4
loro difficoltà fisiche e mentali, ma anche con lo stigma sociale e gli
atteggiamenti pregiudizialmente negativi verso essi.
Nella seconda parte viene presentato un contributo di ricerca il cui
obiettivo è di esplorare, in un campione di insegnanti di sostegno in
formazione, la direzione degli atteggiamenti sociali verso la diversabilità,
ipotizzando che gli insegnanti di sostegno in formazione nella scuola
dell’infanzia e primaria esprimano atteggiamenti sociali positivamente
orientati nei confronti degli alunni diversamente abili, mostrino una
positiva rappresentazione degli alunni diversamente abili e del Sé
Professionale, avvertano una minore distanza sociale tra il Sé Professionale
e gli alunni diversamente abili.
Nelle Conclusioni, infine, riportiamo le nostre personali
considerazioni e riflessioni sulla problematica affrontata.
5
Parte Prima
Z Z Z
CAPITOLO I
L’INSEGNANTE DI SOSTEGNO
1. La dimensione relazionale dell’insegnamento
Negli ultimi decenni in psicologia si è affermato il sistema di
interpellare le persone per poter caratterizzare e contestualizzare, a livello
soggettivo, situazioni come il benessere e la soddisfazione lavorativa.
In un recente studio, Delle Fave e Massimini
1
hanno esaminato un
gruppo di 80 insegnanti italiani, di cui 43 provenienti dalla scuola
elementare e 37 dalla scuola secondaria (59 donne e 21 uomini; età media
33,4). Attraverso questionari con domande a risposta aperta e su scala sono
state analizzate le attività ottimali e le scelte professionali. Tra le attività
ottimali sono state citate le letture nel 20,4% delle risposte, gli hobby
(principalmente pittura, disegno e scrittura creativa) nel 14,7%, il lavoro
nel 13,9%, e lo studio nel 7,8%. Alla domanda relativa alla motivazione
connessa alla scelta professionale, gli insegnanti hanno addotto, nel 59%
dei casi, l’interesse e la vocazione, con risposte relative alla passione per
l’attività e all’interesse per il lavoro educativo con i bambini. Si tratta di
risposte connesse alla motivazione intrinseca, ossia alla gratificazione
scaturita dallo svolgimento dell’attività stessa e dal senso di competenza ed
1
Delle Fave A., Massimini F. (2003), «Optimal experience in work and leisure among teachers and
physicians: Individual and bio-cultural implications», Leisure Studies, 22, pp. 323-342.
6
autodeterminazione che ne derivano
2
. I partecipanti hanno inoltre descritto
le esperienze positive e negative connesse al lavoro. La categoria
“feedback” viene indicata come principale fonte sia delle esperienze
positive (33% delle risposte) sia di quelle negative (27,9%). Da un lato
vengono menzionati l’attenzione, il coinvolgimento e l’interesse degli
studenti, dall’altro la loro mancanza. Tra le esperienze positive i
partecipanti citano l’interazione con gli studenti (22%) e la soddisfazione
per il raggiungimento di obiettivi di lavoro mediante le proprie abilità
professionali (18%). Tra le esperienze negative sono citati, invece, i
conflitti con i colleghi (16,3%) e la burocrazia (13,5%).
Da questa indagine scaturiscono due considerazioni. In primo luogo,
gli insegnanti indicano come l’acquisizione e lo scambio di conoscenze
siano centrali nella costruzione del loro “tema di vita”
3
, inteso come
l’insieme di obiettivi, interessi e valori che ogni individuo coltiva con
preferenza nel tempo. Oltre all’insegnamento, essi dedicano attenzione
primariamente ai libri, agli hobby artistici e allo studio. La professione
permette loro sia di coltivare attività che generano piacere intellettuale, sia
di trasmettere l’interesse per la conoscenza agli studenti. La percentuale
delle attività ottimali connesse al lavoro risulta però piuttosto limitata. Ciò
indica la necessità di offrire agli insegnanti maggiori opportunità di
coltivare le proprie abilità, di trovare sfide e di vivere esperienze
gratificanti nel lavoro, nella prospettiva del proprio tema di vita ma anche
del ruolo svolto nel formare le giovani generazioni.
A questo è legata la seconda considerazione. Dai dati emerge la
dimensione relazionale dell’insegnamento: alle persone (studenti e
2
Deci E.L., Ryan R. (1985), Intrinsic motivation and self-determination in human behavior, Plenum,
New York.
3
Csikszentmihalyi M., Beattie O. (1979), «Life Themes: a theoretical and empirical exploration of their
origins and effects», Journal of Humanistic Psychology, 19, pp. 677-693.
