INTRODUZIONE
gestirsi in modo efficace e garantire il raggiungimento della propria mission. Il fatto
che i musei forniscano un servizio alla collettività, ricevano finanziamenti pubblici e
non abbiamo come obiettivo primario la produzione di utile, non li autorizza a
sprecare inutilmente le risorse che hanno a disposizione per carenze nella gestione.
Questo lavoro ha dunque come obiettivo quello di analizzare la gestione finanziaria
del museo cercando di mettere in evidenza quella che è la situazione odierna dei
musei italiani partendo dall’analisi storica della situazione finanziaria dei musei
condizione indispensabile per la stesura di un possibile budget per i musei che
permetta di compiere corrette decisioni sia di investimento che di finanziamento. Le
prime riguardano la scelta di progetti, che dovrebbero generare utili in futuro, in cui
impiegare le risorse finanziarie. Poiché l’entità e l’esistenza di tali utili non sono
certe, accettare una proposta di investimento comporta un rischio. Esistono
comunque degli strumenti atti alla valutazione della bontà di un progetto
d’investimento. Nello specifico, è impossibile individuare tutti gli ambiti di
investimento possibili per un museo. Cecilia Chirieleison
1
ne individua alcuni. Un
primo ambito è la riqualificazione del servizio espositivo, intesa come la definizione
del pacchetto di servizi offerto dal museo al pubblico finalizzato a creare i
presupposti affinché la domanda si formi e si espliciti. Assume particolare rilevanza
la comprensione delle motivazioni che portano le persone a visitare un museo:
• bisogni intellettuali;
• bisogni emozionali;
• bisogni di socialità.
La ridefinizione del servizio offerto deve poi puntare a rendere la visita il più
possibile piacevole e comoda, creando così le condizioni per stimolare una visita
successiva. In quest’ambito si inseriscono anche le politiche volte alla gestione del
“sovraffollamento” che si verifica in presenza di un eccesso di domanda.
Una seconda area di investimento consiste nel miglioramento dei servizi
complementari alla visita come lo svolgimento di attività didattiche, la realizzazione
di mostre e la valorizzazione dell’attività di ricerca.
Un terzo settore di intervento è lo svolgimento di attività di comunicazione verso
l’esterno, per promuovere il museo e la propria attività.
Infine può essere vantaggioso investire risorse nell’implementazione di soluzioni
tecnologiche di supporto in quanto le condizioni di funzionamento delle strutture
museali possono oggi beneficiare di una serie di strumenti tecnologici capaci di
supportare e assecondare le modalità di realizzazione delle tre attività indicate in
1
C. Chirieleison, La gestione strategica dei musei, Giuffrè, Milano, 2002
12
INTRODUZIONE
precedenza. In primo luogo la tecnologia può permettere la proiezione del museo in
ambito virtuale. In secondo luogo la tecnologia può contribuire a migliorare la
qualità della visita museale. Infine, le tecnologie possono essere inglobate in
prodotti museali commercializzabili sotto forma multimediale.
Le decisioni di finanziamento, invece, riguardano le scelte circa la composizione
delle fonti fra capitale proprio e capitale di debito e, all’interno di quest’ultimo, tra
le varie forme disponibili. Per i musei tali finanziamenti provengono in massima
parte da contributi pubblici e, più raramente privati, dalle attività commerciali e
solo in minima parte dai ricavi conseguiti dalla propria attività istituzionale.
Analizzando quindi la situazione di un museo da una prospettiva manageriale
sorgono spontanee alcune domande alle quali solo la comprensione della dinamica
finanziaria può rispondere:
• qual è la dimensione dei flussi di liquidità complessivamente movimentati nel
corso di un periodo di gestione?
• qual è stata la politica degli investimenti?
• qual è stato il fabbisogno finanziario complessivo?
• come si è provveduto alla sua copertura?
• in che misura il museo è riuscito ad autofinanziarsi?
• in che misura si è dovuto ricorrere a fonti finanziarie esterne?
I principali prospetti di bilancio evidenziano il risultato economico della gestione
conseguito nel corso dell’esercizio considerato, ma non forniscono un’indicazione
immediata del risultato finanziario. E’ necessario quindi usare tali informazioni per
redigere un documento di sintesi che permetta di evidenziare risultati significativi
relativi all’andamento finanziario in senso stretto
2
.
