6
e altri, in psicoterapia e' sorto l'orientamento fenomenologico-esistenziale con la
terapia esistenziale, l'antropoanalisi, la terapia umanistica fino all'odierna corrente
transpersonale.
8
La terapia esistenziale raccoglie diversi approcci con in comune il
principio di riconoscere che ogni persona vive in un mondo proprio di significati e
sensazioni personali. Si centra l'attenzione sull'essere nel mondo, sulla coscienza di
sé, sulla possibilità di compiere scelte responsabili, poiché la vita e' fatta di scelte più
o meno consapevoli che poi contribuiscono al nostro destino. L'assunzione di
responsabilità e' la base per cambiare, lo sfuggire a questo genera colpa esistenziale,
L’angoscia, in questo modo, diversamente dalla paura o dal timore, che dipendono da situazioni specifiche e
determinate, è il disagio doloroso e profondo, provocato dall’incertezza dell’esistere in quanto possibilità.
Tuttavia, mentre l’angoscia si riferisce al rapporto che l’uomo ha con il mondo, la disperazione si riferisce al rapporto
che l’uomo ha con sé stesso, in cui consiste propriamente l’ ‘io’. Così l’uomo giunge alla disperazione, poiché si trova
alle prese con due opposte ed alternative possibilità: ‘essere-sé-stesso’, ma in quanto finito, è a sé insufficiente e non
raggiungerà mai l’equilibrio; o non-essere-sé-stesso, ma, in questo caso, si scontra con l’impossibilità di fondo, di non
poter rompere il rapporto con l’ ‘io’. Per un altro aspetto, la disperazione nasce anche da una mancanza di necessità e/o
di libertà, in quanto solo dalla loro unione si genera l’ ‘io’. Concludendo, disperazione e angoscia sono strettamente
congiunte, ma non identiche; entrambe tuttavia si radicano nella struttura ‘problematica’ dell’esistenza e per entrambe –
all’avviso di Kierkegaard – l’uomo può trovare rimedio soltanto nella ‘fede’. Quest’ultima elimina l’angoscia, vertigine
della possibilità, affidandosi a Dio, l’essere a cui tutto è possibile, e allo stesso tempo, elimina la disperazione, la
malattia mortale, in quanto l’uomo non inganna più sé stesso sulla sua autosufficienza, ma si riconosce come dipendente
totalmente dall’Assoluto.
4
Heidegger M., Essere e tempo, Ed.Longanesi, Milano, l927
Heidegger M., il filosofo tedesco il cui pensiero è imprescindibile nell’affrontare il tema del nichilismo. Con “Essere e
Tempo” egli attua una delle più profonde e compiute riflessioni sulle questioni esistenziali, rivoluzionando il modo di
interrogarsi sul carattere “umanità” dell’uomo, riflessioni che mai come oggi paiono attuali.
5
Sartre J.P., La Nausea, 1938
6
Husserl E., Mondo, io e tempo, 1955
7
Jaspers K., Psicopatologia generale,1913
La chiarificazione dell'esistenza, inoltre, porta ad una presa di coscienza del limite della stessa esistenza. Fondamentale,
in tale ambito di considerazioni, è l'esperienza delle situazioni-limite, come il "dolore", la "colpa", la "morte". Il non
poter vivere senza lotta e dolore, il doversi assumere inevitabilmente la propria colpa, il dover morire, sembrano
condurre al naufragio ed allo scacco.
8
Madera R., Il nudo piacere di vivere. La filosofia come terapia dell’esistenza, Mondadori, Milano 2006
L'espressione "il nudo piacere di vivere" esprime in una formula il tratto distintivo della concezione epicurea del
piacere. E la condizione di vita più semplice, espressa dalla pura esistenza intesa come energia vitale, e al tempo stesso
quella più complessa, perché richiede un costante esercizio della mente per imparare a calibrare i desideri e le
avversioni. Romano Màdera racconta la scoperta e la conquista di questo modo di vedere la vita attraverso le tappe più
significative della sua vicenda autobiografica: l'infanzia vissuta in una famiglia fortemente cattolica e moralista;
l'adolescenza con le prime complicate e fallimentari esperienze amorose; la scoperta della filosofia; la passione politica
e le relative delusioni; la psicoanalisi e il suo superamento verso una forma di vita filosofica rinnovata. Un intreccio tra
biografie, autobiografia, riflessione filosofica impregnata di psicoanalisi, storia e spiritualità interreligiosa, lontani da
qualsiasi dogmatismo. Un invito al lettore perché si avvicini al "nudo piacere di vivere" come senso prezioso
dell'esistere umano, realtà sempre disponibile ma invisibile se non a chi voglia e sappia esercitarsi nella ricerca. La
proposta di una filosofia come terapia dell'esistenza, come stile di vita.
7
la consapevolezza in fondo di scegliere di non decidere.
9
Siamo essenzialmente soli,
ma c'e' la possibilità di entrare in relazione con gli altri e questo avviene anche nella
relazione terapeutica. Infine da soli dobbiamo dare significato alla nostra vita e
decidere come viverla. Negare la morte produce ansia, accettarla con consapevolezza
e' una base per dare senso alla vita. Anche la logoterapia ha la meta di aiutare le
persone a trovare il senso della vita e anche della sofferenza nei suoi diversi aspetti,
essa si basa sui concetti di amore, altruismo, libertà, responsabilità, ricerca dei valori
e considera la volontà di assegnare significati come la pricipale motivazione umana.
10
“L’inquietudine dentro di sé è bisogno di meta(…) nella consapevolezza che quanto
si incontrerà sarà sempre un semivuoto, un incontro con l’incolmabile”.
L'antropoanalisi integrava la psicanalisi freudiana con l'esistenzialismo creando una
analisi dell'essere nel mondo, essa considerava tre aree di analisi : la persona coi suoi
pensieri e fantasie interne, i rapporti con gli altri, i rapporti con l'ambiente. Le
persone possono essere alienate da una di queste aree, ciò sarebbe dovuto alla
separazione o al non saper scegliere. Anche la quantità di scelte possibili può
produrre difficoltà e ansia esistenziale. Obiettivo della terapia e' la consapevolezza e
la capacità di scegliere in un continuo divenire, ciò significa “realizzarsi” . Il blocco
di questo processo produrrebbe il disagio psicologico ed esistenziale.
11
“I passaggi
generazionali sono sempre stati scanditi e segnati da alcune ritualità e dall’addensarsi
9
Madera R., La filosofia come stile di vita. Introduzione alle pratiche filosofiche, Mondadori, Milano 2003
Quando si pensa alla filosofia nell'opinione comune, ma anche tra gli stessi filosofi, la si intende quasi sempre come un
discorso che esamina altri discorsi, scientifici o etici, per saggiarne l'attendibilità. Ma la filosofia è stata, fin dalle sue
origini, ricerca di saggezza che nasceva da un certo modo di vivere e si trasmetteva attraverso esercizi spirituali, un
aspetto dei quali era l'attività propriamente teorica. Il libro illustra sia alcuni dei motivi teorici per i quali questa
importante dimensione è stata a lungo trascurata, sia le ragioni che rendono oggi possibile ed entusiasmante una sua
riproposizione in forme adeguate al tempo presente.
10
Demetrio D., Autoanalisi per non pazienti. Inquietudine e scrittura di sé, RCE, Milano 2003, p. 13.
11
Mapelli B., Generazioni, in Adultità, Guerini e Associati, ottobre 2000, p.9.
8
in esse, nei comportamenti e nelle parole che tali passaggi hanno commentato, di forti
passioni”. La psicoterapia umanistica promossa da Maslow
12
porta avanti una visione
più ottimistica dell'uomo in cui sono presenti tendenze innate alla verità, alla
giustizia, alla libertà e creatività, la cui frustrazione produce angoscia. Tra i principali
approcci umanistici troviamo Rogers
13
con la sua terapia centrata sul cliente. egli ha
una visione positiva dell'uomo che tenderebbe all'indipendenza,
all'autoconsapevolezza e all'autorealizzazione attraverso la capacità di fare scelte
autonome. Il Sé lotta per la coerenza favorita dalla presenza di un altro significativo
che dia accettazione, comprensione empatica e autenticità. Tuttavia la meta di
divenire una persona pienamente funzionante non si raggiungerebbe mai, ma ognuno
sarebbe coinvolto in un processo continuo di realizzazione. La terapia serve a favorire
la crescita personale fornendo le condizioni necessarie e sufficienti al cambiamento.
La corrente transpersonale ha considerato nell' uomo anche gli aspetti spirituali,
prima trascurati dalla visione materialistica della scienza, tuttavia ciò ha dato luogo a
visioni spesso poco scientifiche e soggette a influssi di religioni orientali e mode New
Age. L'attuale approccio neuropsicofisiologico consente una integrazione più
completa, su basi scientifiche avanzate, di quanto precedentemente scoperto e
sperimentato. I valori dell' "io genetico" presenti in tutti gli uomini di tutte le culture
sono la dignità, la libertà, la giustizia, l'amore, che se contrastati dai condizionamenti
sociali e culturali provocano il disagio dell' uomo che poi lotta come può per far
emergere queste forze interne. Lo sviluppo dell' "io cosciente" nella psicoterapia
12
Ma slow A., Motivazione e personalità, 1954
13
Rogers, C. R., La terapia centrata sul cliente, Firenze, Psycho, 1953
9
consente all'individuo di liberarsi gradualmente dai condizionamenti e dalle memorie
del passato che tende a difendere istintivamente. Lo studio del cervello e della
coscienza operato dalle neuroscienze ha permesso, tramite la teoria della
lateralizzazione emisferica, di individuare una chiave di lettura scientifica dei disturbi
mentali e della sofferenza. Il cervello sinistro operando con simboli verbali e modelli
rigidi utili alla sopravvivenza dell'individuo, se preferenziale, può precludere la
comunicazione con l'emisfero destro più libero di percepire oggettivamente la realtà e
di trovare soluzioni creative e flessibili alle molteplici situazioni della vita. Solo
l'interazione interemisferica e l'intervento dell' "io cosciente" può permettere un pieno
sviluppo delle potenzialità umane e la salvaguardia da disturbi e da disagi esistenziali
. Personalmente l'esperienza del disagio esistenziale mi ha favorito fin
dall'adolescenza, fase critica per eccellenza, nella ricerca dei valori e del senso della
vita che ho poi con una lunga ricerca, spesso sofferta, trovato in una spiritualità libera
dai legami e dai dogmi di modelli prestabiliti delle tradizioni.
14
“L’istanza trans-
formativa presente nell’autobiografia è la ricerca di senso”. La psicologia, la
psicanalisi, la psicosomatica, la filosofia, la mistica e la conoscenza scientifica
liberata dal dogmatismo scientista e determinista, mi hanno aiutato a capire l'uomo in
tutta la sua complessità, riconoscendo fin dall' inizio del percorso che ogni disciplina
da sola non era sufficiente, ma andava integrata in una visione globale e
interdisciplinare. Nella visione neuropscofisiologica integrata ho infine trovato
compiuto quel lavoro di integrazione delle scienze e dei valori umani che avevo
14
Formenti L., Adultità femminile e storie di vita, GSEA 1997, p.10.
