8
che vadano ad agire sul costrutto ‘psiche’, nonché la liceità di concepire il medesimo
costrutto in base ai criteri medici di normalità e malattia. È in virtù della collocazione
entro un discorso medico del costrutto “psiche” che la psichiatria si arroga la facoltà di
intervenire somministrando ‘psicofarmaci’.
Il presente lavoro si articola in due sezioni: la prima, comprendente i primi
quattro capitoli, costituisce una analisi teorico-epistemologica del modello medico, della
psichiatria e della ‘psicofarmacologia, mentre la seconda, comprendente gli ultimi due
capitoli, è dedicata alla presentazione della ricerca avente come oggetto le pratiche
discorsive prodotte dai rispondenti del protocollo d’indagine.
L’argomentazione si articola dunque in sei capitoli totali, che verranno di seguito
descritti nelle loro linee generali.
Il capitolo I persegue l’obiettivo di dare legittimità scientifica all’intero lavoro di
tesi; si rende dunque necessario porre le premesse teoriche del presente lavoro. In
particolare in esso si esplicita la sua collocazione epistemologica, a fronte dei tre diversi
livelli di realismo attualmente riconosciuti dagli epistemologi: il realismo monista, il
realismo ipotetico e quello concettuale. Segue un approfondimento sul paradigma
‘meccanicistico’, adottato dalla medicina e dalla farmacologia. L’argomentazione
prosegue con la descrizione del paradigma ‘narrativistico’, piattaforma epistemologica
su cui poggia il presente lavoro. Si descrive in seguito la ‘teoria dell’identità dialogica’,
sviluppata entro il Paradigma Narrativistico, la quale indica l’oggetto della conoscenza,
9
vale a dire i repertori discorsivi, e il ‘modello dialogico’, emanazione operativa della
teoria sopra citata. Segue la presentazione di coppie antinomiche, le quali pongono in
evidenza la differenza e la contrapposizione esistente tra gli assunti di base del
paradigma meccanicistico e gli assunti di base del paradigma narrativistico. Il primo
capitolo termina con la descrizione degli approcci filosofici e psicologici che hanno
caratterizzato la ‘teoria dell’identità dialogica’.
Il capitolo II persegue l’obiettivo di descrivere le basi epistemologiche e teorico-
metodologiche della medicina, in quanto sono le stesse storicamente adottate dalla
psichiatria . Un’attenzione particolare è data al processo diagnostico, e alla discussione
dei concetti medici di normalità-patologia, sintomo, segno, sindrome e malattia.
Il capitolo III persegue l’obiettivo di vagliare la liceità della mutuazione del
modello medico da parte della psichiatria. Si procede seguendo la ricostruzione storica
di Michel Foucault dell’antica concezione di ‘follia’ per giungere all’odierno costrutto
di ‘malattia mentale’, oggetto di studio della psichiatria, al fine di evidenziare che i
cambiamenti concettuali sono sempre strettamente vincolati dal contesto storico-
culturale dell’epoca, e mai oggettivi, diversamente da quanto avviene in medicina. Il
capitolo verte poi sulla disamina di aspetti di carattere epistemologico, teorico e
metodologico relative alla prassi psichiatrica, al fine di evidenziare le criticità poste in
essere dall’adozione del modello medico.
10
Il capitolo IV persegue l’obiettivo di porre in evidenza i punti in cui la
‘psicofarmacologia’ si distanzia dai fondamenti epistemologici e teorici propri della
farmacologia generale. In parallelo, a partire dalla definizione generale di
‘psicofarmaco’, si delinea lo status epistemologico da esso assunto in quanto ‘farmaco
che agisce sulla psiche’. Si procede dunque fornendo le definizioni di farmacologia e di
farmaco, per poi delineare i fondamenti epistemologici della farmacologia generale, al
fine di porre le basi per una critica della ‘psicofarmacologia’ a partire dai suoi
fondamenti. Si presentano inoltre alcuni cenni riguardanti l’evoluzione storica della
metodologia della farmacologia fino ad oggi, descrivendo le varie fasi che attualmente
caratterizzano la valutazione dell’efficacia terapeutica di un farmaco. Il capitolo termina
con l’esemplificazione di un protocollo sperimentale per la valutazione di un farmaco. Il
fine di questa presentazione è di predisporre il confronto con alcuni modelli
sperimentali riguardanti gli ‘psicofarmaci’. Dal confronto si pongono in evidenza gli
aspetti critici emersi.