Reperire informazioni economiche sui musei non è compito semplice in quanto
spesso in questa tipologia di enti si riscontra l’esistenza di un vero e proprio gap di
cultura gestionale rispetto all’impresa, carenza di un naturale atteggiamento di
trasparenza e, in molti casi, scarsa importanza attribuita ai processi di
accountability e rendicontazione, dovuta anche all’inesistenza di leggi che li
costringano alla redazione e al deposito di tali documenti. Non rientrano
ovviamente in questa categoria tutti i musei e si sta assistendo in questi anni ad
una progressiva apertura mentale verso il mondo dell’economia. I dati di bilancio
non sono, però, da soli sufficienti a comprendere un’impresa. E’ necessario
conoscere anche e soprattutto la sua storia. Come sostengono Leonardo Previ in un
2
F. Bartoli, Il rendiconto finanziario dei flussi di liquidità, Franco Angeli, Milano, 2008
13
INTRODUZIONE
14
suo saggio e Pier Luigi Celli nell’introduzione di tale saggio
3
, la dimensione
narrativa è la vera casa del cittadino europeo: senza storie l’Occidente non sarebbe
capace di costruirsi una propria identità. Ma le narrazioni sono oggi in pericolo,
aggredite da un modello economico che impone la logica della prestazione. Le
storie, quelle vere, sono tranci di vita e, soprattutto, generano altre storie. Là dove
la cultura incrocia l’impresa ci sono uomini ricchi, anche di contraddizioni, e non
contenitori semplificati di saperi di parte. Almeno così ci sembra. Per questo motivo
la prima parte ci introduce al mondo dei musei tramite la storia del museo stesso,
contestualizzandolo poi nella società attuale sia come ente culturale che come ente
economico. La seconda parte presenta la gestione finanziaria dell’azienda museo
nella sua articolazione in flussi in entrata e flussi in uscita e relativi equilibri, le
valutazioni finanziarie che è possibile compiere a partire dall’analisi finanziaria e i
vantaggi che un museo può ricavare da questo genere di atteggiamento nei
confronti della propria gestione. Infine, la terza parte presenta due casi di studio
concreti: Palazzo Grassi S.p.A. e la Fondazione Torino Musei.
3
L. Previ, Il sapere profittevole. Sulla storia economica della cultura, Vita e Pensiero, Milano, 2004
PARTE PRIMA
L’AZIENDA MUSEO
L’AZIENDA MUSEO
Prima di procedere con la trattazione relativa alla gestione finanziaria vera e
propria, è utile capire perché al museo, così come è stato definito, possono essere
adattati gli stessi parametri che si è soliti applicare nello studio della gestione di
un’azienda e che tipologie di aziende museo esistono in Italia. L’uomo, come
soggetto sociale ed economico, avverte, nel corso della sua vita, una serie di
bisogni di natura sia materiale che spirituale. Per appagare tali bisogni sono
necessari beni e servizi che l’uomo stesso si procura tramite l’attività economica.
Le persone per propria natura si organizzano in gruppi sociali chiamati istituzioni. Le
società umane che assumo caratteri di istituzioni, ossia di regole e di strutture di
comportamento relativamente stabili, sono dette istituti. In tal senso sono istituti la
famiglie, le imprese, i partiti politici, i sindacati, i Comuni e così via. Tali istituti
sono duraturi, autonomi e hanno un fine da raggiungere.
L’attività economica si svolge prevalentemente in questi istituti, che però non sono
tutti e solo deputati a questa attività, e quindi è possibile individuare l’ordine
strettamente economico di un istituto e definirlo con il termine di azienda.
Oltre a quella proposta da Airoldi, Brunetti e Coda
1
, nel corso degli anni sono state
proposte dagli studiosi molteplici definizioni di azienda. Ricordiamone alcune.
