2
con un’opera di censura al poema stesso, il Vaglio Critico di Masoto Galistoni, è nato il
proposito di estendere la ricerca ad altri testi del periodo riguardanti la scoperta.
Nel reperire notizie sull’argomento sono stati incontrati molteplici ostacoli e
difficoltà. In primo luogo, occorre precisare che la maggior parte della produzione
critica riguardante la poesia colombiana risale al XIX secolo, e quindi è stato necessario
effettuare una lunga ricerca prima di poter reperire e consultare queste rarissime opere.
In secondo luogo, soprattutto nei testi bibliografici sono state individuate moltissime
inesattezze, che hanno sovente fuorviato la ricerca imponendo una continua correzione
delle imprecisioni.
A questo proposito, si è riscontrato che le ricerche compiute in questo campo
sono state in genere caratterizzate da un’estrema superficialità, in quanto molti studiosi
si sono limitati a riportare dati bibliografici e giudizi critici tratti da opere precedenti,
senza verificare l’esattezza di tali notizie. Proprio l’imprecisione degli studiosi è stata
l’origine dei molti errori, anche clamorosi, individuati nel corso della ricerca.
Le diffuse inesattezze hanno ovviamente reso molto arduo il riconoscimento dei
dati effettivamente corretti e hanno imposto un costante confronto fra i vari testi
bibliografici e le opere critiche. Perciò la ricerca ha subito rallentamenti e frequenti
cambiamenti di percorso, che avvenivano nel momento in cui si accertava l’inesattezza
di un’informazione.
Per i motivi appena esposti, la definitiva individuazione delle opere che
effettivamente rientravano nell’ambito della ricerca
1
è stata sentita come la difficile
conquista di un’area di conoscenza fino a quel momento trascurata dalla critica, che non
l’aveva mai resa oggetto di uno studio serio e completo.
1
Sono state esclusi, ad esempio, i testi indicati dai critici come aventi per argomento la scoperta
dell’America e in seguito rivelatisi opere di ambientazione asiatica.
3
Moltissime delle osservazioni riportate nel presente lavoro sono di assoluta
novità e, se si considera la loro importanza e le ampie riflessioni che hanno suscitato, è
certamente sorprendente il fatto che in precedenza nessuno le abbia mai rilevate. Questo
discorso è riferito soprattutto alla produzione epica, ovvero alle opere di più ampio
respiro ma anche più ricche di contenuto. Viceversa, sia dai letterati dell’epoca che dai
critici dei secoli seguenti il filone epico sulla scoperta è stato considerato come un
insieme di poemi di scarso interesse, mediocri nello stile e ridicoli nel contenuto: come
opere letterarie sono state disprezzate per la loro evidente inferiorità artistica nei
confronti dei capolavori dell’epoca, mentre come testi di argomento americano nei
secoli scorsi sono stati ignorati per la loro scarsa attendibilità nel raccontare un evento
storico fra i più importanti nella storia dell’umanità.
Per questi motivi la ricerca qui esposta ha dovuto trascurare i pregiudizi espressi
dagli studiosi dal XVII secolo ad oggi, ponendosi come obiettivo la lettura e l’analisi
delle opere in questione nella loro completezza, al fine di verificare, ed eventualmente
dimostrare, l’erroneità di giudizi non basati sull’effettiva conoscenza dei testi.
La lettura dei poemi è stata compiuta esclusivamente sulle edizioni antiche del
‘500-’600, non esistendo edizioni moderne di tali opere: naturalmente ciò ha
rappresentato un ulteriore ostacolo alla ricerca, a causa delle difficoltà nel reperire
queste rarissime edizioni, oltre agli ovvi problemi di consultazione. Infatti, la lettura dei
poemi e delle altre opere antiche studiate ha potuto essere effettuata esclusivamente
all’interno delle biblioteche in cui i testi sono conservati, non essendo stato possibile
riprodurli in alcun modo, e ha perciò richiesto dei tempi piuttosto lunghi. Occorre
ricordare che, oltre che nella Biblioteca Vittorio Emanuele di Roma, le opere sono state
consultate nella Biblioteca Vaticana e nella Biblioteca Casanatense.
