7
Per ciò che riguarda la frutticoltura, la richiesta di mano d’opera varia a seconda del
momento specifico in cui si trova il ciclo produttivo delle diverse specie, e a seconda della
situazione climatica delle rispettive regioni. Di conseguenza, la domanda di forza lavoro non si
distribuisce in modo equilibrato lungo il corso dell’anno. Due sono le classi di lavoratori impiegati
nelle diverse attività del settore frutticolo: permanenti e stagionali. I primi sono numericamente
meno importanti e una serie di studi ha constatato la loro progressiva diminuzione.7 Al contrario, si
è verificato un aumento dei lavoratori e delle lavoratrici stagionali, soprattutto durante la stagione
estiva, ovvero il periodo in cui ha luogo il raccolto delle diverse specie e il processo di produzione
per l’esportazione. Principalmente durante questa fase avviene l’incorporazione massiva delle
donne.
Figura 1
Cile: Regioni e localizzazione dell’Area Metropolitana della Gran Santiago all’interno della Regione
Metropolitana.
Fonte: Instituto Nacional de Estadística (INE), Cartografia digitale del censimento del 2002.
7
Diaz, Estrella (2000)
8
Inoltre, si deve sottolineare l’importanza della popolazione occupata nel settore primario che
risiede nelle zone urbane, soprattutto nella periferia delle città. Secondo il Ministerio de
Planificación MIDEPLAN del Cile, tra il 1990 e il 1996, i nuclei famigliari urbani che si dedicano
principalmente all’agricoltura crebbero un 37%, mentre quelli rurali che si dedicano alla stessa
attività diminuirono un 15%.8 Si adduce come principale spiegazione, il miglioramento delle vie di
comunicazione, che rende possibile una maggior mobilizzazione ed intercambio di popolazione tra
la diverse zone.
Martine Dirven, insieme ad altri autori,9 segnala che tra il 1992 e il 2000, ci fu una caduta
dell’occupazione agricola tra i residenti nelle zone rurali (dal 66,4 al 61,4%). Al contrario, ci fu un
incremento del 46% degli occupati nel settore agricolo che risiedono nelle zone urbane. Infine, la
popolazione femminile occupata nella produzione agricola è aumentata da 39.147 a 103.069,
sempre nel periodo compreso tra il 1992 e il 2000. Un altro dato rilevante è rappresentato dal fatto
che, secondo la Encuesta de Caracterización Socio-Económica (CASEN) del 2000, la percentuale
di lavoratrici occupate nel settore agricolo è la stessa sia per le residenti urbane che per le residenti
rurali, e rappresenta il 2,6% del totale delle lavoratrici.
La presente ricerca si suddivide in sette parti. Il terzo capitolo contiene un breve riassunto
storico sul processo di commercializzazione dell’agricoltura cilena e il parallelo processo di
democratizzazione della società cilena, partendo dagli anni della Riforma Agraria (1964-1973),
passando per il periodo della dittatura militare di Pinochet, fino alla decade della transizione
democratica. Si introduce inoltre il tema della violenza domestica nella società rurale, analizzando
la situazione durante la Riforma Agraria e quella posteriore ad essa. Infine, si fa un breve cenno
sulla democratizzazione politica e l’apparizione della nozione di pari opportunità per le donne
durante gli anni novanta.
Il quarto capitolo analizza la situazione dell’agricoltura d’esportazione cilena nel contesto
della globalizzazione, concentrandosi sul boom della frutticoltura e le conseguenze per i piccoli
agricoltori. Inoltre, si analizzano le caratteristiche del processo di urbanizzazione cileno e della
specializzazione produttiva del settore agricolo.
Il quinto capitolo analizza l’evoluzione dell’occupazione femminile in Cile, prendendo in
considerazione soprattutto l’aumento delle lavoratrici agricole che risiedono nelle zone urbane.
Difatti, la divisione di genere nel mercato del lavoro opera all’interno del settore informale urbano,
relegando le donne a quelle attività con minore reddito, scarso futuro e basso status sociale.10 Di
conseguenza, nei settori popolari che vivono nella periferia di Santiago e di altri centri urbani, si
8
Escobar, German (2004)
9
Kobrich, Claus; Villanueva, Liliana; Dirven, Martine (2004)
10
Diaz, Ximena (1988)
9
costituisce una massa di lavoratrici vincolate in maniera permanente al lavoro agricolo stagionale.
Ciò è dovuto al fatto che le aree rurali circostanti rappresentano la principale, se non la unica fonte
di lavoro. Un dato interessante riportato dalla Encuesta de Caracterización Socio-Economica
(CASEN), è che tra il 1990 e il 2000, la partecipazione della popolazione femminile nel servizio
domestico diminuì dal 19,9 al 13,2 per cento,11 essendo quest’ultimo il settore che rappresenta la
tradizionale fonte d’impiego per la popolazione femminile urbana con scarse risorse. In tale settore,
la forte immigrazione di donne e ragazze peruviane sta rimpiazzando la mano d’opera locale, la
quale non vuole o già non aspira a lavorare come impiegata domestica.