Secondo Zappa
2
l’azienda è un istituto economico destinato a perdurare che, per il
soddisfacimento dei bisogni umani, ordina e svolge in continua coordinazione la
produzione o il procacciamento e il consumo della ricchezza; per Onida
3
l’azienda è
un complesso economico posto in essere e operante sistematicamente per il
soddisfacimento in modo diretto o indiretto dei bisogni umani; Cattaneo
4
definisce
l’azienda come un particolare istituto economico volto a perseguire la produzione di
nuova ricchezza quale mezzo per il soddisfacimento, in via diretta, di bisogni e
desideri umani; Giannessi
5
, infine, afferma che l’azienda è un’unità elementare
dell’ordine economico generale, dotata di vita propria e riflessa, costituita da un
sistema di operazioni, promanante dalla combinazione di particolari fattori e dalla
composizione di forze interne ed esterne, nel quale i fenomeni della produzione,
della distribuzione e del consumo vengono predisposti per il conseguimento di un
determinato equilibrio economico, a valere nel tempo, suscettibile di offrire una
1
G. Airoldi, G. Brunetti, V. Coda, Economia aziendale, Il Mulino, Bologna, 1994, p. 39
2
G. Zappa, L’economia delle aziende di consumo, Giuffrè, Milano, 1962, p. 547
3
P. Onida, Economia d’azienda, Utet, Torino, 1960
4
M. Cattaneo, Economia delle aziende di produzione, Etas, milano, 1976
5
E. Giannessi, Appunti di economia aziendale, Pacini editore, Pisa, 1979, p. 11
17
L’AZIENDA MUSEO
18
remunerazione adeguata ai fattori utilizzati e un compenso proporzionale ai risultati
raggiunti al soggetto economico per conto del quale l’attività si svolge.
Pur se con parole diverse, queste definizioni permettono comunque di individuare
alcuni elementi comuni che un’azienda deve possedere per essere considerata tale:
un’organizzazione stabile e duratura, risorse umane e patrimoniali, un fine da
raggiungere, un sistema di operazioni poste in essere per raggiungere tale fine.
Ecco allora che, se la definizione di museo fornita dall’ICOM
6
ci permette di
equipararlo ad un istituto, possiamo affermare anche che il suo ordine economico è
l’azienda museo. Essa, infatti, rispetta le caratteristiche dell’azienda sopra elencate:
è un’istituzione permanente il cui fine è il soddisfacimento dei bisogni di studio,
educazione e diletto della società che realizza tramite l’acquisizione, la
conservazione, la comunicazione e l’esposizione delle testimonianze materiali e
immateriali della società. Una volta determinato che un’organizzazione museale può
essere assimilata ad un’azienda, resta da stabilire a che tipologia, tra quelle
individuate in dottrina, appartiene. In particolare, è possibile classificare le aziende
in base a svariati criteri e, ai fini della nostra analisi, i più interessanti sono: il fine
perseguito, la natura della produzione svolta, la forma giuridica. Prima di
addentrarci nel campo dell’analisi economica e finanziaria, peraltro, è senz’altro
utile soffermarci brevemente sulla nascita e sui principali accadimenti che hanno
portato allo sviluppo dei musei moderni.
6
Si veda Capitolo Primo Paragrafo 1.2.3
IL MUSEO
19
CAPITOLO PRIMO
IL MUSEO
1.1. Dal tempio delle Muse al museo commerciale1
1.1.1 Dal tempio delle Muse al Rinascimento
Il termine museo deriva dal greco mouseion, luogo religioso sacro alle Muse che
nella mitologia erano le nove figlie di Zeus, signore degli dei, e Mnemosine, dea
della memoria. Le Muse, oltre ad essere le cantatrici divine, presiedevano a tutte le
forme del pensiero: eloquenza, persuasione, saggezza, storia, matematica e
astronomia. Il loro mito ha così favorito la formazione di vere e proprie scuole
filosofiche. Ben presto tuttavia si arriva ad una separazione tra i valori dei filosofi,
spesso condizionati dal potere politico, e i valori religiosi, con la conseguente
distinzione tra il museo e il tempio vero e proprio. Testimonianze di questo
fenomeno sono, nel IV secolo a.C., la nascita del Museion dell’Accademia di Platone
e del Museion del Liceo di Aristotele. I musei diventano così luoghi della cultura di
stato dove si realizza il primo rapporto istituzionale tra intellettuali e potere politico.
Già nel III secolo a.C., con la fondazione del Museion e della biblioteca di
Alessandria d’Egitto per volontà di Tolomeo I di Sotere2, la cultura diviene il mezzo
1
L. Binni, G. Pinna, Museo, Garzanti, Milano, 1989
C. Chirieleison, La gestione strategica dei musei, Giuffrè, Milano, 2002
M. Montella, Musei e beni culturali. Verso un modello di governance, Electa, Milano, 2003
K. Schubert, Museo. Storia di un’idea. Dalla Rivoluzione francese a oggi, Il Saggiatore, Milano 2004
2
Tolomeo I Sotere (367 o 366 – 283 a.C.), generale di Alessandro Magno, regnò in Egitto dal 304 a.C.
fino alla morte.
L’AZIENDA MUSEO
20
per la realizzazione di un preciso progetto politico: testimoniare la continuità tra
l’impero di Alessandro Magno e il nuovo regno.
Ancora, nel I secolo a.C., il museo ospita lo svolgersi dell’attività scientifica,
filosofica e letteraria, mentre la raccolta e l’esposizione di oggetti, in quanto offerte
votive, è destinata al tempio.
Fino all’età umanistica il concetto di museo resta immutato, poi comincia a mutare
il proprio significato: non è più solo il luogo della meditazione, ma anche lo spazio
che ospita gli oggetti di studio. Nel Quattrocento, infatti, il crescente interesse per il
mondo classico sfocia nella nascita delle prime collezioni di arte antica. Non tutti i
collezionisti, però, sono mossi nella loro attività dal semplice amore per il passato,
ma spesso sono animati da precisi orientamenti ideologici. Il caso più significativo è
sicuramente quello dei Medici, signori di Firenze, i quali vedono nella collezione e
nel suo studio strumenti volti a creare consenso verso l’ascesa politica di una
famiglia non di nobili origini. Quando Firenze da Repubblica diventa Signoria, i loro
tesori da privati diventano più pubblici. Accanto alla conseguente nascita della
Galleria degli Uffizi, sorgono, in quel periodo, altri musei pubblici: la donazione di
Sisto IV al museo capitolino di Roma e L’Antiquario Grimani a Venezia. L’Italia è,
infatti, per tutto il Quattrocento, uno tra i paesi più floridi d’Europa, caratterizzata
da città vivaci e da corti che sono altrettanti centri di cultura. E’, dunque, nel
Rinascimento italiano che si affermano per la prima volta i concetti di collezionismo,
tutela e salvaguardia del patrimonio artistico. Va evidenziato, però, che nell’Atene
dei Medici, a nessuno è venuto in mente di organizzare collezioni di cose in forma
sistematica3: l’uomo del Rinascimento non ama le classificazioni e considera le
collezioni semplici strumenti di studio e di ricerca.
Le prime teorizzazioni vere e proprie vengono formulate verso la metà del 1500 da
Paolo Giovio, medico e umanista. Egli fa costruire, a Como, una villa che nella
complessa simbologia della sua decorazione si configura proprio come Tempio delle
Muse. In essa egli raccoglie i ritratti degli uomini famosi. Tali opere sono
organizzate in un percorso coerente e completate da accurate didascalie e giudizi di
valore. Tale modello si impone subito come convincente tanto da poterlo
considerare la prima forma espositiva museograficamente riconosciuta.
1.1.2 Seicento e Settecento
Negli anni successivi e per tutto il 1600 il modello espositivo delle collezioni diventa
quello della galleria. Oltre alle sontuose gallerie delle famiglie aristocratiche italiane,
3
L. Binni, G. Pinna, Museo, cit., p. 23
IL MUSEO
21
si formano le imponenti gallerie delle dinastie regnanti europee. Tra esse sono da
ricordare la Pinacoteca Ambrosiana fondata a Milano nel 1618 dal cardinal Federico
Borromeo e la prima pinacoteca pubblica d’Europa a Basilea. Inoltre, accanto alle
raccolte di opere d’arte iniziano a formarsi le prime collezioni orientate unicamente
verso la botanica, la zoologia e la mineralogia. Comincia così la scissione tra arte e
scienza, destinata ad approfondirsi nel Settecento e che culminerà a Firenze con la
separazione della collezione dei Medici: le opere d’arte restano agli Uffizi, mentre
tutto quanto attiene alle scienze naturali viene trasferito a “La Specola”, il primo
museo scientifico pubblico4.
