di seguito si
forniscono sintetiche note informative.
T
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Tabella 1.1 Principali infestanti graminacee e loro diffusione delle colture mediterranee
(Viggiani e Angelini, 1993 - modificato)
INFESTANTI DIFFUSIONE NELLE COLTURE
Specie Ciclo
vegetativo
autunno/primaverili invernali/estive primaverili/estive poliennali
Lolium perenne P * * - **
Lolium rigidum A * * - *
Lolium multiflorum A - P *** ** * **
Phalaris minor A ** * - -
Phalaris brachystachys A *** ** - -
Phalaris canariensis A - - - *
Phalaris paradoxa ** * - -
Alopecurus
myosuroides
A *** * * **
Setaria viridis A - * * **
Setaria glauca A - * * **
Setaria verticillata A - * *** **
Setaria italica A - - * *
Cynodon dactylon P * ** *** ***
Digitaria sanguinalis A - * ** -
Echicochloa crus-galli A - *** *** ***
Poa trivialis P * * - ***
Poa pratensis P - - - **
Poa annua A-P * * - **
Avena sterilis A *** *** - *
Avena fatua A * *** - *
Avena barbata A - - - *
Bromus inermis P - - - *
Bromus erectus P - - - *
Bromus hordeacceus A - - - *
Bromus sterilis A + + - *
* = diffusa; ** = importante; *** = molto diffusa; + = in via di diffusione
A = annuale; P= perenne.
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1.3.1 LOLIUM
Comprende specie sia annuali che perenni con
germinazione prevalentemente compresa tra ottobre
e gennaio.
Sono presenti in modo importante nelle colture
cerealicole del centro Italia (Covarelli e Tei, 1984),
ma anche in quelle del meridione. Montemurro et al.
(2000) segnalano infatti il genere Lolium
mediamente in aumento negli areali cerealicoli
italiani.
Oltre che le colture cerealicole, i logli infestano in
maniera importante anche la barbabietola da
zucchero nel Centro Sud (Zuffrano et al., 2002),
come anche le colture arboree (Montemurro et al., 2001) e ortive ad impianto autunno-
primaverile (Montemurro e Tei, 1998).
Le specie più importanti appartenenti a questo genere sono Lolium multiflorum Lam. (loglio
maggiore, foglietto), L. perenne L. (loglio comune) e L. rigidum Gaudin (loglio rigido).
1.3.2 POA
Poa annua L. (fieraola annuale) rappresenta la specie più
diffusa in molte colture. Può infestare cereali, barbabietola
da zucchero e, assieme con Poa pratensis L. (fienarola dei
prati), tutte le colture arboree. Tuttavia è nei vivai, nei
semenzai e nelle colture a ciclo breve che tale graminacea
costituisce un problema di primaria importanza (Zanin et
al., 1985). Montemurro e Tei (l.c.), inoltre, segnalano tale
specie come particolarmente temibile nelle insalate, a causa
della scarsa competitività che tale coltura possiede.
Entrambe le specie possono svilupparsi in tutti i periodi
dell’anno e il loro sviluppo sembra favorito nei cereali dalla
riduzione delle lavorazioni e dall’assenza di rotazioni (Cussans et al., 1979).
Lolium perenne
(Copyright 2002. Clenton Owensby)
Poa annua
(Copyright 2002. Clenton Owensby)
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Poa trivialis L. (fienarola comune) è invece una specie perenne che costituisce talvolta un
problema nei cereali (Zanin et al., 1985).
1.3.3 BROMUS
In Italia si possono trovare diverse specie di Bromus
(forasacco) generalmente in ambienti ruderali dove ben si
adattano a situazioni di siccità. Tuttavia, è possibile
rinvenire molte altre specie anche nei vigneti e in altre
colture arboree.
Vi sono inoltre molte segnalazioni di bromi nelle colture
cerealicole, quali Bromus tectorum L. (Pignatti, 1957 –
Lorenzoni, 1964), B. sterilis L. (Puccini, 1947), B.
madritensis L. (Sardara, 1979). Montemurro et al. (2000)
segnalano la presenza sporadica del genere Bromus da
molti anni in Puglia e Basilicata e, negli ultimi anni anche
in Veneto, Emilia Romagna, Abruzzo e Campania.