Il sesto capitolo descrive il fenomeno della femminilizzazione del mercato del lavoro
agricolo stagionale, le condizioni di lavoro delle lavoratrici stagionali, le trasformazioni e le
resistenze culturali che appaiono nella società agricola cilena, le percezioni dei giovani temporeros
e temporeras12, e per ultimo, la sindacalizzazione delle lavoratrici agricole.
Il settimo capitolo descrive le tendenze migratorie all’interno della nazione cilena,
concentrandosi sulla perdita della tradizionale attrazione dell’Area Metropolitana della Gran
Santiago13 e sulla recente forza di attrazione acquisita dalle regioni che si dedicano all’agricoltura
d’esportazione (IV, V, VI Regione e Regione Metropolitana). A tal fine si analizzano la
distribuzione territoriale della popolazione cilena e i flussi relativi alla migrazione tra le diverse
regioni, comparando i dati del censimento del 1992 e di quello del 2002, e differenziando la
popolazione femminile da quella maschile, dove ciò risulta possibile.
L’ottavo capitolo tratta del sistema dell’intermediazione utilizzato nell’agricoltura
d’esportazione, analizzando la figura dell’intermediario agricolo, l’opinione delle dirigenti di alcune
organizzazioni di lavoratrici stagionali al riguardo di tale sistema, il problema dei “mesi blu”14,
ovvero del periodo di inattività nel settore agricolo, e riportando la testimonianza di una grave
violazione dei diritti umani nei confronti di un gruppo di lavoratrici del settore.
Per concludere, il nono capitolo riporta la testimonianza e le corrispondenti storie di vita di
alcune lavoratrici o ex-lavoratrici agricole stagionali, residenti in circoscrizioni urbane situate nelle
regioni centrali del Cile, oltre alla testimonianza di un incontro del “Sindicato de trabajadores
eventuales y transitorios de la agricultura: Aconcagua Unido”, celebratosi nella circoscrizione di
Putaendo, nella Quinta Regione.
11
Stefoni, Carolina (2002)
12
Termine che si riferisce alla condizione di periodicità del lavoro agricolo. Infatti, i lavoratori e le lavoratrici di questo
settore sono impiegati durante una temporada, che significa “periodo, stagione”.
13
Si fa riferimento all’Area Metropolitana della Gran Santiago (AMGS), costituita dall’insieme delle 32 circoscrizioni
della provincia di Santiago e dalle circoscrizioni di Puente Alto e San Bernardo. Mentre la Regione Metropolitana (RM)
di Santiago è formata da 53 circoscrizioni, comprese quelle dell’AMGS.
14
Si chiamano “mesi blu” (meses azules), il periodo di tempo compreso tra una stagione e l’altra, nel quale i lavatori e
le lavoratrici devono cercarsi un’altra attività lucrativa.
10
2. METODOLOGIA SEGUITA
Innanzi tutto, mi sono avvicinata alla problematica delle lavoratrici stagionali
nell’agricoltura cilena, svolgendo un’amplia ricerca bibliografica presso la biblioteca della
Cepal/Eclac (Commissione Economica per l’America Latina) a Santiago del Cile. Le autrici che più
si sono interessate del tema sono due storiche e sociologhe cilene, Sylvia Venegas e Ximena
Valdés. Presso il Centro de Estudios de la Mujer, ho potuto intervistare Ximena Valdés, la quale mi
ha consigliato i possibili punti su cui potevo concentrare la mia ricerca e la letteratura più adeguata
ai miei interessi.
Inoltre, ho potuto contare sull’aiuto di alcuni ricercatori della Cepal, in particolar modo
dell’Unità di Sviluppo Agricolo (Soledad Paredes e Martine Dirven) e della Divisione di
Popolazione, CELADE, (Jorge Rodriguez e David Candia), per ciò che riguarda l’analisi dei dati
del Censo de Población y Vivienda de Chile del 1992 e del 2002. Grazie alla loro supervisione,
sono stata in grado di selezionare i dati relativi all’incremento delle lavoratrici residenti nelle
circoscrizioni urbane ed impiegate nel settore agricolo, concentrandomi esclusivamente sui dati
riguardanti la IV, la V, la VI Regione e la Regione Metropolitana, aree che si dedicano in particolar
modo all’agricoltura d’esportazione.