7
colleghi) sono connesse tanto le esperienze più positive quanto le più
negative. La scuola dovrebbe prestare maggiore attenzione alla dimensione
relazionale della professione, data la sua grande influenza sul benessere
lavorativo. La qualità dell’esperienza che gli insegnanti associano alla
propria professione ha importanti riflessi sul processo educativo: essa
influenza l’efficacia della trasmissione culturale e il desiderio di apprendere
degli studenti
4
. In particolare è stata rilevata una relazione tra l’esperienza
ottimale degli insegnanti ed il coinvolgimento cognitivo degli studenti nelle
attività scolastiche
5
. La possibilità di reperire attività lavorative stimolanti
nonché la capacità di gestire le relazioni sembrano perciò influire sia sul
benessere dell’insegnante sia sul processo di apprendimento degli studenti.
Il concetto di soddisfazione lavorativa è centrale nella definizione di
benessere dell’insegnante. Esso presenta notevoli implicazioni a livello
occupazionale: si è infatti evidenziato come il grado di soddisfazione sia in
relazione alla probabilità di abbandono della professione. In particolare, è
stato osservato che gli insegnanti impegnati in programmi di educazione
speciale sono più insoddisfatti di quelli coinvolti nell’istruzione generale o
in entrambi i contesti
6
. Particolarmente insoddisfatti risultano gli insegnanti
più giovani e con minore esperienza.
Elementi determinanti della soddisfazione lavorativa sono
l’interazione con gli studenti, gli atteggiamenti sociali, lo stile di leadership
dei dirigenti scolastici e il riconoscimento sociale della professione
7
.
4
Csikszentmihalyi M. (1997), «Intrinsic motivation and effective teaching: A flow analysis», in J. Bess
(ed), Teaching well and liking it: Motivating faculty to teach effectively, John Hopkins University Press,
Baltimore, pp. 72-89.
5
Zhu N. (2002), «The effects of teachers' flow experiences on the cognitive engagement of students»
Dissertation Abstracts International Section A: Humanities & Social Sciences, Vol. 62, University
Microfilms International, US.
6
Stempien L., Loeb R. (2002), «Differences in job satisfaction between general education and special
education teachers: Implications for retention», Remedial & Special Education, 5, pp. 258-267.
7
Bogler R. (2002), «Two profiles of schoolteachers: a discriminant analysis of job satisfaction»,
Teaching and Teacher Education, 18, pp. 665-673.
8
Evans
8
ha suggerito di concettualizzare la soddisfazione sul lavoro in
base a due elementi costitutivi: l’appagamento lavorativo e il confort
lavorativo. Il primo si riferisce alla valutazione soggettiva della propria
prestazione professionale; il secondo è legato al livello di soddisfazione
relativo alle condizioni ambientali di lavoro.
All’interno del primo elemento si trovano le convinzioni che, con
Bandura
9
, possiamo definire di autoefficacia, ovvero le convinzioni relative
alla propria capacità di affrontare adeguatamente situazioni specifiche.
Come negli studi relativi alla qualità dell’esperienza soggettiva, anche la
teoria cognitivo-sociale, che ha elaborato il concetto di autoefficacia, pone
l’accento sull’agentività umana: gli individui tendono infatti a perseguire le
attività nelle quali credono di poter riuscire con successo. La ricerca ha
evidenziato che i giudizi di autoefficacia influenzano il tipo di attività cui le
persone si rivolgono, l’entità dell’impegno profuso nelle situazioni, il
tempo dedicato ad un compito e le reazioni emotive prima o durante una
situazione
10
.
In ambito educativo l’autoefficacia dell’insegnante è stata definita
come il grado in cui l’insegnante crede nelle proprie capacità di influenzare
la prestazione degli studenti
11
o di influenzare le modalità di apprendimento
degli allievi, anche i più difficili o svogliati
12
.
La definizione assume un carattere prevalentemente relazionale, così
come relazionali sono le conseguenze dell’autoefficacia dell’insegnante.
Numerosi studi hanno, infatti, mostrato che elevati punteggi di
8
Evans L. (1997), «Addressing problems of conceptualization and construct validity in researching
teachers’ job satisfactions», Educational Research, 39, pp. 319-331.
9
Bandura A., Self-efficacy: The exercise of control, Freeman, New York, 1997.
10
Bandura A. (2001), «Social cognitive theory: An agentic perspective», Annual Review of Psychology,
52, pp. 1-26.
11
Bergman P., McLaughlin M., Bass M., Pauly E., Zellman G. (1977), Federal programs supporting
educational change: Vol. VII: Factors affecting implementation and continuation, Rand, Santa Monica.