Nel 1700 nascono le Accademie di Belle Arti e si assiste al progressivo passaggio
dal collezionismo privato alla gestione pubblica del patrimonio artistico dei singoli
stati. Nasce infatti in questi anni il concetto dell’autorità statale come distinta da
quella del re. I musei diventano pubblici in quanto appartengono allo stato e
assumono uno specifico rilievo come mezzo di comunicazione capace di incidere
sulla realtà sociale contribuendo all’ascesa di una nuova classe al potere: la
borghesia.
Il fulcro di questo processo, tuttavia, abbandona l’Italia, dove lo sviluppo della
nuova classe sociale rimane soffocato, e si sposta verso Francia e Inghilterra, dove
nelle accademie la ricerca scientifica trova un terreno più fertile e dove i musei
diventano lo strumento privilegiato di tale ricerca. Nel 1759 viene aperto il British
Museum: è il primo museo nazionale pubblico, sovvenzionato dallo stato e diretto
da scienziati. Esso si configura prevalentemente come centro di ricerca, che espone
anche a non addetti ai lavori i risultati della propria attività. Probabilmente, però, è
più corretto considerare il Louvre il primo museo in senso moderno. Infatti, già
durante gli anni in cui l’Ancien Regime andava spegnendosi si discute circa la
possibilità di trasformare il Louvre in un museo pubblico. Il progetto è studiato con
grande cura dal conte d’Angiviller, direttore generale degli edifici reali sotto Luigi
XVI. Egli provvede ad acquistare dipinti in modo da colmare le lacune presenti nelle
collezioni reali; chiama a consulto architetti per valutare le modifiche da apportare
alla Grande Galerie per renderla più adatta all’esposizione delle opere al pubblico;
interroga vari artisti per stabilire il concetto di conservazione più idoneo al nuovo
museo.
E’, però, con la Rivoluzione francese che il museo conosce un ulteriore salto di
qualità. Nel 1793, all’indomani della caduta della monarchia, viene emanato un
4 C. Chirieleison, La gestione strategica dei musei, cit., p. 53
L’AZIENDA MUSEO
22
decreto che trasforma il palazzo del re in museo pubblico. Il museo è ora
indubbiamente legato agli obiettivi e alla politica della nuova repubblica.
1.1.3 L’Ottocento
Con l’avvento di Napoleone i musei si confermano strumenti di politica culturale e di
propaganda politica. Considerevoli spoliazioni seguivano i trionfi nelle campagne
belliche: intere collezioni d’arte, considerate bottino di guerra, andavano ad
arricchire le collezioni del Louvre tanto da trasformarlo nel più ricco museo del
mondo. Vittime di queste razzie molti Paesi tra cui l’Italia. In aggiunta, per volontà
di Napoleone, nascono in Francia quattro musei tematici: il Muséum National, il
Muséum d’Histoire Naturelle, il Muséum des Munuments Francais, il Museum des
Arts et Métiers. Il primo, sotto la direzione di Jacques Luis David, è aperto per il
pubblico tre giorni ogni decade e cinque giorni per gli artisti.
Napoleone istituì anche una serie di musei per le capitali dell’Impero: le Gallerie
dell’Accademia a Venezia, il Prado a Madrid e la Pinacoteca di Brera a Milano. Il
museo, nella concezione di Napoleone, diventa una sorta di libro illustrato di storia
della nazione, capace di parlare il linguaggio del potere e di trasmetterlo a un
pubblico sempre più vasto, trasformandosi in un potente mezzo di comunicazione di
massa.