A questo punto, è necessario sottolineare le difficoltà di stima relative al censimento, poiché
le interviste di quest’ultimo si realizzano nei mesi di aprile e maggio, periodo che non è quello di
maggior attività del settore agricolo. Di conseguenza, si può solo fare un’analisi della tendenza
all’incremento dell’occupazione agricola all’interno della popolazione femminile, e delle principali
caratteristiche demografiche delle lavoratrici agricole.
Inoltre, nella presente ricerca si dimostra come le zone dedicate all’agricoltura
d’esportazione siano diventate un’attrazione per il gruppo delle migranti interne, mentre l’Area
Metropolitana della Gran Santiago sta perdendo il suo tradizionale potere d’attrazione. In questo
caso, prenderò in considerazione gli indicatori relativi alla migrazione intra-regionale cilena
corrispondenti al censimento del 1992 e del 2002, elaborati mediante il programma REDATAM,
creato dal Centro Latinoamericano de Demografia (CELADE). Tale base di dati permette studiare
la migrazione della popolazione femminile e maschile tra le diverse regioni cilene.
Al fine di differenziare le circoscrizioni urbane da quelle rurali, ho considerato la
definizione ufficiale di area urbana e area rurale del Censo de población y vivienda del 2002.15
Secondo quest’ultima, la popolazione urbana è quella che vive in conglomerati con più di 2.000
15
Candia, David (2006)
11
abitanti, o con una popolazione compresa tra i 1.001 e i 2.000 abitanti, dove il 50% o più della
popolazione economicamente attiva è occupata nel settore secondario e/o terziario. Mentre per zona
rurale ci si riferisce ai conglomerati con 1.000 o meno abitanti, o con una popolazione compresa tra
i 1.001 e i 2.000 abitanti, dove meno del 50% della popolazione economicamente attiva è occupata
nel settore secondario.
In seguito, mi sono rivolta alle divisioni regionali del Serivicio Nacional de la Mujer
(SERNAM), in particolare della quarta, la quinta, la sesta Regione e della Regione Metropolitana.
Le responsabili delle rispettive divisioni mi hanno gentilmente fornito i contatti di alcune signore
implicate direttamente nel movimento associativo delle lavoratrici stagionali agricole del Cile. Altri
contatti mi sono stati forniti dalla Asociación Nacional de Mujeres Rurales e Indigenas
(ANAMURI), la quale si occupa soprattutto delle problematiche relative alle donne che vivono e/o
lavorano nelle zone rurali.
Infine, ho potuto realizzare interviste in profondità per raccogliere le testimonianze di vita di
alcune lavoratrici o ex-lavoratrici agricole residenti nelle circoscrizioni urbane della quarta, la
quinta, la sesta Regione e della Regione Metropolitana. Alcune di queste interviste, ho potuto
effettuarle durante lo svolgimento di una riunione del “Sindicato de trabajadores eventuales y
transitorios de la agricultura: Aconcagua Unido”, nella circoscrizione di Putaendo, nella quinta
Regione.
3. CENNI STORICI SULL’AGRICOLTURA D’ESPORTAZIONE CILENA
3.1. Il processo di democratizzazione del mondo rurale (1964-1973).
Durante il periodo della Riforma Agraria, tra il 1964 e il 1973, vengono espropriati in Cile
9.965.868 ettari di terreno.16 Questo processo altera le basi tradizionali dell’organizzazione della
vita rurale, modificando il tipo di relazioni di potere esistente e favorendo cambiamenti diretti alla
modernizzazione delle strutture produttive.
In tal modo, il mondo rurale si apre a quello urbano. Non solo si espropriano i terreni dei
grandi latifondisti, bensì si creano le condizioni legislative per la sindacalizzazione dei lavoratori
del campo, omologando la loro situazione a quella degli operai urbani. La Riforma Agraria
16
Valdés, Ximena e Araujo K., Kathya (1999)
12
promuove il processo di espulsione di mano d’opera attraverso la modernizzazione delle tradizionali
aziende agricole. Con la dissoluzione di queste ultime, la popolazione che prima viveva all’interno
delle haciendas, inizia ad emigrare verso i settori periferici di piccole conurbazioni.
L’intervento statale propizia la modernizzazione delle grandi e medie aziende agricole che
mostravano un certo livello di efficienza, crea e amplia un sistema creditizio, e tutela processi di
industrializzazione della produzione alimentare. La Riforma, non solo implica la ridistribuzione
delle terre, bensì dà il via a un processo di democratizzazione della società rurale e a un progressivo
processo di urbanizzazione del campo, attraverso l’espansione dei servizi pubblici.
