Introduzione
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livelli accettabili: la conoscenza richiesta del bacino in esame è troppo dettagliata per aver
sufficienti garanzie di affidabilità. Da qui la necessità di azioni distribuite ma complessi-
vamente sinergiche.
A supporto di tale situazione è intervenuta anche la recente normativa tecnica che indi-
vidua dei parametri ottimali da adottare nel dimensionamento di tali manufatti volti a ga-
rantire situazioni di invarianza delle portate defluite in situazioni di variante urbanistica.
In questo lavoro partendo (Capitolo 1) da considerazioni di carattere generale inerenti al
concetto di rischio idrogeologico e la sua contestualizzazione si proverà ad inquadrarne al-
cuni aspetti qualitativi sul lato tecnico e normativo. Successivamente (Capitolo 2) si per-
verrà ad argomentare dei differenti approcci tecnici atti quantomeno a ricondurre il rischio
idrogeologico di un’area a livelli accettabili. In tal senso non esiste una soluzione univoca
ma è da valutarsi volta per volta l’intervento più idoneo in relazione alle caratteristiche ge-
ologiche del territorio, al livello di urbanizzazione, alle condizioni climatiche della zona. Si
proverà (Capitolo 3) a dimostrare, mediante analisi idrologiche ed idrauliche, come le tec-
niche di laminazione riducono la portata al colmo in rete, senza sovraccaricarla. Inoltre a
fronte di un cospicuo investimento iniziale, rappresentano una buona soluzione nel caso di
aree molto urbanizzate. Infine nell’ultima parte del lavoro (Capitolo 4) si proverà ad appli-
care la tecnica accennata ad un problema concreto: il dimensionamento di un sistema com-
posto da una condotta circolare e delle opere d’arte particolari a servizio di un’area privata
(casa di riposo per anziani) atto a garantire un limite di scarico delle acque meteoriche de-
fluite secondo i vincoli imposti dal Consorzio di Bonifica competente
Le motivazioni che hanno indotto chi scrive ad affrontare tale argomento sono qui di
seguito elencate
¾ E’ stato scelto il problema delle insufficienze nelle reti di drenaggio urbano poiché è
quanto mai attuale: per rendersene conto basti osservare la dinamica degli eventi
pluviometrici nell’ultimo decennio. Si nota un generale aumento delle intensità di
precipitazione contestualmente ad un incremento delle aree impermeabili connesse
alla rete.
¾ Si è poi optato per un intervento di detenzione poiché a fronte di un investimento i-
niziale maggiore rispetto ad altre alternative è quello che consente maggiori affida-
bilità nel medio lungo-periodo, manutenzione più contenuta e maggior ventaglio di
eventi meteorici (in termini di durata ed intensità) coperti
Introduzione
VI
I
¾ L’uso di condotte circolari sovradimensionate trova giustificazione nell’ottica di un
agevole reperimento e posa in opera dei materiali.
1
ANALISI DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO
1.1 Il ruolo dell’urbanizzazione
I repentini processi di antropizzazione frequenti in numerose realtà urbane cagionano
inevitabilmente la crescita del livello di impermeabilità dei bacini e conseguentemente
l’incremento dei deflussi di acque meteoriche che devono essere smaltiti tramite le reti di
drenaggio. D’altro canto quest’ultime sono sovente progettate per passi successivi in rela-
zione allo sviluppo urbanistico dell’area e spesso, vuoi per vincoli economici vuoi per i-
nerzia delle amministrazioni locali o peggio (realtà purtroppo assai dolorosamente frequen-
te in Italia) per interpretazioni piuttosto “creative” della legislazione urbanistica, senza
un’ottica previsionale. Il risultato è sconcertante. Le reti di drenaggio risultano insufficien-
ti al convogliamento di deflussi provenienti dal bacino generando i ben noti problemi di in-
sufficienza idraulica accompagnati da allagamenti superficiali spesso di notevole intensità.