Lungo l’Ottocento l’istituzione museale conosce ovunque uno sviluppo imponente: a
Londra apre la National Gallery, a Monaco la Gliptoteca e l’Alte Pinakothek in edifici
progettati da Leo Von Klenze, a Berlino l’Altes Museum e a San Pietroburgo
l’Ermitage. Accanto ai maggiori, sorgono molti musei di minori dimensioni: si sviluppa
così la produzione di nuove opere che alimenta il mercato e amplia il dibattito
culturale in atto. In particolare, Gran Bretagna e Francia, in competizione per
l’espansione territoriale, adoperano Louvre e British Museum come simboli culturali
aventi la funzione di rappresentare le nazioni di appartenenza come custodi della
cultura universale. All’organizzazione in tutta Europa dei grandi musei nazionali si
contrappone l’Italia. L’Italia di questo periodo è una nazione costretta ad una
musealizzazione forzata. Infatti, le leggi rivoluzionarie, sia dei regimi napoleonici che
del neonato Regno d’Italia, che sopprimono gli enti religiosi nell’intero territorio
nazionale, hanno trasformato chiese e conventi in caserme, ospedali, scuole e
officine, sfrattando una enorme quantità di oggetti, esponendoli a un rischio
tremendo di trafugamenti e dispersioni5. Fu quindi a causa della necessità di trovare
immediato riparo alla massa enorme degli oggetti rimasti senza tetto che prese
5
M. Montella, Musei e beni culturali. Verso un modello di governance, cit., p. 184
IL MUSEO
23
avvio un processo che sfociò nel nascere di una fitta trama di piccoli musei locali
che costituiscono la struttura portante della conservazione italiana.
La seconda metà del secolo è caratterizzata dalla crescita sia quantitativa che
qualitativa dei musei americani: nel giro di pochi anni nascono il Met, il il Museum
of Fine Arts di Boston e l’Art Institute di Chicago. La struttura e l’impianto
concettuale del museo americano rispecchiano quello delle istituzioni europee, ma
con sostanziali differenze: i musei americani hanno il carattere di istituzioni civili
con intenti didattici e, soprattutto, sono fondati, guidati e finanziati da privati
cittadini. E’ strettissimo il rapporto tra il museo e il ricco collezionismo privato.
Attorno ai musei americani, inoltre, si sviluppa un vastissimo mercato d’arte che,
attraverso i canali dell’informazione culturale, svolge un ruolo attivo nell’orientare il
gusto del pubblico. Essi diventano ben presto il modello per i musei in tutto il
mondo.
1.1.4 Il Novecento e la situazione attuale
Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento lo sviluppo dei movimenti artistici
d’avanguardia e di nuovi canali per il rapporto tra arte e pubblico rendono il museo
un luogo di passiva conservazione. Questa situazione viene gradatamente sanata
negli Stati Uniti con la creazione di musei dedicati all’arte contemporanea. Primo tra
tutti è il MoMa6, fondato da Alfred Barr a New York nel 1929. Esso è il primo museo
dedicato esclusivamente all’arte moderna. In Europa, invece, venuta meno la natura
ideologica che sosteneva i grandi musei di stato nel secolo precedente, essi perdono
la propria identità. Il secondo dopoguerra segna la loro definitiva separazione dal
collezionismo privato e dal contesto economico. I musei infatti, danneggiati dalla
guerra, diventano sempre più isolati e chiusi al resto del mondo. Le uniche funzioni
che ancora esercitano sono conservazione e tutela.
Negli anni Cinquanta e Sessanta le battaglie culturali importanti non si combattono
più nei musei, considerati istituzioni sorpassate, ma in luoghi di impatto sociale più
immediato, come le università.
I primi segnali di un cambiamento si possono trovare a partire dalla seconda metà
del secolo, in particolare dopo il Sessantotto: venute meno le istanze nazionalistiche
ed espansionistiche, alcuni intellettuali dell’epoca cominciano ad interrogarsi circa la
mission del museo. L’idea di fondo è quella di tornare al museo rivoluzionario
dell’Illuminismo, facendo in modo che i cittadini possano riappropriarsi dei musei.
6
Museum of Modern Art
L’AZIENDA MUSEO
24
L’aumento del pubblico, l’incremento del turismo internazionale e l’emergere di nuovi
bisogni culturali hanno imposto al museo la trasformazione in centro polivalente di
attività culturali. Il modello di un nuovo tipo di museo è offerto dalla Francia con il
Centre Pompidou, realizzato tra il 1971 e il 1977 a Parigi. Esso è uno spazio
espositivo basato sui principi di flessibilità e adattabilità, su un’attività culturale
molteplice e complessa, su un’organizzazione definita e chiara. Il Centre Pompidou
è il primo museo ad adottare prospettive multiple per i propri contenuti, con
un’inversione di rotta rispetto al MoMA che invece ha sempre rigorosamente
privilegiato la narrazione monolineare. Il Pompidou non ha così solo aperto la
strada ad altre istituzioni, ma ha legittimato i musei a differenziarsi in modo
sostanziale gli uni dagli altri.
