4
costume, ove soggetto offeso era, più che la donna vittima in sé e per sé, il
marito o la sua famiglia, oltre che la morale sessuale in genere, si è passati
ad una normativa in cui esso viene finalmente definito reato contro la per-
sona e viene inserito, per mezzo di una serie di nuovi articoli (dal 609-bis al
609-decies), nella Sezione II, Capo III, Titolo XII, Libro II del codice pena-
le, intitolata “Dei delitti contro la libertà personale”.
Conseguenza di questo cambiamento è stato anche l’inasprimento del-
la pena: da 3 a 10 anni di reclusione, sanzionati nel codice Rocco, si è, in-
fatti, passati ad una pena che va da 5 a 10 anni di reclusione. Allo stesso
tempo, però, è stata introdotta anche un’attenuante che prevede la riduzione
al massimo dei 2/3 della pena nei casi di minore gravità, in modo da poter
graduare la sanzione.
Altra innovazione assai importante è stata quella che ha visto
l’introduzione di un’ulteriore ipotesi autonoma rispetto al reato-base: la fat-
tispecie della violenza di gruppo, per la quale, salvo aggravanti ed atte-
nuanti, la pena è stata aumentata alla reclusione che va da sei a dodici anni.
Nel lavoro che ho svolto, dunque, ho cercato di cogliere i punti più ri-
levanti del mutamento che è stato introdotto dalla nuova legge 66/96.
Nel primo capitolo ho, infatti, analizzato, riassumendolo in modo
schematico, l’iter dei lavori preparatori che hanno portato all’approvazione
della suddetta legge. Ho, quindi, preso in esame le proposte legislative più
significative che sono state fatte dalla VII alla XII legislatura, cercando di
evidenziarne i punti costanti e le variabili.
5
Successivamente ho posto in risalto la nuova collocazione sistematica
dei reati in tema di libertà sessuale, sottolineando, oltre che la novità prin-
cipale, cui ho già accennato, dello spostamento degli stessi da reati contro
la morale pubblica e il buon costume a reati contro la persona, anche le
conseguenze scaturite da questa novità e prendendo brevemente in esame le
questioni dell’attività sessuale compiuta con minore o con persona malata
di mente.
Per concludere questa prima parte, ho cercato di riassumere le princi-
pali innovazioni introdotte dalla legge 66/96, facendo un costante confronto
con gli istituti previsti dal codice penale prima della riforma.
Nel secondo capitolo, invece, sono passata ad analizzare più nel detta-
glio il delitto di violenza sessuale, così come è stato definito dalla nuova
legge.
Ho cominciato facendo una breve analisi statistica di questa fattispecie
criminosa in Italia per dare un’idea delle dimensioni del fenomeno e, con-
seguentemente, dell’importanza a livello sociale e culturale della riforma
stessa. I dati di cui mi sono servita sono stati principalmente quelli della ri-
cerca Istat condotta dalla Dott.ssa Linda Laura Sabbadini. L’indagine, svol-
ta tra il settembre 1997 e il gennaio 1998 e da cui sono emersi elementi im-
portanti anche per il fenomeno della violenza sessuale, riguardava
l’argomento più vasto della sicurezza nel nostro Paese ed aveva un cam-
pione di 50mila persone, fra cui 20mila donne di età compresa tra i 14 e 59
anni. Come ha sottolineato la ricercatrice stessa, questo monitoraggio è sta-
to particolarmente rilevante perché, oltre ad evidenziare i profili principali
6
della fattispecie in questione (ore e luoghi in cui la violenza sessuale viene
maggiormente perpetrata, autori più frequenti, etc.), ha fornito, e ciò per la
prima volta in Italia, una stima del sommerso che si è dimostrato essere,
purtroppo, ancora assai elevato.
Dopo questa breve introduzione sono passata a studiare gli elementi
costitutivi del delitto in questione, facendo un’analisi esegetica dell’art.