4
Pur avendo esteso la ricerca ai poemi dell’intero filone epico sulla scoperta,
un’attenzione particolare è stata comunque riservata alla prima epopea studiata, il
Mondo Nuovo di Stigliani. L’opera è stata analizzata anche in rapporto ai molti testi di
censura prodotti contro il poema del letterato materano, che all’epoca è stato, unico nel
suo genere, al centro di un’aspra polemica letteraria. Lo studio di queste opere di
censura è stato finalizzato all’individuazione dei motivi che hanno spinto tanti
intellettuali del ‘600 ad attaccare il poema di Stigliani e soprattutto si è voluto verificare
se le critiche riguardavano il contenuto americano del Mondo Nuovo oppure altri aspetti
dell’opera.
Al fine di avere una visione più completa del periodo in cui si è sviluppata la
polemica e dei rapporti tra Stigliani e i letterati del tempo, si è ritenuto opportuno
fornire delle notizie sulla vita e sulle opere del materano e, sulla base delle informazioni
ricavate, tentare di delineare la personalità dell’autore del Mondo Nuovo.
In seguito, le lunghe ricerche effettuate riguardo alla polemica intorno al poema
di Stigliani si sono rivelate di un’inaspettata utilità: infatti, proprio la lettura di un’opera
di censura al Mondo Nuovo ha consentito l’individuazione di un importante indizio, che
ha portato al ritrovamento di un poema inedito sulla scoperta.
Precedentemente, nel corso della ricerca sulla produzione epica su Colombo,
erano state raccolte informazioni su un’ipotetica serie di frammenti inediti mai
rinvenuti. Tuttavia, non era stato possibile verificare l’effettiva esistenza di tali testi,
prodotti tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo e citati in numerose opere
bibliografiche. Occorre precisare che gli stessi bibliografi avevano semplicemente tratto
i dati riferiti a questi poemi da alcune fonti del ‘600, senza essere riusciti a dimostrarne
l’esistenza.
5
Per una curiosa coincidenza, la lettura di un testo apparentemente estraneo a tale
ambito ha fornito l’informazione necessaria all’individuazione di uno di questi
misteriosi manoscritti. In particolare, una citazione contenuta in un’opera del famoso
letterato e bibliofilo del ‘600 Angelico Aprosio ha fatto ipotizzare l’appartenenza di una
copia del poema inedito alla stessa collezione di Aprosio. La ricerca è proseguita
attraverso alcune biblioteche liguri, prima a Ventimiglia e quindi a Genova, ed è stato
possibile ricostruire l’intero percorso compiuto dal manoscritto dal XVII secolo ad
oggi.
Nel corso dell’indagine, si è più volte prospettata la possibilità che il testo fosse
ormai irreperibile, a causa delle molte peripezie che ogni biblioteca ha dovuto affrontare
nei secoli passati: l’assenza del manoscritto dalla Biblioteca Aprosiana di Ventimiglia,
ad esempio, ha fatto temere che il prezioso poema fosse andato distrutto in un incendio
avvenuto nel XVII secolo oppure che fosse stato acquistato da un cittadino privato, fatto
che avrebbe reso ancora più arduo il ritrovamento.
Fortunatamente, non si è verificata alcuna di queste evenienze e si è potuta
invece accertare l’acquisizione del manoscritto da parte di un nobile genovese dell’800.
Attualmente l’opera, ovvero il Mondo Nuovo di Giovanni Maria Vanti, è conservata
nella Biblioteca Pallavicini Durazzo di Genova, che comprende l’intera collezione dei
testi appartenuti ad Aprosio e acquistati dal Marchese Giacomo Filippo Durazzo nel
1801.
Apparentemente conclusasi con l’individuazione della biblioteca in cui ancora
oggi è conservato il manoscritto, la ricerca ha riservato un’ultima sorpresa: infatti, a
causa di una nota contenuta nel catalogo della biblioteca che indicava in Giovanni
Maria Vanti uno pseudonimo di Tommaso Stigliani, si è temuto che il sospirato
manoscritto non fosse altro che una copia del già noto poema edito di Stigliani. Soltanto
6
un confronto fra i due testi ha permesso di fugare ogni dubbio e di riconoscere
nell’opera un nuovo poema, finora sconosciuto, da aggiungersi al filone epico sulla
scoperta.