Sono, però, gli anni Ottanta a segnare, a livello mondiale, un nuovo mutamento:
entrano nei musei le scuole, i turisti e le masse. Ciascun museo elabora, di
conseguenza, una propria risposta alle particolari condizioni culturali, nazionali,
politiche ed economiche.
Un caso particolare è rappresentato dal Guggenheim Museum. Per una decina
d’anni, prima che Thomas Krens arrivasse nel 1988, il museo si trovava in una
situazione difficile. Per uscire dalla crisi e dare all’istituzione un profilo riconoscibile,
Krens comincia a percorrere la strada del museo globale progettando l’apertura di
altre sedi semi autonome nel mondo.
Di fatto, oltre alla sede di New York, le uniche ad avere successo sono la Peggy
Guggenheim Collection a Venezia e il Guggenheim Museum a Bilbao. In particolare,
con la nascita di quest’ultimo si manifesta un nuovo modello di provenienza
americana: il museo commerciale, impresa a fini di lucro non sostenuta dallo stato
e di impianto multinazionale. Questo modello racchiude però un rischio ormai
evidente: è troppo costoso. Anziché sanare la situazione finanziaria dell’azienda,
Krens l’ha di fatto aggravata, rendendo il museo sostanzialmente dipendente dalla
volontà di sponsor e donatori. Infatti, le comuni logiche che regolano il mercato
delle aziende for profit male si adattano alle mosse di un museo la cui economia si
fonda su beni unici che non sono oggetto di scambio.
Sta di fatto che il significativo aumento del numero di visitatori pone ai musei nuovi
problemi che riguardano l’accoglienza di queste persone e la creazione di servizi ad
esse destinati. Inizia così ad emergere una maggior attenzione alla gestione del
museo. Si afferma contemporaneamente una nuova visione dei beni culturali: beni
potenzialmente produttivi di ricchezza e impiego del tempo libero.
Il museo non si presenta più, come in passato, quale deposito autorevole di
prototipi culturali, ma intrattiene un dialogo attivo e alla pari con il suo pubblico.
IL MUSEO
25
Esso non fa più cieco affidamento su verità assolute, ma lascia spazio
all’interpretazione.
Il nuovo museo riflette le dinamiche e la natura multiculturale della società al
volgere del millennio, con la sua propensione a porsi sempre nuove domande e alla
ricerca di nuovi stimoli. Il museo è un tentativo di uniformare l’eterogeneità del
mondo: di interpretare, ordinare, classificare. Il museo è una macchina che produce
significato, una macchina alimentata soltanto dal convincimento che il museo sia
predisposto per creare ordine. La chiave del successo, per il museo, non è il sapere
acquisito bensì la perenne acquisizione di sapere.
Per tutto il Novecento la possibilità che il museo fosse onnicomprensivo è sembrata
reale, ma la crescita esponenziale delle conoscenze e delle collezioni ha reso questa
idea di completezza sempre più inafferrabile.
Oggi ci troviamo in un momento di singolare contraddizione, da una parte il numero
dei musei è cresciuto in modo esponenziale e il ruolo da loro svolto è sempre più
significativo; dall’altra parte la mancanza di fondi necessari all’ordinaria
amministrazione minaccia di distogliere dai loro obiettivi persino le istituzioni più
prestigiose. E’ impossibile prevedere quale sarà a lungo termine il futuro del museo,
ma guardando alla storia passata vale la pena di osservare che, contrariamente alle
apparenze, il museo si è rivelato estremamente flessibile e adattabile alle condizioni
in continuo mutamento. Esso rimane il luogo che più favorisce l’incontro tra arte e
pubblico, un incontro che sembra diventare sempre più importante per un numero
sempre maggiore di persone.
Possiamo quindi concludere che il museo, nato come figlio della memoria, perché
una delle sue funzioni essenziali è la conservazione, è anche e soprattutto figlio del
proprio tempo, di cui riflette il modo di interpretare il passato e di renderlo
fermento attivo nella cultura del presente.