10
intuito e cercato per molti anni faticosamente. Il senso della vita e' costituito in fondo
dall' evoluzione di tutte le forme di vita che dovremmo rispettare e favorire, e in
particolare dell' uomo, attraverso esperienze e percorsi spesso sofferti e tesi verso una
maturazione non solo biologica, ma anche della coscienza, senza tuttavia mai
raggiungere sulla terra una totale perfezione. Oltre alla lotta con se stessi purtroppo
ho incontrato gli ostacoli che ogni giovane e ogni uomo incontra in un cammino di
sviluppo di sé, dovuti agli attacchi di chi difende opinioni personali , privilegi di
potere, danaro e possesso , ecc. nonché l'invidia di chi non conosce bene la fatica del
percorso e vede solo qualche aspetto positivo già raggiunto dagli altri svalutandolo
per coprire il suo disagio o enfatizzandolo eccessivamente, invece che trarne spunto
di riflessione ed esempio … il disagio esistenziale ancora a volte presente e' quindi
spesso dovuto, oltrechè alle memorie e ai condizionamenti da superare, all' ignoranza
ben difesa da molti e alla difficoltà a vivere in un mondo governato da chi cerca più il
potere che il servizio al prossimo. Inoltre credo che, sia per me che per la mia
generazione, una fonte specifica di disagio esistenziale consista nel rapporto tra i due
sessi in cui, dopo la crisi dei modelli del passato, dobbiamo trovare una giusta e
fisiologica identità e una positiva comunicazione finalizzata all'aiuto reciproco. Tutto
questo in una evoluzione personale e sociale e nella prospettiva di una educazione dei
figli il più possibile libera da modelli rigidi e da alibi alla poca partecipazione.
Tuttavia bisogna considerare che il disagio spesso, anche in questo campo, se ben
compreso ed accettato, può essere fonte di stimolo alla conoscenza di sé e al
miglioramento continuo nel rapporto con gli altri e nella comunicazione.
11
Le potenzialità dell’autobiografia e del racconto di sé sono sviluppate quando la
narrazione diviene scrittura che stimola consuetudini introspettive e autoconsapevoli,
suscitando il ripiegamento riflessivo sul proprio sé interiore.
15
La scrittura della personale storia di formazione, della propria vita e esistenza, apre
la psiche al mondo esterno e all’io interiore, stimolando processi di autoriflessione,
per cui la rielaborazione delle dinamiche riflessive permette al narratore sempre
nuove evoluzioni psichiche, riassorbendo e trasformando pensieri, sentimenti,
sensazioni e stati d’animo, in un processo naturale di esperienze vissute e intuizioni,
salvaguardando tutta la ricchezza della comunicazione interpersonale. La scrittura
della propria interiorità offre al narratore la potenzialità di un processo di
rielaborazione per tradurre le proprie riflessioni e il pensiero autoreferenziale
permetterà di trascrivere percorsi, trame di significato, tracce di pensiero interiori per
una più acuta capacità di analisi e consapevolezza di sé. Attraverso la scrittura è
possibile attuare un approccio ermeneutico con la stessa attenzione richiesta dalla
comprensione testuale, in un circolo virtuoso nell’ambito dei rimandi vicendevoli tra
scrittura e pensiero autobiografico.
16
“Tutti i concetti che parlano o ci parlano di
interiorità hanno una inscindibile doppia natura. Servono al pensiero e evocano, nello
stesso istante in cui compaiono alla mente, emozioni e sentimenti”.
15
Castiglioni M., La ricerca in educazione degli adulti. L'approccio autobiografico, Unicopli 2002.
Se l'età adulta non è più meta conclusiva del processo di crescita e formazione, ma è fase della vita ancora aperta a
ulteriori occasioni e situazioni d'apprendimento, non soltanto riconducibili ad esperienze e luoghi predisposti
intenzionalmente, e se donne e uomini adulti sono spinti a "rimettersi" in formazione da esigenze e desideri, intimi e
profondi, anche la ricerca nell'educazione degli adulti necessita sempre più di essere ripensata nei suoi aspetti
costitutivi, teorici, metodologici ed operativi.
16
Demetrio D., L’educazione interiore. Introduzione alla pedagogia introspettiva, La Nuova Italia, Firenze 2000, p.53.
12
17
“Lo spazio potenziale sviluppa un sé differenziato dalla matrice ultima, ossia una
più matura istanza psichica interiore, facente parte della realtà esterna, che si
emancipa così dal rapporto con-fusionale con l’origine, il cosmos”.
Nello spazio tra fusionalità e mondo oggettivo esterno si colloca l’area transizionale
al cui interno si impara a controllare e sopportare l’angoscia di separazione ed
individuazione. Con la maturazione si passa oltre il fenomeno transizionale,
attraverso esperienze culturali, creative, ludiche o religiose e proprio in tali ambiti si
sviluppano e si collocano le produzioni di diari e di autobiografie.
L’esperienza della scrittura rappresenta un’area di confine che crea una dialettica tra
vita privata e mondo esterno.
Scrivere un diario è dunque un’esperienza transizionale imperniata di creatività,
tramite cui si coglie l’importanza della scrittura di sé nella realizzazione della
personalità creatrice.
Gli scritti autobiografici attaccano la morte come distruzione della memoria e del
ricordo nell’oblio, in quanto subentra in essi il riferimento alla paura della morte nella
trasposizione scritta che diviene tentativo di contrastare la scomparsa assoluta,
perennizzando artificialmente la vita, per esorcizzare la morte come avviene nei riti
apotropaici e taumaturgici.
La scrittura autobiografica diventa un antidoto, una strategia per rubare alla morte la
sua aura spaventosa, nella paura di essere dimenticati, nel timore dell’oblio che non
lascia più niente di sé. L’esigenza di essere ricordati trova espressione
17
Formenti L., La formazione autobiografica. Confronti fra modelli e riflessioni tra teoria e prassi, Guerini Scientifica
2000, p.27
13
nell’autobiografia o nel diario quali documenti permanenti della propria interiorità,
come testimonianza ineluttabile e indelebile della propria esistenza, prolungando la
presenza del proprio ricordo oltre i limiti della vita terrena, in una sorta di immortalità
in quanto si scrive non solo per essere ricordati, ma anche per ricordarsi del proprio
io, della propria personalità ed esistenza, per fissare i ricordi affinchè non vengano
eliminati dall’inesorabile trascorrere del tempo.
18
“Dialogare, discutere, parlare e ricavare biografie da queste modalità comunicative
e raccogliere la personale autobiografia, costituiscono un’antica forma culturale,
consueta, di incoraggiamento e autoriconoscimento, svelando la natura pedagogica
delle parole, quando, dai racconti, dalle storie, si impara sempre di sé, degli altri, del
mondo, in eventi di pensiero”.
Il pensiero è l’ambito profondo dei giochi discorsivi e conversazionali, rivolgendo le
attività della mente a orizzonti, possibilità, sfide, in salti cognitivi, in variazioni di
mentalità, nell’emergere di immagini diverse dalla realtà: narrare e far narrare
costituiscono, innanzitutto, una tecnica visionaria, in un
contesto quotidiano in cui troppo spesso si disperdono il senso e l’esperienza delle
modalità narrative che rappresentano la storia di uomini e donne, la storia della
trasmissione di sapere.
18
Formenti L., Gamelli I., Quella volta che ho imparato. La conoscenza di sé nei luoghi dell'educazione, Cortina
Raffaello 1998, p.51
Famiglia, scuola, formazione, ricerca si presentano spesso come mondi separati ed estranei. Il libro tenta invece
un'operazione unificante, mettendo al centro del processo educativo il percorso di autocoscienza che si genera nella
memoria e nell'intersoggettività, nell'integrazione di linguaggi e codici diversi, nella rielaborazione riflessa sui ruoli, le
funzioni, le relazioni educative. Ne emerge uno stile formativo fondato sulla comunicazione, l'ascolto, lo sforzo di
tradurre in esperienza didattica attiva le suggestioni della ricerca autobiografica e introspettiva in educazione.