609-bis c.p. che introduce la fattispecie-base di violenza sessuale e trattan-
do principalmente dell’elemento della costrizione, necessario per integrare
il suddetto delitto, e delle sue varie possibili connotazioni. Ho concluso
questo studio dell’art. 609-bis c.p. con un’analisi della pena comminata a
coloro che vi incorrono e delle possibili circostanze aggravanti ed attenuan-
ti.
Ho poi toccato un altro aspetto molto dibattuto nel corso dei lavori
preparatori, ossia quello della procedibilità, facendo anche in questo caso
un raffronto con ciò che prevedeva il codice Rocco prima della riforma.
Sono, dunque, passata ad analizzare, sempre alla luce della nuova leg-
ge, aspetti più specifici, quali la violenza nei confronti del coniuge (ed in
questo caso ho ritenuto opportuno citare anche il modello americano della
“marital exemption”, tuttora vigente), la tutela particolare offerta dal legi-
slatore al minore anche nei casi di rapporti sessuali consensuali (in questo
caso ho fatto un cenno pure ad alcuni aspetti procedurali ed a talune tecni-
che che sono state proposte o già messe in essere a tutela della debole per-
sonalità del minore nel corso di processi spesso lunghi ed estenuanti) e il
7
concorso di persone nel reato, contemplato nella nuova ipotesi autonoma
della violenza di gruppo.
Ho, poi, parlato, in modo assai sintetico, delle molestie sessuali e delle
problematiche ad esse connesse perché, sebbene non previste dalla legge
66/96, erano state introdotte in alcune proposte di legge precedenti ed an-
che perché spesso il confine tra il delitto di violenza sessuale e le molestie
sessuali è molto labile.
Ho voluto concludere questo secondo capitolo con una sentenza
sull’argomento perché ho ritenuto interessante vedere anche l’applicazione
pratica dei dettati normativi fino a questo punto presi in esame. A tal pro-
posito ho scelto la sent. n. 1636, emanata il 10/2/1999 dalla Suprema Corte
e meglio conosciuta come la “sentenza dei jeans”, perché mi sembrava a-
datta a stimolare riflessioni sul tema ed anche perché aveva avuto un’ampia
eco a livello nazionale.
Nell’ultimo capitolo, ossia il terzo, ho, infine, cercato di rapportare il
delitto di violenza sessuale alla realtà senese.
Dopo una brevissima introduzione in cui ho affrontato a grandi linee il
diverso modo di concepire la donna e lo stupro nei secoli, ho, dunque, trat-
tato della risposta istituzionale offerta dalla nostra città, ossia
dell’Associazione “Donna chiama Donna”, che si è formalmente costituita
nel settembre 1997 in seguito ad una serie di attività portate avanti dal Cen-
tro Pari Opportunità dell’Amministrazione Provinciale di Siena.
Successivamente, un po’ specularmente a quanto ho fatto nel capitolo
precedente, ho riportato alcune statistiche inerenti al fenomeno, così come
8
lo si può rilevare nella nostra città. I dati che ho utilizzato, e che riguardano
il numero delle donne che si è rivolto all’Associazione “Donna chiama
Donna” e di quelle che sono state refertate ai Pronto Soccorso di Siena e di
alcuni Comuni della Provincia per violenza negli ultimi anni, sono quelli
ottenuti da un monitoraggio dell’utenza svolto dall’Associazione stessa e
da un’indagine, dal titolo “Maltrattamenti ed abusi sessuali”, effettuata dal-
le allieve della Scuola per Assistenti Sociali dell’Università di Siena sotto
la direzione del Prof. Giovanni Battista Traverso e la supervisione
dell’Assistente Sociale Teresa Bruneri del Centro Pari Opportunità
dell’Amministrazione Provinciale. A questi ho aggiunto una piccola ricerca
che ho fatto io stessa su un giornale locale, “La Nazione-cronaca di Siena”,
per vedere il risalto che la stampa cittadina aveva dato al fenomeno negli
ultimi due anni.
Per concludere, ho voluto chiudere l’ultimo capitolo con una sentenza
di primo grado del Tribunale Penale di Siena. Specificatamente si tratta
della sent. n. 32 del 12/3/1999. In essa si contestava agli imputati il reato
consistente nel compimento di atti sessuali su una donna contro la sua vo-
lontà. Questo perché ritenevo interessante finire il mio lavoro con un esem-
pio di applicazione pratica della nuova legge nella realtà a me più vicina,
ossia quella della città dove vivo.
9
CAPITOLO I
VIOLENZA SESSUALE: L'ITER DELLA LEGGE DI
RIFORMA
1- I precedenti: dalla VII alla XII Legislatura
Finalmente, dopo un estenuante iter legislativo durato quasi vent'anni,
è stata approvata la legge n.66 del 1996, la quale ha rinnovato la formula-
zione dei reati in tema di libertà sessuale.
Storicamente, la prima iniziativa di modifica normativa in materia
venne presentata in Parlamento nel lontano 1977, nel corso della VII legi-
slatura, con la proposta di legge n.1919 recante il seguente titolo:"nuove
norme a tutela della libertà sessuale".
Tale proposta comprendeva la ridefinizione della violenza sessuale e
portava all'individuazione di un'unica figura di atti di libidine compiuti me-
diante violenza e minaccia; veniva creata la figura autonoma della violenza
di gruppo, veniva confermata la procedibilità a querela irrevocabile secon-
do il disposto dell'art.542 c.p., venivano eliminate le figure di ratto più di-
scutibili e vietate le domande dirette a violare la privacy della vita o delle
relazioni sessuali della persona stessa, tranne quelle strettamente necessarie
all'accertamento del reato.
Siffatta iniziativa, sebbene destinata a rimanere isolata, rappresentò
senza dubbio un'importante segnale di una presa di coscienza che cominciò
a maturare a seguito dei gravi episodi di violenza sessuale (ai quali segui-
rono i relativi processi per stupro) che avevano suscitato clamore e vivaci
dibattiti, primo fra tutti il tragico episodio noto come "il massacro del Cir-
10
ceo"
1
.
Fu in quell'occasione che si potè assistere per la prima volta alla mo-
bilitazione delle donne e, in particolare, alla presenza del movimento fem-
minista all'interno di un'aula di giustizia non solo in segno di solidarietà,
ma anche quale presenza politica
2
.
La tragica vicenda del Circeo costituì, dunque, l'inizio di una crescente
presa di coscienza in merito alla violenza sessuale.
L'anno seguente, precisamente nell'ottobre del 1976, fu celebrato a
Verona un processo per stupro contro due operai, i quali avevano sottopo-
sto a violenza e sevizie una ragazza -Cristina Simeoni- di soli sedici anni.
In quell'occasione, per espressa volontà di Cristina, che si era messa in
contatto con il movimento femminista, il processo si svolse a "porte aper-
te", affinché l'opinione pubblica fosse spettatrice di ciò che avveniva all'in-
terno di un'aula di tribunale. Durante l'istruttoria dibattimentale, vennero
poste alla vittima una serie di domande, allora considerate usuali, fortemen-
te offensive della propria dignità e personalità
3
a tal punto che, gli stessi di-
fensori della parte civile ricusarono i giudici del tribunale in quanto "porta-
1
Da tale fatto di cronaca è stato tratto il film "Un processo per stupro", trasmesso dalla Rai-TV
nell'aprile 1979, più un'iniziativa editoriale da Einaudi, Gli Struzzi, 1980.
"Il 30 settembre 1975, nel portabagagli di una Fiat 127, in via Pola, in Roma, venivano rinvenuti il
cadavere di Rosaria Lopez e il corpo della diciassettenne Donatella Colasanti, gravemente ferita.
Donatella raccontò che tre giovani, con la scusa di passare alcune ore in casa di amici, le avevano
condotte in una villa a San Felice Circeo, dove le avevano tenute sequestrate e le avevano seviziate e
violentate per due intere giornate. Poichè più volte le ragazze avevano tentato di fuggire, le stesse erano
state barbaramente massacrate. Rosaria era stata assassinata immergendole la testa in una vasca da bagno,
Donatella era stata colpita al capo con il calcio di una pistola e con una barra di ferro... successivamente,
convinti che anche Donatella fosse morta, gli assassini nascosero i corpi delle due donne nel portabagagli
dell'auto e li portarono a Roma per farli in seguito scomparire del tutto. Cfr. "Il comportamento violento
sulla donna e sul minore", a cura di Traverso G.B., ed Giuffrè, Milano, 1988, p.80.
2
Tale presenza venne considerata un fatto talmente sconvolgente, che i difensori degli imputati
eccepirono addirittura la nullità del dibattimento, perchè non erano state osservate le garanzie poste a
tutela degli imputati e dei loro difensori-eccezione in seguito respinta dalla Corte di Assise di Appello di
Roma, la quale ritenne assolutamente generici i motivi addotti a sostegno della difesa-. Op. cit.
3
"Come tenevi le gambe, come tenevi le braccia, eri bagnata, eri vergine, ecc.". Op. cit.
11
tori degli stessi valori socio-culturali degli stupratori". Tale evento, senza
dubbio provocatorio, fece a lungo discutere uomini e donne, giuristi, uomi-
ni di cultura e non; ed è in seguito a tale istruttoria che cominciò ad eviden-
ziarsi la necessità di apportare modifiche alle norme sostanziali e proces-
suali relative ai reati di violenza sessuale. Nel frattempo, nello stesso anno,
a Bruxelles, venne istituito il Tribunale Internazionale per i crimini contro
le donne dove vi parteciparono duemila donne provenienti da ventisette Pa-
esi diversi.
L'anno seguente, a Roma, fu tenuto un processo a carico di sette gio-
vani, che avevano violentato una ragazza di sedici anni. Tale vicenda mise
in luce una nuova forma di violenza carnale, ossia quella di gruppo. In
quell'occasione, il movimento femminista chiese di costituirsi parte civile,
cosa del tutto sorprendente allora, tant'è vero che, siffatta costituzione ven-
ne ritenuta inammissibile, ma contribuì ancora una volta ad accendere un
ampio dibattito che portò, in seguito, al riconoscimento del diritto degli enti
esponenziali di costituirsi parte civile, per la tutela degli interessi collettivi.
Nel maggio del 1978, a seguito di un ulteriore episodio di violenza carnale
che vide coinvolti quattro uomini ai danni di una ragazza minorenne, venne
celebrato il processo che, per la prima volta, ripreso dalla televisione di
Stato, impressionò profondamente l'opinione pubblica, soprattutto per
quanto riguardava la fase dibattimentale, tutta rivolta a verificare il com-
12
portamento della donna come se la stessa fosse la vera colpevole delle vio-
lenze subite.
4
Ecco allora che, nello stesso periodo, prese corpo l'iniziativa decisiva:
a seguito di un convegno internazionale di donne sulla violenza, tenuto a
Roma, nacque l'idea di costituire un comitato che si facesse promotore di
una legge di iniziativa popolare contro la violenza sessuale. Ne fecero parte
il Movimento di Liberazione della Donna, l'Unione Donne Italiane e il Col-
lettivo Femminista Romano di via Pompeo Magno.
Nell'aprile del 1979 venne diffuso un testo
5
che raccolse trecentomila
firme e venne presentato alla Camera nel marzo del 1980 con il titolo
6
:
"Norme penali relative ai crimini perpetrati attraverso la violenza sessuale
e fisica contro la persona".
I punti decisivi del testo riguardavano, innanzitutto la collocazione
della violenza sessuale tra i reati contro la persona
7
, la unificazione dei de-
litti perpetrati attraverso la violenza sessuale in un'unica fattispecie di vio-
lenza sessuale
8
, la fattispecie autonoma di violenza di gruppo, la procedibi-
4 Cfr. "Questo processo ci dà la misura dello squallore e della miseria umana che stanno sotto alla nostra
cultura..., c'è una sorta di spostamento del disonore da chi compie l'atto a chi lo subisce". F.O.Barsaglia
"Un processo per stupro", Einaudi, Torino, 1980.