12
Guskey T., Passaro P. (1994), «Teacher efficacy: A study of construct dimensions», American
Educational Research Journal, 31, pp. 627-643.
9
autoefficacia nell’insegnamento sono associati all’adozione di
innovazioni
13
, all’impegno professionale
14
, ad efficaci strategie di gestione
della classe
15
ed a bassi livelli di stress
16
. L’autoefficacia nell’insegnamento
predice, inoltre, la motivazione e il rendimento scolastico degli studenti
17
.
Ulteriori studi hanno analizzato il ruolo svolto dalle convinzioni di
efficacia collettiva nell’insegnamento ed il grado di soddisfazione
lavorativa. Per efficacia collettiva, come indica Bandura, s’intendono le
percezioni degli individui relative ad un sistema sociale (famiglia, gruppo,
organizzazione o comunità) e al suo livello di competenza in determinati
campi d’azione. In particolare, ci si riferisce alle convinzioni degli
insegnanti in merito alla capacità dell’istituzione scolastica di organizzare
ed eseguire le azioni necessarie allo svolgimento della propria missione
educativa
18
. L’effetto dell’efficacia collettiva risulta particolarmente
pronunciato tra i giovani insegnanti che si affacciano alla professione
19
. E’
stato inoltre osservato che le percezioni di efficacia collettiva rappresentano
importanti predittori delle differenze tra scuole relativamente alla
prestazione scolastica degli studenti
20
.
Tra autoefficacia ed efficacia collettiva esistono importanti
connessioni. Gli insegnanti “non sono isolati socialmente ed immuni
13
Fuchs L., Fuchs D., Bishop N. (1992), «Instructional adaptation for students at risk», Journal of
Educational Research, 86, pp. 70-84.
14
Coladarci T. (1992), «Teachers’ sense of efficacy and commitment to teaching», Journal of
Experimental Education, 60, pp. 323-337.
15
Woolfolk A., Rosoff B., Hoy W. (1990), «Teacher’s sense of efficacy and their beliefs about managing
students», Teaching and Teacher Education, 6, pp. 137-148.
16
Parkay F., Greenwood G., Olejnik S., Proller N. (1988), «A study of the relationship among teacher
efficacy, locus of control, and stress», Journal of Research and Development in Education, 21, pp. 13-22.
17
Multon K., Brown S., Lent R. (1991), «Relation of self-efficacy beliefs to academic outcomes: A meta-
analytic investigation», Journal of Counseling Psychology, 38, pp. 30-38.
18
Goddard R., Goddard Y. (2001), «A multilevel analysis of the relationship between teacher and
collective efficacy in urban schools», Teaching and Teacher Education, 17, pp. 807-818.
19
Tschannen Moran M., Woolfolk A., Hoy M., Hoy W. (1998), «Teacher efficacy: Its meaning and
measure», Review of Educational Research, 68, pp. 202-248.
20
Goddard R., Hoy W., Woolfolk A. (2000), «Collective teacher efficacy: Its meaning, measure, and
effect on student achievement», American Education Research Journal, 37, pp. 479-507.
10
dall’influenza di coloro che li circondano”
21
: l’influenza sociale, infatti,
plasma l’autoefficacia. Goodard e Goddard
22
hanno trovato che la
percezione di autoefficacia degli insegnanti può essere promossa o
attenuata dalla valutazione della capacità collettiva. Gli insegnanti sono,
infatti, consapevoli delle credenze collettive che caratterizzano un istituto
scolastico e ne vengono influenzati. In particolare, l’autoefficacia
nell’insegnamento è più elevata nelle scuole dove è maggiore l’efficacia
collettiva. Laddove, cioè, gli insegnanti tendono ad avere un’alta opinione
della capacità collettiva dell’istituto di appartenenza, tendono anche a
lavorare con maggiore impegno per ottenere buoni risultati con gli studenti.
Per quanto concerne la soddisfazione lavorativa, infine, Caprara,
Barbaranelli, Borgogni e Steca
23
sottolineano l’influenza, diretta ed
indiretta, esercitata sia dai giudizi di autoefficacia nell’insegnamento sia da
quelli di efficacia collettiva: la percezione da parte dell’insegnante delle
capacità di dirigenti scolastici e colleghi di perseguire la propria missione
istituzionale svolge un ruolo cruciale nel determinare l’efficacia collettiva.