Il capitolo V descrive l’impianto metodologico della ricerca empirica, presentata
nella tesi. Tale ricerca si pone come uno strumento che va a sostenere l’analisi critica
svolta nella prima parte della ricerca, sebbene questa, data la sua correttezza scientifica,
non ne necessita strettamente. Essa è stata costruita a partire dagli assunti del paradigma
narrativistico e ha l’obiettivo di rilevare le pratiche discorsive utilizzate dai rispondenti
in riferimento agli ‘psicofarmaci’. Per tale ricerca è stato utilizzato un protocollo
costruito ad hoc, con l’obiettivo di rilevare le modalità conoscitive (pratiche discorsive)
11
attraverso cui i rispondenti (consumatori e non di ‘psicofarmaci’) configurano diverse
realtà discorsive in merito al motivo per cui gli ‘psicofarmaci’ vengono prescritti, al loro
luogo d’azione, alla loro modalità d’azione, agli effetti che producono e, infine, alle
considerazioni circa se stessi in qualità di consumatori di ‘psicofarmaci’ (o alle
considerazioni in merito ai consumatori di ‘psicofarmaci’ se la domanda è rivolta ai non
consumatori). Viene inoltre presentato lo strumento informatico che permette l’analisi
del materiale testuale raccolto.
Il capitolo VI riporta la descrizione e i commenti dei risultati ottenuti tramite
l’analisi del testo. Alla descrizione dei dati conseguiti segue un commento volto a
illustrare ciò che tali dati comportano in termini teorico-epistemologici in riferimento
alle criticità espresse nella prima parte del lavoro e riferite alla psichiatria e alla
‘psicofarmacologia’, nonché gli effetti pragmatici da essi prodotti.
Seguono le conclusioni al lavoro, nelle quali vengono riassunti i risultati
principali dell’analisi epistemologica e della ricerca empirica e illustrato il
raggiungimento degli obiettivi del lavoro.
12
CAPITOLO 1
ASPETTI EPISTEMOLOGICI E TEORICI
Nel presente capitolo si intende presentare la cornice epistemologica e teorica di
riferimento a partire dalle definizioni di alcuni termini fondamentali del vocabolario
della filosofia della scienza, tra cui ‘paradigma’, ‘teoria’ e ‘modello’, procedendo poi
con l’illustrazione dei tre livelli di realismo attualmente riconosciuti dagli epistemologi.
Per offrire una comprensione migliore e agevolare il lettore nel percorso critico e
analitico del presente elaborato, per ciò che riguarda la tesi che si intende avvalorare, si
presentano alcune definizioni più comuni che sono state date al termine ‘psiche’ (o
‘mente’) nel corso della storia della psicologia; ‘psiche’ è difatti il suffisso del termine
‘psicofarmaco’, oggetto fondamentale del presente lavoro. Si chiariscono perciò da
subito il contesto in cui si argomenteranno tutti i paragrafi successivi.
1.1 Definizioni di ‘psiche’.
Wundt definisce la ‘psiche’ come “l’insieme dei processi spirituali delle
funzioni psichiche e delle motivazioni del comportamento”
2
. James considera invece la
2
Hearst H., (1979) The first century of Experimental Psycology, Lawrence Erlbaum Associated,
Hillsdale. Trad. it. “Cento anni di psicologia sperimentale, vol. I”, Il Mulino, Bologna, 1989, pp. 34-38.
13
‘psiche’ come “quell’insieme di azioni mosse dall’istinto con le quali si perseguono fini
lontani e si escogitano i mezzi convenienti per conseguirli”
3
. Freud, nella sua prima
formulazione teorica psicodinamica, stabilisce la ‘psiche’ come “l’insieme delle istanze
di conscio, preconscio e inconscio, nonché delle pulsioni libidiche”
4
. La ‘psiche’ è
invece definita da Fodor “un complesso gerarchico di dispositivi seriali per
l’elaborazione dell’informazione, e dove ognuno di questi dispositivi o moduli è
deputato ad eseguire analisi specifiche e autonome che trasformano gli input in
rappresentazioni”
5
. Lo psicologo statunitense P. Gray recentemente ha definito la
‘psiche’ come “l’insieme del comportamento e delle funzioni cognitive”; per
comportamento egli intende “l’insieme delle azioni osservabili compiute da una
persona o da un animale”; per funzioni cognitive intende “l’insieme di sensazioni,
percezioni, ricordi, pensieri, motivazioni ed emozioni presenti in un individuo”
6
.
Da questa breve rassegna di definizioni, anche senza la pretesa di spiegarle in
modo dettagliato, risulta evidente che la ‘psiche’ non è un concetto univocamente
definito e definibile, come può essere, ad esempio, il concetto di ‘atomo’ in chimica,
avente un’unica definizione accettata da tutta la comunità scientifica mondiale. La
‘psiche’ non è difatti considerabile un ‘ente fattuale’, bensì un’astrazione concettuale,
non indipendente da processi socio-culturali e, prima di tutto, di carattere conoscitivo
(scientifico). In altri termini, la ‘psiche’ è una ‘realtà’ che non esiste a livello
3
James W. (1901), The principles of psychology, 2 voll., Holt ed., New York. Trad. it. “Principi di
psicologia”, Editrice libraria, Milano.
4
Reinhardt M. (1980), “Lexicon der Psycologie”, Verlag Herder KG – Freiburg im Breisgau. Trad. it.
“Dizionario di Psicologia”, ed. San Paolo, Cinisello Balsamo, Milano, 1996. Pag. 950.
5
Fodor J.A., (1983) “The modularity of Mind”, MIT Press, Cambridge, pag. 23.
6
Gray P., (1994) “Psychology”, Worth Publishers Inc. Trad. it. “Psicologia”, ed. Zanichelli, Bologna,
1997, pag. 3, corsivo dell’autore.
14
ontologico: non c’è, ma esiste nel momento in cui viene nominata, quindi, ‘conosciuta’;
siamo pertanto ad un livello diverso di modalità di conoscenza, detto gnoseologico. Si
vedrà in seguito come l’entificazione della ‘psiche’ permetterà, nonostante la sopra
citata scorrettezza fondativa, ad essere utilizzata quale oggetto di studio psichiatrico e
psicofarmacoterapico. Si proceda tuttavia con ordine, riprendendo l’argomentazione
delle due modalità di conoscenza scientifiche.
La differenza di concettualizzazione tra ontologia e gnoseologia si deve a Kant,
che differenzia il noumeno (la ‘cosa in sé’), inconoscibile, dal fenomeno (la ‘cosa come
appare’), che può essere oggetto di conoscenza.
7
Se l’ontologia si riferisce a quanto può
essere posto come ‘fattualmente esistente’, cioè esistente indipendentemente dalle
categorie conoscitive dell’osservatore e, quindi, al cosa si conosce, la gnoseologia si
riferisce al come si conosce. Kant, cioè, per primo differenzia il ‘conosciuto’ dal
‘conoscente’. Quando parliamo di ‘fenomeno’, abbiamo già messo un’opzione al modo
di conoscenza della realtà, cioè non mettiamo in campo il ‘cosa’ è conosciuto, ma
‘come’ conosciamo.
8
Il ‘fenomeno’, pertanto, non è un ente fattuale, non appartiene ad
una dimensione ontologica di esistenza, ma ad una dimensione gnoseologica, per cui
non è individuabile un fenomeno esistente ‘di per sé’: un fenomeno esiste nel momento
in cui ne parliamo, in cui lo conosciamo. Il fenomeno, dunque, non è una “cosa
conosciuta”, ma è un atto conoscitivo che non esiste indipendentemente dalle categorie
conoscitive utilizzate, ma si genera nel momento stesso in cui se ne parla. Quindi, per
“esistere”, ha necessità di una teoria che consenta di ‘conoscerlo’.
7
Antiseri D., Reale G., (2000) Storia della filosofia, volume II, La Scuola Editrice, Brescia.
8
Ibidem.
15
1.2 Teorie, modelli e paradigmi.
Per teoria s’intende “qualunque asserto che abbia come scopo quello di
descrivere e spiegare un pezzo di realtà, prevedere eventi futuri e controllare le
previsioni”
9
. Una teoria pertanto stabilisce ‘cosa’ conosciamo, quindi mette nelle
condizioni di conoscere.
Un modello è invece inteso come “quel tentativo di rappresentazione schematica
della realtà”
10
caratterizzato da valenza prettamente operativa. E’ sulla base del modello
(che si fonda su un assunto teorico e su un insieme di prassi coerenti con questo) che è
possibile intervenire nella realtà oggettiva o costruita che sia.
11
Il termine ‘paradigma’ è invece stato coniato dall’epistemologo T. Kuhn,
volendo indicare “conquiste scientifiche universalmente riconosciute, le quali, per un
certo periodo, forniscono un modello di problemi e soluzioni accettabili a coloro che
praticano un certo campo di ricerche”
12
. Kuhn fa riferimento al lavoro nelle comunità
scientifiche, la cui costruzione è dovuta all’accettazione di idee, pensieri, teorie, che
costituiscono le coordinate del campo di indagine, i princìpi di fondo, gli esperimenti
standard, le applicazioni tipiche della disciplina, in breve: il paradigma. In senso
generale si può allora dire che un paradigma si costituisce dall’insieme di assunti su cui
la conoscenza viene costruita: scegliere di fare riferimento ad un paradigma piuttosto
che ad un altro implica individuare un sistema di riferimento attraverso cui organizzare
9
Gava G., (1998) Lessico epistemologico, Cleup, Padova.
10
Ibidem.
11
Turchi G.P., Appunti delle lezioni del corso di Psicologia Clinica, A.A. 2003-2004, Università degli
Studi di Padova.
12
Kuhn T., (1969) La struttura delle rivoluzioni scientifiche, trad. it. di A. Carugo, Einaudi, Torino 1969.
16
la conoscenza e quindi individuare un ‘mondo’ anziché un altro
13
. Un paradigma
pertanto individua un modo di conoscenza. La scienza va pertanto intesa non in senso
statico, ovvero di ‘cosa’ sempre uguale a se stessa, ma come una continua alternanza di
paradigmi, ovvero di modi di conoscere.
1.3 I livelli di realismo.
A livello epistemologico, paradigmi
14
, teorie
15
e modelli
16
che sono la base a
partire dalla quale si costruisce e si sviluppa la conoscenza scientifica, non definiscono
tutti la realtà allo stesso modo; infatti, a seconda del modo in cui intendono la realtà ed i
modi per conoscerla, questi appartengono e fanno riferimento a diversi livelli di
realismo. In particolare, “la riflessione epistemologica occidentale distingue tre diversi
livelli di realismo”.
17
“Un realismo monista, considera la realtà come qualcosa che c’è
indipendentemente dalle categorie e dagli strumenti che vengono utilizzati per
13
Turchi G.P., Appunti delle lezioni del corso di Psicologia Clinica, A.A. 2003-2004, Università degli
Studi di Padova.
14
Per paradigma si intende l’insieme di assunti su cui la conoscenza viene costruita: scegliere di fare
riferimento ad un paradigma piuttosto che ad un altro implica individuare un sistema di riferimento
attraverso cui organizzare la conoscenza e quindi individuare un “mondo” anziché un altro (Turchi, 2003-
2004)
15
Per teorie si intende qualunque asserto che abbia come scopo quello di descrivere e spiegare un pezzo
di realtà, prevedere eventi futuri e controllare le previsioni (Gava, 1998).
16
Per modello si intende un tentativo di rappresentazione schematica della realtà (Gava, 1998),
caratterizzato da valenza prettamente operativa. È sulla base del modello (che si fonda su un assunto
teorico e su un insieme di prassi coerenti con questo) che è possibile intervenire nella realtà oggettiva o
costruita che sia (Turchi, 2003-2004).
17
Salvini A., (1998) Argomenti di psicologia clinica, Upsel Domeneghini, Padova.
17
conoscerla”.
18
La realtà è il dato, l’ente, l’essere, ha statuto ontologico, è considerata
come cosa in sé, la cui esistenza è data per scontata, è dunque un dato certo. Viene
privilegiato il dato empirico, ogni ricerca scientifica è finalizzata ad identificare un
sistema di conoscenza che possa essere isomorfo alla realtà stessa. Collocandosi a
questo livello di realismo si parte dal presupposto che linguaggi tecnici e scientifici
possano essere in grado di cogliere e di misurare ‘fedelmente’ la realtà, che siano
adeguati per descriverla così come questa è. In quest’ottica, premessa fondamentale ad
ogni tipo di conoscenza è l’eliminazione e il superamento del linguaggio naturale, del
senso comune, per poter cogliere e registrare la realtà.
19
La domanda a cui si cerca di
rispondere quando ci si colloca a livello monista è ‘perché’: se la realtà c’è, e gli eventi
accadono, allora di fronte ad un qualunque fenomeno diventa legittimo cercare di
spiegarlo, interrogandosi sul che cosa è successo e sul perché è successo; diventa così
possibile cercare (e trovare, attraverso gli strumenti adeguati) l’ente che ha fatto sì che
quel fenomeno si verificasse. Questo è il livello della tradizione neopositivista-
empirista,
20
entro cui si collocano le scienze che hanno un proprio fondamento ed un
proprio linguaggio, come ad esempio la chimica e la fisica newtoniana.
Su un diverso livello di realismo si colloca il realismo ipotetico; anche in questo
caso l’esistenza della realtà viene data per scontata, la realtà c’è, ma, a differenza del
livello di realismo monista, questa non può mai essere in alcun modo conosciuta così
come è, ma attraverso le categorie conoscitive del conoscente. “Sono le teorie, in questo
18
Ibidem.
19
Turchi G.P., 2003-2004, op. cit.
20
Turchi G.P., Durante R., Perno A., (2002) Verso un paradigma narrativistico, in Turchi G.P. (a cura
di), Tossicodipendenza.Generare il cambiamento tra mutamento di paradigma ed effetti pragmatici,
Upsel Domeneghini, Padova.
18
caso, che permettono di creare delle immagini di (questa) realtà, immagini che non
potranno essere delle fotografie esatte, fedeli e dettagliate, (come nel livello di realismo
monista), ma soltanto delle metafore, delle ‘mappe’ di un territorio che non sarà mai
conoscibile e che prende forma ed è definito solo a partire dalla mappa stessa”
21
. È la
mappa che “permette di conoscere, di strutturare e di mettere ordine in un territorio, che
altrimenti rimarrebbe caotico ed inaccessibile”.
22
Ma la mappa, nello stesso tempo, non
potrà mai essere uguale al territorio, non potrà mai rappresentarlo in modo completo ed
esauriente; potrà essere più o meno fedele, più o meno somigliante al territorio, ma non
sarà mai il territorio. Ma non solo: le diverse mappe, e dunque le diverse teorie,
rappresenteranno il territorio, la realtà, in modo diverso, per cui si avrà un’immagine ed
un’idea della realtà diversa in base alla diversa teoria che viene abbracciata e scelta per
spiegarla. L’immagine della realtà che si viene a creare a questo livello, dunque, non è
la copia della realtà, ma solo una sua interpretazione che non potrà mai essere verificata.
All’interno di questo livello si introduce quindi il concetto di ‘realismo interno
23
’,
secondo cui “la validità delle asserzioni della scienza e dei suoi dati è tale solo
all’interno della teoria di riferimento all’interno della quale sono questi nati”.
24
Ogni
sapere introduce delle verità che sono transitorie e locali e che valgono solo all’interno
della teoria di riferimento. Queste teorie rimangono comunque ancorate al mondo
21
Ibidem, pp. 37-38.
22
Turci P., Roveroni P., (1987) Psicopatologia e livelli di realtà. Edizione Libreria Cortina, Milano.
23
Il concetto di realismo interno è stato introdotto dal filosofo teoretico Hilary Putnam, nel corso della
critica al realismo metafisico. Afferma Putnam: “il realismo metafisico sostiene che la realtà, la quale
rende vere o false le nostre proposizioni, è indipendente dalla nostra mente, [...], ma, quando noi parliamo
del mondo, conosciamo il mondo sempre tramite le nostre teorie, soltanto dentro le nostre teorie [...]; per
tutto ciò realismo equivale a realismo interno.” [Putnam H., (1981) “Ragione, verità e storia”, Il
Saggiatore, Milano 1985].
24
Turci P., Roveroni P. (1987), op. cit.
19
esterno (e cercano di avvicinarvisi il più possibile) attraverso la consapevolezza che “al
di là delle teorie che lo rappresentano e lo spiegano esso esiste, anche se la sua verifica
consiste in traduzioni”.
25
Quello che varia non è il mondo fisico, ma il modo in cui
questo può essere conosciuto. A partire da queste premesse, anche a questo livello, così
come nel realismo monista, l’impegno esplicativo riguarda la risposta alla domanda
‘perché’, risposta che, però, può essere data solo a partire dalla teoria con cui la realtà
stessa viene rappresentata, e che quindi non potrà che essere parziale e legata alla teoria
particolare. Mentre nel realismo monista il linguaggio del senso comune viene bandito,
in quanto fuorviante per la conoscenza e il raggiungimento della cosa in sé, nel realismo
ipotetico senso comune e senso scientifico coesistono, dal momento che alle teorie
scientifiche si associano una serie di teorie di senso comune sulla realtà. Questo è il
livello su cui si colloca la maggior parte delle teorie psicologiche, che cercano di
spiegare che cosa sia la mente, e come funzioni, a partire da metafore ed immagini, che
non sono la mente stessa, non la descrivono così come è, ma ne forniscono solo delle
immagini particolari che non esistono nella realtà.
Esiste infine un ulteriore livello di realismo, il realismo concettuale: a questo
livello la realtà non viene più considerata come un dato di fatto, come un ente. La realtà
non c’è, ma esiste nelle categorie che vengono usate per conoscerla in quanto tale. La
realtà viene dunque costruita attraverso i sistemi di conoscenza utilizzati per conoscerla
in quanto tale. Questa premessa implica alcune conseguenze importanti. Innanzitutto il
fatto che la realtà che viene ad esistere in un dato momento non è la sola realtà
25
Salvini A., (1998), op. cit., pag. 30.
20
possibile, ma una di quelle possibili: mentre con gli altri due livelli di realismo ci si
colloca all’interno del campo del determinismo, qui si rimane all’interno della
possibilità. L’attenzione non è più ai contenuti, alla cosa in sé, ma si sposta ai processi
che consentono di costruire, e di far emergere come esistente, una realtà anziché
un’altra: ci si interroga quindi non sul ‘perché’ un evento sia accaduto, ma sul ‘come’
un certo tipo di realtà sia stata generata. All’interno di questo livello l’osservatore e
l’osservato non sono più indipendenti, dal momento che l’osservatore, nel momento
stesso in cui si approccia all’oggetto di osservazione, non solo inevitabilmente lo
influenza e quindi lo modifica, ma addirittura va a costruirlo: “il come si conosce
determina il che cosa si conosce.”
26
Sono le categorie usate per conoscere la realtà che
vanno a costruirla, per cui al variare delle prime corrisponderà una variazione, non
dell’immagine della realtà ottenuta, come nel realismo ipotetico, ma della stessa realtà
che viene generata e, in virtù della reificazione
27
, percepita. In questo caso, quindi, non
è possibile fare riferimento a nessun territorio al di là della mappa: il territorio diventa la
mappa stessa, è generato, viene ad esistere nel momento in cui la mappa viene creata. Se
viene tolta la mappa, inevitabilmente il territorio smette di esistere. La realtà è
identificata con le categorie conoscitive utilizzate, a tal punto che “al di fuori delle
forme di conoscenza non rimane alcuna realtà da conoscere.”
28
Il metodo privilegiato
della conoscenza, e, quindi, della costruzione, è il linguaggio; in questo senso, la realtà
viene generata dai discorsi che vengono fatti, dal modo in cui questa viene definita di
26
Salvini A. (1998), op. cit.
27
Per reificazione s’intende quel processo per cui si vengono a percepire dei concetti, delle astrazioni o
delle metafore come se fossero davvero reali, nel senso ontologico del termine. Il concetto di reificazione
verrà approfondito nei paragrafi successivi.
28
Turci P., Roveroni P. (1987), op.cit.
21
volta in volta. È il linguaggio stesso che va a generare la realtà, è proprio il processo che
permette di costruire la realtà: la realtà che diventa di volta in volta dominante, che
esiste in un momento dato è generata e dipende dai repertori discorsivi presenti ed
accessibili in un determinato contesto e in un determinato momento. La realtà è sempre
interna ai discorsi: al di fuori del discorso non esiste alcuna realtà di cui parlare. “Il
mondo che viene percepito come esterno, in realtà altro non è che, secondo il realismo
concettuale, dipendente da un agire comunicativo dotato di senso, all’interno del quale
le diverse teorie ed i diversi discorsi, nel momento in cui cercano di definire, spiegare o
interpretare la realtà, ne hanno già prodotta un’altra”
29
, all’interno di una dimensione
diacronica di puro processo e continua trasformazione. La realtà generata in questo
modo ha comunque un valore pragmatico, nel senso che “viene colta come reale ed
esistente nei suoi effetti, a tal punto che viene percepita come oggettiva ed indipendente
dall’attività di costruzione.”
30
Si vede come, a partire da questi presupposti, diventi fondamentale, per chiunque
pretenda di generare della conoscenze o di spiegare o descrivere la realtà, essere
consapevole del livello di realismo a cui si colloca, in modo tale da conoscere quali
possano essere le potenzialità ed i fini della propria teoria di riferimento, quali
deduzioni o discorsi siano legittimi e quali no da un punto di vista epistemologico.
Questa necessità esiste a maggior ragione per coloro che si muovono in campo
psicologico, dal momento che l’orizzonte epistemologico e teorico della psicologia
rimane tutt’altro che chiaro.
29
Salvini A. (1998), op. cit.
30
Berger P., Luckmann T. (1966), The social construction of reality, Doubleday, Garden City, New York
[tr. It. La realtà come costruzione sociale, Il Mulino, Bologna, 1969].