- 2 -
nel bilancio complessivo delle aziende ed Ł suscettibile di alterarne e modificarne le
risultanze finali. Tale fenomeno deriva dalla molteplicit di criteri valutativi espressi
dalle fonti competenti affermatesi per prassi e (talvolta) per convenienza che in questa
sede ci proponiamo di analizzare.
PoichØforte Ł ormai da tempo l esigenza di uniformarsi a canoni riconosciuti e
formulazioni comprensibili a livello globale prive di tendenze interpretative forvianti,
perchØ figlie di obiettivi diversi dalla rappresentazione corretta e veritiera della
situazione economica/finanziaria/patrimoniale delle aziende, si Ł fatto s che i Principi
Contabili Internazionali assumessero il carattere di norme con forza di legge. Ci Ł
accaduto, piø precisamente, attraverso la loro elencazione nel regolamento comunitario
1725/2003
3
.
Il passaggio dalle regole interne a quelle internazionali ha rappresentato, e rappresenta
ancora al tempo in cui si scrive, un momento delicato di modernizzazione della gestione
delle imprese ma necessariamente inevitabile.
L attuale dottrina nazionale, quasi per intero enunciata dal Documento n. 13
dell Organismo Italiano di Contabilit (doc. 13 O.I.C. Le rimanenze di magazzino )
ritiene, in linea coi dettami del Codice Civile, ugualmente utilizzabili, nella
valorizzazione delle rimanenze, quattro metodi: il LIFO, il FIFO, il Costo Medio
Ponderato ed il Costo Specifico. Con l introduzione, a partire dal 1 Gennaio 2005, dei
nuovi Principi Contabili Internazionali e, in particolare, della nuova versione dello IAS
n. 2 ( Ri manenze , appunto), il criterio del LIFO non Łstato piø accettato come metodo
di valutazione. Tale metodo era il piø diffuso in Italia, sicchØla transizione ha colpito le
abitudini contabili di una miriade di addetti ai lavori.
Ampio spazio sar dedicato a questo metodo e alle precauzioni che la disciplina
nazionale prevedeva e prevede ancora in seno allo stesso per ridurne le disfunzioni.
Disfunzioni sussistono ancora, perci tali precauzioni costituiscono osservazioni valide,
oltre che obbligatorie, per tutti i soggetti non vincolati alla redazione di bilanci IAS e
pertanto rimangono di forte attualit .
Con questo elaborato mi propongo di fare un confronto tra prassi nazionale e
prassi internazionale, non piø etichettabili come disciplina interna ed esterna perchØ
attualmente debbono convivere nella prassi nazionale sia l orientamento classico dei
Principi Nazionali, del c.c. (e del T.U.I.R.), per le imprese minori ovvero non quotate,
3
Dott.ssa Antonella Portalupi, Guida ai principi contabili internazionali 1 Redazione Bilancio IAS,
Edizione Il Sole 24 Ore, 2004.
- 3 -
sia gli schemi IAS, per le imprese quotate (per i bilanci consolidati, appunto gi
dall esercizio 2005 e per quelli individuali a far tempo dall esercizio 2006).
Il Primo Capitolo ha ampio respiro e vuole fungere da schema generale perchØ
contiene taluni elementi di contatto tra l orientamento nazionale e quello internazionale.
Si principia dalle motivazioni alla cautela nel trattamento contabile delle rimanenze,
passando per le politiche di bilancio, fino alla composizione tradizionale delle giacenze.
Nel Secondo Capitolo si propone una visione dettagliata della disciplina
nazionale, a livello civilistico, dottrinale (con gli schemi e i metodi paventati dai
Principi Nazionali) e fiscale (disciplina questa valida, ovviamente, anche per le imprese
quotate), al fine di porre una base per il successivo confronto con la disciplina
internazionale ovvero per illustrare le regole attualmente applicabili alle cosiddette
imprese minori.