Come si può vedere, il particolare percorso di ricerca, che ha avuto come
risultato la scoperta di un testo inedito sull’argomento studiato, ha permesso di mettere
a frutto le moltissime notizie apprese nel corso delle ricerche precedenti. Per questo
motivo il rinvenimento del Mondo Nuovo di Vanti è sembrato il più degno compimento
dell’intero periodo di studio: ha rappresentato il miglior risultato cui si potesse aspirare
con questa ampia e complessa indagine e, infine, ha costituito un’ulteriore conferma
della validità e dell’importanza delle ricerche effettuate.
7
Nota
Per la trascrizione dei testi antichi, sono stati apportati esclusivamente gli
aggiornamenti grafici necessari: riduzione all’uso moderno di u e v, risoluzione di ij in
ii, scioglimento della sigla tironiana e delle abbreviazioni, cauta regolarizzazione della
punteggiatura. L’uso delle maiuscole e minuscole, degli accenti ed apostrofi è stato
mantenuto e sono state apportate correzioni solo nel caso di possibili fraintendimenti e
difficoltà di lettura.
Per quanto riguarda il manoscritto del Mondo Nuovo di Vanti, il testo non ha
presentato particolari problemi di lettura e sono stati apportati interventi minimi: sono
stati corretti gli evidenti errori di trascrizione, mentre sono state mantenute le norme
grafiche dell’epoca.
8
Introduzione
Il Nuovo Mondo nella cultura italiana tra il '400 e il '600
“Cristoforo Colombo, [...] il primo inventore di discoprire e far venire in luce questa metà del
mondo, avendolo il nostro Signor Iddio eletto [...] per far così grande impresa [...], la più
maravigliosa e la più grande che già infiniti secoli sia stata fatta”
1
.
Con queste parole Giovanni Battista Ramusio elogiava l’impresa colombiana nel
suo “Discorso sopra il terzo volume delle Navigazioni e Viaggi” del 1556.
Quattro anni prima Francisco López de Gómara, nella dedicatoria della Historia
General de las Indias, aveva così definito la scoperta:
“La mayor cosa después de la creación del mundo, sacando de la encarnación y muerte del que
lo creó, es el descubrimiento de las Indias”
2
.
I giudizi appena riportati sono solo due tra le tante testimonianze dell’epoca
sull’evento, e dimostrano quanto questi due illustri letterati del ‘500 fossero già
consapevoli dell’importanza della scoperta dell’America nella storia dell’umanità.
Il significato dell’impresa di Cristoforo Colombo, tuttavia, sarebbe stato
compreso pienamente solo più tardi, quando iniziarono ad essere evidenti i mutamenti
che la scoperta aveva operato: la visione generale del mondo venne sconvolta
dall’improvvisa apparizione di un nuovo continente, che dimostrò l’erroneità delle tesi
di molti pensatori e scienziati del passato, convinti dell’esistenza al mondo di tre soli
continenti, l’Europa, l’Asia e l’Africa.
Ramusio nel suo “Discorso” ricordò che in realtà un filosofo del passato non
aveva commesso tale errore: Platone infatti, nel Timeo, parlò della storia dell’isola
Atlantide, racconto che, fino alla scoperta dell’America, era stato interpretato come una
1
Giovanni Battista Ramusio, Navigazioni e viaggi, Torino, Einaudi, 1985, vol. V, pp. 12-13.
9
storia allegorica, mentre l’impresa di Colombo avrebbe fatto ipotizzare una presunta
veridicità del testo platonico.
Ad ogni modo, la comparsa del continente americano impose la formazione di
una nuova concezione del mondo. Si passò da una visione statica, in cui l’Europa
occupava una posizione centrale e predominante, alla concezione di un mondo in
graduale espansione, grazie alla continua scoperta di nuove terre dal XV al XVIII
secolo, in cui il continente europeo perse con il passare del tempo parte della sua
supremazia culturale.
Il passaggio dalla vecchia alla nuova visione, naturalmente, non fu immediato.
Come ha ricordato J. H. Elliott, il processo di assimilazione del Nuovo Mondo da parte
dell’Europa è stato “un proceso difícil y largo, que en muchos aspectos aún estaba lejos
de completarse hacia la mitad del siglo XVII”
3
, e questo fu dovuto ad una
comprensibile difficoltà ad accettare in breve tempo una realtà nuova e inaspettata.