B. tectorum, una tra le specie più studiate, può germinare
in un largo intervallo di temperatura e umidità (Thill, 1979 e 1984), forma velocemente un
apparato radicale ben sviluppato (Harris, 1967 e 1977) e risponde rapidamente alla concimazione
azotata in numerose prove effettuate (Hedrick, 1965; Hulbert, 1955; Kay, 1966; Klemmedson et
al., 1964). Queste sono le ragioni per le quali, se riesce ad insediarsi in campo, costituisce un
serio fattore di competizione nei confronti dei cereali autunno-vernini (Rydrych, 1974).
1.3.4 AVENA
La sistematica del genere Avena non ha ancora un assetto definitivo. Tra le specie infestanti
appartenenti a questo genere si segnalano Avena sterilis L. (avena maggiore), della quale molti
autori distinguono le sottospecie sterilis e ludoviciana, A. fatua L. (avena selvatica) e A. barbata
Potter (Viggiani et al., 1993).
Le avene rappresentano un problema rilevante soprattutto nelle aree cerealicole, nelle quali
emergono in elevate quantità solitamente nel periodo autunno-vernino, anche se al sud Italia le
condizioni ambientali sono tali da consentirne un’emergenza molto scalare. A. sterilis ssp.
Bromus tectorum
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ludoviciana germina invece all’inizio dell’inverno e trascorre il periodo di freddo allo stato di
plantula (Zanin et al., 1985).
Solo A. fatua germina generalmente agli inizi della primavera, anche se non mancano emergenze
autunnali nei climi più caldi (Zanin et al., 1985).
In un’indagine effettuata nel 1999 nelle aree cerealicole
Italiane, Montemurro et al. (2000) hanno osservato che
tale genere costituisce mediamente circa il 10% del totale
dell’infestazione. Le punte massime si registrano in
Umbria (25 %) e in Abruzzo (21 %), mentre in Piemonte
l’infestazione è poco più dell’1 %.
Le avene sono anche presenti in numerose colture arboree
(Montemurro et al., 2001), nella barbabietola da zucchero
(Zuffrano et al., l.c.) e nelle colture orticole ad impianto
autunno-primaverile (Montemurro et al., 1998).
Nel Nord, in Sardegna e in Toscana si segnalano sia le specie A. fatua che A. sterilis ssp
ludoviciana (Vecchio et al., 1982), mentre in Umbria (Covarelli, 1978) e al Sud Italia (Zanin et
al., 1985) si segnala come predominante solo quest’ultima specie.
1.3.5 ALOPECURUS
A. myosuroides (coda di volpe) è da considerarsi l’unica
specie importante per quanto riguarda la flora infestante
delle principali colture mediterranee.
Si tratta di una specie annuale a germinazione autunnale o
pre-primaverile (Montegut, 1975) la quale presenta grandi
fluttuazioni annuali di emergenza legate alle temperature
stagionali che ne influenzano la dormienza primaria dei
semi (Montegut, 1979).
Zanin et al. (1985) giustificano l’abbondanza di A.
myosuroides nei terreni molto umidi o addirittura allagati,
con le elevate esigenze idriche che caratterizzano questa
Avena sp.
(Copyright 2002. Clenton Owensby)
Alopecurus myosuroides
(Copyright 2002. Clenton Owensby)
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specie.
In Italia è particolarmente diffusa nelle colture autunno-primaverile, in particolar modo quelle
cerealicole, nelle quali Sgattoni et al. (1984) hanno rilevato come la sua presenza diminuisca
progressivamente da Nord a Sud. Anche Montemurro et al. (2000), con l’indagine del 1999
confermano questa tendenza, osservando punte in Piemonte ed Emilia Romagna e presenza
mediamente irrilevante nelle Regioni del Centro-Sud.
Oltre alle colture cerealicole, A. myosuroides interessa le colture di bietola del Centro-Nord,
soprattutto in Lombardia e in Piemonte (Zanin et al., 1985) e le colture orticole ad impianto
autunno-primaverile (Montemurro e Tei, 1998).
