INTRODUZIONE
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La successiva gravissima crisi di Borsa colpì in Italia le grandi
banche, soprattutto il Credito Italiano e la Banca Commerciale, che
si erano fortemente immobilizzate.
L‟accordo fra il governo e la Commerciale prevedeva, per favorire
gli smobilizzi delle partecipazioni delle banche di credito ordinario
la costituzione dell‟IMI (Istituto Mobiliare Italiano) e
successivamente dell‟IRI (Istituto Ricostruzione Industriale).
Il risanamento bancario fu completato con il riordino dell‟attività
bancaria, approvato con un decreto legislativo del 12 Marzo del
1936 poi convertito in legge nel 1938.
A differenza della legislazione del 1926 mirata alla tutela del
risparmio, la legge bancaria del 1936 aveva mire più ampie; infatti si
era passati da una disciplina sostanzialmente negativa ad una che
non tendeva a limitare l‟attività delle banche bensì ad indirizzarla.
Con la legislazione del 1936 viene abbandonata definitivamente la
concezione di banca mista, considerata insopprimibile nel 1926.
Il capitolo prosegue con l‟analisi del rapporto banca-impresa
considerato nei suoi presupposti, nei suoi limiti, nei suoi contenuti
effettivi, nei suoi correttivi e con la sua evoluzione.
Si è svolto, infine, un confronto tra i diversi modelli organizzativi
analizzati sotto gli aspetti economici e normativi.
La seconda parte è dedicata all‟excursus storico e normativo in tema
di partecipazioni evidenziando l‟analisi dettagliata della normativa
comunitaria.
Va condotto un nuovo discorso sulla legislazione bancaria
considerando che nella realtà della legislazione più recente le
innovazioni rispetto ai molti principi della legge del 1936 sono
ampie e incisive.
INTRODUZIONE
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Tali modifiche sono derivate, oltre che dal mutamento dello scenario
economico, anche dalla necessità di adeguare il nostro ordinamento
a quello comunitario e in particolare alla direttiva 646/89/CEE, la
quale rappresenta il principale riferimento cui il legislatore si è
attenuto per l‟emanazione della nuova legge bancaria.
Il problema dell‟assunzione di partecipazioni in imprese non
finanziarie da parte di intermediari creditizi ha assunto negli ultimi
anni un‟importanza crescente in seguito alla graduale
liberalizzazione perseguita dalle autorità di vigilanza nell‟ambito di
un più vasto processo di espansione dell‟operatività bancaria ad aree
limitrofe alla tradizionale attività creditizia.
Nella terza parte dell‟elaborato si è inteso fornire una
rappresentazione, necessariamente sintetica, dell‟attenzione che il
sistema creditizio nazionale ha riservato alla partecipazione al
capitale delle imprese.
Sono stati esaminati i bilanci, le note integrative e le relazioni degli
amministratori riferiti al 31/12/2007 di tre Gruppi Bancari di
significativa importanza nel panorama finanziario nazionale:
UniCedit; MPS; Interbanca.
Non è stata una scelta rispondente a precisi criteri, salvo l‟ordine
crescente di impegno strategico nel settore delle partecipazioni al
capitale delle imprese.
I dati rilevati e riassunti fotografano “storicamente” un periodo in
cui si cominciavano ad avvertire le prime avvisaglie delle turbolenze
che hanno poi investito, con violenza devastante, il sistema bancario
in primis e, per logica conseguenza, quello economico globale.
CAPITOLO PRIMO
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CAPITOLO PRIMO
– IL RUOLO DELLE BANCHE
NEL SOSTEGNO AL CAPITALE
DI RISCHIO DELLE IMPRESE
1.1 La crisi degli anni venti
Gli anni compresi fra il 1914 e il 1939 furono caratterizzati dalla
prima guerra mondiale (1914-1918), da una successiva gravissima
crisi di Borsa (1929) e da una conseguente lunga depressione (1929-
1932) che si poté considerare definitivamente superata con lo
scoppio della seconda guerra mondiale 1.
Gli anni successivi alla prima guerra mondiale, a causa della
riconversione da “economia di guerra” a “economia di pace”, furono
caratterizzati da una profonda crisi che coinvolse l'intera economia
mondiale.
Nel settore bancario si ebbero delle profonde trasformazioni:
si assistette ad un‟intensa attività di concentrazione degli istituti
bancari; vi fu un forte sviluppo del settore bancario pubblico ed
infine sorsero nuove banche.
Il processo di concentrazione delle banche, iniziato già prima della
guerra, proseguì favorito in gran parte dall'esigenza di riconvertire le
industrie; l'evoluzione della riconversione portò a rafforzare
1
E. De Simone, “Moneta e banche attraverso i secoli” – 2002, pag 159.
CAPITOLO
I
CAPITOLO PRIMO
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notevolmente i legami tra banche e imprese a causa del forte ricorso
al credito.