Tra il XV e XVII secolo giunse dal Nuovo Mondo una gran quantità di notizie,
sulla cui base l’uomo europeo iniziò a formarsi una prima “idea” dell’America. In
questo senso, il punto di vista dal quale i cronisti osservavano le nuove terre e il loro
bagaglio culturale si rivelò essere di grande importanza, perché, come ha osservato
Rosario Romeo, “idee e valori preesistenti operano direttamente sui viaggiatori, [...] si
inseriscono sui dati dell’osservazione empirica”
4
.
Nelle cronache dal Nuovo Mondo erano ad esempio molto diffusi immagini ed
elementi appartenenti alla tradizione letteraria medioevale, come le descrizioni di
paesaggi idillici o personaggi leggendari e mitologici. E, insieme alle descrizioni reali,
2
Francisco López de Gómara, “Primera Parte de la Historia General de las Indias”, in AA.VV.,
Biblioteca de Autores Españoles, tomo XXII, Madrid, 1852, p. 156.
3
J. H. Elliott, El viejo Mundo y el Nuevo (1492-1650), Madrid, Alianza, 1972, p. 41.
4
Rosario Romeo, Le scoperte americane nella coscienza italiana del Cinquecento, Bari, Laterza, 1989,
pp. 6-7.
10
anche queste immagini hanno contribuito alla formazione dell’”idea” dell’America
nella coscienza europea.
Per comprendere le modalità con cui è avvenuta la lenta assimilazione della
realtà americana, è perciò opportuno esaminare la diffusione delle notizie sul Nuovo
Mondo in Europa, con una particolare attenzione alla situazione italiana.
Nel XVI e XVII secolo le informazioni riguardanti la scoperta e la successiva
esplorazione del nuovo continente non hanno avuto una diffusione omogenea. Infatti, è
stata maggiore nei paesi direttamente interessati, come la Spagna e il Portogallo, e,
come è evidente dallo spoglio delle fonti, anche in Inghilterra e in Francia. Negli altri
paesi europei, come la Germania o l’Olanda, le notizie arrivavano solo in un secondo
tempo, attraverso traduzioni di documenti, quali le cronache e le testimonianze
provenienti dal Nuovo Mondo.
La divulgazione non è stata uniforme in tutti i periodi. Per quanto riguarda
l'Italia, per esempio, nel XVI secolo si possono individuare tre momenti diversi: i primi
vent'anni, caratterizzati da una produzione e diffusione notevole, il periodo compreso
tra il 1520 e il 1550, in cui l'interesse per il Nuovo Mondo è venuto meno, e infine la
seconda metà del '500, in cui il Nuovo Mondo è tornato ad essere un argomento degno
di attenzione.
Inizialmente la notizia della scoperta venne diffusa in Europa grazie ai carteggi
tra intellettuali e personaggi importanti dell'epoca. Il primo documento in assoluto
risulta essere la lettera di Colombo a Luis de Santángel e a Gabriel Sánchez del 15
febbraio 1493
5
, la quale è stata in seguito diffusa in tre versioni italiane, fatto che indica
5
In AA.VV., Raccolta di Documenti e Studi pubblicati dalla R. Commissione Colombiana pel quarto
centenario dalla scoperta dell'America, Roma, 1892-96, parte I, vol. I, pp. 124-26. Per le lettere citate in
seguito vedere in questa stessa opera, parte III, voll. I-II.
11
il grande interesse che l'avvenimento doveva aver suscitato in Italia. La lettera ha avuto
anche una famosa traduzione latina di Leandro di Cosco, testo che pochi mesi più tardi
sarebbe stato tradotto in versi da Giuliano Dati nella prima "testimonianza poetica"
dell'avvenuta scoperta
6
.
I mesi successivi all'evento furono caratterizzati da un grande fermento: sono da
ricordare la lettera datata 9 marzo 1493 scritta da Barcellona da Annibale de Zennaro a
suo fratello, ambasciatore del duca di Ferrara a Milano, seguita, dieci giorni dopo, da
un'altra del duca di Medinaceli ad un amico di Madrid.
Di particolare importanza sono da considerarsi anche le lettere del grande
umanista italiano Pietro Martire d'Anghiera che già il 14 maggio 1493 scrisse al conte
Giovanni Borromeo del ritorno di Colombo dalle Indie con molte prove dell'esistenza
di cose preziose, specialmente di oro. In una lettera del 1° novembre dello stesso anno
Pietro Martire era già convinto che Colombo avesse scoperto un nuovo mondo e
accennò al fatto di aver iniziato a scrivere dei libri sulla scoperta (probabilmente le
Decades de Orbe Novo
7
, pubblicate nella prima edizione completa ad Alcalá nel 1530).
