6
costituiscono il quadro, l’habitat, e le condizioni di vita dell’uomo». Peraltro, il bene
ambiente va considerato come fondamentale non solo alla luce della sentenza della
Corte Costituzionale n. 151 del 1986 che definisce «l’ambiente come valore primario
che non può essere subordinato a qualsiasi altro», ma anche in base alla pronuncia
della Corte di Giustizia del 13 settembre 2005 che, comprendendo la materia ambientale
nell’ambito del primo pilastro dell’Unione Europea, riconosce un obbligo di tutela dell’
ambiente da parte dell’ordinamento comunitario.
Ai tempi della nostra Costituente, per ragioni facilmente comprensibili, i problemi
ambientali non trovano ancora adeguata considerazione; la parola «ambiente», e gli
omologhi in altre lingue, risultano originariamente assenti dalla Carta costituzionale e
dalle Costituzioni precedenti, coeve, o di poco successive di altri Stati.
In alcune manca tuttora, ma la materia è disciplinata da fonti subordinate
2
; altre Carte
sono state modificate per dare all’ambiente un riconoscimento (perlomeno) testuale,
così come recentemente è avvenuto in Italia nel quadro della revisione del titolo V della
Costituzione.
Infatti, il termine «ambiente» non ha mai trovato posto nella nostra Costituzione prima
della Riforma del Titolo V (l. n.3\2001). Il novellato art. 117 Cost., nel delineare il
riparto di competenza tra Stato e Regioni, al II comma lettera s), riserva allo Stato la
legislazione in materia di «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali»,
considerando espressamente tali nozioni senza, però, fornirne una definizione.
L’ambiente viene preso in considerazione solo indirettamente nel secondo II comma
dell’ art. 9 : «La Repubblica …tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico
2
Infatti la maggior parte degli Stati europei hanno inserito la tutela dell’ambiente o all’interno del codice
penale o in leggi ad hoc, come per es. il codice penale tedesco e austriaco (cfr. cap. 2.1).
7
della Nazione» . E’ una concezione un po’ restrittiva del concetto di ambiente, inteso
qui solo come «paesaggio».
Anche nell’art. 32 Cost., che indica la tutela della salute come diritto dell’individuo ed
interesse della collettività, la dottrina e la giurisprudenza hanno visto un riferimento
implicito alla tutela dell’ambiente, inteso come diritto alla salubrità dell’ambiente.
Infatti, visto lo stretto legame che intercorre tra la persona e l’ambiente circostante,
occorre tutelare l’integrità dell’ambiente per proteggere la salute umana.
Sarà messo in evidenza come l’impostazione «antropocentrica» abbia ispirato le scelte
del nostro legislatore. Le norme in materia di ambiente, infatti, non sono finalizzate a
una tutela dell’ambiente in sé e per sé, ma sono dirette a proteggere un bene considerato
più importante (c.d. bene finale): la salute e l’integrità fisica dell’uomo.
Dopo aver analizzato, pertanto, i due diversi approcci al diritto dell’ambiente
3
, sarà
opportuno interrogarsi non solo sul perché sia necessaria una tutela dell’ambiente
che ricorra allo strumento penale, ma anche sui rapporti tra diritto amministrativo
e diritto penale in questa materia.
Lo strumento amministrativo, infatti, non appare sufficiente a soddisfare il bisogno di
tutela, tanto da richiedere l'intervento dello strumento ultimo dell'ordinamento giuridico,
sua extrema ratio: il diritto penale. Infatti, data la grande importanza del bene ambiente
per la vita dell’uomo, il ricorso alla sanzione penale è necessario, considerato il suo
valore social-pedagogico e di orientamento della coscienza sociale (c.d. funzione
propulsiva del diritto penale). Riguardo al secondo interrogativo, il diritto penale
ambientale rinvia al diritto amministrativo dal momento che, in una materia così
tecnica, le norme penali devono essere specificate da elementi contenuti in norme
3
L’orientamento ecocentrico (o geocentrico) e antropocentrico.
8
extrapenali (c.d. eterointegrazione) e le conoscenze del giudice devono essere
supportate da quelle tecniche di un perito. Da qui la necessità del rinvio al diritto
amministrativo.
L’indagine poi si soffermerà sul modello di illecito penale utilizzato in materia di
ambiente.