14
Nell’attuale crisi della narrazione e dell’oralità, si vive di suggestioni e immagini
volte ad impressionare. La narrazione è una memoria in una trama da raccontare nelle
intenzioni, negli scopi, nelle azioni dei protagonisti, nel significato di sequenze di
storie, oltre gli stimoli, le impressioni, i segni chiusi in se stessi, suscitando emozioni,
sviluppando interrogativi, pathos, enigmi, mistero.
19
“La narrazione ha infatti bisogno
di poter contare sulla memoria e su una trama, su qualche cosa da raccontare, che
obbedisca a qualche regola per rendersi comprensibile”.
La norma analogica della narrazione presenta un valore metaforico, simbolico,
mitico. Il metodo autobiografico ha capacità di promuovere desideri di conoscenza e
trame di storie che sappiano educare e stupire.
20
“La memoria, il ricordo, l’evocazione, costituiscono un itinerario di indagine sulle
cronologie, le stagioni della vita, i ricordi più significativi che si sviluppano nella
didattica autobiografica con chiari scopi di carattere cognitivistico”, dove il ricordare
è produzione di racconto in una sorta di “teleologia retrospettiva” elaborata, secreta,
suturata insieme da molteplici insegnamenti.
La riattivazione di abilità cognitive necessarie alla rimemorazione, conseguente al
fare autobiografia, diviene rievocazione poetica, ricerca di significato, sviluppando
un’intelligenza interiore e analitica che stimola un nuovo amore di sé.
Le definizioni del concetto di età adulta si riscontrano nell’interpretazione e
nell’incontro con la storia passata del soggetto, dove il ricordo diviene spazio e tempo
del riconoscimento della storia di vita. La relazione tra gli atti narrativi, tra cui il
19
Demetrio D., (a cura di) L’educatore auto(bio)grafo. Il metodo delle storie di vita nelle relazioni d’aiuto, Unicopli,
Milano 1999, p.10.
20
Formenti L., Carte d'identità. Verso una psicologia culturale dell'individuo, Angeli 1991, p.91
15
soggetto autobiografo, si muove nella comprensione e ricomposizione della propria
vicenda esistenziale, quale soggetto narratore, si confronta con l’azione del racconto,
tramite la ricerca di connessioni causali e significative, con una logica interna alla
narrazione stessa, per trarre concordanza e consequenzialità tra gli eventi, di un
vissuto soggettivo non sempre continuo e lineare, ma caratterizzato da elementi di
frammentarietà e discontinuità.
21
“Raccontare è porsi in relazione con altri”. Al
raccontare l’esperienza soggettiva temporale, come percezione e rappresentazione,
discontinua e frammentaria, tramite il criterio causale, subentra la possibilità di
incontro in ambito narrativo e temporale, grazie a un’interpretazione della narrazione
come tipologia di concordanza discordante.
22
L’atto narrativo è concordanza logica
che si costruisce nel legame di tipo logico e cronologico, per cui il racconto ricerca e
ricrea legami, connessioni, tramite la successione e la connessione causale non
garantita dai criteri esterni al racconto del soggetto che compone nella narrazione
ricercando e costruendo connessioni tra eventi ed episodi. L’atto narrativo è un
modello di concordanza con una doppia deontologia epistemologica di concordanza
discordante, quando la storia incontra la continuazione e la possibilità di procedere
tramite l’insorgere di nuovi eventi e irruenze nella risistemazione e ristrutturazione
della connessione dei significanti e della catena dei significati. Le relazioni causali tra
gli eventi si snodano come nuovo atto di configurazione nella ricerca di relazione di
21
Jedlowski P., Memoria, Clueb, Bologna 2000, p. 30
22
Demetrio D., La scrittura clinica. Consulenza autobiografica e fragilità esistenziali, Cortina Raffaello 2008.