Oltre a Pietro Martire, vissuto per molto tempo in Spagna, prima al seguito del
nobiluomo López de Mendoza e quindi come membro del Consiglio delle Indie, furono
molti gli italiani che si interessarono alla scoperta: in effetti nei primi tempi l'Italia ebbe
una grande importanza in Europa come centro di irradiazione delle notizie
provenienti dall'America, almeno per tutto il periodo in cui a compiere le esplorazioni
6
Giuliano Dati, Historia della Inventione delle diese isole di Canaria indiane, extracta d'una epistola di
Cristoforo Colombo, Roma, 1493. Il poemetto, cui è stato dato questo titolo solamente nella 3
a
e nella 4
a
edizione, si trova in AA.VV., Raccolta di Documenti e Studi..., op. cit., parte III, vol. II, pp. 8-25.
7
Pietro Martire D'Anghiera, De Orbe Novo Decades, Alcalá, 1530. Edizione italiana moderna a cura di
Temistocle Celotti, Milano, Istituto editoriale italiano, 1958.
12
nel Nuovo Mondo furono navigatori italiani come Cristoforo Colombo, Amerigo
Vespucci, Antonio Pigafetta e Giovanni da Verrazzano.
Nella penisola la notizia della scoperta circolò molto rapidamente già dal mese
di aprile del 1493 per tutte le città più importanti, a Roma, così come a Firenze,
Mantova e Milano, come ci è documentato da una fitta corrispondenza tra intellettuali,
ambasciatori, religiosi e nobiluomini delle varie città italiane che ha come oggetto
proprio l'impresa di Colombo
8
. In tutti questi documenti viene riproposta l'immagine
che delle nuove terre aveva diffuso il genovese: isole dalla vegetazione verdeggiante,
ricche di oro, spezie e uomini timidi e propensi ad essere cristianizzati, che hanno visto
in Colombo e nei suoi compagni delle divinità.
Del secondo viaggio di Colombo, di cui inizialmente avevano dato notizia gli
uomini tornati in Spagna nel 1494 con la flotta di Antonio Torres (essendo Colombo
rimasto ad Hispaniola), scrisse l'umanista siciliano Nicola Scillacio nella sua opera De
insulis meridiani atque indici maris nuper inventis
9
.
Anche lo Scillacio, come Pietro Martire, aveva trascorso parte della sua vita in
Spagna per poi ritornare in Sicilia: i due furono accomunati da una fedeltà assoluta nei
confronti dei sovrani spagnoli e questo probabilmente fu uno dei motivi che spinsero sia
Pietro Martire che lo Scillacio a scrivere con tanto interesse della scoperta. Infatti, si
trattava di un evento che dava lustro alla Corona spagnola e i due umanisti italiani,
celebrandola, potevano così esaltare l'operato dei sovrani.
L'opera dello Scillacio, pubblicata nel 1496, ebbe all'epoca grande successo e contribuì
alla diffusione delle notizie sulla scoperta: il testo è ricco di particolari originali, sia sul
viaggio, e in particolare sulla sosta alle Canarie e riguardo alla tempesta scoppiata
8
Per riferimenti più precisi rimando a Dario G. Martini, Cristoforo Colombo tra ragione e fantasia,
Genova, ECIG, 1987, pp. 551-559.
13
durante la traversata, sia sulle abitudini e sull'atteggiamento degli indigeni nei confronti
degli europei
10
.
Come ho già accennato, fino al 1520 la diffusione delle notizie sulla scoperta fu
notevole e legata soprattutto alle testimonianze e ai diari di viaggio dei navigatori
italiani come Michele da Cuneo
11
, Amerigo Vespucci
12
, Antonio Pigafetta
13
e Giovanni
da Verrazzano
14
. Per quanto riguarda Vespucci bisogna ricordare la grande diffusione
che ebbero gli scritti apocrifi a lui attribuiti, pubblicati con il titolo Mundus Novus, cui
seguì la vera relazione dei viaggi da lui compiuti, contenuta in tre lettere scritte tra il
1500 e il 1502 che sono state riconosciute come autentiche.