Tradizionalmente il drenaggio di acque meteoriche in aree urbane ha avuto come scopo
principale il loro rapido allontanamento dalla superficie scolante in modo da minimizzare
gli inconvenienti alle attività antropiche. A tal fine, le acque di pioggia sono convogliate,
con un opportuno sistema di condotte, al più vicino corpo idrico ricettore ovvero ad un ul-
teriore sistema drenante più a valle. Un classico e scontato intervento migliorativo per ab-
battere gli allagamenti superficiali prevede un sovradimensionamento del sistema fognario
bianco ovvero un incremento del numero degli stessi. Senza nulla togliere alla validità di
Capitolo primo
2
siffatto sistema per quanto concerne gli allagamenti locali, l’incremento abnorme delle por-
tate al colmo e dei volumi idrici convogliati può essere causa di problemi di erosione ed
inquinamento dei recipienti o peggio di allagamenti nella sezione valliva del sistema fo-
gnario soprattutto in aree con una certa acclività. Inoltre non sempre risulta sostenibile a li-
vello economico: intervenire sul territorio, qualora un piano di prevenzione in itinere non
sia stato attuato risulta più oneroso. In aree fortemente antropizzate, dunque con sistemi
drenanti assai estesi e complessi, una possibile soluzione sono perciò i sistemi distribuiti.
1.2 La situazione in Italia e nel Veneto
In Italia come così come in altri paesi risale a molti anni fa la proposta di riduzione delle
portate di piena circolanti nelle reti di drenaggio urbano mediante laminazione e successiva
restituzione ai recapiti. Questo almeno sulla carta. Di fatto l’Italia è ancora piuttosto arre-
trata rispetto ad altri paesi come Germania, Svezia, Giappone ed in primi Stati Uniti dove
gli interventi distribuiti di spontanea iniziativa dei privati atti alla mitigazione del rischio
sono incentivati anche tramite la leva fiscale. Va rilevato che gli Stati Uniti sono capostipi-
ti in tal senso, poiché è da oltre trenta anni che il problema è stato studiato ed applicato.
Altra aggravante per l’Italia: l’incremento smodato delle aree densamente urbanizzate e
l’intima commistione tra aree ad uso abitativo ed insediamenti industriali che ha
determinato, complice l’assenza di piani regolatori organici e rispettosi dell’ambiente, la
presenza di situazioni piuttosto delicate e complesse.
A fronte dell’importanza di tali problematiche si sarebbe tentati di ritenere che gli
addetti al governo del territorio approfittino dei risultati delle indagini tecnico-scientifiche
per mettere in atto politiche di recupero delle situazioni di maggiore insufficienza. Anzi si
assiste spesso a paradossali forme di resistenza passiva se non dichiarata opposizione alla
realizzazione di interventi mirati al riordino idraulico del territorio. Proposte d’intervento
che si scostano dalle tecniche d’infiltrazione, che semmai danno un beneficio per il verde
dell’area, ma non sono applicabili se non in particolari condizioni di terreno, sono viste
come indebite aggressioni al territorio, agli abitanti ed alle Amministrazioni locali. Più di
ogni altra cosa pesano gli elevati costi che queste comportano, spesso insostenibili per i
centri urbani minori per il consumo del territorio che sarebbe così sottratto, nel caso di si-
stemi di ritenzione con vasche di laminazione o serbatoi, ad attività economicamente (e
politicamente) più redditizie. L’attuale politica di decentramento del governo idraulico del
territorio non può certo reputarsi ragionevole.
Analisi del rischio idrogeologico
3
Tutto ciò accade in un periodo in cui i recenti cambiamenti climatici si sono palesati in
un incremento di intensità degli scrosci e di sollecitazioni della rete mentre i danni econo-
mici indotti da un allagamento sono spesso ingenti e puntualmente nota dolente dei periodi
estivi. Si aggiunga il susseguirsi in questi ultimi anni di disastri idrogeologici tra cui
l’alluvione del 1994, gli episodi fatali occorsi in Campania a Sarno, le alluvioni
dell’autunno 1998 e del 2000 e la tragedia di Noverato che hanno sensibilizzato notevol-
mente la pubblica opinione circa la fragilità e l’inadeguatezza del territorio italiano nel
rapporto con i fenomeni di antropizzazione. Da qui la prioritaria necessità di regolamentare
il “consumo” del territorio in un’ottica di prevenzione del rischio idraulico.