5
Il movimento di Liberazione delle Donne effettuò un'indagine campione sulla violenza che riportò i
seguenti dati: il 47.5% delle donne aveva subito violenza fisica, l'8.7% sevizie; di queste il 4.5% non ha
presentato denuncia ritenendo normale subire la violenza del marito; il 4.0% ha sopportato per i figli, il
18.6% ha sperato che la situazione familiare migliorasse.
6
Traverso G.B., op. cit, pag.63 ss.
7
"Noi donne, oggi più che mai, siamo ancora più convinte che la violenza sessuale è un delitto contro la
persona e non, come è considerato ora, contro la morale (art.1), è incredibile infatti che se io donna vengo
picchiata, offesa, sequestrata, violentata, non sono io l'offesa ma la morale. Proposta di legge presentata
alla Camera in data 19 marzo 1980, n.1551, in A.A.V.V.."Commentario delle norme contro la violenza
sessuale" a cura di A Cadoppi, Cedam, Padova, 1996, pag.493 ss.
8
Art.8 "Violenza sessuale":Lart.519 del codice penale è sostituito dal seguente: chiunque con violenza,
minaccia o inganno, o valendosi della propria autorità, ovvero approfittando di una incapacità d'intendere
e di volere al momento del fatto, costringe o induce taluno, ivi compreso il coniuge, a subire o ad assistere
ad atti di natura sessuale è punito con la reclusione da due a dieci anni." L'esistenza di un solo reato,
13
lità di ufficio sempre, giudizio direttissimo, la possibilità per le associazioni
di costituirsi parte civile, divieto di domande sulla passata vita della vitti-
ma. In particolare, le donne proponevano la modifica dell'art.571 (abuso dei
mezzi di correzione e di disciplina) e dell'art.582 (lesioni personali).
In sostanza, la proposta di legge riguardava un aggravamento delle
pene e la procedibilità d'ufficio, per evitare alle donne di dover chiedere,
presentando querela, la punizione del compagno o del marito
9
.
Siffatto progetto suscitò immediatamente accese discussioni tra le
donne stesse, soprattutto in merito ad alcuni punti in esso affrontati, primo
fra tutti quello dettato dall'art.6
10
, sulla procedibilità d'ufficio
11
.
Secondo le promotrici della proposta, la procedibilità d'ufficio doveva
considerarsi la naturale conseguenza della tipologia del reato di stupro, non
più considerato delitto contro la morale pubblica e il buon costume, bensì
crimine grave contro la persona. In tal modo, si risparmiava alla vittima la
difficile decisione se denunciare o meno il fatto, combattendo la sua reti-
cenza a sporgere querela. A tale principio, parte delle donne obiettavano
che, così facendo, veniva soppresso inevitabilmente il diritto della donna
alla autodeterminazione, in considerazione del fatto che, spesso, l'incertez-
za sulla querela esprime non sempre debolezza e paura, ma anche distanza
quello appunto della violenza sessuale, fa sì che la donna non sia considerata semplicemente un corpo da
usare; una persona divisa in aree sulle quali si consuma ora un atto di libidine, ora una violenza carnale,
ora un ratto a fine di libidine. Op. cit.
9
Va detto che, in questa occasione, il Parlamento prese in considerazione soltanto quella parte di legge
relativa ai reati di violenza sessuale, accantonando invece quella relativa ai reati in famiglia.
10
Art.6 "Procedibilità d'ufficio":L'articolo 542 del codice penale è abrogato. Op. cit. pag.496.
11
"La procedura d'ufficio sottolinea simbolicamente la gravità del reato, lo omologa ad altri gravi reati di
violenza. La procedura d'ufficio difende le donne, le libera da ricatti, toglie loro l'onere di farsi carico
della denuncia. Pitch Tamar, Violenza e violenza sessuale nella prospettiva del movimento delle donne; in
Il comportamento violento sulla donna e sul minore, a cura di Traverso G.B., ed. Giuffrè, Milano, 1988.
14
dalla legge e diffidenza verso i processi; solo la donna, infatti, è in grado di
scegliere se affidarsi alla giustizia e, quindi, se affrontare un processo che
molte volte la trasforma da vittima in accusata.
12
Un altro punto importante, oggetto tra l'altro di accesissimi dibattiti in
sede di approvazione dell'attuale legge n.66 del 1996, riguardava l'art.2 che
recitava che "per i reati previsti dal libro II, titolo IX del codice penale, è
ammessa la costituzione di parte civile delle associazioni aventi come sco-
po la liberazione dalla repressione sessuale e la difesa dei diritti delle don-
ne". La presenza di tali associazioni, in un processo per violenza sessuale,
aveva dunque lo scopo di non lasciare sola la donna violentata, e di operare
un maggiore controllo sociale sull'andamento del processo
13
.
A seguito della suddetta iniziativa, nel corso dell'VIII legislatura, ven-
ne presentato alla Camera, il 16 dicembre1982, con relazione dell'On. Bot-
tari, un testo unificato il quale, prevedeva il "doppio regime di procedibili-
tà"; ovvero quella d'ufficio sempre, mentre la querela si applicava quando
tra la persona offesa e il colpevole vi era un rapporto di coniugio o di con-
vivenza. L'esame di tale progetto si arenò sul primo articolo, che collocava
la violenza sessuale tra i delitti contro la persona, in quanto fu approvato
un emendamento dell'on. Casini, il quale tendeva a ricollocare tutta la ma-
12
I. Dominijanni, in “La politica del desiderio” a cura di L. Murano e L. Rampello, Pratiche, Parma,
1995.
13
"Se è vero che una maggiore attenzione sociale sul processo può indurre i giudici ad essere più attenti
e prudenti e l'opinione pubblica ad esercitare un controllo più forte, è altrettanto vero che così facendo si
può acuire la conflittualità e la tensione, ponendo la donna, che in aula deve già fare i conti con i propri
disagi e le proprie tensioni, al centro di un fuoco incrociato. Inoltre la costituzione delle associazioni di
donne, a fianco della donna violentata, rimarca la sua debolezza, ossia il fatto che la donna da sola nel
processo non ci sa stare e che ha necessità di sostegno. cfr., Farinelli, Aspetti forensi, in A.A.VV. op cit.
15
teria della violenza sessuale tra i delitti contro la moralità pubblica e il
buon costume
14
.
Successivamente, nel corso della IX legislatura venne approvato in da-
ta 18 ottobre 1984 alla Camera e trasmesso al Senato un nuovo testo che
configurava nuove ipotesi di reato: violenza sessuale (609 bis c.p.), violen-
za sessuale presunta anche tra minori coetanei (609 ter c.p.), atti sessuali
commessi con abuso della qualità di pubblico ufficiale (609 quater c.p.),
violenza sessuale di gruppo (609 quinquies c.p.), sequestro di persona a
scopo di violenza sessuale (609 sexies c.p.), atti sessuali commessi in pre-
senza di minori (609 septies c.p.). Queste fattispecie venivano inserite nelle
nuova sezione II bis "Dei delitti contro la libertà sessuale" da inserirsi nel
capo III "Dei delitti contro la libertà individuale" del titolo XII "Dei delitti
contro la persona" del libro II del codice penale.
Veniva dunque abrogato il capo I ("Dei delitti contro la libertà sessua-
le"). del titolo IX ("Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costu-
me") del libro II del codice penale, nonché gli articoli 530 ("Corruzione di
minori"), e 541, 542, 543 c.p. (disposizioni comuni al titolo IX sulle pene
accessorie e la querela dell'offeso). La procedibilità era a "doppio regime",
sebbene quella d'ufficio fosse la regola
15
; era prevista la possibilità di cele-
brare il processo a porte aperte (salvo l'espresso diniego della parte offesa),
14
Nonostante le dimissioni, per protesta, dell'On. Bottari, dopo pochi mesi decadde la legislatura ed,
insiema ad essa, il relativo progetto.
