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relazione al suo modo di porsi di fronte alla storia, soprattutto
sarà esaminato il ruolo che ha giocato la ricezione della filosofia
della storia del filosofo Walter Benjamin al quale Christoph Hein
ha fatto più volte riferimento.
1
Alla tesi è allegata inoltre un’intervista allo scrittore realizzata a
Roma in occasione della presentazione della traduzione italiana
del suo romanzo Landnahme (Terra di conquista) il 18
novembre del 2005, nella quale il candidato ha posto allo
scrittore alcune domande di fondamentale importanza per
l’oggetto della presente tesi, e alle quali Hein ha risposto con
molta disponibilità.
Un seppur breve accenno biografico alla figura di Hein sembra
essere indispensabile per meglio delineare la sua posizione di
intellettuale nel periodo storico in cui le sue opere sono state
scritte e soprattutto per cogliere gli effetti che la “stattfindende
Geschichte”
2
ha provocato sulle sue idee e sui suoi scritti.
Christoph Hein è nato nel 1944 in un paesino della Slesia,
Henzendorf. Il padre era parroco e questa condizione gli sbarrò la
possibilità di frequentare il ginnasio in DDR
3
e per questo fu
costretto a trasferirsi nel 1958 per frequentare il liceo classico
1
Vedremo in particolare nel capitolo quattro in che modo e in che misura Hein recepisce
l’opera e il pensiero di Walter Benjamin.
2
Termine utilizzato più volte da Hein per definire il concetto di “Gegenwart”, che per lui è
stattfindende Geschichte. In: Öffentlich arbeiten. Essais und Gespräche. 1987 Aufbau
Verlag. Berlin. p. 47. In seguito Ö.A.
3
Tutti i figli di clerici e religiosi che non erano entrati nella SED ( il partito comunista al
potere in DDR) non potevano frequentare la scuola nella Germania dell’Est. Il partito
richiedeva loro di entrare nella “Freie Deutsche Jugend” (libera gioventù tedesca), una
organizzazione di giovani comunisti che aveva lo scopo di diffondere i precetti della SED.
Hein si rifiutò di entrare in questa associazione per non rinunciare alla sua famiglia e per
questo dovette trasferirsi nella Berlino Ovest per frequentare il ginnasio.
5
nella Berlino Ovest, cosa possibile prima della costruzione del
muro.
Dal 1961
4
(la famiglia Hein decise liberamente di rimanere nella
Berlino dell’Est) al 1967 ha intrapreso diverse esperienze
lavorative nei più disparati settori, impiegandosi come libraio,
cameriere, giornalista, attore di piccoli ruoli e infine come
assistente alla regia. Nel 1964 finalmente gli riuscì di completare
gli studi e conseguire l’“Abitur” diploma di maturità)
frequentando una scuola serale.
Nel 1967 si iscrisse all’università di Lipsia alla facoltà di
filosofia prima e logica poi completando gli studi all’università
Humboldt di Berlino nel 1971.
Pochi anni più tardi Christoph Hein fu ingaggiato come direttore
artistico alla Volksbühne di Berlino, allora sotto la direzione del
regista Benno Besson. Insieme lavorarono fino al 1979
dopodiché entrambi lasciarono la direzione del teatro e da allora
Christoph Hein lavora come scrittore indipendente.
Le numerose opere scritte dall’autore hanno ottenuto un successo
di pubblico molto grande. La fama di Christoph Hein è legata
soprattutto ai suoi testi narrativi che sono stati tradotti in diverse
lingue europee conferendo così alla sua opera maggior respiro e
spessore anche fuori dalla Germania riunita.
La figura dell’autore ha raggiunto una sorta di “canonizzazione”
nella letteratura tedesca soprattutto in seguito alle sue forti e
4
Anno della costruzione del muro.
6
determinate prese di posizione negli anni più critici della storia
contemporanea della Germania. Sono gli anni cosiddetti della
“Wende” (svolta) ovvero il 1989 e il 1990, anni in cui ci fu la
caduta del governo della SED, le prime elezioni libere (marzo
1990), l’unione monetaria (luglio 1990) e infine la riunificazione
politica avvenuta il 3 ottobre dello stesso anno.