Il quadro normativo di riferimento
Nel 1989 la legge 183 ha introdotto il Piano di Bacino che costituisce il principale stru-
mento di un complesso sistema di pianificazione e programmazione finalizzato alla con-
servazione, difesa e valorizzazione del suolo nonché ad una corretta utilizzazione delle ac-
que.
Successivamente la legge 267/98 prevede che le Autorità di Bacino e le Regioni adotti-
no i cosiddetti P.A.I. (Piani di Assetto Idrogeologico) che hanno il compito di individuare
le aree a rischio idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di sal-
vaguardia e le misure stesse. Il P.A.I. viene così ad interfacciarsi con la legge 183: analizza
gli aspetti volti alla prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico verificando che
non si verifichino ulteriori livelli di rischio.
I dati storici sulle piene nonché le analisi svolte con l’ausilio di modelli idraulici di alla-
gamento hanno evidenziato la possibilità che ampie superfici del territorio veneto possano
essere oggetto di fenomeni alluvionali. L’obiettivo categorico di realizzare opportuni inter-
venti di difesa e possibilmente un utilizzo rispettoso del territorio ha portato nelle norme
attuative del P.A.I. a stabilire che l’approvazione di un nuovo strumento urbanistico ovvero
varianti a quello vigente generale sia subordinata al parere della competente autorità idrau-
lica (Consorzio o Genio Civile) individuata dalla Regione. Si richiede, a tal fine, la stesura
di un apposito studio di compatibilità idraulica: va dimostrato, mediante l’attuazione
d’opportune misure compensative di mitigazione, qualora necessarie, che l’alterazione in-
dotta dalle nuove previsioni urbanistiche non cagioni un aggravio delle condizioni di ri-
schio idraulico del bacino.
Capitolo primo
4
Le giunta regionale, con delibera n. 3637/2002 ha pienamente approvato queste indica-
zioni, disponendo che qualsivoglia trasformazione urbanistica in grado di alterare il regime
idraulico sia supportata all’approvazione da parte del Genio Civile o del Consorzio di Bo-
nifica di una “Valutazione di Compatibilità Idraulica” in cui esplicitare interventi di miti-
gazione atti a garantire assenza di rischi. Sono quindi fornite delle indicazioni tecnico-
operative. In breve:
¾ La norma non ha effetto retroattivo: riguarda solo le nuove previsioni urbanistiche,
generali o varianti, per cui “alla data del provvedimento d’approvazione delle pre-
senti indicazioni sia già concluso l’iter d’adozione e pubblicazione compreso
l’eventuale espressione del parere del Comune sulle osservazioni pervenute”;
¾ Per varianti che comportano alterazioni trascurabili del regime idraulico non è ne-
cessaria alcuna valutazione preliminare, ma occorre dimostrarlo;
¾ E’ assunto come riferimento tutta l’area interessata dallo strumento urbanistico: il
territorio comunale per varianti ai PRG esistenti o nuovi PRG ovvero le aree interes-
sate dalle nuove previsioni, oltre a quelle strettamente connesse, per varianti agli
strumenti vigenti;
¾ E’ necessario verificare le variazioni della permeabilità, della risposta idrologica e
dei contributi specifici (coefficienti udometrici) dell’area interessata conseguenti al-
le previste alterazioni delle caratteristiche territoriali fornendo indicazioni su misure
compensative come la realizzazione di nuovi volumi d’invaso;
¾ Vanno definite portate massime scaricabili nei recapiti naturali od artificiali nonché
gli accorgimenti tecnici per evitarne il superamento in caso d’eventi estremi;
¾ Quando possibile, evitando la possibilità d’inquinamento della falda, è opportuno
favorire i processi d’infiltrazione nel sottosuolo;
¾ La diffusione dei punti di scarico per il recapito delle acque meteoriche è da prefe-
rirsi rispetto alla concentrazione: così facendo si ottengono indubbi vantaggi nella
riduzione dei colmi di piena nei canali recipienti;
¾ Non vanno trascurati anche gli aspetti qualitativi delle acque scaricate: in taluni casi
va verificata la compatibilità delle medesime con il ricettore;
¾ E’ da preferirsi l’edificazione a quote superiori a quelle del piano di campagna: è
bene evitare piani interrati o semi-interrati.