In misura minore, influenzano l’efficacia collettiva anche le percezioni
relative al coinvolgimento di studenti e famiglie e del personale non-
docente. Il giudizio d’autoefficacia, invece, appare influenzare soprattutto
le percezioni dell’insegnante riguardo agli studenti e alle loro famiglie:
insegnanti autoefficaci non sono solo inclini a percepire una più elevata
partecipazione di studenti e famiglie, ma contribuiscono anche a creare le
condizioni per il loro coinvolgimento attivo nella scuola.
21
Bandura A. (1997), Op.cit., p.469.
22
Goddard R., Goddard Y. (2001), Op.cit, pp. 807-818.
23
Caprara G.V., Barbaranelli C., Borgogni L., Steca P. (2003), «Efficacy beliefs as determinants of
teachers’ job satisfaction», Journal of Educational Psychology, 95, pp. 821-832.
11
1.1 La sindrome del burnout negli insegnanti e il Sé
professionale
Così come l’insegnante può trarre dalla relazione fonti di benessere
personale e di soddisfazione lavorativa, al contrario la relazione può
diventare occasione di esperienze negative
24
. Nella professione: il contatto
quotidiano con studenti, colleghi, famiglie, dirigenti scolastici genera,
talvolta, occasioni di incomprensione ed anche di conflitto. Come emerso
dallo studio precedentemente indicato
25
, la mancanza di riscontri, di
partecipazione e d’interesse da parte degli studenti è la fonte più frequente
di esperienze negative. Quando queste vengono controbilanciate da
esperienze relazionali positive e l’insegnante si reputa in grado di
controllare la classe, le frustrazioni che ne derivano possono essere
facilmente gestite. Ma, una cronicizzazione del malessere può condurre
all’esaurimento psicofisico dell’insegnante, cioè al burnout.
Il termine burnout è stato introdotto da Freudenberger
26
nel 1975 e
indica una condizione di stress lavorativo rilevato in prevalenza tra persone
impegnate in attività professionali di aiuto (operatori sanitari ed
insegnanti). Si deve a Christina Maslach l’analisi approfondita di questo
fenomeno e lo sviluppo di uno strumento di misurazione, il Maslach
Burnout Inventory
27
. Il burnout è caratterizzato da tre fattori:
ξ “esaurimento emotivo” – la mancanza dell’energia necessaria per
affrontare la realtà quotidiana e la prevalenza di sentimenti di apatia e
distacco emotivo nei confronti del lavoro: l’individuo si sente svuotato,
24
Caprara G.V., Barbaranelli C., Borgogni L., Steca P. (2003), Op. cit., p. 829.
25
Ibidem.
26
Freudenberger H. (1975), «The staff burn-out syndrome in alternative institutions», Psychotherapy:
Theory, Research & Practice, 12, pp.73-82.
27
Maslach C., Jackson S. (1981), «The measurement of experienced burnout», Journal of Occupational
Behaviour, 2, pp. 99-113.
12
sfinito;
ξ “depersonalizzazione” – un atteggiamento caratterizzato da distacco ed
ostilità verso le altre persone, primariamente nella relazione
professionale d’aiuto, vissuta con fastidio, freddezza e cinismo.
L’individuo tenta di sottrarsi al coinvolgimento, limitando la quantità e
qualità dei propri interventi professionali al punto da rispondere
evasivamente alle richieste di aiuto;
ξ “ridotta realizzazione personale” – la percezione di fallimento
professionale dovuta alla propria inadeguatezza nel lavoro, connessa
alla consapevolezza del proprio disinteresse ed intolleranza verso la
sofferenza e la richiesta d’aiuto degli altri, ed accompagnata dai
conseguenti sentimenti di colpa per le modalità impersonali e
“disumanizzate” che hanno sostituito l’efficacia e la competenza
relazionale.
Gli insegnanti sono una categoria professionale particolarmente
esposta a burnout, a qualsiasi ordine di scuola appartengano
28
. Causa di
maggiore stress lavorativo la mancanza di disciplina e il comportamento
difficile degli studenti
29
, ma anche le classi numerose, la conflittualità tra i
colleghi, il precariato, lo scarso riconoscimento sociale della professione,
l’inserimento di alunni disabili nelle classi, le riforme scolastiche ed anche
l’introduzione del computer
30
. Anche i dirigenti scolastici sono soggetti a
burnout. Tra le cause di stress, le eccessive richieste e il superlavoro
causato da insegnanti e genitori che mostrano mancanza di fiducia e di
28
cfr. Byrne B. (1991), «Burnout: Investigating the impact of background variables for elementary,
intermediate, secondary and university educators», Teaching and Teacher Education, 7, pp. 197-209.