Fino agli anni immediatamente precedenti questo momento
l’arte, e in particolare la letteratura, non possedeva una sfera di
valore autonomo ed era piuttosto sottomessa alle dipendenze e al
controllo della SED che esercitava un forte potere di censura sui
testi che venivano pubblicati in DDR. La produzione letteraria di
questo paese non era mai stata né democratica né libera per più
di quaranta anni, ma sempre sottoposta al duro setaccio
burocratico operato dai funzionari del partito e perciò quasi tutti i
letterati si trovavano in una posizione di elevata dipendenza nei
confronti del partito reggente.
5
Insieme al crollo della DDR come stato cadde quindi anche il suo
sistema culturale e letterario. Appare perciò necessario da questo
momento la fondazione di nuovi sistemi culturali che diano voce
ai nuovi bisogni e desideri dei cittadini della nuova Germania. E
sono proprio gli scrittori che si fanno portavoce di questi
sentimenti e che sentono in maniera intensa il bisogno di creare
5
Ma su queste considerazioni tra lo stretto rapporto tra letteratura e potere in DDR
torneremo in modo più dettagliato nel primo capitolo. Vogliamo qui ricordare che la DDR
era uno dei paesi nei quali si leggeva di più.
7
qualcosa di nuovo tenendo comunque presente la pesante eredità
del loro recente passato.
Hein, in seguito ai forti cambiamenti avvenuti all’indomani di
questi anni densi di importanti avvenimenti, ha assunto un ruolo
di primo piano nel dibattito socio - culturale venutosi a creare in
conseguenza di questi eventi. Anzi possiamo addirittura
affermare che è proprio in questi anni che la fama dell’autore si è
accresciuta in modo considerevole grazie alla determinazione e
alla coerenza mostrate nei suoi numerosi interventi pubblici
all’indomani dell’Autunno 1989.
6
L’autore, membro dell’unione
degli scrittori, partecipa in modo attivo a questi dibattiti
analizzando i limiti e le possibilità che questa svolta può
significare nella letteratura tedesca.
L’impegno coerente e continuo mostrato da Hein nella lunga
serie di queste discussioni ha fatto si che la sua voce diventasse
una delle più importanti della letteratura contemporanea di lingua
tedesca e non solo.
6
Celebre è il suo discorso del 4 novembre tenuto in Alexander Platz a Berlino.
8
Capitolo 1
1.1 Christoph Hein: cronista della DDR
Nel 1982 Christoph Hein ricevette l’“Heinrich Mann- Preis der
Akademie der Künste der DDR”, il massimo riconoscimento
letterario del paese. Peter Hacks colse l’opportunità del suo
discorso tenuto in occasione della consegna del premio per
rimproverare all’opinione pubblica della DDR di aver scoperto
troppo tardi la grandezza di questo scrittore.
Fu proprio in questi anni, in cui Hein aveva pubblicato la sua
novella Der fremde Freund (L’amico estraneo) che la sua fama
si accrebbe in modo considerevole non solo come autore di brevi
romanzi ma anche come drammaturgo, compositore di
“Hörspiele” (drammi radiofonici) e come saggista, e non
soltanto nella DDR, ma anche nella BRD e all’estero come
testimoniano le numerose traduzioni del Der fremde Freund.
7
Questo fattore mette in evidenza un elemento importante della
ricezione delle opere letterarie in DDR, in quanto esse, una volta
ottenuto il successo nell’altra parte della Germania, venivano
rivalutate e accettate in maniera più positiva anche nella
repubblica democratica.
Secondo lo stesso Hacks, Hein rappresenterebbe un’eccezione
letteraria perché:
7
Il testo apparve in DDR nel 1982. La traduzione italiana L’amico estraneo è di Fabrizio
Cambi. 1987. Tutti i testi di Hein tradotti in italiano sono editi dalla casa editrice e/o di
Roma spesso con il contributo del programma di incentivazione alle traduzione del Goethe
Institut.
