4
sono tutti elementi che concorrono a fare del rapporto bambini-televisione un me-
diatore rilevante nel processo di socializzazione delle giovani generazioni».5
Il rapporto tra televisione e minori si colloca in un contesto ampio, Ł con-
dizionato dall ambiente in cui il bambino vive e dalle relazioni che stabilisce con i
familiari, la scuola e i coetanei. L effetto della televisione Ł quindi legato all uso
che fa della televisione quel minore in quel determinato contesto.6
Nello specifico, il presente lavoro, attraverso una ricerca empirica, vuole
tentare di analizzare il rapporto tra il consumo televisivo ed i modelli di compor-
tamento nei minori, ed in particolare di quelli frequentanti la classe elementare,
quindi nella fascia di et dai sei agli undici anni , prendendo in esame la conoscen-
za da parte dei genitori che i programmi visti dai minori possano influire sui loro
comportamenti.
5
Cosimo SCAGLIOSO L. FABBRI, Bambini e televisione: un rapporto di dipendenza o c Ł
dell altro? , in «Educazione permanente», 4 (1991), p. 6
6
Wilbur SCHRAMM, La televisione nella vita dei nostri figli, Milano, FrancoAngeli, 1971, p. 9
5
Capitolo 1
Il consumo televisivo nei minori e i comportamenti veicolati
Il primo passo di ogni ricerca empirica Ł la definizione del tema, del pro-
blema e dell obiettivo di ricerca che saranno utili per la costruzione del quadro te-
orico.
Tema della presente ricerca empirica Ł il consumo televisivo ed i modelli di com-
portamento nei minori.
Il problema conoscitivo, vale a dire l interrogativo al quale la ricerca cercher di
rispondere, pu essere sintetizzato nella domanda: Vi Ł una relazione tra il con-
sumo televisivo ed i modelli di comportamento nei minori? e obiettivo specifico
della presente ricerca sar quello di verificare l’esistenza di questa relazione.
In secondo luogo occorre definire il quadro teorico di riferimento vale a di-
re l insieme di paradigmi, teorie e modelli che guideranno la ricerca. L esame di
tutta la letteratura presente sull argomento, attraverso un approfondita ricerca bi-
bliografica, Ł molto importante perchØ mi ha permeso di definire meglio il pro-
blema, di crearmi una competenza specifica sul tema di ricerca, di ragionare sui
metodi usati e sui loro limiti, di ottenere dati con i quali confrontarmi ed infine di
individuare problemi risolti e questioni ancora aperte.7
Cercher , quindi, di esporre, nel modo piø chiaro p ossibile, i contributi teorici e
altre ricerche empiriche che si sono occupate dello stesso tema o di argomenti cor-
relati alla presente ricerca empirica.
1.1 Effetti dei media
Come gi detto la nostra societ Ł caratterizzata d alla forte presenza dei
media, tra i quali un ruolo particolarmente rilevante Ł occupato dalla televisione.
Vent anni fa, Marshall McLuhan ha formulato la tesi rivoluzionaria che «il
mezzo Ł il messaggio». Egli esprimeva l idea che ci che produce, su chi ne fa
uso, determinati effetti sociali e psicologici, particolari relazioni sociali e una spe-
7
Roberto TRINCHERO, Manuale di ricerca educativa, Milano, FrancoAngeli, 2002, pp. 88-146
6
cifica forma di coscienza o modo di pensare, non Ł il contenuto trasmesso, ma,
bens , la natura stessa dei media.8
McLuhan definiva la televisione, a differenza di altri media, come la radio o il ci-
nema, un medium freddo. « i media caldi non lascian o molto spazio che il pub-
blico debba colmare o completare; comportano perci una limitata partecipazione,
mentre i media freddi implicano un alto grado di partecipazione o di completa-
mento da parte del pubblico». Questa relazione compensatoria implica una delle
regole dell interazione comunicativa secondo cui maggiore Ł la stimolazione sen-
soriale e informativa da parte dell emittente, maggiore Ł il grado di passivit in
chi riceve il messaggio, come solitamente avviene nella comunicazione tra indivi-
dui.9
L influenza che i mass media ed in particolare la televisione possono avere
sui soggetti assume connotazioni etiche rilevanti soprattutto nel caso di minori, la