29
Burke R., Greenglass E., Schwarzer R. (1996), «Predicting teacher burnout over time: Effects of work
stress, social support, and self-doubts on burnout and its consequences», Anxiety, Stress, and Coping: An
International Journal, 9, pp. 1-15.
30
Guglielmi R., Tatrow K. (1998), «Occupational stress, burnout, and health in teachers: A
methodological and theoretical analysis», Review of Educational Research, 68, pp. 61-99.
13
riconoscimento del ruolo dirigenziale.
31
Secondo un recente studio italiano, gli insegnanti risultano piuttosto
disinformati sul rischio di burnout nella scuola
32
- il 60% del campione
intervistato (N = 1244) non ne ha mai sentito parlare – e si mostrano
interessati ad acquisire maggiori informazioni in proposito.
A partire dal modello tridimensionale del burnout elaborato da
Maslach e Jackson (1981), si è accertato che negli insegnanti:
ξ la dimensione “esaurimento emotivo” è legata al vissuto personale di
sentirsi incapaci di rapportarsi agli studenti/alunni/bambini;
ξ la dimensione “depersonalizzazione” si manifesta principalmente
con un atteggiamento cinico di insensibilità rispetto ai bisogni e ai
problemi dei propri alunni;
ξ la dimensione “ridotta realizzazione lavorativa” si traduce in una
percezione di inefficacia nell'insegnamento e nella stimolazione
dell'interesse degli studenti/alunni/bambini e in una percezione di
incapacità a sostenere le responsabilità del proprio ruolo
professionale.
In generale, dunque, l'insegnante vittima del burnout è meno
empatico con i propri allievi, meno sensibile ai loro problemi e bisogni, ha
una bassa tolleranza nei confronti di quello che accade in classe (disordine,
atti aggressivi, ecc.), si sente incapace di trattare la classe adeguatamente
ed è meno coinvolto nel suo lavoro. Tutto ciò finisce con l'avere un effetto
negativo sull'insegnante, sugli allievi e, nel complesso, sull'intera
31
Friedman I. (2002), «Burnout in school principals: role related antecedents», Social Psychology of
Education, 5, pp. 229-251.
32
Lodolo D’Oria V., Pocaterra R., Pozzi S. (2003), «La comunicazione sinergica sociale e di prodotto
applicata». In V. Lodolo D’Oria (a cura di), Pubblicità, sponsorizzazioni e cause related marketing: tre
nuovi strumenti di marketing per imprese, sanità, scuola ed enti locali. Il Sole 24 Ore, Milano, pp. 201-
255.
14
comunità
33
.
Secondo la Maslach, la sindrome del burnout è caratterizzata da tre
dimensioni che originano da un'eccessiva richiesta emozionale subita
dall'operatore-insegnante, che arriva a sentirsi sopraffatto da essa, è proprio
per l'esistenza della fase di depersonalizzazione che il burnout si distingue
dallo stress lavorativo, con il quale, invece, ha in comune l'esaurimento
emozionale e la scarsa realizzazione personale; inoltre lo stress è un
fenomeno psicofisiologico individuale, mentre il burnout è un fenomeno
soprattutto psicosociale
34
.
Anche Edelwich e Brodsky
35
considerano l'evoluzione ciclica dei Sé
professionale nei professionisti d'aiuto e negli insegnanti. Il ciclo, che può
essere interrotto ad ogni stadio con idonei interventi, può anche
ripresentarsi più volte nella vita lavorativa di un individuo. L'evoluzione
del Sé professionale si realizza attraverso i seguenti quattro stadi:
ξ “Stadio dell'entusiasmo”: l'operatore è fortemente motivato e al di là
dello “zoccolo” della sua motivazione (che può essere di tipo
religioso, politico, ecc.) troviamo sempre una base di entusiasmo,
anche se non mancano motivazioni secondarie quali la ricerca di un
impiego sicuro, o la scelta di un lavoro di prestigio. Altre
motivazioni meno consapevoli sono, per esempio, il desiderio di
esercitare un potere sugli altri o di sentirsi i detentori della salute
della popolazione. In questa fase si enfatizzano gli aspetti positivi e
gradevoli di una professione, scartando gli aspetti negativi: si ha,
dunque, una percezione non realistica delle effettive difficoltà che
l'attività professionale comporta.
33
Farber B.A., Stress and burnout in the human service professions, Pergamon Press, New York, 2000.
34
Rossati A., Magro G., Stress e burnout, Carocci, Roma, 2000.
35
Edelwich J.E., Brodsky A., Burn-out. Stages of disillusionement in the helping professions. Human
Sciences Press, New York, 1980.