L’esperienza acquisita negli ultimi anni, successivi all’applicazione della precedente, ha
consentito di formulare nuove e più analitiche considerazioni per ottimizzare la procedura
Analisi del rischio idrogeologico
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di “Valutazione di Compatibilità Idraulica” anche alla luce dell’entrata in vigore della L.R.
11/2004 che introduce una nuova disciplina regionale per il governo del territorio. Il siste-
ma delle competenze è successivamente andato modificandosi con l’affidamento della ge-
stione della “rete idraulica minore” in delegazione amministrativa ai Consorzi di Bonifica
come da D.G.R.V. 3260/2002. Infine, sempre nell’anno 2004, con D.G.R.V. 4453 è stato
introdotto il Piano di Tutela delle Acque con cui la “Valutazione di compatibilità idraulica”
dovrà essere coerente.
Si è, insomma, avvertita l’esigenza di omogeneizzare l’approccio agli studi idrologico-
idraulici di compatibilità cercando, ove possibile, di garantire il fine ultimo dell’invarianza
idraulica intesa come “trasformazione di un’area territoriale che non provochi un aggra-
vio della portata di piena del corpo idrico ricevente i deflussi superficiali originati
dall’area medesima”. Tali valutazioni potranno ovviamente essere supportate da indagini
di tipo idrogeologico qualora le caratteristiche dei terreni possano essere indicative ai fini
del principio anzidetto.
Uno degli ultimi atti della Regione Veneto in materia urbanistica è stata la Delibera di
Giunta n. 1322 del 16.5.2006 relativa a “Individuazione e perimetrazione delle aree a ri-
schio idraulico ed idrogeologico”, atto che intende adeguare la precedente D.G.R.V. n.
3637 del 2002 al quadro nella legge urbanistica regionale (L.R. 11/2004) ed al Piano di tu-
tela delle acque (D.G.R.V. n. 4453 del 29.12.2004).
In particolare gli Atti di Indirizzo emanati ai sensi dell’art. 50 della L.R. 11/2004 defini-
scono opere di urbanizzazione primaria anche quelle “relative alla messa in sicurezza da
un punto di vista idraulico (pavimentazioni drenanti su sottofondo permeabile per i par-
cheggi, creazione di invasi compensativi, aree verdi conformate in modo da massimizzare
la capacità di invaso e laminazione, manufatti di controllo delle portate di acque meteori-
che) e geologico (rilevati e valli artificiali, opere di difesa fluviale)”.
Rispetto alla 3637 ci si orienta preferenzialmente per la realizzazione di volumi com-
pensativi, da collocarsi a monte del recapito finale, al servizio dell’intero comparto urbano,
di entità pari almeno alla somma dei volumi richiesti dai singoli interventi. In altri termini,
si cerca di evitare un’eccessiva frammentazione dei volumi probabilmente in un ottica di
ottimizzazione economica, costruttiva e manutentiva garantendo un più efficace monito-
raggio dell’efficienza di tali manufatti.
Se l’obbiettivo è dimostrare che, a seguito delle nuove previsioni urbanistiche non è ag-
gravato l’esistente livello di rischio idraulico ovvero pregiudicata la possibilità di riduzione
del medesimo, bisogna procedere secondo un duplice approccio: