II
funzione di integrazione sociale, attuata attraverso aspetti simbolici e
ritualistici e la costante osservanza dei criteri di imparzialità e di
impersonalità, va in crisi di fronte al progressivo processo di
frammentazione sociale che favorisce l’insorgenza di valori, bisogni ed
istanze diverse ed una più forte richiesta di risultati concreti. Esse
vivono, dunque, un periodo di profonda transizione e ambivalenza,
combattute tra la consapevolezza della propria inadeguatezza a far
fronte alle sfide di una società in rapidissima evoluzione ed il timore di
dover abbandonare rassicuranti routine fatte di tempi e modi conosciuti
e consolidati.
Il cambiamento istituzionale diviene, allora, un evento traumatico
ma ineluttabile, che richiede il ricorso a nuove logiche organizzative e
gestionali e, soprattutto, alla scoperta ed alla valorizzazione delle
soggettività emergenti che operano nei contesti pubblici.
Riqualificare il lavoro pubblico attraverso una nuova legittimazione
delle persone che compongono le istituzioni diventa fondamentale per
promuovere efficienza, efficacia e qualità dei servizi offerti. Per molto
III
tempo, infatti, nelle organizzazioni pubbliche la soggettività è stata
nascosta, mortificata e repressa, a favore dell’oggettività delle norme e
delle procedure e a scapito dei risultati che si sono mantenuti su livelli
standard fissi e carenti. Oggi, però, le dinamiche dello sviluppo
organizzativo si basano sempre più sulle risorse “intangibili”, così la
conoscenza, le informazioni, i servizi, le relazioni personali, prendono il
sopravvento sulle risorse materiali, costituendo di fatto cruciali
innovazioni per il raggiungimento di una maggiore competitività. La
nuova economia punta sulla gestione immateriale, accordando
particolare attenzione ai caratteri professionali della diversità e
dell’individualizzazione e richiedendo alle persone di apportare al
proprio lavoro creatività, progettualità e innovazione.
In tal senso, risulta determinante per promuovere un efficace
cambiamento delle istituzioni il passaggio da un tipo di gestione delle
risorse umane omogenea, uniformante ed indifferenziata ad una capace
di cogliere le unicità e le peculiarità dei soggetti che si rapportano con
l’organizzazione, per esaltarne il valore, recepirne i bisogni e le
IV
aspettative e promuoverne la partecipazione attiva alla vita
organizzativa. L’obiettivo è quello di dar vita a delle istituzioni che
siano capaci di dare ascolto ai clienti interni ed esterni, attraverso
l’adozione di un diverso approccio culturale nell’assolvimento del
proprio compito istituzionale, basato sulla creazione di una nuova
mentalità pubblica improntata sull’idea di utilità del servizio offerto che
si pone come fine il benessere dell’utenza. La scoperta delle esigenze di
tipo psicologico che stanno alla base del lavoro pubblico è, dunque,
cruciale per tracciare una linea di rottura con il passato determinando
un viraggio dell’attuazione del cambiamento dal piano puramente
strutturale a quello psicologico e soggettivo.
Questo lavoro di tesi prende avvio da un’analisi della peculiarità
del fenomeno istituzionale, evidenziandone la natura complessa e
multidimensionale e la diversità rispetto al contesto delle organizzazioni
produttive. Ciò che ci si propone è di esaminare le problematiche che
caratterizzano il percorso di cambiamento intrapreso da alcuni anni
dalla pubblica amministrazione italiana per far fronte alle mutate
V
istanze sociali. Il fine è quello di individuare le criticità emergenti e
prospettare nuove vie e strumenti innovativi per implementare efficaci
processi di cambiamento.
In particolare, nel primo capitolo viene considerato il problema del
cambiamento istituzionale, analizzato attraverso le prospettive e i
paradigmi classici di studio che hanno trattato in modo articolato tale
fenomeno in relazione alle disfunzioni dei sistemi burocratici.
L’attenzione si è focalizzata su tre diversi approcci: istituzionale,
sociologico e psico-socio-analitico, che hanno esaminato nel tempo il
difficile rapporto esistente tra la burocrazia ed il mutamento. L’enfasi è
stata posta su tre contributi fondamentali in merito a questo argomento,
quelli prodotti da Georges Lapassade, Michel Crozier ed Elliott Jaques.
Il secondo capitolo esamina la situazione attuale della pubblica
amministrazione italiana, impegnata nel difficile e complesso tentativo
di trasformare se stessa da istituzione ad organizzazione, attuando
un’inversione di rotta da una logica burocratica ad una cultura
manageriale che privilegi l’efficienza, l’efficacia e la qualità. In tale
VI
ottica si pone in evidenza il ruolo fondamentale che può svolgere la
formazione nell’avviare e supportare tali processi.
Infine, il terzo capitolo offre una prospettiva futura per attuare in
modo concreto il cambiamento. Vi si tratteggiano i caratteri essenziali
di una nuova attività manageriale, il knowledge management, e di un
costrutto innovativo, la comunità di pratica, funzionali alla creazione di
valore ed alla diffusione della conoscenza all’interno
dell’organizzazione.
CAPITOLO I
8
LE ISTITUZIONI TRA BUROCRAZIA E MUTAMENTO:
PROSPETTIVE E PARADIGMI CLASSICI DI STUDIO E
DI ANALISI
1. Istituzione: realtà complessa e multidimensionale
1.1 Definizione semantica e delimitazione del campo d’indagine
Il termine istituzione fa riferimento ad un concetto complesso, che
racchiude in sé diversi significati, perciò porlo quale oggetto di studio e
di analisi richiede, come premessa necessaria, una definizione specifica
ed una distinzione concettuale rispetto all’idea di organizzazione.
Le istituzioni costituiscono il pendant pubblico delle organizzazioni,
ma: “[…] mentre queste ultime non sempre possono definirsi come tali,
9
tutte le istituzioni sono anche delle organizzazioni, seppure con delle
caratteristiche particolari”
1
.
Le istituzioni pubbliche, infatti, pur essendo delle organizzazioni,
evidenziano delle peculiarità rispetto a quelle produttive che ne rendono
profondamente diversa la dinamica in relazione ai vincoli, all’adozione
come parametri di riferimento dei concetti di efficienza/efficacia, alle
dinamiche organizzative
2
.
Nell’accezione comune, l’istituzione è un’organizzazione sociale il
cui funzionamento è regolato da norme formali e da un sistema rigido di
ruoli, ma anche un insieme di valori, consuetudini, pratiche consolidate,
che fungono da riferimento per un dato assetto sociale e ne regolano i
vari settori, rispondendo alle necessità della collettività. Le istituzioni,
nel tempo, tendono a stabilizzarsi, perpetuando l’esistenza di modelli e
di valori che servono a dare sicurezza ai membri del sistema sociale e a
rendere possibile la convivenza.
1
Licciardello O. (1994), Gli strumenti psicosociali nella ricerca e nell’intervento. Premesse
epistemologiche e dimensioni applicative, Angeli, Milano, p. 182.
2
Ibidem.
10
Le componenti essenziali nel processo con il quale un gruppo
sociale si trasforma, nel tempo, da semplice movimento ad
organizzazione duratura, ed infine, ad istituzione sono:
¾
la creazione di un’identità propria, avulsa da quella
delle persone che la compongono, grazie alla
costituzione di strutture e procedure formali, che si
ripetono con modalità e significati uguali e condivisi da
tutti, dando luogo ad una produzione normativa e
simbolica ad elevata pervasività e persistenza;
¾
l’acquisizione di un valore in sé, riconosciuto dai
membri interni e dai soggetti esterni, senza tener conto
dell’effettiva capacità di realizzazione di obiettivi
concreti. Il carattere strumentale si affievolisce fino a
perdersi, determinando così la difficile applicabilità di
concetti come efficienza, efficacia e funzionalità
3
.
3
Romei P. (2000), L’organizzazione come trama. Fondamenti per la conoscenza e lo studio dei
fenomeni organizzativi, Cedam, Padova.
11
Il processo di istituzionalizzazione è, dunque, il frutto di una
costruzione mentale dei membri interni e degli interlocutori esterni, che
progressivamente attribuiscono ad una certa organizzazione
un’autorevolezza e un peso sociale che si radica nella coscienza
collettiva in modo forte e uniforme.
“Le istituzioni sono costruzioni sociali. Anzi, costrutti
dell’intelligenza sociale quale si è concretizzata in <<opere
pubbliche>> nel corso del tempo”
4
.
La costruzione sociale delle istituzioni è prodotta dall’interazione
degli attori, sia attraverso i loro progetti deliberati, sia attraverso gli
effetti indiretti del loro interagire
5
. La credibilità sociale, acquisita
attraverso questo processo di costruzione, fa si che la cultura e i simboli
propri di un’istituzione entrino a far parte del patrimonio cognitivo
collettivo. Le istituzioni, perciò, assumono la capacità d’influenzare i
comportamenti, rendendoli prevedibili, socialmente appropriati e
4
Donolo C. (1997), L’intelligenza delle istituzioni, Feltrinelli, Milano, p. 226.
5
Ibidem.
12
controllabili. Esse diventano strumenti per pensare, classificare,
decidere, per convalidare idee, per ricordare e per dimenticare
6
.
“Istituzionalizzazione significa dunque innanzitutto costituzione del
gruppo sociale, organizzato in modo formale, come soggetto in sé,
percepito come tale dagli altri soggetti (individuali), interni ed esterni,
che interagiscono con esso; e poi <<infusione di valore>>-
riconosciuto dagli stessi soggetti altri- che si fonda probabilmente in
origine sull’apprezzamento dei comportamenti e delle prestazioni, ma
che si sposta poi gradatamente sulla mera esistenza di essa. Così le
istituzioni, per il fatto stesso di esserci, contano, sono importanti.