Nel 1504 venne pubblicato a Venezia il Libretto de tutta la navigatione del re de
Spagna, de le isole et terreni novamente trovati
15
attribuito ad Angelo Trevisan in cui,
come si può intuire dal titolo, il merito della scoperta viene attribuito in buona parte al
re di Spagna, cosa che del resto fecero anche altri storici dell'epoca. Anche Giovanni
Giorgini nel suo poema Il Mondo Nuovo
16
avrebbe seguito questa linea (per l'analisi di
quest'opera rimando al capitolo dedicato ai poemi prodotti nel '500 e '600 sulla
scoperta).
9
Nicola Scillacio, De insulis meridiani atque indici maris nuper inventis, Pavia, 1496. In edizione
moderna in AA.VV., Raccolta di Documenti e Studi..., op. cit., parte III, vol. I, p. 83 e sgg.
10
Per l'analisi dell'opera dello Scillacio rimando a Francesco Giunta, “La scoperta colombiana e
l’umanesimo del Mezzogiorno”, in AA.VV., Atti del Convegno Internazionale di Studi Colombiani,
Genova, 1977, pp. 362-373.
11
Michele da Cuneo, Relazione del secondo viaggio di Cristoforo Colombo nelle Indie, a cura di L.
Firpo, Torino, Utet, 1965.
12
Amerigo Vespucci, Il Mondo Nuovo, Milano, Serra e Riva, 1984.
13
Antonio Pigafetta, Notizie del Mondo Nuovo con le figure de paesi scoperti, a cura di C. Manfroni,
Milano, 1928.
14
Giovanni da Verrazzano, Relazione da Dieppe, 8 luglio 1524, in A. Bacchiani, Giovanni da
Verrazzano e le sue scoperte nell'America settentrionale (1524), in "Bollettino R. Società Geografica
Italiana", serie IV, vol. X (1909).
15
Angelo Trevisan, Libretto de tutta la navigatione del re de Spagna, de le isole et terreni novamente
trovati, Venezia, 1504.
16
Giovanni Giorgini, Il Mondo Nuovo, Jesi, Pietro Farri, 1596.
14
Tra gli scritti dell'epoca sono ancora da citare il Manoscritto di Ferrara
17
, opera
di un anonimo, probabilmente il veneziano Alessandro Zorzi, e composto tra il 1501 e
il
1506, che riunisce tra gli altri le lettere di Angelo Trevisan, i libri della prima Decade di
Pietro Martire e lettere di Vespucci e Colombo, e un altro testo, composto tra il 1520 e
il 1522 ma rimasto inedito fino al 1631, intitolato Itinerarium ad regiones sub
æquinoctiali plaga constitutas
18
, scritto da Alessandro Geraldini, vescovo di Santo
Domingo nel 1520.
Nel 1530 escono in Spagna le già citate Decades de Orbe Novo di Pietro Martire
(ma in Italia già a partire dal 1511 erano state pubblicate parti dell'opera), testo
fondamentale, per la sua ampiezza e per la quantità di notizie che contiene, per la
divulgazione di informazioni sul Nuovo Mondo. Del 1534 è invece l'Isolario di
Benedetto Bordone
19
in cui ancora una volta il merito della scoperta non viene attribuito
a Colombo, bensì agli spagnoli.
Negli anni '30 si era ormai in gran parte esaurita l'attività dei navigatori italiani e
parallelamente venne meno l'interesse dell'Italia per l'America. Alle testimonianze sulla
scoperta si sostituirono, come era logico che avvenisse, le relazioni sulla successiva
opera di conquista e, dal punto di vista religioso, di evangelizzazione.
In Italia l'informazione su ciò che avveniva nel Nuovo Mondo rimase affidata
soprattutto alle relazioni dei religiosi, francescani e domenicani, mentre le opere dei
conquistadores fino alla metà del '500 ebbero una scarsa divulgazione: vennero
pubblicate soltanto le versioni in latino e in italiano della seconda relazione di Hernán
17
Vedere in: L. Laurencich-Minelli, Un "giornale" del Cinquecento sulla scoperta dell'America. Il
Manoscritto di Ferrara, Milano, 1985.
18
Alessandro Geraldini,
Itinerarium ad regiones sub æquinoctiali plaga constitutas, Roma, 1631.
Edizione moderna: Viaggio di Alessandro Geraldini di Amelia vescovo di Santo Domingo alle regioni
sub-equinoziali, Torino, Nuova ERI, 1991.