9
“Die Regel ist, dass Dramatiker schlechte Romane und
Romanciers schlechte Dramen anfertigen. Hein ist eine
Ausnahme…Christoph Hein steht im Verdacht, zu jener seltenen
Klasse von literarischen Gestalten zu gehören, die, kraft der
Höhe ihres poetischen Vermögens, über den Gattungschranken
stehen.”
8
Hein sembra essere l’incarnazione dello scrittore moderno che
non si limita e non si riconosce in un solo genere letterario, ma è
aperto alle molteplici possibilità d’espressione che la scrittura
offre.
La prospettiva del cronista che è quella che Christoph Hein ha
più volte ripetuta come caratteristica principale della sua opera
crea nei suoi testi un tipo di comunicazione interdialogica che si
sviluppa in un continuo confronto con i lettori e con gli
spettatori. Per questo le sue opere producono una sorta di
distanza dal momento che egli rinuncia consapevolmente a ogni
tipo di commento ai fatti rappresentati. Infatti è stato più volte
sottolineato il carattere analitico e “oggettivo” della sua scrittura
nella quale manca qualsiasi tipo di messaggio morale:
“… ich empfinde den Beruf eines Schriftstellers als den eines
Berichterstatters, eines Chronisten. Ich bin ein Schreiber von
Chroniken, mit literarischen Mitteln natürlich[…]. Der
Berichterstatter hat eigentlich nur etwas mitzuteilen und muss
sich weitgehend der moralischen Wertung enthalten. Es reicht
aus, von dieser schönen und grimmigen Welt zu sprechen, da
8
“La regola è che i drammaturgi scrivono brutti romanzi e che i narratori producono brutte
opere teatrali. Hein è un’eccezione…Christoph Hein sembra appartenere a quella rara
classe di figure letterarie che, forti della grandezza della loro capacità poetica, stanno al di
sopra dei limiti imposti dai generi letterari” in: Ines Kezert: Poetlogie und Prophetie.
Christoph Heins Prosa und Dramatik im Kontext seiner Walter Benjaminrezeption. P.
Lang. Frankfurt am Main.1993.p.5.
10
braucht man keinen moralischen und ideologischen Exkurs
anzuhängen. Auβerdem sind die Leser in der Lage, mit ihrem
eigenen Verstand zu arbeiten.”
9
Secondo Hein l’autonomia dell’opera d’arte si rispecchia nel
dialogo produttivo con l’autonomia del soggetto che la riceve,
l’interpretazione di un’opera d’arte è legata solamente alle
esperienze che il lettore ha fatto e che mette in gioco nel
processo, sempre dialogico, della lettura. L’avere a che fare col
testo diventa un lavoro nella costruzione della singola identità del
ricevente.
Il tono volontariamente neutro e distanziato del narratore
permette, in modo implicito e non direttamente dichiarato, al
lettore di investire personalmente nello spazio della riflessione.
L’assenza di ogni intento didattico ed esplicativo è stato più volte
sottolineato dall’autore nelle numerose interviste e conferenze
tenute nel corso degli anni, come anche nell’ultima, a Roma nel
2005, dove ha ribadito: “Ich bin nicht so eloquent, um meine
Romane erklären zu können.”
10
Addirittura Hein considera ostile
all’arte (“kunstfeindlich”) l’autore che si fa commentatore della
9
“Io credo che il mestiere dello scrittore sia quello di un inviato, di un cronista. Io sono uno
scrittore di cronache, con mezzi letterari naturalmente[…]. L’inviato in realtà deve solo
trasmettere qualcosa e deve rinunciare al giudizio morale. È sufficiente, per parlare di
questo mondo bello e feroce e non c’è bisogno di aggiungere alcuna digressione morale e
ideologica. Inoltre i lettori si trovano nella condizione di lavorare con la loro mente.” in:
Christoph Hein. Ich bin ein Schreiber von Chroniken, in: Neues Deutschland (Dezember
1989). Qui tratto da : Christoph Hein. Texte, Daten, Bilder. Hrg von Lothar Baier.
Frankfurt am Main 1990. Luchterhand Verlag. p.31. In seguito LB.
10
“Non sono così eloquente da poter spiegare i miei romanzi.”