Soddisfano i bisogni di dipendenza, di affiliazione, di appartenenza.
Servono come terreno di sviluppo di strategie personali e di gruppo.
All’interno del contesto sociale rassicurano. Sono un punto di
riferimento per i comportamenti individuali e collettivi”
7
.
6
Douglas M. (1986), How Institutions Think, Syracuse University Press, New York; tr. it. Come
pensano le istituzioni, Il Mulino, Bologna, 1990.
7
Romei P. (2000), op. cit., pp. 139-140.
13
Questo percorso di stabilizzazione sociale dell’istituzione, nel corso
del tempo, fa emergere la tendenza ad una sterile autoreferenzialità, che
si manifesta nel considerare come indicatori di successo non i risultati
concreti, bensì il formale rispetto delle regole e delle procedure.
“L’organizzazione istituzionalizzata tende a non avere più una
funzione strumentale; la sua esistenza diventa fine a sé stessa. La sola
prova richiesta per continuare a credere in e ad essa è che rimanga
sempre uguale a sé stessa; che ripeta, in modo rassicurante, gli atti, i
riti, le cerimonie che da sempre la contraddistinguono, e che
confermano il perdurare della sintonia con i bisogni, con i sentimenti, e
con i miti sociali. Le istituzioni tendono dunque a sviluppare una propria
liturgia. Le organizzazioni diventano istituzioni anche in quanto
sviluppano una propria liturgia”
8
.
La liturgia rituale permette la spersonalizzazione delle strutture e
dei comportamenti, togliendo valore alle persone in quanto tali ed
enfatizzando, invece, solo i mezzi e le regole formali che consentono
8
Ibidem, pp. 141-142.
14
all’istituzione di esprimersi e di manifestarsi. L’osservanza dei criteri di
imparzialità e di impersonalità, poi, contribuisce a rafforzarne il valore
mitico. Le istituzioni pubbliche, dunque, attraverso aspetti simbolici,
ritualistici, e cerimoniali, costituiscono potenti mezzi d’integrazione
sociale. Questa funzione, però, può andare in crisi di fronte a delle
circostanze particolari:
ξ un progressivo processo di frammentazione del sistema
sociale, con l’insorgere di valori, bisogni ed istanze diverse
ed incompatibili tra loro;
ξ una maggiore richiesta di risultati concreti ed una rinnovata
attenzione all’efficienza e all’efficacia delle prestazioni e
dei servizi offerti.
In un contesto culturale differenziato e complesso, ciò che si pone
come problema fondamentale delle istituzioni è l’innovazione. Il
cambiamento, infatti, prevede dinamicità ed evoluzione, mentre le
istituzioni rappresentano una realtà fortemente statica e burocratizzata,
15
caratterizzata da resistenze, chiusure difensive e incapacità di
adattamento nei confronti di qualsiasi intervento innovativo
9
.
1.2 Il cambiamento istituzionale e le disfunzioni dei sistemi burocratici
come ambiti di ricerca e di studio
L’incapacità evidenziata, da parte delle istituzioni, di far fronte ai
mutamenti del contesto sociale e alle rinnovate istanze della collettività,
ha suscitato l’interesse di vari Autori che si sono dedicati allo sviluppo
di diversi approcci riguardo al problema.
Il cambiamento istituzionale e l’individuazione delle modalità per
realizzarlo in modo efficace e diffuso sono stati gli aspetti centrali di
studio. Il punto di avvio delle riflessioni sull’argomento è rappresentato
dalle analisi del funzionamento dei sistemi burocratici, per evidenziarne
criticità e disfunzioni e proporre soluzioni possibili. Particolare rilievo è
stato dato alla comprensione del rapporto esistente tra gruppi,
organizzazioni e istituzioni, per far emergere i meccanismi di interazione
9
Ibidem.
16
sociale che stanno alla base delle dinamiche relazionali interindividuali e
collettive. Si è cominciato, inoltre, ad assumere una certa
consapevolezza dell’importanza della soggettività dell’azione umana
nelle organizzazioni e nelle istituzioni.
Da queste premesse e spunti di analisi si sono sviluppate molteplici
linee di pensiero ed elaborazioni di modelli che rispecchiano i diversi
orientamenti teorici cui fanno riferimento gli autori che hanno analizzato
il fenomeno istituzionale.
Tra le diverse prospettive di ricerca promosse riguardo
all’argomento spiccano, in particolare, tre contributi fondamentali per
avviare un’indagine articolata e approfondita sulle istituzioni. Il
riferimento è ai modelli di studio e di analisi prodotti da Georges
Lapassade; Michel Crozier; Elliott Jaques.