cui esperienza televisiva sembra essere gi piuttos to consistente prima
dell impatto con il mondo scolastico, prima cioŁ che altre agenzie di socializza-
zione possano costituirsi come guide critiche ed alternative rispetto alla televisio-
ne e prima che essi possano compiere valutazioni sulla base di conoscenze dirette
ed esperienze personali.10
Gli studi che riguardano il rapporto televisione e bambini costituiscono un
insieme di conoscenze molto ampio che non ha condotto, anche in ragione della
complessit del fenomeno, ad esiti unitariamente or ientati.11
Nonostante ci , possiamo individuare tre linee di s viluppo in ambito scientifi-
co sugli effetti dei media sui minori:
- ricerche sulle differenze individuali del consumo televisivo in relazione al-
la storia personale e alle caratteristiche socio-ambientali, che sottolineano
l importanza della mediazione familiare nella fruizione televisiva da parte
dei minori;
8
- Patricia Marks GREENFIELD, Mente e media: gli effetti della televisione, dei computer e dei
video-giochi sui bambini,Roma, Armando, 1985, p. 17
- D. LUCANGELI S. CACCIAMANI C. CORNOLDI, La pubblicit in TV serve a far ripo-
sare gli attori, in «Et evolutiva», 65 (2000), p. 34
9
Mario LODI, Cara tv con te non ci sto piø, Milano, FrancoAngeli, 1997, p. 107
10
Elisa MANNA, Et evolutiva e televisione: livelli di analisi e d imensioni della fruizione, Torino,
ERI, 1982, p. 11
11
Cosimo SCAGLIOSO L. FABBRI, Bambini e televisione: un rapporto di dipendenza o c Ł
dell altro? , in «Educazione permanente», 4 (1991), p. 7
7
- ricerche che non riguardano direttamente il rapporto bambino-televisione,
ma si concentrano sulla scuola e sulle agenzie educative nella formazione
alla lettura dell immagine;
- ricerche che analizzano la relazione bambino-televisione, concentrandosi
sulle influenze, gli effetti della tv, inizialmente come fenomeno sporadico,
poi come consumo familiare, infine come consumo individuale piø o meno
controllato dagli adulti.12
Io mi soffermer particolarmente su quest ultimo fi lone di ricerca nel presentare
la relazione tra minori e televisione, concentrandomi nel prossimo capitolo nello
specifico sui modelli comportamentali.
Presenter le teorie sugli effetti dei media ricost ruendole secondo la ten-
denza piø diffusa per cicli in tre periodi distin ti. Va rilevato comunque che una
ricostruzione per compresenza terrebbe maggiormente conto «della complessit
del campo, dell intreccio e delle preclusioni tra modelli e delle tematizzazioni
compresenti, ma diversamente forti ». 13
Il primo ciclo e le prime teorie sui media sono cominciate a partire dagli
anni Trenta in America e portarono alla conclusione che i media costituiscono un
pericolo in quanto incidono in modo totalitario nella vita delle persone.
L immagine che si adott per indicare questo fortis simo potere persuasivo fu
quella dell ago ipodermico: i media erano visti come un ago che una volta infilato
sotto la pelle degli spettatori pu somministrare q ualsiasi cosa senza che essi se ne
accorgano e quindi reagiscano.14
La prima ricerca che smentisce questa relazione diretta di causa effetto in-
dicando una nuova direzione riguarda proprio l infanzia ed Ł compiuta dalla Pa-
yne Foundation, nel 1933, presso l Universit di Ch icago.15 Gli studiosi analizza-
rono i possibili effetti della cinematografia sui bambini e non riscontrarono
12
- Cristina COGGI (a cura di), Migliorare la qualit della tv per i bambini , Milano, FrancoAnge-
li, 2002, pp. 13-14
- Cesare CORNOLDI Rossana DE BENI Claudia ZAMPERLIN Paolo BERTI GRUPPO
MT, Il bambino metacognitivo, Trento, Erickson, 1999, p. 17
13
Mauro WOLF, Gli effetti sociali dei media, Milano, Bompiani, 1992, p. 29
14
Barbara BRUSCHI - Alberto PAROLA, Figli dei media, Torino, Societ Editrice Internaziona-
le, 2005, p. 6
15
Marina D AMATO, Bambini e TV: un manuale per capire, un saggio per riflettere, Milano, Il
Saggiatore, 1997, p. 50
8
un influenza diretta; per la prima volta vennero studiati anche gli atteggiamenti, i
comportamenti sociali, le emozioni e le tendenze etiche.
A partire dagli anni Quaranta, la teoria dell ago ipodermico venne oltre-
passata dalla teoria degli effetti limitati, che rappresenta un secondo ciclo di studi.
Secondo quest ultima, gli effetti dei media sul mutamento di opinioni, atteggia-
menti, comportamenti sono ridotti e l influenza si esplica piuttosto nel rafforza-
mento degli orientamenti preesistenti. Tra i rappresentanti piø significativi di que-
sta teoria vanno ricordati Hovland, Lazarsfeld, Berelson e Klapper.16
Il limite degli studiosi della teoria degli effetti limitati per Ł che essi si sono con-
centrati soprattutto sugli effetti limitati dei media e a breve scadenza.
Solo a partire dagli anni Settanta inizier un nuov o ciclo che proseguir fi-
no ai giorni nostri in cui si ritorna a parlare di influenze forti e durature nel tempo
con la teoria della spirale del silenzio e la teoria del knowledge-gap.17
Concentriamoci ora piø nello specifico sugli studi sulla televisione.
Essi cominciano simultaneamente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, do-
ve la prima trasmissione ufficiale risale al 1941 e fin dai primordi, lo studio degli
effetti della televisione sui bambini costituisce uno dei campi piø frequentati. In-
fatti, i primi argomenti presi in considerazione dalla ricerca esaminavano gli effet-
ti che le trasmissioni televisive avevano sui comportamenti e sullo sviluppo emo-
tivo e cognitivo dei minori.18
In Inghilterra, la BBC commissiona, ad un gruppo di esperti della London School
Economics and Political Science, un indagine sulla fruizione televisiva dei bam-
bini e sui suoi possibili effetti. Quasi contemporaneamente, Wilbur Schramm, con
la collaborazione di un gruppo di ricercatori della Stanford University, avvia uno
studio pilota a San Francisco, in seguito esteso a campioni di soggetti residenti nel
16
Mauro WOLF, Gli effetti sociali dei media, Milano, Bompiani, 1992, p. 41-44
17
Mauro WOLF, Gli effetti sociali dei media, Milano, Bompiani, 1992, p. 61 per appro-
fondimenti si vedano pag. 65-86
18
- D. LUCANGELI S. CACCIAMANI C. CORNOLDI, La pubblicit in TV serve a far ripo-
sare gli attori, in «Et evolutiva», 65 (2000), p. 33
- Renata METASTASIO, La scatola magica: TV, bambini e socializzazione, Roma, Carocci,
2002, p. 159
- Marina D AMATO, Bambini e TV: un manuale per capire, un saggio per riflettere, Milano, Il
Saggiatore, 1997, p. 50
9
Colorado e nel Canada, per rilevare i diversi effetti in contesti in cui la televisione
aveva differenti livelli di diffusione.19
Gli studi di quegli anni riguardano soprattutto l impatto sulla vita fisica ed emoti-
va del bambino, ma troviamo anche analisi sui cambiamenti nella conoscenza, ne-
gli atteggiamenti e nei comportamenti dei minori. Sono anche numerosi gli studi
che affrontano i temi della violenza, sesso e pubblicit . 20
Questa linea di ricerca era prevalentemente costruita sull approccio teorico com-
portamentista e sui principi dell apprendimento sociale, ed utilizzava il concetto
di imitazione o di associazione tra stimoli antecedenti, risposte specifiche e rinfor-
zi o punizioni contingenti, per analizzare i fenomeni di apprendimento e di modi-
ficazione del comportamento indotti dalla visione di programmi televisivi.21
Tra questi esperimenti particolarmente importanti sono quelli di Alber Bandura,
alla Stanford University, su bambini in et prescol are, e quelli di Leonard Berko-
witz, all Universit del Wisconsin su giovani stude nti di college.22
Verso la fine degli anni Sessanta e l inizio degli anni Settanta, con
l aumento della diffusione della televisione e dei programmi educativi, le rifles-
sioni sull influenza della televisione sui bambini diventano sempre piø numerose.
Inoltre, a partire dagli anni Settanta, prende piede un nuovo filone di ricerca che si
concentra sul problema della comprensione della comunicazione televisiva da par-
te dei bambini, sottolineando la differenza tra questi ultimi e gli adulti. In questo
approccio, di tipo cognitivo, il bambino non viene piø visto come un soggetto pas-
sivo e condizionabile, ma come un individuo che costruisce la propria conoscenza
anche attraverso il mezzo televisivo. Da questa considerazione condivisa da molti
studiosi nasce l esigenza di un analisi evolutiva d ell attivit cognitiva dei minori,
infatti, l attivit cognitiva del bambino agisce a differenti et come filtro tra i con-
tenuti presentati dalla televisione ed i suoi effetti.23
19
Renata METASTASIO, La scatola magica: TV, bambini e socializzazione, Roma, Carocci,
2002, p. 159
20
Marina D AMATO, Bambini e TV: un manuale per capire, un saggio per riflettere, Milano, Il
Saggiatore, 1997, p. 51
21
D. LUCANGELI S. CACCIAMANI C. CORNOLDI, La pubblicit in TV serve a far ripo-
sare gli attori, in «Et evolutiva», 65 (2000), p.33
22
Renata METASTASIO, La scatola magica: TV, bambini e socializzazione, Roma, Carocci,
2002, p. 160
23
D. LUCANGELI S. CACCIAMANI C. CORNOLDI, La pubblicit in TV serve a far ripo-
sare gli attori, in «Et evolutiva», 65 (2000), p. 34
10
Sono anche degli anni Ottanta gli studi di Singer e Singer che sottolineano
l importanza degli adulti come mediatori del messaggio televisivo e come aiuto
alla comprensione per i minori.24
Le ricerche sugli effetti dei media hanno risonanze anche in Italia dove il
tema viene affrontato molto piø tardi per due motivi: uno di ordine storico, cioŁ la
seconda guerra mondiale, ed uno di ordine sociale, cioŁ la diffusione dei beni di
massa e la comparsa dei primi mass media nelle case dell italiano medio a partire
da fine anni Cinquanta.
Tra fine anni Cinquanta ed inizio anni Sessanta ha inizio l irrisolta disputa
tra due poli contrapposti che Umberto Eco, in un famosissimo libro chiama apo-
calittici ed integrati , che Ł continuata fino ai giorni nostri.
Gli apocalittici hanno una posizione pessimistica e di rifiuto nei confronti dei
mass media che producono una cultura di massa di basso livello. L apocalittico
lascia intravedere, sullo sfondo di una catastrofe, l esistenza di una comunit di
superuomini capaci di elevarsi al di sopra della banalit media, attraverso il rifiuto
e il silenzio, nutriti dalla sfiducia totale in qualsiasi azione che possa modificare
l ordine delle cose. Gli integrati, invece, presentano una posizione ottimistica, in
quanto sostengono che i mass media mettono i beni culturali a disposizione di tut-
ti, attraverso un allargamento dell area culturale che finalmente si attua ad ampio
livello. 25
La distinzione tra apocalittici ed integrati Ł ancora valida ai giorni nostri se utiliz-
ziamo i due termini per distinguere due modi di vedere gli effetti della televisione
attuale. Tutt oggi, infatti, ci troviamo di fronte a studiosi che sottolineano gli a-
spetti positivi della televisione sui minori ed altri che invece ne sottolineano gli
aspetti negativi demonizzandola.
24
Cesare CORNOLDI Rossana DE BENI Claudia ZAMPERLIN Paolo BERTI GRUPPO
MT, Il bambino metacognitivo, Trento, Erickson, 1999, p. 34
25
Umberto ECO, Apocalittici e integrati, Milano, Bompiani, 1994, pp. 4-6
11
1.2 Il bambino dai sei agli undici anni
Il rapporto tra teleschermo e ragazzo pu essere co mpreso solo tenendo
presenti le caratteristiche di entrambi.26
Per poter parlare degli effetti che la televisione ha sui bambini occorre in-
nanzitutto conoscere le tappe dello sviluppo infantile. 27
I bambini dai sei ai dodici anni sono molto attratti da storie, favole e leggende,
nonchØ dalle immagini che vedono sui libri, sui fumetti e in televisione. In questo
periodo i bambini iniziano a mostrare i propri gusti e preferenze consapevoli e
quindi ad esplorare gli opposti: buono-cattivo, bello-brutto, ricco-povero. Inoltre,
in questo periodo, iniziano ad esplorare il mondo dei sentimenti e compare il sen-
so morale, anche se a sei-sette anni si valuta il giusto e sbagliato piø attraverso i
sentimenti che attraverso la ragione. 28
Il bambino non Ł in grado di seguire un programma televisivo che superi la
mezz ora ed ha difficolt a capirne gli intrecci fi no ai sette-otto anni, anche se,
grazie alla maturazione intellettiva, si registrano miglioramenti graduali. 29 Fino a
sette-otto anni, infatti, il ricordo dei programmi Ł incompleto e disorganizzato, i
bambini ricordano soprattutto gli stereotipi e gli slogan, come quelli pubblicitari,
perchØ sono messaggi semplificati e percettivamente attraenti.
Tra i sei e i nove anni, con il progredire dello sviluppo intellettivo, le valutazioni
corrette dei programmi di informazione e di fiction aumentano. Nonostante ci ,
anche se si sa che un programma appartiene alla fiction, esso pu essere giudicato
realistico, se i personaggi e gli eventi raccontati sono giudicati simili a quelli della
propria vita. Il problema Ł che accanto a film e spettacoli in cui Ł facile distingue-
re tra realt e finzione, ce ne sono molti altri in cui non Ł cos semplice e che pos-
sono ingannare uno spettatore inesperto. E stato evidenziato che i bambini che
discriminano di meno sono anche quelli piø dipendenti dal video e con una scarsa
esperienza della vita reale.
26
Wilbur SCHRAMM, La televisione nella vita dei nostri figli, Milano, FrancoAngeli, 1971,
p.220
27
Anna OLIVERIO FERRARIS, TV per un figlio, Roma-Bari, Laterza, 1995, p. 64
28
Anna OLIVERIO FERRARIS, TV per un figlio, Roma-Bari, Laterza, 1995, p. 67
29
Guido CLERICETTI, Famiglia e TV: istruzioni per l uso , Torino, Societ editrice internaziona-
le, 1996, p. 85
12
Verso i nove-dieci anni ed oltre, i bambini sono meno succubi delle immagini,
comprendono perfettamente il potere persuasivo della pubblicit , riescono a capire
meglio anche le trame ed a distinguere tra finzione e realt . Nonostante ci , intor-
no ai dieci anni, i messaggi televisivi esercitano ancora sui bambini una forte in-
fluenza e gli stereotipi delle storie televisive finiscono per avere la meglio sulla
realt . Infatti, se Ł vero che i bambini di questa et riescono a distinguere tra realt
e finzione, il confine tra le due cose non Ł per cos rigido, anche perchØ la di-
mensione emotiva e il coinvolgimento hanno un forte impatto.30
Inoltre, il bambino Ł in grado di comprendere correttamente una trasmissione te-
levisiva mediamente complessa solo dopo gli undici anni, cioŁ all et della scuola
media.31
1.3 I comportamenti
Come ho gi accennato nel capitolo sugli effetti de i media, tra gli studiosi c Ł
chi ha enfatizzato il problema e chi invece lo ha sottovalutato.
Sicuramente i mass-media, e soprattutto la televisione, influenzano i modelli
di comportamento dei minori sia in modo esplicito che in modo implicito.
Un influenza verificabile Ł quella che si pu osser vare quando una trasmissione
televisiva Ł seguita dalla maggioranza dei bambini e quasi tutti giocano, disegna-
no, si atteggiano, parlano prendendo come modelli i personaggi di quella trasmis-
sione. Questa influenza Ł accompagnata da un altra meno leggibile, che porta i
bambini a scrivere, argomentare e discutere come in televisione, o ancora a segui-
re mode (abiti, scarpe e accessori vari) collegati a come si vestono i protagonisti
dei programmi televisivi. Un ulteriore influenza, anche se piø nascosta, Ł quella
che porta a modificare i modi di pensare, di agire e di essere dei minori, perchØ
presenta in continuazione modelli esistenziali e valori.32
30
Anna OLIVERIO FERRARIS, TV per un figlio, Roma-Bari, Laterza, 1995, pp. 61-63
31
Guido CLERICETTI, Famiglia e TV: istruzioni per l uso , Torino, Societ editrice internaziona-
le, 1996, p. 85
32
Guido CLERICETTI, Famiglia e TV: istruzioni per l uso , Torino, Societ editrice internaziona-
le, 1996, p. 85
13
Bisogna ricordare, infatti, che sono necessari anni perchØ i bambini sviluppino
propri modelli di comportamento e che in questo processo essi assorbono i model-
li che trovano.
