4
pazientemente mi ha assistito lungo il percorso che ho compiuto,
proponendomi un’opera che non conoscevo, ma di cui mi sono subito
innamorato, quasi fosse qualcosa di mio. Quest’opera ha un nome:
L’Histoire du soldat. In realtà non sarebbe appropriato chiamarla opera, è
più che altro un abbozzo d’opera, qualcosa di incompiuto, che non ha mai
assunto la propria forma finale, come un baco che rimane baco senza
trasformarsi in farfalla. Ma non è proprio nell’irrealizzato che si nasconde la
perfezione di un idea
1
? A sentire Oscar Wilde certamente si. A sentire gente
meno illuminata dalla fiaccola del Genio, che mi ha fatto presente
l’impossibilità di analizzare qualcosa di mai esistito, no, perché secondo
loro il mio sarebbe stato un mero processo alle intenzioni. Il mio non è
affatto un mero processo alle intenzioni. È l’analisi di uno scritto, di una
sceneggiatura realmente esistente e conservata all’archivio “A. Bonsanti”,
presso il Gabinetto scientifico-letterario “G.P. Vieusseux” di Firenze. Il mio
obiettivo non è giudicare o immaginare ciò che sarebbe potuta diventare
l’opera, ma levare la polvere della dimenticanza per rendere chiara
l’importanza di questa all’interno e alla luce delle riflessioni dell’ultimo
Pasolini, di quel Pasolini “corsaro” e “luterano”, che con lo spirito
battagliero di sempre, aveva intrapreso le sue ultime battaglie contro tutto
ciò che stava distruggendo la sua Italia borgatara e sottoproletaria.
E’ in questo clima che si inserisce questo progetto. Un progetto che
non può essere attribuito al solo Pasolini, ma il cui merito deve essere
diviso con Sergio Citti e Giulio Paradisi, cofirmatari del dattiloscritto
originale che ho avuto l’onore di sfogliare. L’apporto di Pasolini a questo
testo, però, mi è sembrato, sin da una prima lettura dell’opera, centrale e
decisivo, come cercherò di sottolineare lungo le pagine di questo mio
lavoro. Sia i temi trattati, sia il modo di trattarli, infatti, seguono direttive e
tracciati pasoliniani. Il mio lavoro è stato quello di riportarli alla luce,
1
Oscar Wilde, Aforismi, Mondadori, Milano, 2005, pag. 51.
5
consapevole comunque che l’Histoire du soldat, non è un opera completata
e il formato in cui io ho avuto modo di studiarla non è quello pensato dai tre
coautori.
Per affrontare al meglio questo mio compito sono partito dall’unico
frammento che è sicuramente attribuibile a Pier Paolo Pasolini, ovvero la
parte in cui il protagonista incontra il Diavolo in persona, contenuto nel
secondo volume del Meridiano Mondadori Per il cinema, dedicato alle
sceneggiature dei suoi film e i suoi progetti filmici non realizzati, curato da
Walter Siti.
Inoltre non mi sono limitato ad una trascrizione di ciò che era già
presente nella sceneggiatura originale, né ad una rivisitazione in chiave
sociologica di quello che questa riportava, ma ho cercato di integrare tutto
questo con quello che Pasolini ci ha lasciato, siano questi libri o film, o
interviste o articoli, indipendentemente “corsari” o “luterani”
2
. Da ricordare
che essendo quest’opera datata 1973, ho prevalentemente preso in
considerazione l’ultima parte del lavoro artistico-letterario dell’artista
friulano perché più affine ai temi trattati nell’opera.
2 - IL NUOVO DA INQUADRARE
Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha
fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo
proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però
restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine,
sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a
uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava
ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario,
l’adesione ai modelli proposti dal Centro, è totale e
2
Alcuni articoli scritti dal 1973 al 1975, anno della morte di Pasolini, sono stati
raccolti dallo stesso autore in un volume, Scritti corsari, pubblicato da Garzanti. La raccolta
di articoli, denominata Lettere luterane è stata invece pubblicata da Einaudi postuma,
riportando il titolo che lo stesso Pasolini aveva impresso nel dattiloscritto ritrovato dopo la
sua morte.
6
incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati.
L’abiura è compiuta. Si può affermare che la “tolleranza”
dell’ideologia edonista voluta dal nuovo potere è la peggiore
repressione della storia umana.
3
Questa riflessione, che è datata 9 settembre 1973 ed è apparsa sul
‹‹Corriere della Sera›› all’interno dell’articolo intitolato ‹‹Sfida ai dirigenti
della televisione››, aggredisce in modo frontale un argomento che segnerà
una delle ultime battaglie della vita culturale di Pier Paolo Pasolini: il
cambiamento che ha subito la società italiana ad opera dell’avvento della
società dei consumi. È questo, secondo Pasolini, il nuovo potere, quel nuovo
fascismo, che ha uniformato gli usi e i costumi degli italiani, provocando
un’incondizionata e totale adesione ai modelli culturali che questa nuova
silente dittatura ha portato con sé. L’analisi sociale ha, infatti, da sempre
caratterizzato i lavori che l’artista friulano ha portato a termine o anche
solamente abbozzato. Sin dal romanzo Ragazzi di vita uscito nel 1955, Pier
Paolo Pasolini, osservando i comportamenti delle persone e della società che
lo circondava, ha saputo trarre spunto, riuscendo a dipingere tutti quei modi
di essere che caratterizzavano il borgataro romano e, per che no, anche la
maggior parte degli italiani.
Ma cos’è successo, in quegli anni, nella società italiana di così
nefasto, da provocare in Pasolini questa reazione così fosca e critica?
Quello che è successo è una rivoluzione culturale all’interno del
paese. Una rivoluzione che però non è partita dal popolo, ma che è stata
imposta dall’alto in modo silenzioso e dai cittadini assorbita in modo
inconsapevole. Una rivoluzione che ha completamente mutato i valori
tradizionali che reggevano il sistema Italia, sostituendoli con dei nuovi,
senza che nessuno se ne accorgesse.
E come è accaduto ciò?
3
Pier Paolo Pasolini, Sfida ai dirigenti della televisione, ‹‹Corriere della Sera››, 9
dicembre 1973, poi in P.P. Pasolini, Scritti corsari, Garzanti, Milano, 1975, pag. 22.
7
La risposta viene data da Pasolini proseguendo la lettura dello stesso
articolo:
Come si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso
due rivoluzioni interne all’organizzazione borghese: la
rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione delle
telecomunicazioni. […] Per mezzo della televisione il Centro
ha assimilato a sé l’intero paese, che era così storicamente
differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato
un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e
concretezza. Ha imposto cioè i suoi modelli: che sono i
modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si
accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende che
non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo.
Un edonismo neolaico, ciecamente dimentico di ogni valore
umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane.
4
Con lessico e concetti di derivazione marxista, Pasolini coglie in
modo lindo e chiaro il fulcro tematico del cambiamento della società
italiana: infrastrutture e telecomunicazioni hanno provocato certo facilità di
movimento e di acquisizione di notizie, ma allo stesso tempo sono state il
tramite per un bombardamento ideologico attuato da quel nuovo potere che
è sorto e che ha quasi definitivamente spazzato via ogni differenziazione
sociale, che prende il nome di società dei consumi.
Il cambiamento dell’Italia è per l’artista, ormai, un dato di fatto
assodato. È avvenuta una “mutazione antropologica” negli italiani e i valori
su cui si basava la secolare tradizione popolare sono stati spazzati via. La
fine delle culture “di classe” e delle culture regionali ha prodotto una
preoccupante e irreversibile omologazione ai modelli di vita e di
comportamento proposti dalla televisione, in particolare, e dai mass-media
in generale. Oltre a questo, il nuovo potere ha tolto la felicità e la vivacità
agli strati meno abbienti della popolazione, alla povera gente, a quei
sottoproletari, a quei contadini, che trovavano la loro dignità, la loro forza e
4
Ibidem.
8
il loro sorriso, nell’accettazione e nell’adesione del loro ruolo sociale. Il
mutamento avvenuto ha infatti prodotto nuovi miti e nuovi “bisogni
primari”, che provocano un senso di frustrazione a chi sa di non poter
raggiungere gli standard che il nuovo potere ha tacitamente imposto. La
vivacità sprigionata dai vari Riccetto
5
, Accattone
6
, rappresentazioni della
borgata sottoproletaria romana degli anni cinquanta, ha lasciato spazio al
dilagare di un senso di pericolosa infelicità per la quasi impossibile
realizzazione di quella nuova ideologia neoedonista che ha preso ormai il
sopravvento su tutto.
Frustrazione addirittura ansia nevrotica sono ormai stati
d’animo collettivi. Per esempio, i sottoproletari, fino a pochi
anni fa, rispettavano la cultura e non si vergognavano della
propria ignoranza. Anzi, erano fieri del proprio modello
popolare di analfabeti in possesso però del mistero della
realtà. […] Adesso, al contrario, ora iniziano a vergognarsi
della propria ignoranza.
7
Se questi sono gli effetti del mutamento antropologico avvenuto in
seno alla società italiana, Pasolini trova nella televisione la causa di questa
rivoluzione. Scrive:
E’ stata la televisione che ha praticamente (essa non è
che un mezzo) concluso l’era della pietà e iniziato l’era
dell’edonè. Era in cui giovani insieme presuntuosi e frustrati a
causa della stupidità e insieme dell’irraggiungibilità dei
modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono
inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza
o passivi fino all’infelicità (che non è colpa minore).
8
5
Protagonista del romanzo Ragazzi di vita.
6
Protagonista dell’omonimo film Accattone.
7
Pier Paolo Pasolini, Sfida ai dirigenti della televisione, ‹‹Corriere della Sera››, 9
dicembre 1973, poi in P.P. Pasolini, Scritti Corsari, Garzanti, Milano, 2006, pag. 24.
8
Pier Paolo Pasolini, Due modeste proposte per eliminare la criminalità in Italia,
‹‹Corriere della Sera››, 18 ottobre 1975, poi in P.P. Pasolini, Lettere Luterane,
l’Unità/Einaudi, Roma, 1991, pag. 170.