dei due enti locali, si cercherà di capire se, come, e perché, la struttura organizzativa di
un comune possa influire sulla qualità del servizio erogato.
Si discuterà inoltre della reazione dei dipendenti al cambiamento, e dell’importanza del
coinvolgimento delle risorse umane.
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Capitolo I
IL CAMBIAMENTO NELL’AMMINISTRAZIONE LOCALE
Agli albori degli anni ’90, com’è noto, l’Italia visse un momento di grave crisi politica
ed istituzionale. Anche la Pubblica Amministrazione ne fu coinvolta: emerse in tutta la
sua evidenza l’inadeguatezza di tale apparato nel far fronte ad una crescente domanda di
servizi, diritti, opportunità, proveniente da una società che cambiava sempre più in
fretta.
Era necessario riformare la Pubblica Amministrazione, basandosi su criteri di efficacia,
efficienza, economicità. E proprio sulla base di questi criteri ispiratori si basò la grande
produzione normativa con la quale i governi che si sono succeduti dal 1990 in poi hanno
tentato di rinnovare gli apparati burocratici italiani.
Vediamo ora di analizzare questi provvedimenti riformatori ed i cambiamenti da questi
innestati, con particolare riguardo alle amministrazioni locali.
1.1 Le tappe del cambiamento: le riforme degli anni ‘90
Sebbene il valore dell’autonomia locale fosse sancito dalla Costituzione del 1948, per
decenni gli enti locali sono stati costretti ad operare nell’ambito di vecchie norme,
dovendo far riferimento a testi unici risalenti addirittura al 1915 e al 1934.
Solamente all’inizio degli anni ’90 si è aperta la strada ad un processo di innovazione e
riforme, che si è sviluppato in diverse fasi:
1) nel ’90, la legge 142 sull’ordinamento delle autonomie locali delinea il nuovo impianto
complessivo, aprendo il percorso delle riforme;
2) nel ’93, nel momento di massima crisi del sistema dei partiti, la legge 81 sull’elezione
diretta del sindaco imprime una svolta netta al sistema di governo locale;
3) nel biennio ’97-98, le riforme «Bassanini» (dal nome del ministro della Funzione
pubblica del governo Prodi) proseguono avviando un imponente processo di
decentramento di funzioni dallo Stato a regioni e agli enti locali, e alleggerendo i
controlli e le ingerenze sugli enti locali;
4) nel ’99, si riordina complessivamente (con la legge 265) la legge 142, con innovazioni
importanti, in particolare per quanto concerne l’autonomia statutaria e regolamentare, le
forme di cooperazione, le città metropolitane;
5) nel 2000, a sintesi di questo percorso di riforme, il testo unico approvato con il decreto
267 riunisce e coordina in un organico corpo normativo le disposizioni che variamente e
spesso disordinatamente si riferiscono agli enti locali;
6) nel 2001, la riforma del titolo V tende a riformulare complessivamente la disciplina
della Costituzione in materia di autonomie, in una prospettiva di trasformazione in
senso «federalista» del sistema italiano motivato da esigenze di modernizzazione del
Paese, di adeguamento alle tendenze del quadro europeo, di avvicinamento delle
decisioni ai cittadini, di responsabilizzazione dei governanti
1
.
Vediamo sinteticamente le concrete innovazioni che ognuno dei sopraccitati
provvedimenti ha portato nell’amministrazione locale.
1.1.1 Il riordino delle autonomie: la legge 142 del ‘90
La legge 142 ha fatto da apripista al percorso riformatore, ridefinendo la disciplina del
sistema comunale e provinciale.
Gli elementi di innovazione introdotti dal provvedimento sono i seguenti:
1) Autonomia statutaria. Per la prima volta è riconosciuta a comuni e province la
facoltà di dotarsi di propri statuti, nei quali sono stabilite le norme fondamentali
per l’organizzazione dell’ente.
2) Organi di governo. Le norme degli statuti devono comunque attenersi
strettamente allo schema definito dalla legge per ciò che concerne l’assetto degli
organi di governo dell’ente. Sono previsti: un’assemblea elettiva (il Consiglio),
un collegio esecutivo (la Giunta), e un organo monocratico (Sindaco o
Presidente della provincia). Ognuno di essi riveste specifiche prerogative.
3) Dirigenza amministrativa. Per la prima volta si afferma il principio di
separazione tra le funzioni di indirizzo (detenute dagli organi politici) e quelle di
gestione (riservate ai funzionari dirigenti): ciò porta ad un potenziamento dei
compiti e delle responsabilità del segretario e dei dirigenti.
4) Ruolo dei comuni e delle province. Al comune competono in via generale tutte
le funzioni connesse alla popolazione e al territorio relativi non espressamente
1
L. Vandelli, Il governo locale, Il Mulino, Bologna, 2005, pp. 86-87
- 5 -
attribuite ad altri soggetti. Risulta chiara la funzione strategica rivestita dall’ente,
che si configura a tutti gli effetti come il livello di base dell’amministrazione
territoriale.
5) Piccoli comuni e forme di cooperazione. Si favoriscono, attraverso specifici
incentivi, forme di cooperazione tra comuni con l’obiettivo di superare i
problemi dei comuni di minori dimensioni, e garantire una gestione più
efficiente di specifici servizi.
6) Rapporto tra istituzioni locali e cittadini. Viene garantita una maggiore
partecipazione dei cittadini , sia a livello di singolo (libero accesso agli atti e alle
informazioni) sia a livello di collettività (con la previsione di consultazioni
popolari e referendum).