Se fino agli anni ’60 si considerava reato ambientale solo la condotta «di alterazione o
di manipolazione dell’ecosistema» che aveva causato una situazione di danno per
l'uomo (si pensi, ad esempio, al reato di avvelenamento di acque ), oggi, invece, si
avverte l'emersione di una nuova sensibilità verso un bene che appare sempre meno
strumentale e sempre più fine a se stesso. Infatti, in materia di ambiente, si utilizza il
modello di reato di pericolo astratto o presunto anziché quello di reato di pericolo
concreto o, addirittura, di danno. La ragione è intuibile: è ben difficile andare a
dimostrare, se si utilizza il paradigma del reato di pericolo concreto o del reato di
danno, la sussistenza di un rapporto di causalità tra l’azione del singolo soggetto (o di
più soggetti, come di solito accade) e l’evento, che potrebbe addirittura consistere
«nell’alterazione dell’ecosistema».
Inoltre, la politica sanzionatoria del diritto penale dell’ambiente è caratterizzata, da un
lato da accentuate lacune descrittive della fattispecie spesso dovuta all’utilizzo della
tecnica del rinvio a norme extrapenali
4
e, dall’altro, dal ricorso allo strumento
contravvenzionale.
L’obiettivo perseguito dal legislatore con la scelta dell’utilizzo delle contravvenzioni è
quello di estendere la possibilità delle condotte criminose attraverso forme di
4
Infatti, si avrà modo di notare come in materia di rifiuti, per esempio, le norme incriminatrici, al fine di
classificare una sostanza come rifiuto, spesso rinviano a provvedimenti amministrativi, decreti legislativi
etc.
9
accertamento di responsabilità più snelle. Infatti con riguardo all’elemento psicologico
del reato è sufficiente la colpa. Inoltre il reato contravvenzionale risulta il più adatto a
sanzionare situazioni di pericolo di eventi lesivi, in linea con le finalità di tutela
preventiva anticipatoria e cautelare (rispetto alla effettiva lesione del bene giuridico
tutelato) che caratterizzano il diritto penale ambientale.
Tuttavia, la scelta di tutelare il bene ambientale attraverso fattispecie contravvenzionali,
che sanzionino non la lesione del bene stesso ma, ancor prima, la semplice violazione
delle regole poste a presidio anche del dovere di correttezza nei rapporti con la P.A., ha
condotto nella pratica alla estensione delle maglie dell’impunità nel settore ambientale,
soprattutto a causa dell’aumento del numero dei processi (di durata eccessiva) e del
corrispondente intervento della prescrizione, che per le contravvenzioni ha un termine
più breve rispetto ai delitti.
Tra i vari aspetti della tutela penale dell’ambiente, nel presente lavoro, si analizzerà la
normativa sulla gestione dei rifiuti, presa in esame nella parte quarta del d.lgs.
152/2006 (c.d. Testo Unico in materia di ambiente). Il modello di reato utilizzato dal
legislatore per sanzionare le condotte illecite è anche in questo caso la contravvenzione
e in molti casi (forse troppi!) l’autore di condotte così dannose per l’ambiente e per la
salute dell’uomo subisce solo una pena pecuniaria
5
.
I principi e gli istituti più importati analizzati nella presente ricerca saranno ripresi al
Capitolo V, dove si analizzarà una sentenza molto importante in materia di tutela penale
dell’ambiente: il c.d. caso FIBRONIT di Bari.
5
Come si vedrà, pene più severe sono previste nel caso di attività organizzate per il traffico illecito di
rifiuti (c.d. ecomafie) o nel caso di gestione di rifiuti pericolosi.
10
Il caso è particolarmente significativo perché rappresenta un chiaro esempio di condotta
di realizzazione e gestione di discarica abusiva di rifiuti pericolosi (perché contenenti
amianto), di dimensioni gigantesche, che dagli anni Trenta ad oggi ha causato la morte
di oltre 250 persone tra operai che lavoravano nello stabilimento e abitanti delle zone
limitrofe.
11
CAPITOLO I
IL DIRITTO DELL’AMBIENTE
1.1 Cenni storici.
Prima di procedere ad una analisi relativa alla tutela penale dell’ambiente occorre
chiarire, in via preliminare, i termini precisi della questione.