Inizialmente i modelli piø forti sono rappresentati dai genitori, infatti, per tutta
l infanzia, i bambini si comportano come gli adulti si aspettano che facciano.
Negli anni della scuola elementare nei bambini si sviluppa una coscienza mora-
le provvisoria, ma solo tra i nove e gli undici an ni i bambini riescono a riflettere
su ci che Ł giusto e ci che Ł sbagliato e a capir e il senso delle regole sociali. Nei
primi anni di questo processo di sviluppo Ł quindi l imitazione il mezzo con cui il
bambino apprende.33
L imitazione pu essere definita come la riproduzio ne di un modello non soltanto
per quanto concerne gli aspetti comportamentali ed esterni, ma anche per ci che
riguarda la sfera piø elevata delle emozioni, delle opinioni e dei pregiudizi.34
Anche il processo di identificazione, che spinge i bambini ad immedesimarsi nei
ruoli dei rispettivi genitori, Ł molto importante perchØ Ł in gran parte tramite esso
che si plasmano i caratteri.
Essi imparano molto di piø imitando ci che i genit ori e gli adulti che stanno con
loro fanno piuttosto che ascoltando ci che essi ce rcano di insegnare a parole.35
Con la crescita della complessit sociale alla fami glia come fonte di modelli di
comportamento si Ł affiancata la televisione attraverso gli stessi meccanismi di
identificazione con i personaggi e loro imitazione. A questo va aggiunto che
l immagine ha un potere suggestivo piø forte delle parole e propone comporta-
menti piø facili da riprodurre perchØ fa vedere come si fa.36
Attraverso un identificazione frequente con i personaggi televisivi i minori fini-
scono per prendere qualcosa del modo in cui quei personaggi si comportano e va-
lutano ci che Ł importante e ci che Ł bene e male . I personaggi televisivi diven-
tano veramente maestri di vita e forniscono effettivamente modelli di comporta-
mento. L identificazione non Ł solo un idea teorica, basti osservare le espressioni
33
Anna OLIVERIO FERRARIS, TV per un figlio, Roma-Bari, Laterza, 1995, pp. 151-152
34
Piero BERTOLINI, Dizionario di pedagogia e scienze dell educazione, Bologna, Zanichelli,
1996, p. 243
35
Dino BALESTRA, I figli della tv: una ricerca su bambini e televisione, Scandicci, La nuova Ita-
lia, 1988, pp. 123-124
36
Cristina LASTREGO Francesco TESTA, Istruzioni per l’uso del televisore, Torino, Einaudi,
1990, p. 45
14
e i movimenti involontari del corpo dei bambini quando guardano la televisione,
per rendersene conto.
Il rapporto tra televisione e modelli di comportamento Ł comunque complesso
come si evince anche dalle parole del Dott. Freedman, il quale sottolinea che lo
sviluppo del bambino Ł troppo articolato per rendere probabile che una qualunque
influenza (come la televisione) possa produrre comportamenti particolari. Egli af-
ferma inoltre che i ragazzi con relazioni interpersonali soddisfacenti saranno meno
facilmente danneggiati da una qualunque esperienza televisiva.37
Lo stesso si pu evincere anche dalla definizione d i modello di comportamento
che fornisce Bertolini, il quale sostiene che per modello di comportamento si in-
tende la funzione assolta dal comportamento di un individuo in una situazione, ma
precisa che salvo nei casi limitati, la relazione tra modello e comportamento non Ł
pura imitazione o riproduzione, ma tra il modello e il comportamento che ad esso
si conforma o si ispira, c Ł un lavoro di interpretazione, di rielaborazione, di mo-
dulazione, in funzione della situazione specifica e dei soggetti specifici.38
Molte ricerche hanno comunque sottolineato che i modelli di comportamento for-
niti dalla televisione possono avere un influenza sui minori e agire in direzioni
opposte, come comportamenti sociali positivi o comportamenti anti-sociali, a se-
conda del contenuto del programma.39
Se un eccesso di televisione pu essere controprodu cente, un consumo moderato
pu avere effetti positivi. In generale tutti i bam bini che fanno un uso moderato
della televisione possono essere avvantaggiati nell apprendimento delle capacit
lessicali vedendo dei programmi di buon livello. Inoltre alcune trasmissione inco-
raggiando il telespettatore a mettersi nei panni degli altri inducono il bambino a
riflettere sulle motivazioni e sui sentimenti altrui e forniscono degli spunti di di-
scussione sul comportamento sociale, i rapporti con gli altri, le abitudini, le norme
37
Wilbur SCHRAMM, La televisione nella vita dei nostri figli, Milano, FrancoAngeli, 1971, pp.
250-251
38
Piero BERTOLINI, Dizionario di pedagogia e scienze dell educazione, Bologna, Zanichelli,
1996, p. 361
39
Patricia Marks GREENFIELD, Mente e media: gli effetti della televisione, dei computer e dei
video-giochi sui bambini,Roma, Armando, 1985, pp. 64-65
15
di vita e le strategie di azione piø opportune. La televisione pu inoltre scoraggia-
re le cattive abitudini ed indurne di migliori.40
John Condry sostiene, infatti, che l influenza della televisione dipenda da due fat-
tori: l esposizione e i contenuti. Indipendentemente da ci che vedono, comunque,
i bambini che guardano molta televisione tendono a leggere meno, a giocare meno
e ad essere obesi. La televisione sarebbe quindi una ladra di tempo . A questi ef-
fetti indiretti, se ne aggiungerebbero altri, in quanto il contenuto dei programmi e
della pubblicit televisiva influenzerebbero profon damente atteggiamenti, creden-
ze e azioni dei minori. Centinaia di studi, a partire dagli anni Sessanta, concorda-
no sul fatto che i bambini che guardano molta televisione sono piø aggressivi di
quelli che non la guardano spesso.
John Condry analizza, inoltre, tre meccanismi che influenzano il comportamento.
L effetto imitazione: la televisione funziona come una sorgente di informazioni
per il comportamento, per gli adulti Ł un passatempo, invece per i bambini Ł
un occasione di notizie per imparare a vivere, egli attraverso la televisione cerca
di capire il mondo. L effetto disinibitorio: il bambino che vede sul teleschermo
un azione non solo la imita, ma si sente autorizzato ad imitarla. L effetto desensi-
bilizzante: il bambino si abitua a vedere la violenza e questa abitudine si consolida
a forza di vederla rappresentata sul teleschermo.41
Un accenno importante va alla teoria dell apprendimento sociale di Bandu-
ra, che Ł stata quella che si Ł impegnata di piø a sviluppare un modello del proces-
so con cui la televisione influisce sul comportamento dei bambini. Tale teoria so-
stiene che non sia necessario che i bambini facciano esperienza diretta degli inse-
gnamenti per apprendere un qualsiasi contenuto, ma che essi possono essere con-
dizionati, nei loro comportamenti, anche da esperienze indirette.42
Analizzer ora diversi comportamenti che possono es sere oggetto di imitazione
dalla televisione da parte dei minori.
40
Anna OLIVERIO FERRARIS, Insegnare la TV, Roma, Valore scuola, 1994, p. 25
41
- Karl R. POPPER John CONDRY, Cattiva maestra televisione, Milano, Reset-Donzelli,
1994, pp. 27-50
- Cristina COGGI, Valutare la tv per i bambini. Vie alla qualit e all uso educativo, Milano,
FrancoAngeli, 2003, p 316
42
L. LAFUENTI T. PURA YIDATHIL, L influenza della televisione sull aggressivit deg li
adolescenti, in «Orientamenti pedagogici», 2 (2000), p. 261
16
1.3.1. Comportamenti antisociali
E documentato che un bambino, prima della fine delle scuole elementari, as-
siste in media a 100.000 atti di violenza e a 8.000 omicidi, tale dato sale a 18.000
prima della fine della scuola dell obbligo.43 Un altro dato sorprendente Ł che i
programmi televisivi con il maggior numero di atti di violenza sono i cartoni ani-
mati, che contengono alcune tra le scene piø violente trasmesse in televisione,
cioŁ proprio il genere di programma piø visto dai bambini44. A questo si aggiunge
che molto spesso i bambini guardano la televisione senza la supervisione degli
adulti.45
Da questi dati si evince chiaramente l importanza della questione
dell influenza della violenza in televisione sui comportamenti dei minori.
Innanzitutto Ł necessario dare una definizione di comportamento antisociale.
Intendiamo con questo termine un comportamento contrario alle regole, alle nor-
me, ai principi e ai valori di convivenza di un determinato gruppo o di una societ
e che risulta a vario modo associato al disagio o all ostacolo del benessere altrui.46
Alcune forme di aggressivit , come la violenza tele visiva, stimolano il sistema
nervoso e, provocando scariche di adrenalina, producono stati di eccitazione che
riducono l autocontrollo e permettono cos alla rabbia e alla frustrazione di con-
vertirsi in violenza. Questo non riguarda solo il momento stesso in cui la scena
violenta Ł percepita, ma anche, e soprattutto, situazioni future simili che attivano
gli stati di eccitazione immagazzinati. La presentazione che i media, e soprattutto
la televisione, fanno di fenomeni quali la violenza, la crudelt , il vandalismo, ne
43
- Anna OLIVERIO FERRARIS, TV per un figlio, Roma-Bari, Laterza, 1995, p. 127
- Karl R. POPPER John CONDRY, Cattiva maestra televisione, Milano, Reset-Donzelli, 1994,
p. 51
- Marina D AMATO, Bambini e TV: un manuale per capire, un saggio per riflettere, Milano, Il
Saggiatore, 1997, p. 58
44
L. LAFUENTI T. PURA YIDATHIL, L influenza della televisione sull aggressivit deg li
adolescenti, in «Orientamenti pedagogici», 2 (2000), p. 259
45
Karl R. POPPER John CONDRY, Cattiva maestra televisione, Milano, Reset-Donzelli, 1994,
p. 52
46
Piero BERTOLINI, Dizionario di pedagogia e scienze dell educazione, Bologna, Zanichelli,
1996, p. 23
Silvia BONINO (a cura di), Dizionario di psicologia dello sviluppo, Torino, Einaudi, 1994, p.54
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incoraggerebbero la pratica. Questo riguarda in particolare i giovani telespettato-
ri.
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Sugli effetti che la violenza televisiva pu avere sui comportamenti dei minori
esistono posizioni divergenti.
Un prima posizione afferma che c Ł un eccessivo allarmismo, sostenendo che la
violenza in televisione Ł soltanto un gioco della mente e pu avere una funzione
positiva di scarica delle tensioni. Secondo i sostenitori di questa posizione i bam-
bini sanno distinguere tra violenza trasmessa in televisione e realt , inoltre la vio-
lenza nel mondo Ł molto piø grande e occorre che i bambini la conoscano. Bettel-
heim sostiene che alcuni bambini possono rimanere influenzati dai comportamenti
aggressivi che vedono in televisione ed essere spinti a metterli in pratica nella vita
reale, ma egli ritiene che la ragione di tali comportamenti vada attribuita princi-
palmente alla personalit del bambino, alla sua edu cazione e al suo rapporto con
la famiglia.
Una seconda posizione Ł quella sostenuta anche da Karl Popper, che ritiene che la
violenza in casa sia stata sostituita dalla violenza che appare in televisione e che Ł
attraverso questo mezzo che essa viene messa di fronte ai bambini per ore ogni
giorno. Egli scrive: «La televisione produce violenza e la porta nelle case dove al-
trimenti non ci sarebbe.» Egli propone anche per chiunque sia collegato alla pro-
duzione televisiva il possesso di una patente che possa essere ritirata, da una sorta
di corte, nel caso si agisca contro certi principi.48
Centinaia di studi effettuati a partire dai primi anni Sessanta concordano sul fatto
che i bambini di entrambi i sessi che guardano molto la televisione sono piø ag-
gressivi di quelli che non la guardano spesso. John Condry scrive che per i giova-
nissimi «Assistere a programmi televisivi violenti ne influenza non soltanto il
comportamento, ma anche atteggiamenti, credenze e valori.
47
L. LAFUENTI T. PURA YIDATHIL, L influenza della televisione sull aggressivit deg li
adolescenti, in «Orientamenti pedagogici», 2 (2000), p. 259
48
Karl R. POPPER John CONDRY, Cattiva maestra televisione, Milano, Reset-Donzelli, 1994,
pp. 20-21