Alla disciplina internazionale in tema di rimanenze di magazzino Ł dedicato il
Terzo Capitolo di questo elaborato. Lo IAS n. 2 Łanalizzato non solo con l intenzione di
sottolineare i tratti distintivi tra disciplina nazionale ed internazionale ma anche e
soprattutto con la necessaria evidenziazione della sua attuale importanza. Infatti
l adeguamento ai Principi Contabili Internazionali, imposto delle direttive europee,
rappresenta, in questo momento storico piø che in passato, un auspicabile certificato di
equit per il pubblico, qualsiasi ruolo di stakehorders si rivesta, poichØevita il sorgere
di discrasie tra imprese obbligate e non al passaggio agli IAS. Insomma, tutte le societ
sono oggi indotte a seguire un orientamento comune, comunque, Principi Contabili
Internazionali obbligatori o meno
4
Ł questa una delle strade per rimanere competitive
5
a livello globale sui mercati internazionali.
Questo studio si basa essenzialmente sulla valutazione delle rimanenze finali
dell esercizio della specie <<magazzino>> escludendo la specie <<lavori in corso su
ordinazione>>.
La scelta espositiva, a carattere esclusivo, ha due motivi essenziali:
1) necessaria cura nella trattazione della specie <<magazzino>> per le criticit
insite nella propria valorizzazione contabile, criticit responsabili della recente
evoluzione della materia, caratterizzata, come gi anticipato, dall esclusione di taluni
sistemi e criteri di valutazione a livello internazionale;
4
Dott.ssa Antonella Portalupi, Guida ai principi contabili internazionali 1 Redazione Bilancio IAS,
Edizione Il Sole 24 Ore, 2004.
5
Paolo Stampacchia, L impresa nel contesto globale. Attivit , risorse, configurazione, Giappichelli,
Torino, 2001.
- 4 -
2) tutte le fonti (sia interne, c.c./O.I.C./T.U.I.R., sia gli IAS) trattano
separatamente le giacenze di magazzino dalle rimanenze di lavori in corso su
ordinazione perchØdiversi concettualmente. Si ricordi solo, a titolo d esempio, che tali
lavorazioni hanno gi un compratore acquirente committente (appunto su
ordinazione) e per taluni versi assumono la forma di ricavi certi, mentre l intero sistema
cautelativo della valorizzazione delle rimanenze di magazzino Ł giustificato, proprio,
dall incerto peso economico delle materie nella produzione (sia come costo d acquisto,
che come consumo di fattori) e dall incerta vendibilit dei prodotti finiti (e delle merci),
perci tali valori vengono svalutati se con prezzo di mercato piø basso del proprio costo,
determinato internamente (di carico e/o di produzione).
Le rimanenze per lavori in corso su ordinazione insomma sono oggetto di specifiche
problematiche
6
, per lo piø estranee a quelle comuni alle categorie analizzate
nell elaborato, ossia:
• rimanenze di materie prime;
• rimanenze di materie sussidiarie;
• rimanenze di materie di consumo;
• rimanenze di prodotti in corso di lavorazione;
• rimanenze di semilavorati;
• rimanenze di prodotti finiti;
• rimanenze di merci.
6
Erasmo Santesso e Ugo S stero, I principi contabili per il bilancio d esercizio , Edizione Il Sole 24 Ore,
Milano, 2004.
- 5 -
CAPITOLO PRIMO:
Le rimanenze di magazzino. Parte generale
1. DEFINIZIONE E TIPOLOGIE DI RIMANENZE
Qualsiasi bene che giace all interno dell azienda in attesa di utilizzo pu essere definito
r imanenza o giacenza di magazzino.
In genere, le rimanenze di magazzino includono tutti i beni destinati alla vendita e/o tutti
quelli che concorrono alla produzione di questi nella normale attivit dell impresa. Tale
insieme, di l delle definizioni specifiche provenienti dalle varie fonti che analizzeremo nel
seguito, comprende le seguenti classi: le merci ed i prodotti finiti, i semilavorati, i
prodotti in corso di lavorazione, le materie prime, le materie sussidiarie e le materie di
consumo.
Nello specifico, le merci sono beni che l impresa acquista dai fornitori per poi
rivenderli nello stesso stato in cui essi sono stati acquistati, senza cioŁ che intervenga
alcun processo di trasformazione fisica del bene; la stessa intermediazione per , Ł gi
capace di aumentare l utilit del bene giustificandone economicamente l attivit
7
.