L’idea di una tutela penale dell’ambiente che colpisca, attraverso sanzioni, coloro che
pongano in essere atti dannosi per l’ecosistema, ha origini antichissime. Già presso gli
Ittiti erano previste sanzioni a contenuto «ecologico»
6
di tipo pecuniario per chi
«contaminava l’acqua del pozzo»
7
.
In epoca romana, si procedeva alla
regolamentazione e alla cernita di specifici territori «per l’esercizio di attività artigianali
in grado di provocare emissioni in atmosfera»
8
.
In epoca medievale, il diritto penale assunse un ruolo più incisivo: nella Costituzione
di Melfi, di Federico II (1231), era previsto un divieto assoluto di gettare piante, di cui
non si conosceva la specie, (o «avvelenate»), nei pozzi d’acqua. Riguardo proprio alla
tutela dell’acqua, fonte di vita per le popolazioni cittadine medievali, la Costituzione di
Friburgo (1520) puniva con l’affogamento colui che «insozzava i pozzi»
9
. Inoltre, chi
danneggiava il patrimonio boschivo subiva delle pene davvero crudeli: se tagliava una
quercia, gli veniva mozzata la testa; in caso di «scortecciamento cum dolo malo» gli
6
Secondo A. ESER, sono sanzioni «a contenuto ecologico» quelle miranti a punire le condotte che
arrecano danno all’ambiente, cfr. A. ESER, La tutela penale dell’ambiente in Germania - Studi e
documenti, in Indice Penale, 1989, p. 232.
7
Ci si riferisce al § 29 del CODICE UR-NAMMU DI LAGASCH del 2100 a.C., cit. in A. ESER, La
tutela penale dell’ambiente in Germania – studi e documenti, in Indice Penale 1989, p. 233.
8
Cosi A. ESER, op. cit., p. 233.
9
Cfr. A. ESER op. cit. p.233.
12
venivano estratte le viscere del corpo! E’ evidente il carattere di sacralità che, in
quell’epoca in terra germanica, veniva attribuito all’albero, considerato come una
divinità.
In epoca più recente, nel 1700, si registrava una legislazione ambientale (se così si può
dire) «di tipo positivo», che non solo sanzionava le condotte ritenute illecite, ma che
puntava a migliorare l’ecosistema. Infatti, a Dresda fu emanata un’ordinanza che
impediva agli sposi di contrarre matrimonio «finché non avessero dimostrato di aver
piantato nella loro nuova casa un certo numero di alberelli»
10
. In epoca industriale,
siamo nel XIX secolo, nei Länder tedeschi si cercò di educare la coscienza dei cittadini
al rispetto dell’ambiente, prevedendo sanzioni pecuniarie, «fino a 150 marchi», per la
omessa denuncia di inquinamento delle acque da parte di terzi
11
.
Si può notare, dunque, che già da tempi antichissimi si è sentita l’esigenza di un
intervento penale che presidiasse l’ambiente, anche se ovviamente si trattava di una
tutela della natura (acqua, suolo, piante, animali), che aveva come fine ultimo il
miglioramento delle condizioni di vita dell’uomo
12
(secondo la logica
«antropocentrica», di cui si parlerà successivamente).
10
Cfr. OLSCHOWY, Natur und Umweltschutz in der Bundesrepublik Deutschland, Hamburg, 1973, p.
23 ss., cit. in A.ESER, , op cit., p. 233.
11
§ 106 della legge sulle acque del Baden (Wassergesetz Baden) del 18 giugno 1899, in Gesetz- und
Verordungsblatt (GVBI) 1899, p. 309 ss., cit in A.ESER, op cit. p. 234.
12
Infatti, anche il più antico codice babilonese di Hammurabi (XVII secolo a.C.) vietava l’affaticamento
degli animali “da lavoro” , non per una tutela in sé e per sé della salute della bestia, ma per migliorare la
capacità e la produttività del lavoro dell’uomo, cfr. WIEGAND, Die Tierquäler, Lübeck, 1979, p. 25, cit.
in A.ESER, op cit. p. 234.
13
1.2 Il diritto penale e l’ambiente.
Risulta particolarmente utile, ai fini della nostra ricerca, tentare di definire più
precisamente il concetto di «diritto penale dell’ambiente».
Preliminare sarà anzitutto chiarire come la classificazione in esame si presenti di tipo
meramente convenzionale.
La stessa risulta infatti essere fissata sulla scorta di principi generali del diritto penale,
che individuano tale branca non in base alla materia trattata od alla collocazione che
trovano le singole disposizioni, bensì considerando le conseguenze positivamente
previste per i casi in cui siano trasgrediti i dettami normativi: nel concetto di diritto
penale dell’ambiente rientreranno dunque tutti quei precetti che, perseguendo
un’efficacie tutela dell’ambiente stesso, prevedono puntuali sanzioni penali come
conseguenza della loro inosservanza.
La complessità delle disposizioni in esame, determinata non solo dalla loro menzionata
disorganicità, ma anche dai frequenti richiami ad aspetti tecnici
13
che sovente ne
rendono più difficoltosa la lettura
14
, ha determinato l’esigenza di guardare alle stesse
con un’ottica che tenga conto di tali peculiarità, individuandone anzitutto una propria
dimensione rispetto al generale concetto di diritto dell’ambiente.
Ma, la richiamata specificazione non può essere automaticamente tradotta in
un’autonomia da riconoscersi al diritto penale ambientale, o almeno non con riferimento
all’ordinamento giuridico penale nel suo insieme.
13
L. RAMACCI, Manuale di diritto penale dell’ambiente, Padova, 2002, 16.
14
Si pensi, ad esempio, a quelle norme che contengono riferimenti a principi propri della chimica o della
Fisica.
14
L’impossibilità di qualificare il concetto in esame quale branca del tutto indipendente
del diritto penale risiede, infatti, non solo nella mancanza di un reale coordinamento fra
le disposizioni in materia, ma anche nel fatto che lo stesso soggiace comunque a quelli
che sono i principi generali del diritto penale, distinguendosi in seno al richiamato
ordinamento unicamente in ragione dell’oggetto della tutela: l’ambiente, appunto.
Tenendo inoltre conto delle partizioni del diritto penale elaborate in dottrina
15
, si potrà
sicuramente affermare come le disposizioni penali ambientali si presentino come dotate
di una ulteriore caratteristica: esse si collocano infatti quasi esclusivamente nell’ambito
del cd. «diritto penale complementare» (o «speciale»), risultando elaborate da leggi
speciali che delineano precise fattispecie di reato, e, solo in minima parte, appartengono
al cd. «diritto penale fondamentale», che, com’è noto, è quello contenuto nel codice
penale. La menzionata peculiarità, tipica come detto del diritto penale ambientale, pur
sollevando tradizionalmente diverse perplessità si pone come frutto di una scelta precisa
da parte del legislatore
16
.
Il dibattito in materia è da sempre molto acceso, e la dottrina si è da tempo divisa fra
coloro che considerano opportuna una integrazione dello stesso codice penale per
mezzo dell’inserimento di nuove fattispecie, che prevedano dunque reati specificamente
ecologici
17
, ed altri autori che, dal canto loro, ritengono più idonea una sistemazione di
nuovi crimini nelle legislazioni speciali a tutela dei singoli beni ambientali
18
.
La risoluzione della diatriba nella seconda direzione poggia, a livello legislativo, su
precise scelte poste in essere per garantire una protezione dell’ambiente il più concreta
15
In particolare F. MANTOVANI, Diritto penale, Padova, 1992, 136.
16
G. GREGORI, P. J. DA COSTA JR., Problemi generali del diritto penale dell’ambiente, Padova, 1992.
17
F. BRICOLA, Politica criminale e politica penale dell’ordine pubblico, in La questione criminale,
1975, 40.
18
Così invece F. FINLANDESE, La tutela penale dell’ambiente. Aspetti generali, in Giustizia penale,
1983, 594.
15
possibile: la semplice previsione di nuovi “reati ecologici” da inserire nel codice, e ciò
prescindendo da una valida organizzazione amministrativa dei beni ambientali, si rivela
infatti inidonea ad offrir loro un’efficacie protezione.
E’ in particolare affermando la natura necessariamente sussidiaria dell’intervento penale
in materia ecologica che, per alcuni autori, risulta giustificata la strada prescelta
19
. A
prescindere da ciò, è comunque indubitabile che la degradazione ambientale non possa
essere affrontata esclusivamente con strumenti di tipo repressivo, né tanto meno con
norme penali completamente svincolate da collegamenti funzionali e sistematici con
discipline amministrative dirette alla prevenzione delle infrazioni.
E’ forse in tale prospettiva che potrà essere condivisa l’esistenza di numerose ed
eterogenee discipline di settore, le quali, pur offrendo un quadro disorganico e
frammentato dell’insieme delle norme poste a tutela dell’ambiente, tentano di
perseguire in maniera più incisiva ed articolata una concreta protezione dei singoli beni
ambientali.
Nel Congresso di Amburgo dell’Associazione internazionale di diritto penale, del
1979, si è fatto il punto della situazione in merito al problema dell’ambiente. Gli Stati
intervenuti si impegnavano ad adottare nei loro ordinamenti una legislazione «ad hoc»,
al fine di evitare forzature nei confronti delle norme penali del codice o di qualche legge
speciale
20
, causate da interpretazioni arbitrarie, da parte dei giudici.
La necessità di una tutela dell’ambiente di tipo penale è giustificata dall’importanza che
il nostro ordinamento attribuisce al bene stesso. Secondo Pedrazzi, la criminalizzazione
“non è soltanto un puro strumento di deterrenza, un’ intimidazione a fini di prevenzione
19
A. POTOTSCHNIG, Gli inquinamenti dell’aria e dell’acqua: evoluzione della disciplina normativa, in
Gli inquinamenti, Profili penali, Atti del V Simposio di studi di diritto e procedura penali, promossi dalla
Fondazione Luzzani, Milano, 1974, 45.
20
Cfr. C. PEDRAZZI , Profili penalistici di tutela dell’ambiente, in Indice Penale 1991, p. 617 ss.
16
generale; la repressione penale ambisce a un ruolo più incisivo: alla norma penalmente
sanzionata viene rivendicata una funzione social-pedagogica, di orientamento della
coscienza sociale, di promozione di una tavola di valori”
21
. Pertanto, da una parte si
riconosce che il diritto penale ha un potere straordinario: l’essere in grado, più di tutti
gli altri rami del diritto , di far cambiare il modo di pensare dei cittadini (c.d. «funzione
propulsiva» del diritto penale)
22
; dall’altra i valori ambientali sono assunti come valori
collettivi , ovvero come «interessi diffusi» solidamente radicati nella Costituzione.
Pedrazzi continua affermando che “i valori ambientali sono poliedrici” in quanto “la
tutela dell’ambiente rappresenta una forma avanzata di tutela della salute; ma è anche
altro: è tutela della qualità della vita, nelle sue componenti estetico-emozionali; ed è
anche tutela di risorse economiche perché l’acqua, l’aria, il suolo sono risorse che
vanno amministrate anche in vista di utilizzazioni economiche future”
23
. In tal modo
risulta comprensibile il perché sia necessario ricorrere allo strumento penale per tutelare
il bene ambiente, portatore di valori “meta-individuali”.
Per quanto concerne le partizioni del diritto penale elaborate dalla dottrina, si è già
avuto modo di evidenziare che le disposizioni penali in materia d’ambiente sono
collocate, quasi esclusivamente, nell’ambito del diritto penale complementare , e
quindi in leggi speciali che contemplano ipotesi di reato particolari, non previste dal
21
C. PEDRAZZI , op. cit. p. 617.
22
Ci si riferisce alla «prevenzione generale c.d. positiva» della norma penale. In tal senso, FIANDACA-
MUSCO affermano che“la minaccia della pena adempie una funzione «morale-pedagogica» o di
«orientamento culturale» dei consociati(…) La forte disapprovazione sociale, della quale sia la minaccia
che l’inflizione della pena sono simbolo, favorisce e stabilizza l’identificazione della maggioranza dei
cittadini con il sistema di valori protetto dall’ordinamento giuridico. Il timore di poter andare soggetti
ad una sanzione punitiva agirebbe infatti, anche inconsapevolmente, da fattore che facilita in ciascuno di
noi la formazione di un Super-io (coscienza morale) osservante i comandi della legge. Considerato dal
punto di vista della psicologia collettiva, il diritto penale assolve dunque una funzione di
«socializzazione», allo stesso modo di istituzioni quali la famiglia, la scuola, il gruppo, la comunità”,
G.FIANDACA - E.MUSCO, Diritto penale- parte generale, Zanichelli, ed. 2001, p. 662.
23
C. PEDRAZZI , op. cit. p. 618. E’ evidente come, anche per questo autore, sia preferibile la concezione
«antropocentrica» dell’ambiente .
17
codice penale, mentre il diritto penale fondamentale dedica pochissimo spazio al
diritto ambientale
24
.
Solo alcune disposizioni del codice, infatti, forniscono una tutela
diretta dell’ambiente: ad esempio l’art 734 c.p. punisce con l’ammenda da € 1.032 a €
6.197 “chiunque, mediante costruzioni, demolizioni, o in qualsiasi altro modo,
distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione
dell’Autorità” . Altre norme, invece, si limitano a tutelare soltanto in maniera indiretta il
suddetto bene; infatti l’art 635 c.p. sanziona il danneggiamento di cose mobili o
immobili altrui e prevede un aumento di pena (reclusione da sei mesi a tre anni) e la
procedibilità ex officio qualora la condotta sia commessa “sopra opere destinate
all’irrigazione” oppure “sopra piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi,
selve o foreste, ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento”.
1.3 Il bene giuridico tutelato. Nozione di «ambiente» e sua evoluzione: dottrina.
La nozione di «ambiente» si presenta per tradizione come assolutamente vaga e
mutevole, ed il tentativo di fornire una esaustiva definizione, operato da più parti anche
a livello legislativo
25
, ha portato a risultati connaturati da una inevitabile genericità,
legata all’essenza del concetto stesso di ambiente.
24
Cfr. L. RAMACCI, Diritto penale dell’ambiente, Cedam, 2007, p. 25
25
Così, ad esempio, l’art. 1, comma 2, della l. n. 349/1986 (“Istituzione del Ministero dell’ambiente e
norme in materia di danno ambientale”), indicava i compiti del ministero stesso individuandone il campo
di azione nella “...promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali conformi agli
interessi fondamentali della collettività ed alla qualità della vita, nonché la conservazione e la
18
Detta situazione risulta altresì generata dalla imprescindibile contrapposizione fra
esigenze di tutela ambientale ed esigenze di sviluppo socio-economico, in un quadro
generale che ha conseguentemente portato alla realizzazione di un sistema normativo in
perenne bilico tra spinte naturalistiche ed interessi industriali: ed è chiaro come questo
abbia sovente implicato parecchie contraddizioni interne alla normativa in materia.
Una prima definizione del suddetto bene venne data dal Consiglio della CEE nel 1973,
che ratificava la nozione di «ambiente» come «insieme degli elementi che, nella
complessità delle loro reazioni, costituiscono il quadro, l’habitat e le condizioni di vita
dell’ uomo, quali sono in realtà e quali sono percepiti». Secondo tale formulazione,
l’ambiente corrisponde agli elementi naturali di cui viviamo ed in cui viviamo
26
. Come
si può notare siamo di fronte a un primo tentativo di definire i termini della materia
ambientale, anche se in modo troppo generico.
C’è chi ha ritenuto più conveniente darne una definizione più ristretta, intendendo per
ambiente “quell’ assetto delle acque, dell’aria e del suolo che viene colpito e leso dal
fenomeno dell’inquinamento, cioè dall’immissione nell’ambiente appunto, di sostanze
(o di rumori) che possono renderlo inidoneo o meno idoneo a costituire un confortevole
luogo di vita per la specie umana”
27
. Si tratta di una definizione di ambiente
strettamente legata a quella di inquinamento: col termine ambiente sarebbe da intendersi
“le componenti della biosfera (acqua,aria e suolo), che possono essere pregiudicate dalle
varie forme di inquinamento (atmosferico, idrico, del suolo, acustico, e radioattivo)”
28
.
valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dall’inquinamento”,
fornendo dunque elementi utili all’individuazione del concetto in esame.
26
Cfr. R.BAJNO, La tutela dell’ambiente nel diritto penale , in Riv.it.dir.pen.ec., 1990, p. 341 ss.
27
M.CICALA , Tutela dell’ambiente (diritto penale e processuale penale), in Noviss. dig.it., appendice
I, UTET Torino 1980 p.265.
28
F.GIUNTA, Ideologie punitive e tecniche di normazione nel diritto penale dell’ ambiente, in
Riv.it.dir.pen.ec., 2002, p. 845.