Colloquio con Alessandra Orsi, in occasione della lettura-conferenza tenuta al Goethe
Institut di Roma il 18 novembre 2005 per la presentazione della traduzione italiana del
romanzo Landnahme (2004).
11
propria opera. Ciò sottolinea quanto affermato precedentemente
in relazione alla capacità dei lettori di cogliere significati
all’interno dei suoi testi che vadano al di là delle intenzioni
dell’autore. Hein ha dichiarato più volte di non possedere nessun
tipo di ricetta di come gli uomini dovrebbero vivere, di non
esortare i lettori a vivere e comportarsi in un certo modo perché
ogni autore scrive in prima istanza soprattutto per se stesso. Hein
non si sente più intelligente di qualsiasi lettore e l’unica cosa che
può proporre è quella di entrare in un rapporto dialogico che sia
costruttivo per entrambi, lettore e autore. Il compito di dire al
lettore il modo in cui questi debba comportarsi nella vita,
spetterebbe, secondo Hein, al profeta e non allo scrittore.
Il principio dialogico
11
è comune a tutte le opere di Hein, siano
esse di carattere narrativo, teatrale o saggistico e trovano la loro
giustificazione nelle teorie sul romanzo di Bachtin che Hein
sembra conoscere alla perfezione. In questo caso il riferimento è
in particolare all’opera di Bachtin Problemi di teoria del
romanzo
12
nel quale lo studioso russo ripete più volte che ogni
atto comunicativo possiede un’innata vocazione dialogica e
sociale che consta sempre di tre attori: il parlante, l’ascoltatore o
ricevente e l’eroe, ossia l’oggetto del dialogo. Inoltre afferma
Bachtin che la parola non è mai uno strumento trasparente, ma
11
Secondo lo studioso russo ogni enunciato è parte di un dialogo. Secondo la teoria del
principio dialogico il significato di un testo, dal singolo enunciato a un intero romanzo non
è determinato solo dal suo autore, bensì dalla relazione con il suo destinatario. Tra autore e
destinatario si instaura un dialogo che rappresenta il luogo di elaborazione del significato.
12
Michail Bachtin: Problemi di teoria del romanzo. Einaudi .Torino 1976.
12
contiene al suo interno tanti elementi extraverbali, a cui da’ il
nome di “sottintesi” e che questo dialogismo ci dice che ogni
parola è sempre ricevuta da un altro e rivolta ad un altro, quindi
non è mai un prodotto monologico. Egli interpretò la storia della
letteratura proprio attraverso la chiave dell’emancipazione, della
democrazia e della pluralità. Considerazioni a cui arriva anche
Walter Benjamin nelle sue riflessioni di filosofia della storia.
13
L’ assenza di giudizio morale e il libero arbitrio consegnato al
lettore ha reso molto delicata l’interpretazione e soprattutto la
ricezione dei romanzi di Hein nella DDR poiché il pubblico
risultava ormai abituato da anni a un tipo di letteratura
maggiormente “impegnata” e di conseguenza didatticamente
esplicita. Hein ha più volte ripetuto che il ruolo degli scrittori non
è quello dei giornalisti, anzi questa funzione sostitutiva
(“Ersatzfunktion”) che il pubblico ha loro tacitamente conferito
risulta essere estremamente dannosa per la qualità della
letteratura. Il pubblico ha fatto pressione sugli scrittori per
colmare il vuoto che la mancanza di una stampa democratica e
libera ha creato nella società della DDR. Diversi critici hanno
spesso usato il termine “Ästhetik der Widerstehens”
14
(estetica
del resistere, letteralmente) per definire questo tipo di letteratura
in DDR e che spiegasse o chiarisse il rapporto tra potere e
letteratura in quella parte della Germania, il che suona ad Hein
13
Ma su questo argomento si rimanda al capitolo 4 della dissertazione.
14
Sicuramente il termine qui riferito alla poetica di Hein rimanda all’opera di Peter Weiss
Ästhetik des Widerstands scritta negli anni 1975-1981, anche se la scelta del termine
“Widerstehen” sottolinea le differenze tra le concezioni poetiche dei due scrittori.