I prodotti finiti sono beni manufatti dall impresa, ossia il risultato finale del
processo tecnico di lavorazione adottato dall azienda stessa.
I semilavorati sono quei beni che, pur essendo destinati ad essere incorporati in
altri, hanno comunque una propria individualit e quindi potrebbero essere
commercializzati come tali.
Vi possono essere semilavorati d acquisto o semilavorati di produzione, semplicemente,
perchØo acquisiti dall esterno o realizzati internamente.
I prodotti in corso di lavorazione, al contrario dei semilavorati, sono costituiti da
materiali il cui processo di lavorazione non Ł ancora ultimato e che, conseguentemente,
non sono commercializzabili nello stato in cui si trovano.
Le materie prime, propriamente dette, sono quei materiali (la piø tipica materia
base) utilizzati direttamente nei processi produttivi aziendali.
Le materie sussidiarie sono costituite da altri materiali anch essi usati direttamente
nella produzione, come le materie prime in senso stretto, ma di minor rilevanza.
Infine, le materie di consumo sono materiali che vengono impiegati indirettamente
nella produzione, senza cioŁessere incorporate nei prodotti finiti.
7
Talvolta si parla di trasformazione indiretta, nella misura in cui il dettagliante Ł intermediario tra il
produttore ed il consumatore favorendo il trasferimento nel tempo e/o nello spazio della merce.
- 6 -
La contabilizzazione dei beni in giacenza va, sempre in guisa del tutto generica,
eseguita con riferimento al passaggio del titolo di propriet , in quanto ci costituisce il
presupposto giuridico per il trasferimento dei rischi relativi al bene.
Il passaggio del titolo di propriet si considera solitamente avvenuto alla data di
spedizione o di consegna per i beni mobili, secondo le modalit contrattuali
dell acquisto ed in base al trasferimento dei rischi dal punto di vista sostanziale (ed alla
data di stipulazione del contratto di compravendita per gli immobili
8
). Perci , le
rimanenze di magazzino includono:
1. tutte le giacenze situate presso gli stabilimenti e i magazzini dell impresa, ad
esclusione di quelle ricevute da terzi, solo, in visione o in prova o ancora in
conto lavorazione e/o deposito
9
;
2. di contro, pure le giacenze che sono s di propriet dell impresa ma situate
fisicamente presso terzi in conto deposito, lavorazione, in prova, ecc;
3. ed infine, i materiali, le merci ed i prodotti acquistati, non ancora pervenuti
materialmente presso il magazzino dell impresa, vale a dire in viaggio, ma
solo quando, secondo le modalit dello specifico acquisto, l impresa ha
acquisito il titolo di propriet ovvero ha gi assunto i relativi rischi.
2. LE SCORTE A FINE ESERCIZIO
La difficolt della gestione contabile
10
delle rimanenze sta nella determinazione della
quantit e del relativo valore al termine dell esercizio. Tale valorizzazione Ł funzionale
alla determinazione della cosiddetta variazione delle rimanenze come differenza tra
rimanenza finale ed esistenza iniziale (cioŁ la giacenza finale dell anno prima) per ogni
posta di magazzino, rispetto alla determinazione dei costi e dei ricavi di competenza,
ovvero alla determinazione del costo sospeso, ossia la giacenza stessa che diviene posta
patrimoniale.
Per capire cosa s intende per giacenze al 31/12 bisogna analizzare l argomento
prima dal punto di vista fisico/gestionale e poi il suo aspetto contabile.
Posto che l azienda, nella piø classica delle visioni, per produrre beni che
soddisfino i bisogni (e gli interessi di chi ne Ł coinvolto direttamente o indirettamente),
8
¨ la normativa tributaria a dare rilevanza a questi momenti specifici al fine dell emissione delle fatture,
ovvero della comprensione dei beni nel reddito imponibile ovvero, ancora, nell imponibile IVA.
9
PerchØmanca il titolo di propriet : l impresa le detiene materialmente, ma non le possiede in senso
giuridico.
10
Che Łquella che qui piø ci interessa, trattando solo sinteticamente gli aspetti logistici/gestionali.