Per chiunque abbia compiti professionali di cura, il volume rappresenta un contributo volto a mostrare quanto lo
scrivere di sé aiuti le persone a superare le difficoltà senza smarrire se stesse. Promuovendo il pensiero e la creatività
individuali, la scrittura autobiografica si sta sempre più rivelando una pratica di cura efficace per attenuare la sofferenza
di persone affette da patologie psichiatriche. Il testo è però dedicato soprattutto a chi, non affetto da patologie
conclamate, attraversi momenti difficili della propria vita: lutti, malattie, passaggi d'età, stati depressivi temporanei.
16
intersignificazione tra il tutto della storia e l’unico e il singolare dell’evento. La
concordanza discordante si palesa fra elemento sincronico e diacronico nell’atto
narrativo che ricava una storia dalle molteplicità di eventi, episodi e accadimenti
tramite la stessa trasformazione delle narrazioni in una storia. Il racconto elabora e
trae da una successione di eventi una configurazione che tramite l’interpretazione
della relazione dialettica tra evento e storia, tra una successione di eventi e la
riconfigurazione che ricollega l’atto narrativo e il paradosso della realtà temporale
che ripresentifica se stessa. La poesia narrativa esplica una tensione continua nel
racconto autobiografico tra elemento sincronico e diacronico che non risponde
esattamente alla necessità epistemologica di stabilire l’incontro tra un orizzonte
narrativo e una realtà temporale, rimandando a una dimensione esistenziale e
quotidiana del tempo soggettivo.
23
Il soggetto è immerso costantemente in un flusso
diacronico in fieri, con il continuo scorrere tra passato, presente e futuro, dimensioni
che caratterizzano le fasi esistenziali di ogni individuo nel gioco dialettico e
conflittuale che ogni soggetto sperimenta nello svolgersi diacronico
dell’attraversamento sincronico di tempi eterogenei e molteplici. L’armonizzazione,
la coerentizzazione nella coevoluzione di tempi interni e lo sviluppo di potenzialità
individuali costituiscono gli elementi del tempo autobiografico.
23
Demetrio D., Autoanalisi per non pazienti. Inquietudine e scrittura di sé, Cortina Raffaello 2003.
È possibile interrogare la propria mente, porsi domande che "curano" anche più delle risposte, senza per questo essere
pazienti, autorizzandosi a fare da soli. L'autoanalisi non serve soltanto a domare la nostra inquietudine, si configura
anche come un percorso di etica laica per fare luce sui grandi temi indicibili dell'esperienza umana: l'amore, il dolore, la
noia, la speranza... L'autore si propone di iniziarci alle arti del monologo interiore, della scrittura diaristica,
dell'autoriflessione costante, di imparare dall'esistenza, senza maestri se non noi stessi, quel che essa ha da insegnarci,
vivendo con maggior coraggio la condizione umana, considerandola come un testo sempre enigmatico e da decifrare.
17
Un procedimento narrativo comporta il processo di presa di distanza rappresentato
dalla lettura della propria storia con occhi diversi, con lo sguardo altrui, come se non
fosse in realtà mai appartenuta al legittimo autore, in una bilocazione cognitiva e di
decentramento delle prospettive ermeneutiche, vale a dire il prendersi cura del
racconto diretto e delle testimonianze indirette che riguardano la vita di qualcuno
diverso da noi. E’ possibile entrare ed uscire dalla propria storia di vita, nella
consapevolezza di poterla manipolare in ogni modo anche per diletto, ma non è lecito
farlo con le narrazioni degli altri, evitando così che i giochi di potere divengano
autentiche forme d’abuso nei confronti delle storie altrui. L’educatore criticando le
sicurezze altrui, i linguaggi stereotipati, i modelli meccanizzati di tipologie
ermeneutiche, interpretative e l’utilizzo che i non pedagogisti agiscono rispetto alle
storie dei loro pazienti o utenti o clienti, che per la ricerca pedagogica sono sempre
preziosi narratori ed interlocutori, agisce la narrazione, in quanto l’educatore di
professione interagisce nell’ascolto e nell’interlocuzione con le storie altrui.