1.3.6 PHALARIS
Secondo Pignatti (1982), in Italia si possono rinvenire
otto specie appartenenti a questo genere, tra le quali,
Phalaris brachystachys Link, P. canariensis L., P. minor
Retz. e P. paradoxa L. occupano un posto di interesse in
quanto presenti nella flora infestante delle colture
mediterranee, soprattutto in quelle cerealicole, ma anche
in quelle orticole ad impianto autunno-primaverile
(Montemurro e Tei, 1998).
P. brachystachys germina principalmente in autunno ed è
diffusa soprattutto nelle colture cerealicole del Sud e del
Centro. P. minor e P. paradoxa presentano generalmente
due periodi ben distinti di germinazione: settembre-
ottobre e gennaio-marzo (Catizone e Viggiani, 1980). La
prima è maggiormente diffusa nel Nord, anche a causa
delle preferenza di terreni acidi (Zinin et al., 1985), mentre la seconda è rinvenibile nelle colture
dell’Italia meridionale e, soprattutto, centrale.
Le falaridi hanno cominciato a diffondersi nel frumento agli inizi degli anni ottanta, anche se in
maniera più contenuta rispetto all’avena, a causa della disponibilità di erbicidi in grado di
controllarle e della loro difficoltà ad espandersi in areali diversi da quello temperato-caldo
Phalaris canariensis
(Copyright 2002. Clenton Owensby)
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(Covarelli, 1999). Delle ragioni che hanno portato al suo sviluppo si è già fatto cenno in
precedenza.
In rilievi condotti nel 1999 il genere Phalaris viene segnalato da Montemurro et al. (2000) come
costituente in media l’8 % dell’infestazione globalmente presente nel frumento duro in Italia, con
punte di oltre il 40% in Abruzzo. Gli stessi autori ne rilevano invece una presenza trascurabile in
Piemonte, Veneto, Lombardia e Sicilia.
1.3.7 DIGITARIA
La specie maggiormente diffuse nelle colture è Digitaria
sanguinalis (L.) Scop. (sanguinella comune), che germina
in maniera scalare per tutta l’estate ed è diffusa
praticamente su tutto il territorio nazionale.
E’ comune in moltissime colture a ciclo primaverile-estivo,
quali orticole (Montemurro e Tei, 1998), tabacco (Covarelli,
1999) oltre che nei medicai e colture arboree (Zanin et al.,
1985, Viggiani e Angelini, 1993).
1.3.8 SETARIA
Le specie infestanti maggiormente segnalate nelle colture
sono Setaria glauca (L.) Beauv. (pabbio rossastro), S.
viridis (L.) Beauv. (pabbio comune, falso panico), S. italica
(L.) Beauv. (pabbio italico) e S. verticillata (L.) Beauv.
(pabbio verticillato).
Le setarie sono diffuse in tutto il territorio nazionale e,
avendo emergenza tra maggio e giugno, interessano le
colture primaverili-estive, con particolare importanza nelle
Digitaria sanguinalis
(Copyright 2002. Clenton Owensby)
Setaria verticillata
(Copyright 2002. Clenton Owensby)
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colture orticole (Montemuro et al., 1998), nel tabacco (Covarelli, 1998), nei prati di medica e nei
tappeti erbosi (Zanin et al., 1985).
1.3.9 CYNODON
Dal punto di vista malerbologico Cynodon dactylon (L.) Pers. (gramigna) è l’unica specie
importante appartenente a questo genere.
Si tratta di una malerba stolonifera e rizomatosa, considerata la seconda specie infestante più
importante nel mondo, interessando 80 paesi e infestando oltre 40 colture (Holm et al., 1977).
In Italia interessa soprattutto le colture arboree, anche se si
può riscontrare come problema occasionale un po’ in tutte
le colture a ciclo primaverile-estivo (Zanin et al., 1985).
Cynodon dactylon Copyright 2002.