Si costituiscono i Centros de Madres, i quali, pur raffigurando una legittimazione
istituzionale del ruolo della donna nella casa, permettono lo sviluppo di un processo di
socializzazione femminile, organizzando ogni 15 giorni momenti di riunione e condivisione di
esperienze. Durante la Riforma, l’accesso alla terra per chi anteriormente viveva nelle haciendas
altrui, comporta il ritorno delle donne nel focolare domestico, poiché esse avevano perso i loro posti
di lavoro, con l’eccezione del lavoro stagionale. Questa reclusione allo spazio domestico,
contribuisce a introdurre una nuova immagine di famiglia con le donne impiegate nel lavoro
domestico e gli uomini occupati nella produzione agricola.
La politica ufficiale del governo è quella di dotare le donne di abilità per lo svolgimento di
lavori domestici, come ricamare, tessere, preparare alimenti. Si legittima un modello di famiglia nel
quale la moglie è completamente dipendente del marito.
L’acquisizione di nuovi diritti riguardanti il lavoro e la cittadinanza politica, i meccanismi di
ridistribuzione delle terre, un maggior accesso alla salute e all’educazione, costituiscono lo sfondo
di una situazione che aumenta le differenze tra uomini e donne in alcuni aspetti significativi. Le
donne non possiedono il diritto di proprietà, però sì quello agli assegni famigliari, in modo che il
loro ruolo dipendente nella società viene stabilito e tutelato dalle istituzioni pubbliche.
Inoltre, le politiche di modernizzazione produttiva della Riforma Agraria, causano la perdita
degli antichi posti di lavoro riservati alle donne, come il lavoro domestico all’interno delle case
padronali. Vengono dunque impiegate come aiutanti nelle attività agricole senza alcuna retribuzione
e sotto il controllo maschile. Di conseguenza, la maternità e la procreazione diventano gli ambiti
privilegiati del genere femminile.
Questa fase di modernizzazione colloca gli uomini in determinati spazi, come il terreno
agricolo, la cooperativa, il sindacato, il comitato di produzione, mentre rilega le donne alla casa, i
Centros de Madres, la scuola, le riunioni dei genitori, gli ospedali.
Nonostante ciò, sopravvivono gruppi di donne che lavorano come giornaliere durante la
semina e la raccolta di ortaggi e frutta. Sono quelle donne che si trovano in precarie condizioni
13
economiche e che appartengono alle famiglie senza terra né lavoro stabile. Nonostante la presenza
di lavoratrici giornaliere, la maggior parte delle donne rimane nelle case, occupandosi dei lavori
domestici o, nel caso dei piccoli proprietari, svolgendo attività produttive.
Il lavoro a giornata o stagionale comincia a crescere grazie allo sviluppo della frutticoltura a
grande scala e delle coltivazioni di ortaggi, come conseguenza dell’espansione della domanda
urbana rivolta a questi prodotti.
3.2. Il mercato come regolatore della vita economica e sociale (1974-1989).
La controriforma che si inaugura con il governo militare non solo fa marcia indietro sul
processo di democratizzazione della società rurale, bensì insedia un nuovo modo di organizzazione
della struttura agraria e, di conseguenza, della stessa società rurale.
Una parte importante dei nuovi proprietari agricoli si vedono costretti a vendere i propri
possedimenti, a causa dello smantellamento delle politiche d’appoggio creditizio ed assistenza
tecnica dirette ai piccoli agricoltori. Inoltre, un nuovo Codice del Lavoro (1979) riformula e dà il
via alla precarizzazione delle relazioni lavorative, in tal modo che la classe imprenditrice viene
dotata di capacità e meccanismi per approfondire il proprio processo di modernizzazione. Difatti lo
Stato cileno comincia ad operare attraverso un modello economico neoliberale, creando incentivi
per le esportazioni.
Mentre durante la riforma si tentarono diverse forme di gestione della produzione di tipo
comunitario e associativo, in questo nuovo contesto si instaura il discorso della proprietà privata e si
assegnano le terre del settore riformato in qualità di proprietà individuale. Molti di coloro che
ottenerono l’accesso ai terreni durante la decade anteriore, si ritrovano ora senza terra. Coloro che
lavoravano nelle aziende, rimangono sottomessi ad un regime di deregolamentazione delle relazioni
lavorali e di flessibilizzazione del mercato del lavoro, dato che le imprese razionalizzano l’uso della
mano d’opera in funzione dei contratti e dei tempi strettamente necessari alle attività agricole.
Questo processo di modernizzazione assume caratteristiche particolari: si inscrive tanto nel
paradigma neoliberale, come in un regime politico autoritario che riesce a disorganizzare i
lavoratori mediante la congelazione del sindacalismo e la persecuzione politica dei suoi dirigenti.
Durante il periodo del regime militare, il discorso conservatore emerge anche nei Centros de
Madres, la cui presidenza passa dalle mani della sposa del Presidente eletto, alle mani della sposa
del Comandante delle Forze Armate, diventato nel frattempo il Capo dello Stato. Tutto ciò avviene