7
di spunti teorici. Il modo di filosofare del pensatore torinese procede
tratteggiando un percorso intellettuale organizzato in tappe legate fra di
loro, in un gioco di continui rimandi e dipendenze, per le tematiche
affrontate, per i confronti ingaggiati con altri pensatori e per le nuove
visioni proposte; tappe che dimostrano la coerenza e la fedeltà con cui
l’autore non è mai venuto meno al suo intento speculativo di fondo; che è
quello di immettersi in un flusso di pensiero vivo, che affronta nel concreto
i vari aspetti problematici della filosofia.
Accennare ai molteplici interessi del pensatore torinese è utile,
quindi, per mostrare un orizzonte filosofico molto articolato ma al
contempo organico
2
. Che Pareyson fosse destinato a diventare un
importante filosofo lo si comprese presto, quando, per primo, introdusse, in
Italia, le tematiche esistenzialistiche, occupandosene con rigore e
pubblicando poco più che ventenne due scritti: Note sulla filosofia
dell’esperienza
3
(1938) e La filosofia dell’esperienza e Carlo Jaspers
2
Ci sembra interessante riportare la sintesi del pensiero pareysoniano proposta da F.
Russo: “Innanzitutto la formulazione dell’incommensurabilità tra finito ed infinito, che
rende possibile il superamento dell’assolutizzazione del finito, di stampo idealistico, e
della sua negativizzazione, di stampo esistenzialistico; l’unità di teoria e prassi, che
risolve alla radice i conflitti tra filosofia speculativa e filosofia pratica; il concetto di
persona come dono di sé a se stessa, in cui è salvaguardato il valore della libertà al
margine di certo ottimismo spiritualistico; la distinzione tra pensiero espressivo e
pensiero rivelativo …; la centralità della persona ….; infine, la conciliazione tra
condizionalità storica ed assolutezza della filosofia, che attribuisce al filosofo il compito
di attingere autenticamente la verità.” F. Russo: Esistenza e Libertà. Il pensiero di Luigi
Pareyson, Armando, Roma, 1993, pp. 27-28.
3
In questo primo lavoro filosofico, Pareyson si propone di stabilire un confronto critico
fra il pensiero di Heidegger e quello di Jaspers sottolineando un aspetto intramontabile e
sempre al centro dei suoi interessi; si tratta del principio ontologico dell’esistenza come
8
(1939), irrompendo, così, con semplicità giovanile, nell’ambiente culturale
italiano fondamentalmente dominato dall’idealismo crociano e gentiliano,
assai refrattario ad accogliere istanze e tendenze diverse dalla loro filosofia.
L’esistenzialismo rimarrà, del resto, un ripensamento importante e sempre
presente nel suo pensiero: “I primi studi ai quali per affinità elettiva mi
dedicai furono la filosofia dell’esistenza, specie di Jaspers e Marcel in
principio, e poi soprattutto di Heidegger, e fu principalmente da essi che
trassi la mia prima ispirazione”
4
. Dalla lettura di questi tre autori e
dall’influenza del suo maestro Guzzo, derivò la preoccupazione speculativa
del nostro autore per il concetto di persona; preoccupazione dalla quale
maturerà il suo “personalismo ontologico” presentato nel suo volume
Esistenza e persona (1950). Questa personale posizione filosofica si colloca
in un punto di confluenza fra la concezione esistenzialistica dell’esistenza
come coincidenza di autorelazione ed eterorelazione e il pensiero cristiano.
Secondo questa riflessione la persona è, al tempo stesso, relazione con sé ed
apertura all’altro. La finitezza dall’uomo è caratterizzata dall’essere insieme
insufficienza e positività e la realtà del finito non cessa d’essere positiva ed
autonoma, anche se ne viene riconosciuta l’evidente insufficienza. L’uomo
coincidenza di relazione con sé e relazione con altro o di autorelazione ed
eterorelazione; si veda F. P. Ciglia: Ermeneutica e libertà. L’itinerario filosofico di Luigi
Pareyson, Bulzoni Editore, Roma,1995, pp. 31-36.
4
L. Pareyson, Esistenza e persona, Il melangolo, Genova 1985, p. 201. Nonostante la
prima edizione del testo sia datata 1950, nella trattazione del presente lavoro verrà presa
in considerazione la quarta ed ultima edizione di Esistenza e persona (d’ora in poi citata
con la sigla EP).
9
è libertà, ma alla base della sua libertà c’è, dunque, una necessità iniziale:
“l’uomo è iniziativa, ma iniziativa iniziata”
5
. Ciò accade perché il principio
razionalistico della complementarità di finito ed infinito è sostituito, dal
pensatore torinese, con quello personalistico della loro incommensurabilità.
Il giovane Pareyson sottolinea, così, l’importanza dell’uomo inteso come
l’esistente finito che non può essere ricompreso in una sintesi superiore
(approdo dell’idealismo) ma prende, anche, le distanze dagli stessi esiti
dell’esistenzialismo, che pur rivendicando l’autonomia del finito, lo
considera ancora come pura negatività e peccato. Per Pareyson l’uomo è,
quindi, positivo ma non sufficiente, insufficiente ma non negativo;
posizione che gli permette di garantire l’assolutezza del singolo e la validità
della persona.
L’enumerazione della vastità degli interessi di Pareyson continua con
la sua personale elaborazione della filosofia dell’interpretazione nel senso di
una ontologia dell’inesauribile, riflessione che, da una parte, anticipa la
filosofia ermeneutica del ventesimo secolo in Italia e in Europa, e dall’altra
costituisce il riferimento imprescindibile della sua teoria
dell’interpretazione matura quale appare in Verità e interpretazione, la sua
principale opera in campo ermeneutico. Il personalismo ontologico
conduce, quindi, il pensatore torinese ad approfondire il proprio
esistenzialismo nel senso di un’ontologia dell’inesauribile. La matura teoria
5
EP, p.203.
10
ermeneutica di Pareyson concepisce, così, la persona come interpretazione
della verità, proprio perché il rapporto fra uomo ed essere, descritto nel
personalismo ontologico, è connotato in maniera strettamente personale. Il
legame con la verità è, quindi, ontologico ed ermeneutico insieme:
“l’interpretazione è l’avvento temporale della verità, cioè la verità parlante a
tutti, ma a ciascuno nel suo personale ed irripetibile linguaggio”
6
. Ogni
persona, quindi, nella concretezza della situazione, è un momento rivelativo
della verità ed una testimonianza dell’essere. Ciò è possibile in quanto la
verità non è considerata come un fondamento ineffabile, ma, piuttosto come
un’origine inesauribile. Ma dire interpretazione non significa altro, per
Pareyson, se non dire ancora libertà dal momento che l’essere-verità si dona
all’uomo e l’uomo, costituito come libertà, è chiamato a rispondere,
attraverso un atto teorico-pratico di interpretazione-decisione se accogliere
o rinnegare l’essere. Sempre in Verità e interpretazione possiamo, così,
leggere: “la rivelazione della verità, in quanto interpretazione personale di
essa, è atto originario di libertà, e non c’è atto di libertà più originario che la
stessa decisione per l’essere”
7
.
Rispetto al personalismo ontologico, in cui la libertà era vista in
particolare attraverso l’ottica dell’iniziativa iniziata e del consenso
all’essere, l’ontologia dell’inesauribile sembra assumere un aspetto più
6
L. Pareyson, Verità e interpretazione, Mursia, Milano, 1971, p. 69 (d’ora in poi citata
come VI).
7
Ibidem, p. 106.
11
problematico proprio attraverso la connotazione della libertà come scelta
pro o contro l’essere.
Rispondente alla sua teorizzazione dell’ermeneutica è il grande
capitolo costituito nella filosofia di Pareyson dal rinnovamento delle
categorie estetiche. Il pensatore torinese restituisce all’artista una dignità
artigianale, fissando la sua attenzione sul lavoro, la tecnica, la mano
“uguale al pensiero e sua rivale”. Nel suo personale contributo Estetica.
Teoria della formatività (1954), Pareyson, infatti, intende superare
l’opposizione fra natura e artificio. Pur avendo ben presente l’importanza
della riflessione fatta dal nostro autore in campo estetico, diversi aspetti di
questa rimarranno sottointesi poiché il presente lavoro si sofferma con
particolare attenzione sugli aspetti che riguardano la libertà.
Non è possibile tacere, inoltre, l’intensa attività storiografica condotta
da Pareyson con scrupolo di rivisitazione teoretica rivolta alla grande
filosofia del romanticismo e dell’idealismo tedesco; la ricerca storica
assume, infatti, una notevole importanza speculativa, poiché i diversi autori
non sono affrontati con intento divulgativo o ripetitivo, ma con l’impegno
per interrogare adeguatamente la loro istanza filosofica.
Negli ultimi anni della sua vita, la riflessione filosofica dell’autore di
Piasco coincide con la proposta di un pensiero tragico, in cui i temi della
libertà e del male, già preannunciati nella sua teoria dell’ interpretazione,
giungono a piena trattazione. Quest’ultima speculazione, frutto della
12
rilettura di Schelling e Dostoevskij, si configura come una ontologia della
libertà capace, da una parte, di scandagliare il male e la sofferenza umana,
e, dall’altra, di proporre l’assunzione del cristianesimo come questione
indispensabile per la riflessione contemporanea. La sua ultima filosofia
assume, così, i connotati di una vera e propria ermeneutica dell’esperienza
religiosa cristiana. Queste tematiche traspaiono sia dalla sua Ontologia
della libertà
8
, pubblicata postuma che dai saggi raccolti nel volume:
Dostoevskij, Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa
9
, pubblicato
anch’esso postumo nel 1993. La rassegna delle principali opere di Pareyson
ci permette di individuare nell’ontologia della libertà la sua visione più
matura da cui tutta la sua riflessione sembra attratta, e fa comprendere come
quest’ultima costituisca il cuore propulsore di tutto il suo pensiero
10
.
8
L.Pareyson , Ontologia della libertà, Einaudi, Torino 1995 (d’ora in poi citata come
OL). L’ontologia della libertà è l’insieme dei saggi e lezioni destinati a costituire per
volere dell’autore due volumi dal titolo Ontologia della libertà. Il male e la sofferenza
e La libertà e il nulla. L’ opera, presentata da Giuseppe Riconda e Gianni Vattimo,
raccoglie nella prima parte, sotto il titolo In cammino verso la libertà, le cosiddette
Lezioni di Napoli, tenute da Pareyson nell’aprile del 1988. La seconda parte dell’opera,
La libertà originaria, raccoglie saggi già pubblicati su “Annuario filosofico”, quali
L’esperienza religiosa e la filosofia, La filosofia e il problema del male, Un discorso
temerario: il male in Dio, e i frammenti sull’escatologia trascritti da Aldo Magris. La
terza parte, La libertà e il nulla, che risponde all’ intenzione di Pareyson di un secondo
volume autonomo costituito dall’ intreccio di speculazione e meditazione storiografica
unisce i saggi: La domanda fondamentale: “Perché l’essere piuttosto che il nulla?”,
Stupore della ragione e angoscia di fronte all’essere, Il nulla e la libertà come inizio e
Filosofia della libertà.
9
Il volume raccoglie saggi che vengono dedicati da Pareyson alla riflessione condotta
sull’opera di Dostoevskij.
10
Si potrebbe ipotizzare la costruzione, da parte di Pareyson, anche se non come
obiettivo del suo filosofare, di un sistema (escludendo con ciò che questa costruzione
avesse il carattere della sistematicità intenzionale, ossia di essere ideata e progettata
come tale). Il carattere sistematico della filosofia di Pareyson non è quindi dato
dall’autore, ma è trovato dal lettore.
13
Questo intenso lavoro filosofico è il risultato di un confronto
continuo e fecondo con diversi autori; il loro pensiero è sottoposto ad una
continua disamina per approfondirne e svolgere adeguatamente, ma sempre
in modo personale, le loro istanze e valenze speculative più profonde.
Pensatori che hanno concorso, più o meno direttamente ad arricchire e
fecondare il suo retroterra culturale. Innanzitutto va ricordata la grande
influenza che esercitarono sul nostro filosofo la personalità e l’opera del suo
maestro Augusto Guzzo. Scrive, infatti, Pareyson in Esistenza e persona:
“La scuola alla quale mi formai fu il pensiero di Augusto Guzzo, ch’era una
forma di idealismo parallela a quella di Croce e di Gentile, derivata non da
essa, ma direttamente dal neohegelismo napoletano”
11
. Lo stesso Pareyson
ammette che nel volume Esistenza e persona permangono: “alcuni residui
di altre dottrine, i quali, agendo come remore, furono, motivo di qualche
esitazione in me e di qualche fraintendimento nei lettori. Alludo alla
concezione dell’esercizio personale della ragione universale professata da
Augusto Guzzo”
12
. Concezione che ha influenzato il nostro, almeno per un
certo periodo, e precisamente fino a quando ad essa non sostituirà una
concezione diversa della persona, intesa non come soggetto o ragione, come
voleva Guzzo, ma come rapporto con l’essere e prospettiva sulla verità. Il
pensiero di Guzzo viene, così, superato con vigorosa personalità. Fu sempre
11
EP, p. 201.
12
Ibidem, p. 18.
14
grazie al suo maestro che ebbe il primo approccio con i grandi temi
dell’esistenzialismo: “Sin dal primo anno di università egli [Guzzo] mi mise
fra le mani un libro di Jaspers, per il suo pensiero provai un così vivo
sentimento di congenialità che estesi la mia attenzione all’intero
movimento”
13
. La lettura di Jaspers lo distolse dalle dispute idealistiche
italiane per introdurlo alla conoscenza di questa corrente. Fu lo studio di
Jaspers, infatti, che portò Pareyson alla “lettura d’urto” di Kierkegaard e
poco dopo a quella di Barth. Il fascino subito dai pensatori porterà Pareyson
ad esprimersi in termini lusinghieri: “per me Kierkegaard era stato una
profonda, sconvolgente, personalissima esperienza, […] e per di più come
scrittore essenzialmente religioso presentava una attualissima forma di
cristianesimo”
14
. Lo stesso dicasi per Barth la cui lettura Der Römerbrief
(Lettera ai romani) fu per lui “così appassionata e travolgente e destinata a
lasciare tracce così profonde e indelebili”
15
che lo indusse a dedicargli un
saggio fondamentale: L’esistenzialismo di Karl Barth, pubblicato nel 1939,
sul “Giornale critico della filosofia italiana” e poi inserito nel volume Studi
sull’esistenzialismo
16
.
13
L. Pareyson, Filosofia e verità (intervista), “Studi Cattolici”,193, 1977 p. 171.
14
EP, p. 232.
15
Ibidem, p. 233.
16
L. Pareyson, Studi sull’esistenzialismo, Sansoni, Firenze,1943 (nel 1950 viene
presentata una seconda edizione profondamente rielaborata). Nel testo viene tracciato un
quadro d’insieme dell’intera filosofia dell’esistenza; nell’elaborazione dello scritto
Pareyson, poco più che ventenne, subisce l’influsso di alcuni studiosi di questa corrente
quali Carlini, che aveva mostrato un notevole interesse per Heidegger, Le Senne nel
quale spiccava il senso di finitezza umana e Lavelle la cui speculazione aveva un
carattere decisamente ontologico. La problematica esistenzialistica si mescola, così, in
15
Pareyson fu un profondo conoscitore dell’opera di Heidegger e di
essa ha fornito una interpretazione davvero originale. Nel soggiorno
tedesco fra il ’36 e il’37 (in quella occasione incontrò personalmente
Jaspers) ebbe modo di leggere, consapevole della sua originalità, Sein und
Zeit. Ma il modo di leggere Heidegger, afferma infatti, Pareyson “non era
già più quello di Grasselli o di Grassi o di Mazzantini o di Scaravelli, che lo
consideravano di per sé stesso, o tutt’al più in connessione con Husserl: lo
vedevo ormai inserito nell’intero ambiente esistenzialistico. Leggevo
Heidegger ben consapevole della sua originalità, perché le letture
kierkegaardiane che stavo facendo ne rivelavano l’autentico significato”
17
.
Nel leggere le opere di Heidegger, il giovane Pareyson trovò una immediata
affinità soprattutto per il primato dell’essere e la differenza ontologica ma
non ne fu completamente condizionato mantenendo una propria
indipendenza interpretativa. Lo stesso Pareyson avvertirà in un secondo
momento, del resto, la necessità e l’urgenza, fatte salve alcune felici e
geniali intuizioni di Heidegger, di rivisitare la filosofia del tedesco
prendendo le distanze dagli esiti ineffabilistici ed ontologici negativi verso
i quali aveva condotto la sua differenza ontologica, alla luce di un
personalismo più attento al problema della libertà e della responsabilità
dell’uomo.
parte allo spiritualismo in parte all’idealismo gentiliano. Ciò ebbe il merito, però, di
rendere gli studi del nostro più consoni al clima culturale italiano.
17
EP, p. 233.