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1.4 I problemi legati alla presenza delle infestanti graminacee nelle colture
mediterranee
ome tutte le piante infestanti, le graminacee esercitano dei danni alle colture agrarie
principalmente legati al peggioramento quali-quantitativo delle produzioni. Le cause
principali si possono attribuire alla:
competizione per l’acqua e per gli elementi nutritivi
diffusione di organismi patogeni
emissione di composti allelopatici
1.4.1 COMPETIZIONE PER L’ACQUA E PER GLI ELEMENTI NUTRITIVI
Gli effetti della competizione per l’acqua e gli elementi nutritivi molto spesso non sono
scindibili, in quanto questi fattori interagiscono sinergicamente tra loro.
Per esempio, la competizione per l’azoto, particolarmente per le graminacee, sembra aumentare
in condizioni di scarsa disponibilità di acqua (Baylis et al., 1992), situazione comune negli
ambienti mediterranei. Tale effetto è spiegabile anche dal fatto che le graminacee spontanee, nel
loro ciclo di crescita, richiedono apporti idrici spesso di molto inferiori rispetto alle colture. Per
esempio, Black et al. (1969) hanno osservato che S. italica utilizza 285 litri di acqua per kg di
sostanza secca prodotta, al contrario del pomodoro, una delle colture che possono essere infestate
da questa malerba, che ne richiede invece 645.
Nella competizione per l’acqua, le infestanti graminacee sono avvantaggiate soprattutto da
apparati radicali particolarmente sviluppati rispetto a quelli delle specie coltivate, come accade
per A. fatua, la quale è dotata di radici che possono raggiungere uno sviluppo di 400 metri
(Covarelli, et al., 1983) o per B. tectorum, il cui apparato radicale continua ad allungarsi anche
quando la temperatura del suolo è inferiore ai 3°C (Harris et al., 1970), al contrario di quanto
avviene per la maggior parte delle specie coltivate.
Riguardo la competizione per gli elementi nutritivi, le radici delle graminacee sono dotate di
una debole capacità di scambio cationico e ciò ne determina la capacità di assorbire più
facilmente cationi monovalenti, quali il potassio, anche nei terreni poco dotati, ed a reagire
positivamente ad elevate dotazioni di azoto (Covarelli et al., 1983). Questo porta le graminacee a
diventare molto competitive con la coltura in situazioni di abbondanza di azoto. Infatti, Catizone
et al. (1974) hanno osservato che apporti di 70 - 140 e 210 Kg ha
-1
di azoto hanno incrementato
C
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sensibilmente l’infestazione di A. ludoviciana. Questo ha causato perdite dovute alla
competizione con questa malerba pari rispettivamente a 2 - 6 - 10 e 17 q ha
-1
di granella. Gli
stessi Autori hanno notato che, per ogni incremento di 1 q ha
-1
di sostanza secca della parte aerea
dell’infestante si è avuta una perdita media di 45 kg di cariossidi di frumento. Risultati analoghi
sono stati ottenuti da Covarelli (1974) il quale ha osservato un aumento della copertura di A.
myosuroides, all’aumentare degli apporti azotati al terreno.
Infestazioni massicce di E. crus-galli, inoltre, possono arrivare a sottrarre al terreno il 60-80%
della dotazione in azoto, causando fino all’85% delle perdite di produzione della barbabietola da
zucchero (Holm et al., 1977). La stessa capacità di avvantaggiarsi dell’azoto porta questa
malerba anche ad accumulare quantità elevate di nitrati nei tessuti, risultando quindi tossica per il
bestiame che se ne alimenta (Schmutz et al., 1968).
Relativamente agli apporti di fertilizzanti azotati, il rapporto di competizione malerba-coltura
può variare non solo con il genere dell’infestante, ma anche con la specie, come dimostrato da
Catizone e Viggiani (1980) in prove sperimentali nelle quali, a parità di apporti fertilizzanti, P.
canariensis causava una maggiore perdita di produzione nel frumento (40%), rispetto a quella
causata da P. brachystachys (15%).