15
Tranne il caso in cui, al momento del fatto, tra la persona offesa e il colpevole vi fosse un rapporto di
coniugio o di convivenza.
16
era vietato l'interrogatorio rivolto a violare la privacy della vittima, era pre-
visto, come regola, l'adozione del rito direttissimo.
Il testo, giunto poi in Senato, non ebbe seguito.
Nella X legislatura, le parlamentari laiche presero l'iniziativa, propo-
nendo un testo che, nella sostanza, riproponeva le linee decisive della legge
d'iniziativa popolare. Approvato alla Camera nel marzo del 1989, fu tra-
smesso al Senato il quale lo assegnò alla sede referente della Commissione
Giustizia, dove stazionò fino alla fine della legislatura.
Nel corso dell'XI legislatura, furono nuovamente discussi altri progetti
sulla legge in materia, più due progetti concernenti l'istituzione di un fondo
per le case ed i centri di sostegno delle vittime di maltrattamenti e di vio-
lenza sessuale.
Durante siffatta legislatura, nel 1992, la Commissione Pagliaro pre-
sentò lo schema di un disegno di legge, concernente una delega al Governo
della Repubblica ad emanare un nuovo codice penale. Tale disegno di leg-
ge prevedeva al Titolo V (dei reati contro la libertà) del Capo III (dei reati
contro la libertà sessuale) l'art.71, concernente le fattispecie dello stupro,
dello stupro di gruppo e delle molestie sessuali; in particolare, la prima ri-
guardava il fatto di chi, contro la volontà di una persona, si congiunge ses-
sualmente con essa o compie atti di identico significato offensivo; la se-
conda, nel fatto di più persone che, in concorso, commettono personalmen-
te e contestualmente il delitto di stupro; la terza, infine, il fatto di chi, con-
tro la volontà di una persona, compie atti molesti di significato sessuale su
di essa o diretti ad essa in sua presenza.
17
L'art.72, invece, concerneva il delitto di incesto, consistente nel fatto
di chi, abusando delle relazioni familiari, induce a compiere incesto un di-
scendente o un ascendente, ovvero un fratello o una sorella. Riguardo al de-
litto di incesto, va sottolineato come, il disegno di legge lo trasferiva dal-
l'ambito dei reati contro la famiglia (così nel codice Rocco), a quello dei
reati contro la libertà sessuale
16
.
Per quanto riguarda la procedibilità, era prevista la querela, ad ecce-
zione della violenza di gruppo, o nei confronti del malato di mente, o con
abuso delle mansioni di pubblico agente. Tale querela, inoltre, era irrevo-
cabile.
Riassumendo, nel corso delle legislature menzionate, -dalla VII all'
XI-
17
si sono discusse le norme contro la violenza sessuale in una congerie
di progetti diversi, di testi provvisoriamente unificati, abbandonati, ripresi e
riformulati alla scadenza di ogni legislatura senza peraltro ottenere un risul-
tato utile sul piano legislativo. Quest’ultimo è stato raggiunto solamente
nella dodicesima legislatura grazie soprattutto all'iniziativa e all'impegno
delle donne parlamentari di tutte le forze politiche del Paese che si sono
battute oltre ogni limite per offrire una tutela concreta alle donne e, in ge-
nerale, a tutte le persone fisicamente più deboli -prime fra tutte i bambini- a
fronte di uno dei crimini "più odiosi contro la persona e la sua dignità ed
16
E' opinione ormai maturata che il vero bene offeso non è, come nel codice del 1930, la moralità
pubblica, bensì la libertà della persona in ordine alla propria sessualità.
17
Virgilio Maria,"Una vicenda dentro e fuori il parlamento. Dalla VII alla XII Legislatura", in
A.A.V.V. "Commentario delle norme contro la violenza sessuale, a cura di Cadoppi, Cedam, Padova,
1996, pag.482 e segg.