La concentrazione condusse alla formazione di banche più grandi e
solide, che ispiravano anche più fiducia nel pubblico, ma
chiaramente aumentò il rischio derivante dalle conseguenze di
eventuali crisi 2.
Il forte bisogno di credito delle imprese aveva portato spesso ad una
situazione di controllo da parte degli istituti di credito.
Alcuni industriali cercarono di rovesciare questa situazione tentando
la scalata alle banche, al fine di ottenere ulteriori finanziamenti e
ridurre il credito alle imprese concorrenti.
Le scalate, che furono il sintomo più evidente della crisi di
riconversione delle imprese, avevano rafforzato l‟egemonia di quei
ristretti gruppi di finanzieri che erano a capo delle banche e che si
erano dovuti difendere dagli assalti degli industriali in difficoltà.
La difesa, tuttavia ebbe dei costi molto elevati.
Di fatti, mentre “gli scalatori” non subirono perdite perché
riuscirono a disfarsi delle loro azioni a condizioni vantaggiose, i
gruppi che si erano opposti alle scalate risultarono danneggiati dalla
diminuzione del corso delle azioni a speculazione finita.
Questo originò diversi aumenti di capitale con azioni cedute ai
vecchi soci a prezzi inferiori a quelli di mercato.
Il settore metallurgico fu particolarmente colpito dalla crisi difatti il
gruppo Ansaldo trascinò con se nella crisi la Banca Italiana di
Sconto, sorta a Roma sul finire del 1914.
2
E. De Simone, “Storia della banca dalle origini ai giorni nostri” – 1987, pag 169.
CAPITOLO PRIMO
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La banca Italiana di Sconto si era appena fusa con la Società
Bancaria Italiana, conoscendo un rapido sviluppo che l'aveva portata
a diventare nel 1920 la più grande banca italiana.
La situazione economica della BIS, appesantita anche da crediti
difficilmente realizzabili, precipitò proprio per gli stretti legami con
l'Ansaldo e a nulla valsero i tentativi di salvataggio 3.
1.2 La legislazione del 1926
Le frequenti crisi, che si sono ripetute e la sfrenata concorrenza
indussero le autorità a disciplinare l'attività bancaria.
La debolezza di tale sistema emerse in modo sorprendente con
alcuni dissesti bancari tra cui il fallimento della Bis nel 1921, sicché
si impose la necessità di un intervento normativo rivolto a tutelare
gli interessi dei risparmiatori e a conferire una maggiore stabilità al
sistema.
Due decreti, convertiti poi in legge, nel 1926 sottoposero il sistema
bancario italiano a regolamentazione: l‟Istituto di emissione divenne
organo regolatore del mercato monetario ed esercitò la vigilanza
sull'attività bancaria.
Venne istituito un albo delle aziende di credito presso il Ministero
delle Finanze al quale dovevano essere iscritte tutte le aziende che
intendevano esercitare l‟attività bancaria e si rese necessaria, sia per
la costituzione, sia per la fusione, sia per l'apertura di filiali,
un'autorizzazione di quel ministero su parere motivato della Banca
d'Italia.
3
E. De Simone, “ Moneta e banche attraverso i secoli” – 2002 pag 172.
CAPITOLO PRIMO
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Furono stabiliti anche altri obblighi, di carattere operativo: impose
un capitale minimo per la costituzione di nuove aziende di credito e
obbligò le banche a destinare il 10 per cento dei loro utili ad un
fondo riserva, fino al raggiungimento del 40 per cento del capitale
sociale; individuò un limite di fido concedibile ad un singolo cliente
pari a venti volte il patrimonio 4.
Bisogna tenere presente che il fine primario dei provvedimenti del
1926 fu quello della tutela e disciplina del credito; non si mise
ancora in discussione la partecipazione delle banche alle imprese, in
quanto si ritiene che il sistema di finanziamento dell'apparato
produttivo e in particolare di quello industriale, aveva ancora
bisogno di quel sostegno.
Se si esaminano le norme da cui avrebbe dovuto derivare il "governo
del credito", si nota come esse "siano volte a porre dei freni
all'attività delle imprese bancarie, piuttosto che a creare degli
elementi propulsivi nei confronti delle stesse" 5.
Il legislatore dell'epoca sembra intenzionato, non tanto a cercare di
indirizzare i flussi creditizi, come avverrà in seguito, ma a porre un
limite esterno all'attività delle banche, che bisogna tenere presente,
erano il centro assoluto dello sviluppo del sistema.
La legge bancaria dell'epoca non prevedeva dunque alcuna
limitazione specifica all'assunzione di partecipazioni industriali da
parte delle banche, se non quella genericamente posta all'erogazione
del credito.
4
E. De Simone, “Moneta e banche attraverso i secoli” – 2002 pag 174.
5
M. Porzio, “La legge bancaria” – 1981, pag 126.