1.4.1.1 EFFETTI DELLA COMPETIZIONE E TEMPO DI PERMANENZA DELL’INFESTAZIONE
L’abbassamento delle rese dovuto alle piante infestanti dipende anche dal tempo in cui queste
permangono nel campo, fattore che porta all’individuazione di due parametri definiti
rispettivamente Durata della Competizione Tollerata (DCT) e Periodo di Richiesta di Assenza
delle Malerbe (PRAM) (Sattin e Tei, 2001; Covarelli, 1995).
La DCT si definisce come “il periodo massimo di permanenza delle infestanti che può essere
sopportato dalla coltura senza che essa subisca danni produttivi”. Una delle colture più studiate
sotto questo aspetto è il frumento, per il quale è stato osservato che la presenza di Phalaris spp.
determina un danno lieve fino all’inizio della levata; oltre tale epoca, il danno produttivo si rileva
molto marcato (Catizone e Viggiani, 1980). Analogamente avviene per A. ludoviciana, per la
quale tuttavia è stato osservato che il calo produttivo presenta un andamento quasi lineare se
messo in relazione con i giorni di permanenza della malerba. In particolare, la perdita calcolata
nelle prove effettuate da Catizone e Viggiani (1980) è stata di 7 kg ha
-1
per ogni ulteriore giorno
di competizione.
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Il PRAM si definisce come “l’intervallo di tempo durante il quale la coltura deve rimanere
priva di competizione per evitare che la resa finale venga compromessa dall’infestazione”. Un
esempio significativo è riportato da Knake et al. (1965), i quali hanno osservato che il mais
riesce a competere piuttosto bene nei confronti di Setaria faberii Beauv. se l’infestante è
controllata durante le prime 3-5 settimane, permettendone solo un accrescimento stentato.
1.4.2 DIFFUSIONE DI ORGANISMI PATOGENI
Oltre che competere per gli elementi nutritivi e l’acqua, le graminacee rappresentano un
potenziale problema anche perché sono in grado di ospitare patogeni dannosi per le colture.
Ad esempio, C. dactylon può essere uno degli ospiti di alcuni funghi patogeni quali Puccinia
cynodontis (Stevens, 1925), Ustilago sp. e Rhizoctonia solani, o di nematodi del genere
Meloidogyne (Holm et al., 1977).
Erysiphe graminis, in alcune condizioni ambientali, può infettare i cereali autunno-vernini
principalmente mediante inoculo conidico derivante da numerose graminacee spontanee
(Ferrero, 1989).
A. myosuroides, inoltre, assume un ruolo importante nello sviluppo di Claviceps purpurea, i cui
sclerozi possono determinare problemi di tossicità per l’uomo e per gli animali, consentendo al
fungo di svolgere l’intero ciclo di sviluppo (Ferrero, l.c.).
D. sanguinalis e S. verticillata sono ospiti dei nematodi Meloidogyne sp. e Pratylenchus
pratensis (de Man) Filip. (Holm, 1978).
D. sanguinalis, C. dactylon ed E. crus-galli, fungono da ospiti intermedi e da serbatoio di
infezione per il virus del nanismo ruvido del mais (MRDV) (Conti, 1981), mentre P. annua può
ospitare il virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro (TSWV) (Conti et al., 1996).
1.4.3 EMISSIONE DI COMPOSTI ALLELOPATICI
Un ulteriore potenziale problema è rappresentato dalla capacità di alcune infestanti graminacee
di emettere sostanze allelopatiche, cioè in grado di inibire lo sviluppo di altre specie vegetali.
Tali sostanze possono essere emesse per volatilizzazione, essudazione radicale o per
decomposizione della pianta stessa. Duke (1985), a tal proposito, segnala A. fatua, C. dactylon,
L. multiflorum, Poa spp. e S. faberi come infestanti in grado di emettere sostanze allelopatiche.
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Le stesse proprietà sembrano essere possedute da radici marcescenti di D. sanguinalis e S.
glauca (Covarelli., 1995) oltre che di C. dactylon (Horowitz, 1971).
E’ stato inoltre osservato che piante di pomodoro e di cavolo infestate da S. viridis presentavano
un’anormale crescita radicale dovuta all’emissione di composti allelopatici da parte della pianta
infestante (Retig et al., 1972).