7) Servizi locali. Si introducono specifiche forme giuridiche per l’esercizio dei
servizi pubblici locali, come la società per azioni a prevalente capitale pubblico
e l’azienda speciale.
8) Controlli. I controlli, precedentemente esercitati sulla generalità degli atti da
parte del deputato organo regionale, vengono limitati ai soli atti del consiglio,
mentre per quelli della giunta si delinea una forma di controllo meramente
facoltativa, su richiesta.
9) Aree metropolitane. Si prevede una nuova forma di ente territoriale, la città
metropolitana, nelle situazioni urbane espressamente indicate dalla legge.
1.1.2 La rivoluzione nel sistema di governo locale: la legge 81 del ‘93
Solamente dopo l’esplosione di Tangentopoli si mise mano al sistema di governo degli
enti locali, che necessitava di essere più chiaro e moderno, consentendo ai cittadini “di
distinguere le responsabilità, di scegliere tra poli ben distinti, di decidere chi dovesse
governare e chi stare all’opposizione”
2
.
La legge 81 rispose a queste esigenze, attraverso:
- l’introduzione dell’elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia;
- la riforma del sistema elettorale dei Consigli, volta a garantire un’ampia
maggioranza alle forze politiche che appoggiano il sindaco;
- lo stretto collegamento tra la durata in carica del sindaco e quella del Consiglio;
2
L. Vandelli, op. cit., p. 92
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- la netta distinzione tra Giunta e Consiglio;
- il rafforzamento dei poteri del sindaco, dotato della facoltà di nominare assessori
e dirigenti.
1.1.3 Il federalismo amministrativo e le riforme degli anni ’97-98
La situazione creatasi dopo l’introduzione della legge 81 del 1993 era per certi versi
contraddittoria. Alla maggiore autorevolezza e responsabilità di un sindaco direttamente
eletto non era infatti stato associato un aumento dell’autonomia o dei poteri del primo
cittadino, o comunque dell’ente locale.
Per far fronte a questa “asimmetria” sarebbe dunque stato necessario completare il
processo di riforma delle autonomie, rafforzando i poteri ed il ruolo degli enti locali e
riducendo sensibilmente i vincoli, i limiti ed i controlli a cui erano sottoposti.
Furono effettivamente queste le direzioni seguite dalle «leggi Bassanini»
3
, che
intervennero in maniera incisiva sul funzionamento, sull’attività e sul ruolo complessivo
degli enti locali.
Il pacchetto di riforme ha implicato interventi su diversi piani:
1) sul piano delle funzioni, la legge 59 ha costituito l’apertura di un processo di
devoluzione di poteri e compiti alle regioni e alle autonomie locali, senza
precedenti per portata ed importanza nella storia dell’amministrazione pubblica
italiana;
2) sul piano dei raccordi tra centro e periferia, si è avviata l’esperienze della
Conferenza Stato-città e autonomie locali, che ha affiancato la preesistente
Conferenza Stato-regioni;
3) sul piano della valorizzazione dell’autonomia decisionale e organizzativa, le
disposizioni contenute nella legge n. 127 del 1997 sono state finalizzate a
semplificare le regole e a togliere vincoli ed interventi restrittivi dell’autonomia
di comuni e province. “Da un modello rigido e statalizzato, che vedeva
necessariamente e uniformemente collocato al vertice amministrativo di ogni
ente un segretario, funzionario statale mandato dal prefetto, si è passati così ad
un sistema flessibile, basato non soltanto su un rapporto di fiducia tra il sindaco
3
Leggi n. 59 e n. 127 del 1997, modificate ed integrate con la legge n. 191 del 1998 e la legge n. 50 del
1999
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e il segretario, funzionario di una speciale agenzia, ma anche sulla possibilità di
affiancare al segretario (…) una figura di direttore generale con competenze
gestionali («city manager»), o di affidare al segretario stesso queste ultime
competenze, o di adottare formule diverse”
4
;
4) sul piano del completamento dell’ordinamento delle autonomie, diverse misure
hanno rafforzato ulteriormente la distinzione funzionale tra organi di governo e
funzionari;
5) sul piano finanziario, è stata significativamente rafforzata l’autonomia tributaria
dei comuni, per approdare ad un sistema di finanza locale basata primariamente
su tributi propri.
1.1.4 Le modifiche del ‘99
Con le leggi n. 120 e 265 del 1999 si è andati a modificare la legge 142/1990,
adeguandola alla luce delle riforme intercorse nel frattempo, “prolungando il mandato
del sindaco a cinque anni (…); rivedendo il sistema elettorale, (…) per superare
l’inconveniente (…) di sindaci privi di maggioranza in consiglio; individuando nuovi
spazi per l’autonomia statutaria e normativa degli enti locali; cercando un nuovo
bilanciamento tra prerogative dell’esecutivo e garanzie dell’assemblea (e della
minoranza); tendendo a rinvigorire il ruolo e i diritti di partecipazione dei cittadini;
rafforzando le forme associative tra gli enti locali; introducendo nuove risposte e nuove
flessibilità per il governo delle città”
5
.
1.1.5 Il testo unico sulle autonomie locali del 2000
A chiusura dell’intenso decennio riformatore fu ritenuto indispensabile riunire in un
quadro normativo sistematico le disposizioni che variamente e disordinatamente si
riferivano agli enti locali.
Il testo unico, approvato con il decreto n. 267 del 2000, contiene perciò le norme in
materia di:
- ordinamento «in senso proprio» e la struttura istituzionale degli enti locali;
- sistema elettorale, ivi comprese l’ineleggibilità e l’incompatibilità;
4
L. Vandelli, op. cit., pp. 95, 97
5
ibidem, pp. 97-98
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