24
L’insegnante in quanto educatore si incontra con le storie di vita degli allievi, dei
loro genitori, dei colleghi, di tutto il personale della scuola, nei contesti
24
Demetrio D., Ricordare a scuola. Fare memoria e didattica autobiografica, Laterza 2003.
Il legame del malessere non solo adolescenziale, ma dell’umanità intera, il disagio della civiltà con la città non deve
portare a trovare una causa di per sé e in sé nella metropoli. Per esempio, Milano è stata per secoli una fucina di idee, di
sogni, di utopie, di imprese galvanizzanti per i giovani; c’era lavoro, una più alta percentuale di occupazione, quindi una
realtà molto fertile. Nella letteratura latina ogni tanto si trovano delle invettive contro la città, come anche nella
letteratura giapponese. Lo scritto di un esponente di una corrente letteraria “Gli uccelli migratori” di inizio ‘900, cita
“Le grandi città deformano i giovani, smorzano e sviliscono i loro impulsi, li estraneano da un modo di vivere naturale e
armonico. Dal grande mare di case sorge il muro ideale: salva te stesso! Afferra il bastone del viandante e cerca
nuovamente ciò che hai perduto”. Se i giovani sognano hanno utopie, sono vivi e lottano in ogni senso, danno speranza.
L’attacco alla città è spontaneo, ma non può essere un alibi. Si può imparare tanto sulla naturalità di alcuni
comportamenti, ha un’origine nella nostra specie che rimane comunque sempre nata per sopravvivere, riprodursi, con
fertilità di idee, di progetti, di creatività, di ideali e non ci basta sopravvivere, ma occorre vivere. Se una famiglia
investe troppo sul figlio (istinto naturale) subentra l’epoca del “signorino soddisfatto”, in cui esiste l’erede di qualcosa
che non ha prodotto e che non gli è spettante. E’ straordinaria la mancanza totale di memoria che sussiste non solo negli
adolescenti, ma anche nei genitori riguardo, per esempio, la conquista di alcuni diritti. Attualmente un ragazzo non
sempre è consapevole che molte delle libertà di cui gode sono state conquistate a caro prezzo. Tutto quello che una
persona riceve deve essere.
18
dell’apprendimento, imparando a conoscere le persone, inserendosi nel loro campo
esistenziale al fine di ingenerare cambiamenti esistenziali minimi o sostanziali,
adottando modalità e metodologie di ascolto, di dialogo interrelazionale e di
conversazione stimolante verso i nodi cruciali del racconto di sé. Dunque l’educatore
e anche l’insegnante si assumono la responsabilità relativa ai processi di formazione
autobiografici che ricostruiscono le storie altrui come in un mosaico di frammenti
ricomposti da nuovi spunti quotidiani. Dunque l’insegnante che adotta un metodo
formativo di tipo autobiografico, in quanto educatore e pedagogista diventa uno
scrivano intelligente, in quanto nel lavoro di formazione, di analisi, di osservazione
ermeneutica e ricerca interpretativa, registra e annota eventi, azioni, episodi,
riferimenti, espressioni di sentimenti con l’obiettivo di analizzare le storie, al fine di
restituire loro un’ermeneutica interpretativa di senso e significato, riconsegnandola ai
legittimi autori proprietari.
25
L’approccio autobiografico è anche una tecnologia con
itinerari specifici per ingenerare narrazioni utilizzando vari stimoli, in quanto si inizia
sempre con il far ricordare al narratore ciò che desidera in libertà assoluta,
raccontando anche i momenti esistenziali più piacevoli, per cui i racconti si
riagganciano a quelli precedenti e a quelli seguenti, trascritti nel corso
dell’esperienza. Così l’educatore raccoglie voci e le traduce in scritture che possono
essere lette e conservate, ricavate da tracce da approfondire tramite domande che
suscitino interesse e che stimolino la memoria, l’azione del ricordo e della
rievocazione narrativa.
25
Demetrio D., Scritture erranti. Dall'autobiografia all'autoanalisi, Edup 2003.